A forza però di mitizzare gli ‘80s, da un certo momento qui
da noi si è sentito il bisogno di documentare i bistrattati anni ’90, un
decennio praticamente mai sufficientemente coperto in precedenza nonostante
abbia prodotto delle realtà hardcore più che valide. Quel momento arrivò
finalmente nel dicembre 2020, quando la viterbese Scatole Parlanti pubblicò la
prima edizione di “Schegge di Rumore”, volumetto di 178 pagine che racconta
l’hardcore italiano del periodo direttamente attraverso le parole di 15
protagonisti della scena provenienti da bande del calibro di Sottopressione,
Contrasto,
Affluente, By All Means, Frammenti, Jilted, Tear Me Down e altre
ancora. A scriverlo proprio l’ex-batterista dei
Tear Me Down nonché attuale
componente dei
Neid, il buon Andrea “Capò” Corsetti, colonna portante del
TusciaHC, in co-operazione con Monica “Rageàpart” Miceli, che si diletta anche
con la poesia militante. Il libro, insieme alla piccola raccolta di poesie di
Monica chiamata “Il cuore divelto”, lo
comprai proprio a una loro presentazione, una delle tante che hanno fatto in un
lungo tour che ha interessato tutto lo Stivale, nel mio caso precisamente allo
Strike, in realtà la prima post lockdown realizzata il 30 maggio 2021. Peccato
solo per le cosiddette “testimonianze grafiche”, di fatto ridotte soltanto alle
locandine dei concerti.
Ma nel novembre 2024 - curiosamente un mese dopo il mio "
Più Veloce!" - il buon Andrea è tornato con un nuovo libro, "Killed by Noise - Frammenti di grindcore", uscito per conto di un altro editore viterbese, in questo caso Edizioni Settecittà. Stavolta il nostro ha agito da solo ma con collaborazioni di un certo spessore, come si nota già dalle 2 prefazioni, l'una curata da Marina Sersanti, ormai diventata collaboratrice fissa di
Timpani allo Spiedo nonché mente e braccio di
The Undergrounder, e l'altra da Andrea Valentini, storica penna di
Rumore. Decisamente non da meno gli altri personaggi coinvolti, fra i quali Marco della ZAS Autoproduzioni, Paolo Petralia dei Comrades e della SOA Records, Enrico Giannone di fama
Time to Kill Records/
Undertakers/
Buffalo Grillz e Pompeo di fama invece
Go! Fest/
Verano's Dogs/Plague Bomb, interpellati per raccontare l'Italia grindcore con un sacco di aneddoti anche spassosi. Peccato però che il libro si consumi troppo facilmente, essendo una vera sogliola lunga soltanto 130 pagine, e infatti quando mi sono messo a leggerlo la prima volta l'ho finito in un solo giorno. Eppure rimane comunque bellissimo. Anche per la dedica alla compianta
Claudia Acciarino, che tanto ha dato alla scena hardcore capitolina.
Tornando all'hardcore italico degli anni '90, molto più corposo di "Schegge di Rumore" è “Disconnection”, titolo preso in prestito
dall’album omonimo dei romani Growing Concern, forse il gruppo più importante
mai uscito dal nostro hardcore di quel decennio. Prodotto nel marzo 2021 da un altro
duo, Giangiacomo De Stefano e Andrea “Ics” Ferraris, e rilasciato della Tsunami,
“Disconnection” ha un taglio più marcatamente
straight edge, tanto che il tour europeo degli Youth of Today fatto nel 1989
viene ritenuto dagli autori e da molti degli intervistati come una tappa
fondamentale per la nascita di una nuova scena non solo continentale ma anche
italiana. Il problema però è che il libro in effetti si concentra fin troppo
sulla frangia straight edge, non offrendo quindi una trattazione più
approfondita di gruppi, fra gli altri, come i Contrasto oppure i
Colonna Infame
e gli Erode, estremamente influenti per gli sviluppi in salsa skinhead della
scena hardcore nostrana. Ah, e faccio notare che “Disconnection” lo presi da
Star Music su ordinazione, prima che questo storico negozio di Roma, da me
frequentatissimo, chiudesse purtroppo i battenti il 23 aprile 2022.

A proposito di teste rasate, molto nutrito su questa materia
è il catalogo della Hellnation. A scandagliare il culto skinhead ci ha pensato
ampiamente lo scozzese George Marshall con “Skinhead Nation”. Per questo
seguito di 219 pagine del più famoso “Spirit of ‘69”, lettura cruciale ancora
assente nella mia collezione, Marshall ha visitato l’Europa (più nello
specifico, la Norvegia, la Germania e, ovviamente, l’Inghilterra) e gli Stati
Uniti per intervistare alcuni skin così da dare una panoramica il più possibile
internazionale di questa cultura vagliandola in tutti i suoi aspetti, facendo
però prima un documentario, spesso citato fra le pagine del libro, chiamato
"World of Skinhead", rilasciato nel 1995. Si va in tal modo
dall’abbigliamento al tifo calcistico, dalle gang all’uso della violenza, dal
rapporto tumultuoso coi media alle fanzine, dalle origini mod, ska e reggae del
culto alla pratica del paki-bashing, dalla SHARP ai bonehead, e via dicendo.
Fra l’altro, l’edizione italiana di quest'opera, che in madrepatria è uscita nel 1997 ma da noi solo nel 2020, è stata curata da Flavio Frezza, voce dei
Razzapparte, che infatti si è occupato di redigere l’introduzione.

Proprio di Flavio è “Italia Skins”, ottimo studio stampato nel 2017 sull’universo skinhead italiano che attraversa un arco di tempo piuttosto lungo
perché si va dal 1985, cioè dall’anno in cui c’è stata la spaccatura definitiva
della scena in 2 parti ben distinte, l’una fascista e l’altra non razzista,
fino alle soglie del 2000, cioè quando la scena ha cominciato a cambiare
radicalmente grazie all’avvento di Internet. Il libro si apre con un bell’excursus storico sulle origini e sullo sviluppo del culto skinhead sia nel
Regno Unito che in Italia, e poi il resto è occupato dalle interviste condotte
dall’autore a vari skin ed ex-skin, fra cui si annoverano Marco Balestrino dei
Klasse Kriminale e Luca Fornasier, attuale membro del collettivo romano Old
Crew. Ah, e grazie a Gabriele per avermi prestato ‘sto libro!

In collaborazione con Hellnation è invece uscito nel 2014, per la romana Red Star Press, un interessante studio chiamato "Le radici della rabbia - Origini e linguaggio della cultura skinhead", scritto da Federica Paradiso con inserti fotografici di Fabrizio "Fritz" Barile. Si tratta di un volumetto di poco più di 100 pagine, magari un pochino troppo accademico per i miei gusti, con molti paroloni qui e là che alcune volte rendono abbastanza difficoltosa la lettura ma, in fin dei conti, scopo dichiarato dell'autrice è quello di studiare lo stile skin con un "approccio sociolinguistico". Dopo un po' però la lettura si fa più scorrevole e vengono analizzati anche i rapporti degli skin sia con gli hippie che con la polizia, analizzando testi di gruppi come Angelic Upstarts ("Police Oppression") e Colonna Infame ("Tu non sei dalla mia parte"). Mi preme sottolineare che il libro l'ho comprato un annetto fa da Cronache Ribelli, eccellente casa editrice indipendente e antifascista di Perugia che ho conosciuto su
Instagram e dalla quale ogni tot tempo mi rifornisco sempre di roba sfiziosa.
Da segnalare inoltre un volume fotografico edito da Hellnation sugli onnipresenti
Nabat, “Sopra e sotto i palchi”, rilasciato nel 2021 sotto le cure proprio di Fabrizio
Barile con foto, fra gli altri, di Enrico Zanza e con disegni pure di Zero Calcare. Non sono un grande fan
dei libri fotografici visto che si esauriscono in un battibaleno ma comunque è
innegabile il lavoro certosino profuso per questo libro, che cattura i Nabat in
alcuni dei loro momenti più iconici come i primi 2 raduni oi! tenuti fra il
1981 e il 1982, i quali hanno fatto veramente epoca.
Ed eccoci arrivati alla fine della seconda (e non più ultima) parte di questo viaggio nella letteratura punk. Eh sì, "non più ultima" perché, dopo aver concluso la prima puntata, ho deciso di includere altri libri nel discorso, e quindi ci sarà anche una terza (e VERAMENTE ultima!) parte, dove finalmente leggerete, come promessovi 3 giorni fa, di varie biografie e anche di scene esotiche. Ma poi perché concludere di già questo viaggio? Non è meglio renderlo più lungo e ancora più avventuroso? E allora ci rivediamo fra qualche giorno!
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