Saturday, August 31, 2013

Armaroth - "False Vision" (2013)

Self – released EP (June 6th 2013)

Line – up (2007):     Filip Kosnik – vocals;
                                  Klemen Govekar – guitar;
                                  Martin Jagodic – guitar;
                                  Dino Rebolj – bass;
                                  Andrej Gregorc – drums.

Location:                  Kranj (Slovenia).

Better song the EP:

“Labyrinth of Greed”.

Better feature of the band:

Its wickedness combined with an elaborated songs’ structure and a good tendency to the experimentations.
Guys, it’s a very strange thing but all the Slovenian bands that were reviewed on these pages have never disappoint my expectations, releasing remarkable albums (in particular, I must remember “Queen of the Midnight Fire” of the Vigilance, while the first ones were the thrashers Panikk). Hence, the Armaroth are the third band of these young and worthy series, they are the more extreme than the other acts but also the less prolific, since they released only two productions, “False Vision” included, in 6 years of existence.

The Armaroth, into the 4 tracks + intro per 19 minutes of bombardments that characterizes “False Vision”, plays a very wicked death metal that is rich enough of surprises and contaminations with other genres, that are, in this case, the brutal death (above all during the mid – slow tempos) and the thrash metal (like in “Cell That We Bleed In”) that is useful to inject a contagious groove to the entire music. The approach adopted by the band is a combination between the old and new school, alternating angry blast – beats with a bit more refined rhythmic solutions, do not forgetting the devastating tupa – tupas that are here and there in the EP. However, the massive and almost “robotic” opening track titled “Modern Man” is focused on the mid – tempos, so the Armaroth seems to be a band more heavy than fast during the first impressions. The technique is very good but, for example, the guitar solos are almost completely absent, except the particular and strangely melodic solo of “Labyrinth of Greed”.

In fact, the Armaroth search the sonic particularities with a good frequence. For example, these guys uses even some minimalist keyboards, so to make some moments of “Modern Man” in a more frightful and wicked way, while some passages of “Cell That We Bleed In” are “Egyptians” and mysterious, with the guitars that adapts perfectly to these shifts of atmosphere. But, as it is obvious, the keyboards are used in a very rare way and just during some strategic points. Anyway, these experimentations, a riffing at times dissonant or enigmatic included, leaves good hopes for the future.

I must mention also the songs’ structure, that is usually well – elaborated and rich of tempo shifts, all the more so because the Armaroth have sometimes a complexity closed enough to the technical death metal (“Labyrinth of Greed”). But, anyway, their songs follow some precise musical sequences, giving the impression that the band doesn’t want to lost the sense of the musical discourse, considering that the tracks are usually 4 – 5 minutes long, so they are difficult to manage in a easy way. But “Cell That We Bleed In” is the less free and more sequencial song of the entire demo.

The vocals surprises as regard the wickedness. They are characterized principally by deep growls and these ones are doubled at times by diabolic screams. The singer is technically very good, since, for example, his abilities to pass from the growls to hysterical screams with an excellent fluidity (“Cell That We Bleed In”), so to inject more profoundness to the assault.
In brief, I don’t find real flaws into this demo, the band know how kick the ass. But the Armaroth could improve their assault using the lead guitar in a better way (and not only to vomit solos), since it is really important in “Labyrinth of Greed”, that could be the reference song for the future. Besides this, “False Vision” has a very good production, it’s clean and powerful and with all the instruments at their own place. What more can I say? Oh yeah, BUY THIS DEMO, FUCK!

Voto: 80

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Tracklist:

1 – False Vision (intro)/ 2 – Modern Man/ 3 – High/ 4 – Labyrinth of Greed/ 5 – Cell That We Bleed In

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Thursday, August 29, 2013

Battleaxe - "Burn This Town" (1983)

 Album (Music for Nations, 1983)

Formazione (1979):  Dave King – voce;
                                  Steve Hardy – chitarre;
                                  Bri Smith – basso;
                                  Ian Thompson – batteria.

Località:                    Sunderland (Gran Bretagna).

Miglior canzone dell’opera:

“Running Out of Time”.

Punto di forza del gruppo:

la struttura dei pezzi unita a un’intensità a dir poco letale.
Copertina: Arthur Ball

Ero un po’ indeciso se recensire “Loose ‘n’ Lethal” dei Savage, che pure ispirarono un sacco i Metallica nei loro primi tempi, o l’album di debutto dei meno influenti, almeno per il metal estremo, Battleaxe. Alla fine, colto da improvvisa illuminazione, ho scelto quest’ultimi, dato che il loro disco risulta forse più indicativo della svolta thrashona che l’NWOBHM stava passando nel 1983, anno nel quale i gruppi inglesi cominciarono a estremizzarsi sul serio, in coincidenza curiosa con i colleghi americani più violenti. Allo stesso tempo, i Battleaxe non suona(va)no puro heavy metal, nonostante la loro tendenza a sparare velocità folli. Però, è meglio andare con calma che sono partito praticamente a razzo, proprio come il gruppo, quindi mettiamoci ad analizzare serenamente (come se fosse un album new age…) questa bella fetta di storia dell’NWOBHM.

“Burn This Town”, dalla copertina magnifica, è composto da 10 pezzi per 36 minuti e mezzo di uno sfrenato hard rock’n’roll bello grezzo eppure tremendamente groovy, specie in brani perfetti come “Running Out of Time”, che fra l’altro deve molto agli Ac/Dc, mentre in altri, come in “Star Maker”, il fantasma più epicheggiante dei Black Sabbath si fa vivo in maniera prepotente. Il gruppo, come già scritto, ama parecchio la velocità, cosa che si evince nello speed metal rockeggiante di “Ready to Deliver” (una delle canzoni più semplici del lotto pur avendo più di un assolo, caso veramente raro per i Battleaxe) e in quello più punk e distruttivo della titletrack, ma per il resto aspettatevi tempi medi, magari punteggiati da ottimi cambi di tempo, che spesso si rivelano fondamentali per la buona riuscita delle canzoni. E, tanto per sottolineare ancor di più la rudezza dei Battleaxe, nell’album non vi è neanche un’ombricina di chitarra acustica, proprio come in “Filth Hounds of Hades” (recensito guardacaso qualche mese fa) dei Tank, ergo le ballate e i sentimentalismi sono totalmente banditi in questo disco.

Ma i Battleaxe non sono soltanto rudi ma anche citazionisti. Per esempio, nel finale del battagliero pezzo autocelebrativo ‘sti ragazzi plagiano nientepopodimeno che (suspence…) l’introduzione di “Am I Evil?” dei Diamond Head, ovviamente in miniatura. Mentre in “Overdrive", e sempre lungo il finale, si può ravvisare qualche somiglianza con gli ultimi secondi di “World War III” dei Bitch. Oddio, in questo caso sto cercando proprio il pelo nell’uovo, perché il primissimo album di questi ultimi uscì nello stesso 1983, quindi è meglio finirla con i pavoneggiamenti, se no rischio di fare gaffe bibliche.

Insomma, l’album mostra una buona varietà così da non stancare l’ascoltatore, ma ancora non ho speso nessuna parolina né sul comparto vocale né sulla struttura dei pezzi. Infatti, il cantante è prodigo di linee vocali contagiose e versatili, avendo fra l’altro un tono spesso cattivo tanto da sfiorare dei veri e propri grugniti, in maniera simile a Donald McKiffe dei Demon Pact (gruppo NWOBHM misconosciuto che merita sicuramente una riscoperta… e fortuna che non mi dovevo più pavoneggiare!). Dall’altro però, il nostro spara a tratti degli acuti isterici e allegri, intensificando così il tutto veramente con poco.

Per quanto concerne invece la struttura dei pezzi, questi ovviamente si poggiano sul più classico schema a strofa – ritornello, anche se proposto in maniera più flessibile del solito, presentando così variazioni, cambi di tempo e di atmosfera inaspettati anche nel finale, qualche stacco (pure bello macho) e un’interazione abbastanza partecipativa fra tutti gli strumentisti (in questo senso, sono fenomenali i siparietti della batteria in “Burn This Town”). Ma soprattutto, il talento compositivo dei Battleaxe lo si percepisce specialmente lungo la parte centrale dei brani, dove i nostri si scatenano alla grande e con una fantasia notevole (soprattutto durante la prima parte dell’album), proponendo di conseguenza anche assoli meno convenzionali del previsto. Volendo fare un paragone, la struttura adottata dai Battleaxe ricorda molto quella istrionica degli Holocaust, il cui “The Newcomers” è una gemma “minore” dell’NWOBHM.

A dir la verità questa sarebbe la formazione
del gruppo periodo "Power from the Universe",
diversa, per 1/4, da quella del debutto.

In parole povere, “Burn This Town”, pur calando un po’ alla fine ("Thor - Thunder Angel", che risulta essere stranamente un po' statica), è un buonissimo concentrato di rock’n’roll stradaiolo con una intensità talvolta così esagitata da sfiorare il punk. Sorprende dunque la svolta melodica che i Battleaxe intrapresero l’anno dopo con il secondo e ultimo album, cioè “Power from the Universe” (ne doveva uscire pure un terzo, “Mean Machine”, ma purtroppo non se n’è fatto nulla), mossa che però fecero anche i gruppi più violenti del movimento come gli Jaguar. Quindi, effettivamente, c’è di che sorprendersi? E, per caso, che reazione avreste se vi dicessi che i Battleaxe, in preda al nuovo entusiasmo generale per tutto ciò che è metal vecchia scuola, si sono riuniti 3 anni fa più incazzati che mai?

“HORNS UP, I’M A DIRTY ROOOCKEEER!”

Ecco, sì, è questa la reazione giusta, CAZZO!

Voto: 82

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Scaletta:

1 – Ready to Deliver/ 2 – Her Mama Told Her/ 3 - Burn This Town/ 4 – Dirty Rocker/ 5 – Overdrive/ 6 – Running Out of Time/ 7 – Battleaxe/ 8 – Star Maker/ 9 – Thor – Thunder Angel/ 10 – Hands Off

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Wednesday, August 28, 2013

Stormhold - "Eyes in the Eyes" (2013)


Self – released EP (April 1st 2013)

Line – up (2003):   Alexey Gasakov – vocals;
                               Vyacheslav Gasakov – guitar;
                               Dmitriy Mikailov – guitar;
                               Alexandr Chernous – bass;
                               Andrey Marisyi – drums;
                               Evheniy Darnopykh – keyboards.

Location:               Gomel (Belarus).

Better song of the EP:

The titletrack.

Better feature of the band:

Its great dramatic feeling.

The Stormhold are one of two bands that I listened during my holidays, along with the Slovenians Armaroth. I say I’ve done a good job to bring them with me, since both the bands have good songs, playing the same genre in very different ways. Besides this, the Stormhold didn’t recorded something from 2006, when they released their first album titled “Negative Infinity”. I like so much this kind of bands that record something only when they’re truly inspired. But I hope that will not spend other 7 years to listen the next assault, so, come on guys, record a new album, please!

“Eyes in the Eyes” has 3 tracks per almost 16 consistent minutes circa of a melodic death metal with a great dramatic feeling (accentuated by some neoclassical influences, like in the titletrack) and a remarkable variety. The technique is impressive, also into the more wicked (and rare) moments, all the more so because the solos have a fundamental role in the music, since every song has 2 solos at least. But these ones are generally brief than the initial impressions. Despite this technique profusion, the various blast – beats and not so much unbridled tupa – tupas are frequent, and they are in perfect balance with the slower tempos.

As in the Italians Joyless Jokers (I reviewed their first album many months ago), the Stormhold combines the melodic element with the symphonic aspect, that is a bit more important for these guys than my aforementioned compatriots. In fact, the keyboards helps frequently the other instruments to inject more profoundness into the music creating sometimes very evocative and tasteful melodies, also if they aren’t everywhere and don’t shoot real solos.

Instead, the vocal sector is characterized principally by an almost hoarse growl (that is a bit lower than the usual in some moments, like in “The History Pages”, but don’t expect “ignorant” stuff, as it is obvious) plus some rare screams. In addition, there are even good clean vocals in “Another Day”, making the music in a more dramatic way.

The songs’ structure is a little curious for some reasons. I can go so far to say that every song is divided between 3 well – distinct parts: the first one is a introduction where the band shoots its fury and wickedness (in this way, listen the devastating intro of the titletrack); the second more melodic part is characterized always by the typical stanza/chorus’ sequence with two passages; in the last one, the band explodes its potentialities, respecting at times some musical sequences. In addition, there is an instrumental and collective fugue (hence, no virtuosity of any kind) in every track, that is useful to start very intense climaxes (like in the mid – tempo song “The History Pages”). But the structural methodology adopted by the Stormhold leaves some doubts that aren’t necessarily dangerous for the same music. For example:

1)      it’s a shame that the omnipresent melodic approach isn’t balanced with the more wicked moments, that are interned generally into the introductions (except “The History Pages”);

2)      some instrumental fugues aren’t sufficiently developed, and this is a more important problem than the aforementioned one (listen “Another Day”, the only not exactly unconciving track of the EP).

However, the Stormhold are able to compensate these flaws through a generally perfect songs’ structure, that is accentuated not only by the interaction between the guitars but also by the keyboards, hence I would like to listen these ones in a more predominant way for the future assaults to come. Besides this, I like so much the production of the EP, that is clean and perfectly balanced between the various instruments, bass included (finally!).

Vote: 77

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Tracklist:

1 – Another Day/ 2 – Eyes in the Eyes/ 3 – The History Pages

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Tuesday, August 27, 2013

Intervista ai Black Faith!

Weilà ragazzi! Sono appena tornato dalle vacanze, quindi, per celebrare la ripresa dell’attività di Timpani allo Spiedo, vi propongo questa bella intervista ai Black Faith, a mio avviso uno dei migliori gruppi black italiani attualmente in circolazione. Risponde Snarl, cantante/chitarrista della formazione abruzzese. L’intervista, che me l’ha passata completa Zeyros della Mother Death Productions, è veramente molto interessante e appassionata, come dovrebbe essere sempre.

BUONA LETTURA!

1) Ehi ciao, bentornati su queste pagine! Sono passati ben 3 anni dal promo di “Jubilate Diabolo”, come mai ci avete messo così tanto per far uscire il vostro primissimo album?

Ciao a tutto lo staff e ai lettori di Timpani allo Spiedo Webzine! Beh, poco dopo aver dato alla luce la versione promo di “Jubilate Diabolo” abbiamo lavorato per ricompletare la formazione e tornare sul palco, poi abbiamo deciso che il suono del “Promo 2010” era troppo digitale e siamo stati costretti a ri-registrarlo. Tra questo e la ri-registrazione negli Underroom Studios aggiungici pure alcuni impegni live, una laurea magistrale, un po’ di tempo di Hyakrisht e di Acheron per registrare con le loro rispettive bands, il tempo di trovare una label per il cd, e pure un mio periodo in cui sono stato in difficoltà, e hai ottenuto più o meno l’arco di tempo di 3 anni. Attualmente stiamo già componendo nuovi pezzi, e un paio sono già stati portati da live.

2) Perché lo avete riempito quasi esclusivamente di vostri vecchi pezzi? Quelli nuovi del recente split da quanto erano pronti?

In realtà i brani di “Jubilate Diabolo” prima dell’uscita del full length sono stati sentiti da ben poche persone, quindi non sono vecchi, perché la versione “Promo 2010” era una cosa temporanea solo per trovare una label e per avere qualche recensione in vista del full length, oltre che per dare qualche segno di vita visto che era un po’ che non si registrava qualcosa. Avendolo tu e qualche altro recensore sentito, a differenza di moltissima altra gente, posso capire che i pezzi siano vecchi per te, ma non è così per il pubblico. In totale di quel promo ne avremo date via sì e no 50 copie, moltissime delle quali sono state date a webzines e a case discografiche. Per il resto, non è mai stato messo in vendita e neanche è stato messo su YouTube, tranne un brano o due.
I brani dello split recente, ovvero con Khephra e Acheronte, sono stati composti da me e terminati nella prima metà del 2010, quindi dopo che avevamo registrato il Promo e parecchio dopo che la tracklist di “Jubilate Diabolo” fosse stata decisa. I brani di “The Last Prayer” rappresentano inoltre un distacco netto da “Jubilate Diabolo” perché sono 3 brani massicciamente influenzati dal thrash old school, dal metal più classico e dal rock. Stonavano nettamente con i brani del primo full length e davvero non si potevano mettere nello stesso cd.

3) Voi avete iniziato come gruppo cover dei Marduk, e quindi quanto vi è servita quest’esperienza e quanto è durata?

Fu breve e poco o per nulla rilevante. Durò circa 4-5 mesi, al tempo suonavo con tutta un’altra line up, non facemmo mai concerti come cover band, facevamo solo brani dei primi Marduk, tipo “Wolves”, “On Darkened Wings”, e non eravamo interessati a fare brani più famosi tipo “Panzer Division Marduk”.
Già sarebbe uscita una cover band strana, ma soprattutto ormai sentivo che ero pronto per cominciare a scrivere pezzi miei. Il primo riff mai composto dei Black Faith è il primo di “Sanctity in Darkness”, scritto da me e da Lord Asmod a Dicembre 2004 e non è assolutamente in stile Marduk. Quindi credo sia stato solo un periodo di avviamento normale, che non mi ha neanche particolarmente influenzato come composizione, anche se sono sempre stato, e lo sono tuttora, un grande fan dei Marduk.

4) Comunque, nel vostro black metal si sente qualche forte influenza dalla variante svedese del genere, anche se il vostro stile risulta decisamente più dinamico e “razionale” di quello dei vecchi Marduk. In più, a tratti sembrate parecchio influenzati dal punk (specialmente in “Seduced by the Evil One”). Ci ho visto giusto?

Le influenze dei Marduk non ce le sento e, con rispetto, è da tempo che ogni nostro disco bene o male finisce per essere accomunato a sproposito ai Marduk. Tranne il “Promo 2010”: lì c’era una cover dei Darkthrone e ci dissero che somigliavamo ai Darkthrone (e hai ragione, pure io feci ‘sto paragone! Nda Claustrofobia). Ora che è uscito il cd, la gente è tornata a paragonarci ai Marduk, peccato però che il promo era un’anteprima del disco e 5 pezzi sono gli stessi ri - registrati!
Penso che la gente categorizza troppo la band X in base alla cover che porta o in base alle tematiche mostrate nella cover o nel logo, e questo non va per niente bene, anche perché non succede di rado in Italia, e a volte ti fa veramente porre dei punti interrogativi. Ricordo quando ad esempio i romani Vidharr pubblicarono un demo che aveva anche una cover dei Carpathian Forest: tutti ad accomunarli ai C. Forest e qualcuno a bocciarli perché non erano abbastanza nello stile di quella band (?!?). Ma se ascolti i brani di quel demo, e conosci i C. Forest, sai bene che paragonarli è una sciocchezza. Se Ligabue facesse un album con una cover dei Carpathian Forest o dei Marduk, vuol dire che quell’album va paragonato a tali bands? Non credo proprio. Eppure con noi e altre bands succede.
Tornando alla tua domanda: abbiamo delle parti molto veloci di batteria e non suoniamo solo coi tempi stile Darkthrone, quindi sì effettivamente abbiamo uno stile più dinamico, è mutuato dalla nostra passione per il metal old school e per lo speed/thrash in particolare, e questo penso si è riversato sulla nostra musica tramite uno stile veloce ma che punta molto anche all’aggressione. Abbiamo lavorato per far diventare questo stile il nostro trademark, almeno su “Jubilate Diabolo”. Per lo stile razionale, se ti riferisci ai primissimi Marduk ancora un po’ immaturi fino a “Dark Endless” compreso, hai ragione: noi usiamo più armonizzazioni, siamo più tipicamente metal e usiamo più atmosfera nei brani, ma se ci paragoni a “Nightwing” od “Opus Nocturne”, le cose cambiano.
Per quel che riguarda “Seduced by the Evil One”, non sei il primo a sentire influenze punk, ma in realtà il punk c’interessa poco o per niente: quello è uno dei brani dove le influenze old school metal nei Black Faith si sentono meglio. Consideralo come il brano che costituisce lo Speed Metal Attack all’interno del nostro disco, o se preferisci un mix tra Motorhead e Black Metal, shakerato dai Black Faith.

5) Mi sono accorto che l’album è stato diviso in 2 parti: la prima è più diretta e meno tradizionale, mentre l’altra, composta più che altro dai pezzi del vostro primo demo, è più black metal e presenta pezzi più lunghi. Come mai? C’è un brano che preferite più di ogni altro?

Non ci avevo fatto caso, complimenti per l’osservazione, ben scovata! Ma non è stata pianificata. Brani come “My Walk in the Dark” e “Seduced by the Evil One” sono effettivamente più votati alla violenza e “Beyond the Night” alla velocità, mentre effettivamente canzoni come “Burnt Flesh Sculptures” e la title track sono più tipicamente atmosferiche. Questa seconda metà presenta però solo 2 brani su 4 ripescati dal demo, di cui uno, “Padre Mithra”, in realtà è stata inserita nel cd solo a registrazione ultimata, perché per il resto ne era pianificato all’inizio un uso diverso.
Questa suddivisione involontaria del cd in due parti rispecchia bene l’evoluzione sonora dei Black Faith dal demo: da un Norwegian style a uno stile ancora di stampo prevalentemente norvegese ma meno atmosferico e più metal, che ricerca l’aggressività, la potenza sonora e l’impatto live. Essendo questi brani più violenti e veloci, è stato normale (ma evidentemente non fatto apposta) per noi pensare di raggrupparli e metterli in apertura.

6) Parliamo adesso delle tematiche. Di cosa trattano più esattamente i vari brani? Chi è questo “Padre Mithra”?

Il concept dell’album
tratta del bisogno intrinseco dell'uomo di fare il male, del fatto che il male esiste sempre e comunque, di fare tutta una serie di cose che portano l'uomo dritto nel fuoco dell'inferno. E questo è stato diviso in diversi capitoli riguardanti la contraddizione di diversi aspetti dell'uomo e della cristianità. “My Walk In The Dark” attacca la castità spirituale dell’Uomo, simboleggiata dal calice nero, col quale l’uomo si avvicina al Male non appena si apre alla vita. "Beyond The Night" è simboleggiata da un lume di candela rovesciato, questa canzone attacca il dogma e descrive la voglia dell’Uomo di distaccarsi da esso. "Seduced By The Evil One" attacca alcune concezioni mentali della fede cristiana, particolarmente riguardanti esperienze oniriche e inconscie, ed è simboleggiata dal Serpente che avvelena la fede. "Thy Vital Breath" ridicolizza la creazione dell’Uomo, che oggi più che mai morde la mano che l’ha creato. Il simbolo di questa canzone è quello alchemico del Piombo, metallo tossico. "Burnt Flesh Sculptures" descrive la corruzione della carne e il disgusto per l’Uomo. È rappresentata dal simbolo alchemico del Mercurio. "Black Nocturnal Lithurgy" attacca la purezza dell’anima, ben lontana dall’essere quella cosa pura e misericordiosa. Il simbolo è un incappucciato e il testo è tratto da un rituale. Descrive come l’uomo sia soggiogato al Male e agli atti malevoli insiti nella sua natura. La conclusione è scritta nel testo di "Jubilate Diabolo": alla luce di tutto questo, non è difficile notare come il Bene sia solo un principio etico e giusto, ma per il quale nella vita non ci sia posto. La verità è nel Male, l’Uomo ce l’ha dentro e ne è attratto e quindi dovrebbe riconoscerlo una volta per tutte, ed è incredibile notare come questa tipologia di Male corrisponda per moltissimi aspetti (se non tutti) a quella del Diavolo. Ecco di cosa parla "Jubilate Diabolo".
Volontariamente non ho nominato “Padre Mithra” perché come dicevo è stata inserita nell’album solo all’ultimo momento, quando il concept dell’album era già scritto da anni, per cui liricamente si distacca dal resto dell’album. Non a caso questa canzone non compare nel retro cover del “Promo 2010”, malgrado esso fosse un’anteprima del nostro full length. Il testo è un’esaltazione del dio Mithra, e abbiamo scelto proprio lui poiché chiunque abbia seguito qualcosa di Aleister Crowley sa già di cosa si parla: Nel 20 Gennaio 1918 Crowley, studiando la figura del Baphomet e indagando sulla genesi di questo nome misterioso, interpretò la parola come “Baphomethr”, dove la “r” finale è muta, che significa “Padre Mithra”. Mithra o Mitra è un dio italico il cui culto era largamente diffuso tra il 300 e 400 d.C. e fu messo a tacere dall’editto dell’Imperatore Teodosio, che bandì la libertà di religione. Anche i Death SS trattarono anni fa questo argomento nella loro “Baphomet”.
Il testo di questa canzone, inoltre, nel 2005 lo scrissi anche come provocazione alla superficialità spirituale che già allora serpeggiava nel Black Metal nei confronti di temi a mio avviso necessari in questo ambito quali misticismo, occultismo, satanismo e paganesimo. Come spero di aver dimostrato in questa mia brevissima descrizione, c’è francamente molto di più da sapere e di cui parlare piuttosto che scopiazzare due massime di Burzum e poi buonanotte.
7) Alcuni pezzi sono cantati sia in italiano che in inglese. A cosa è dovuta una tale scelta? A quando un brano cantato completamente in madrelingua?

Quando metto parti in italiano nella musica lo faccio perché avrebbe poco senso farlo in inglese. La parte in italiano di “Padre Mithra” è una preghiera al dio Mithra, ed essendo come detto prima un dio italico, cantare quella parte in inglese non avrebbe avuto senso. Riguardo alla title track, cantata in italiano per metà, quelle parole sono l’apice del concept dell’album, perciò volevo che fossero esposte chiaramente delle parole che suonano esecrande, crude e ingiuriose. L’ho fatto sia per rendere chiaro il concetto dell’album, sia perché penso che a volte il Black Metal manchi di un messaggio da dare che sia blasfemo ma anche concreto e inquadrabile, e che venga rimpiazzato da frasi (meglio se in italiano) magari auliche ma con un messaggio mica tanto chiaro e a volte con un lessico non sbagliato ma improbabile. La nostra risposta è un’opposizione a questo, manifestata con questa scelta stilistica.
Per quel che riguarda un brano in italiano, ti dirò: per me un testo in madrelingua o in inglese è nient’altro che un marginale particolare, un dettaglio. Se capiterà che faremo una canzone in italiano, ci sarà il suo motivo artistico, ma non so se e quando questo avverrà. Personalmente ho sempre pensato che l’italiano è una lingua troppo eufonica e ha troppe parole lunghe, difficili da mettere in metrica; può servire per sottolineare alcuni momenti salienti della canzone, ma niente di più. Ho sempre preferito l’incredibile “Io Thoth Amon, Io sono Shaytan” strillato da Cadaveria negli Opera IX alla fine di “The first seal”, che sottolineava il climax conclusivo della canzone, oppure la parte finale declamata di “Roma Divina Urbs” degli Aborym, piuttosto che dei testi completamente in italiano di tante altre bands.
Infine, magari è solo una mia impressione, ma ho notato come i testi Black Metal in italiano tendono spesso a essere troppo poetici o comunque ad abusare di parole o espressioni auliche, e per questo li ho sempre trovati in molti casi stucchevoli, ridondanti, e pure un po’ pacchiani. Questo è un altro dei motivi per cui al momento non mi va proprio di scrivere una canzone tutta in italiano.
Black Faith - Photo
8) Raccontatemi del vostro split che, fra l’altro, avete diviso con un gruppo storico della Penisola, cioè i Khephra. E’ strano che, di punto in bianco, siate diventati così attivi rilasciando 2 dischi nell’arco di un mese…

I 3 brani da noi proposti dovevano in realtà uscire per un altro split con altre bands e label, ma non se ne fece più niente, così dopo un po’ di contatti, seppi da Phobos degli Acheronte che loro stavano per fare uno split coi Khephra a cassetta tramite la SBRT Records. Chiedemmo se potevamo unirci a loro e tutti accettarono. Siamo davvero contenti di aver fatto uno split con queste due bands: gli Acheronte già li conoscevo, avevo visto dei loro concerti e insieme siamo pure andati a vederne qualcuno a Roma. I Khephra li conosco sin da che ho recensito anni fa il loro “Resurrection”, e li trovai eccezionali. Conobbi Draughar tramite Facebook e scoprii che musicalmente c’era stima reciproca, oltre al fatto che è un amante del metal old school come me. Abbiamo anche suonato tutti e tre insieme una sera a Tortoreto nel 2012 e ci fu un’ottima sintonia anche come persone. È stata una serata fantastica!
Per il resto, ci trovi attivi? Pensa allora che abbiamo ancora un’altra release in cantiere, ovvero uno split in vinile 7” coi Silberbach e stiamo anche componendo i brani nuovi! Il fatto è che in passato, fino direi a metà 2009, l’attività è stata rallentata da problemi di formazione e anche da gente o eventi che mi hanno fatto perdere tempo, ma in realtà la composizione non è mai stata ferma. Non so ancora dirti quando saremo pronti per fare il secondo cd, ma di certo non ci metteremo così tanto tempo.

9) Mi sembra che la scena black metal abruzzese si stia dando una bella mossa negli ultimi anni. E’ solo una mia impressione? Che aria gira dalle vostre parti?

Ultimi anni? Solo parlando dei centri abitati di Pescara e Chieti, si fa Black Metal dal 1997 grazie ai My Dark Sin e agli Essenza, poi sono venuti Obscura Nox Hibernis, Draugr, noi, Sturmkaiser, poi altri, e abbiamo raggiunto il top nel 2007, dove tra queste due città esistevano ben 7 bands black metal, e tutte tranne una hanno fatto almeno un demo, quindi oggettivamente esistono. Al di fuori del Black Metal, poi, sicuramente è merito del buon successo commerciale nazionale raggiunto ormai da anni da bands quali Zippo, Draugr e Sawthis. Anche Rabid Dogs, Mud e Ignition Code suonano parecchio in giro.
L’aria che tira dalle nostre parti è quella di un mucchio di bands che vogliono fare musica, dischi, concerti e di suonare in giro, dove per “in giro” non si intendono i due locali in zona e poi chissà. Noi si pensa a suonare, c’interessa chi fa buona musica e chi si fa una birra doppio malto con noi, non chi si ghettizza, chi si atteggia da true, da capo del metal o da persona che ne sa più degli altri perché sente metal da un giorno prima di te. Io non ho suonato moltissimo fuori regione, ma mi basta seguire avvenimenti, forums e dicerie per vedere che là fuori c’è una rivalità insulsa e incredibile, bands che odiano altre bands solo perché sono della stessa provincia come se fossero una minaccia, gente veterana che non accetta che i giovani suonino lo stesso genere loro per paura che gli tolgano pubblico, gente giovane che patisce il confronto con veterani affermati, musicisti che criticano altri musicisti perché troppo tecnici o troppo poco tecnici o che hanno un’altra mentalità, rosiconi di vario tipo, nessuna collaborazione, niente dialogo, solo auto segregazione, ghettizzazioni, e in fin dei conti niente vero supporto all’underground, visto che queste menate avvengono solo tra persone con mentalità limitata alla loro provincia e al fatto che devono continuare a fare gli idoli locali del cazzo. Noi suoniamo, facciamo releases e non comunelle su Facebook, cerchiamo di far pogare il pubblico da live, ci divertiamo e tutto il resto non ci interessa. Se ci fosse qualche nuova leva black metal locale noi penseremmo a incoraggiarla e dargli consigli per camminare da sola, piuttosto che reprimerla per paura che ci tolga spazio. Una scena nasce unendo le forze e supportando i concerti, anche quelli di un genere diverso da quello che fai tu, non ghettizzando tutto. Da noi è così, da voi non so.

10) Okay, l’intervista è ormai finita. Sono stato palloso? Congedatevi come volete…

Per niente palloso! Grazie dell’opportunità concessaci e se siete interessati, vi consiglio un ascolto del nostro full length “Jubilate Diabolo”, ordinabile tramite Mother Death Productions. Support Mother Death Productions, Magma Label e SBRT records. A.M.S.G.

Sunday, August 11, 2013

Mortifier - "Darkness My Eternal Bride" (2013)

Ristampa album (Natura Morta Edizioni, 2013)

Formazione (1993):    Arcanum Anima – voce/basso;
                                     Kryx Murthum – chitarre/voce;
                                     Moloch – batteria;
                                     A. Corsino (ospite) – tastiere.

Località:                      Brindisi, Puglia.

Canzoni migliori della ristampa:

rispettivamente “Astral Keys to My Mighty Vision” (album) e “Ars Moriendi” (tracce bonus).

Punto di forza del gruppo:

la sua devastante follia unita a una spaventosa varietà.
Continua la serie di ristampe della giovanissima etichetta bergamasca Natura Morta Edizioni (gestita nientepopodimeno che da Abibial degli Imago Mortis) che, dopo aver (ri)dato luce ai promettenti due demo dei Krashing (leggasi recensione di Gennaio), ha avuto la bella pensata di disseppellire dall’oblio il primo e finora unico album dei Mortifier, cioè 5 pezzi (compresa outro acustica) per quasi 31 minuti di assalto sonoro. In più, al materiale originale sono stati aggiunti 7 brani rimasti inediti fino a oggi, e che vennero registrati tra il 1996 e il 1998 (ma per Metal – Archives, invece, le registrazioni vanno dal 1998 al ’99…), raggiungendo così i tanto agognati e diabolici 66 minuti e 56 secondi di musica. Adesso, basta con le mere statistiche, e vediamo di analizzare in lungo e in largo i deliri dei Mortifier, ma vi anticipo fin da subito che mi sono un sacco esaltato nell’ascoltarli, quindi, vi raccomando immediatamente questa ristampa senza tanti indugi.
 Mortifier - Darkness My Eternal Bride
Dopo aver rilasciato due demo, i Mortifier riuscirono finalmente a pubblicare l’album di debutto, cioè “Darkness My Eternal Bride”, nel 1996 presso l’ancor attiva etichetta australiana Battlegod Productions, presentandolo con una copertina molto efficace ritraente una minacciosa figura incappucciata che si dirige in chissà quale abisso infernale (a questo punto, peccato che la copertina sia stata cambiata). Ma, appena parte la musica, quest’abisso si materializza sul serio mostrando un black metal sorprendentemente dinamico, pieno di dettagli e bello cattivo, tanto da avere qui e là dei richiami al death metal che riescono a intensificare ancor di più tutto l’assalto. Quindi, c’è poco spazio per la melodia (anche se il gruppo ha la tendenza a essere melodico lungo il finale delle canzoni) ma ci sono così tante caratteristiche interessanti da presentare un approccio veramente originale eppure tradizionale allo stesso tempo.

Per esempio, il gruppo riesce a essere spietato pur dando spesso e volentieri parecchia importanza ai tempi medio – lenti, come succede sia nel tour de force da 7 minuti “The Majesty of Empire’s Doom” che nella titletrack (che ha una prima parte veramente memorabile per quanto sa essere ossessiva e fantasiosa allo stesso tempo). Fra l’altro, il gruppo spara non poche volte un groove da far ballare spudoratamente il culo, richiamando in tal caso sia l’heavy metal sia il thrash (quest’ultimo anche a livello di riffing, come nella stessa “The Majesty…”).

Poi, riveste un ruolo a dir poco fondamentale la chitarra solista. La quale non si limita a dar manforte alla ritmica, va addirittura oltre, vomitando così degli assoli molto vari fra di loro e proponendone anche più di uno in qualche canzone. E questa è una cosa veramente rara da beccare nel black metal, ed è in grado di dare un sacco di folle imprevedibilità a tutto l’insieme (ma non solo grazie ai solismi!).

Infatti, parlando in termini più generali, la musica dei Mortifier è spaventosamente folle e caotica proprio come il black metal dev’essere. Ciò è dovuto a diversi fattori (come già si è visto, del resto): come l’eccezionale lavoro di batteria, che è così fantasioso da essere selvaggio e fuori controllo (faccio osservare che Moloch suonerà poi, come Danny Hate, nei brutallari Onirik che, guardacaso, sono stati uno dei 6 gruppi ospitati nel primissimo numero di Timpani allo Spiedo); la struttura dei pezzi, che da una parte sono sequenziali ma dall’altra non hanno veri e propri vincoli di sorta, anche perché una stessa sequenza può essere riempita cammin facendo da diversi dettagli (fra cui delle occasionali tastiere minimaliste), così da rendere ancor più profonda l’intera musica; inoltre, qui e là ci sono dei momenti malatissimi da puro culto, come quando, in “The Majesty of Empire’s Doom”, il gruppo dà improvvisamente di matto con un’orgia di tom – tom, chitarra e basso impazziti e voce pulita manipolata alla fine, costruendo così un climax assurdo, per non parlare della lunga introduzione doom e tribaleggiante di “Astral Keys to My Mighty Vision” che, nei suoi quasi 11 minuti di delirio, rappresenta il Mortifier – sound nella sua essenza, con tanto di evocativo intermezzo acustico e breve momento parlato. Ma non bisogna neanche dimenticare quel riffing un po’ disturbato a là Hellhammer, un basso abbastanza in primo piano e che si fa rispettare soprattutto nei primi due pezzi, e così il quadro è completo.

In pratica, l’unico a non esagerare in questo black metal dalla forte impronta individualistica è il cantante che spara un classico urlo black, così da controbilanciare l’incontrollabile intensità specie delle chitarre e della batteria.

Dopo quest’album immenso, si parte con i brani inediti, nei quali i Mortifier manifestano, se possibile, una varietà addirittura maggiore di quella presente nel disco, e lo si nota subito con “Anthems to the Night Spirits”, una specie di intro sorprendetemente folkeggiante. Bisogna dire che i 7 pezzi inediti sembrano formare un vero e proprio secondo album tanto da esserci una melodica outro strumentale, cioè “Signs”, anche se lo stile, da canzone a canzone, cambia un poco, come anche la produzione.

Le differenze con il recente passato le si colgono immediatamente dalle prime due canzoni (di cui una è praticamente un rifacimento, accorciato di ben 3 minuti, della magnifica “The Majesty of Empire’s Doom”), nelle quali il gruppo suona una specie di black/death dalle derive sinfoniche, presentando al contempo una minore tendenza ai solismi chitarristici. Invece, negli ultimi 3 pezzi (tutti più o meno lunghi sui 7 minuti), il gruppo riprende un po’ lo stile imprevedibile e folle dell’album, combinandolo però con un approccio più teatrale (soprattutto per quanto riguarda il comparto vocale, molto più vario e con voci pulite relativamente frequenti) e a tratti decadente (si senta l’introduzione di “Rising Empire of Darkness”). Come al solito, i Mortifier eccellono sempre nei pezzi più lunghi ove hanno l’occasione di scatenarsi praticamente a prescindere, adesso che le parti acustiche sono quasi del tutto assenti, se non per amalgamarsi con il black metal proprio del gruppo.
Foto: Kryx Murthum/Arcanum Anima
Tirando le somme, l’album è un vero capolavoro di black metal italiano, così folle e vario da rivaleggiare con i dischi fondamentali del genere, mischiando fra loro i Darkthrone, gli Hellhammer e i Bestial Warlust più black metal. La seconda parte della ristampa invece mostra un gruppo più completo e coraggioso, ma magari in vena di eccessivi barocchismi che rovinano un po’ l’aura crudele tipica di questi ragazzacci pugliesi (si citino gli acuti di “From the Hell of the South” e le tastiere un filino invasive). Per fortuna ci si rialza alla grandissima da “The Covenant” in poi, dove a tratti il livello di cattiveria è perfino maggiore di quello dell’album. A questo punto, sarei curioso di sentire come suonano i nuovi Mortifier, ora che si sono riuniti, dopo ben 15 anni, sottoforma di un quartetto orfano, purtroppo, di Moloch (o Danny Hate che dir si voglia).

Voto “Darkness My Eternal Bride”: 94
Voto pezzi inediti: 83
Media voto ristampa: 89

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Scaletta:

1 – From the Absu/ 2 – The Majesty of Empire’s Doom/ 3 – Darkness My Eternal Bride/ 4 – Astral Keys to My Mighty Vision/ 5 – On the Desolated Shores of Eternity/ 6 – Anthems to the Night Spirits/ 7 – From the Hell of the South/ 8 – The Majesty of Empire’s Doom Opus II/ 9 – The Covenant/ 10 – Ars Moriendi/ 11 – Rising Empire of Darkness/ 12 – Signs

Friday, August 9, 2013

Intervista a Macabre Enslaver!

Ecco a voi l'intervista a Macabre Enslaver, creatura controversa di cui ho recensito qualche giorno fa il primissimo album intitolato "Le Sporche Strade della Mente". Leggete e riflettete!

1)      Ciao Mirg, va tutto bene? Allora, cominciamo la chiacchierata partendo dall’origine di Macabre Enslaver e dalle motivazioni che ti hanno a portato a partorire quest’interessante creatura.
Ciao, tutto bene grazie.
Macabre Enslaver ha origine all'incirca nel 2006, anche se molte idee di base erano partite già dall'anno precedente.
Non c'è nessun motivo, si tratta di un bisogno.

2)      Tu definisci la tua musica come “Lo – Fi Christian Dark Music”, e già questa cosa m’ha spiazzato non poco. Ma in che senso è da intendere il termine “cristiano”? E’ forse anche un modo per andare contro la fissazione del black metal per i temi del satanismo e dell’occultismo?

Nell'unico senso effettivo (e non idealizzato dai più) dei termini di quello slogan.
Trasmettere malessere al prossimo, che sia con la musica o con qualsiasi mezzo di comunicazione che si ha disponibile, è un atto profondamente e innegabilmente cattolico.
La musica non è aperta solo a una determinata tipologia di persone, ma è aperta a tutti, tutti hanno il diritto di sentirsi disturbati con quello che faccio.
Certo, per alcuni versi sono fiero di essermi isolato dalla retorica estetica commerciale che ormai è instaurata con le radici nel genere.
Il black metal non è una sola cosa, può rappresentare tantissime sfaccettature dell'esistenza, sia infinitamente belle, che terribilmente brutte, va in base a chi lo suona.
Con Macabre Enslaver ho scelto di rappresentarne i lati peggiori, come avrai potuto notare.
Il tipo di proposta che faccio è troppo cupo e autodistruttivo per poter essere rappresentato da simbologia satanista o da culti pre-cristiani, visto che sono religioni votate all'innalzamento dell'uomo in relazione alle cose che lo circondano.
La mia musica è votata per il malessere, quindi usa il cattolicesimo come mezzo per  espandersi e amplificare il caos sonoro presente nella musica.
Personalmente non ho mai provato sensazioni positive in qualsiasi luogo sacro cristiano, motivo per il quale ha suscitato in me fascinazione da sempre, sin dall'infanzia.
La luce della religione cristiana non è limpida, è profondamente malata e acceca, dedita nell'ammalare chiunque voglia inoltrarcisi.
Ma, non confondete questo concetto come una forma di protesta verso il cristianesimo, nè tanto meno non prendetemi come un musicista “white metal” o “unblack metal”, visto che sono generi che credono di propagandare il bene per il prossimo.
La mia è una ricerca nelle tenebre, personali e altrui, non nel benessere.
3)      A quanto ho capito, “Le Sporche Strade della Mente” dovrebbe essere un concept – album, vero? Più nello specifico, su quali temi è imperniato l’album e qual è il messaggio che vorresti dare agli ascoltatori?

Più che altro è un concept musicale, che lirico.
Mi spiego, solitamente io ragiono in termini di “album” e non di singole canzoni.
Io attraverso un album cerco di rendere omogenea l'atmosfera basilare che dà l'impulso per creare le canzoni.
I testi, poi, nascono e si adattano alle esigenze dei pezzi stessi.
Più che un messaggio, si tratta di un ambientazione di miseria, di caos, di buio.
Il buio stesso è per noi letale, in quanto non ha punti di riferimento e può prendere le forme delle nostre paure più nascoste.
Macabre Enslaver, fondamentalmente, mira nel dare queste sensazioni.
Ma l'idea iniziale parte sempre dalle fotografie che faccio in giro.
Ogni fotografia è una sensazione, i colori stessi vanno a determinare nella mia testa il tipo di produzione sonora del disco stesso.

4)      Che tipo di fotografie sono le tue? Ne fa parte anche la copertina?

Sì esatto, come quella di copertina, anche se in quel caso le foto del disco non sono state scattate da me, trattandosi di vecchie foto del 2006.
Furono scattate dallo stesso autore del videoclip di “Cancro II”.
Lui ha sempre avuto modo di tirare fuori esattamente quello che volevo.
In ogni caso, non c’è un “tipo” di foto che faccio, dipende da quello che trovo in giro, in linea di massima faccio foto ad ambientazioni di qualsiasi tipo.
5)      Le grandi differenze che ci sono fra un pezzo e un altro sono anche una conseguenza dei testi?

No assolutamente, i brani nascono in maniera totalmente indipendente dai testi, visto che questi  ultimi nascono in fase postuma.
Le grandi differenze tra un brano e l'altro nascono in maniera totalmente spontanea e tale caratteristica dona fluidità all'ascolto del disco intero, il che è un pregio non da poco, dona imprevedibilità e interesse di come possa proseguire.
D'altronde ascolto un sacco di musica, di tantissimi generi, quindi è normale che io ne rimanga influenzato.
6)      La tua musica è infatti molto difficile da catalogare. Si passa dal black metal al dark ambient, da pezzi soffusi e melodici a esperimenti completamente disturbanti. A quel punto, qual è il pezzo che secondo te risulta essere quello più rappresentativo di Macabre Enslaver (non facevo una domanda simile da millenni!)? Più da vicino, quali sono le tue influenze? Fra di esse, figurano per caso anche i Belketre?

Sicuramente il pezzo che rivela l'animo più intimo di Macabre Enslaver, che a va prescindere dal tipo di simbologia e slogan che uso per esso, è “Cancro VI” per via del testo :

“Dietro carni e putrescente menzogna,
  si cela la bestia più orribile,
  la più terribile di tutte.
  il risucchiatore di anime,
  il costruttore prediletto,
  vive per distruggere l'uomo da dentro

  strazia le sue debolezze,
  per mantenerle sofferenti e vive,
  risalta i peggiori difetti,
  per deprimere e rendere infelice un'intera umanità”

Le mie influenze partono sicuramente dal black metal più deviato e malato, darkwave, ambient, psichedelia, doom, power/noise, industrial e colonne sonore horror anni 70/80.
Tra le mie influenze figurano anche le band della Les Legions Noires francese, Belketre e Mutiilation in primis, basti pensare all'assolo (se si può chiamare cosi) presente in “Cancro II” che è una citazione armonica di quel movimento, in particolar modo a un progetto dannatamente lo-fi come i Brenoritvrezorkre.
Sei il primo che ha notato questa caratteristica, ti ringrazio.
 
7)      Il tuo modo di fare musica è caratterizzato fortemente dalla manipolazione delle voci, spesso pulite e sia maschili che femminili. Perché hai questa tendenza a “disumanizzarle”? Vuoi spiegare inoltre la presenza di quelle occasionali voci femminili?

Per queste cose, non ci crederai, ma son cose che già facevo da bambino, registrando con un piccolo REC portatile a nastro, registravo su cassetta le mie parti preferite dei film dell'orrore, dialoghi in particolar modo.
Passione morta lì, ma poi risvegliata dopo tanti anni attraverso l'ascolto di album di vario genere, tra cui cito il grande Marco Corbelli degli Atrax Morgue, “Smells Like Children” di Marilyn Manson, il progetto Premature Ejaculation di Rozz Williams dei Christan Death e l'unico album dei Diagnose: “Lebensgefahr”.
Non c'è una ragione specifica che siano state campionate anche delle voci femminili, semplicemente erano adatte per quello che stavo facendo.
Tieni conto che molte voci manipolate maschili sono anche le mie, come ad esempio nell'intro “Cancro I” dove recito una mia frase “Oh Signore, nel più fitto buio strazio il mio animo, nel più profondo delle tenebre, dove la tua luce non può arrivare”.

8)      A questo punto, ne approfitto per chiederti delucidazioni circa il pezzo forse più malato di tutto l’album, cioè “Cancro V”, anche se così rischierei di rovinare l’aura misteriosa che aleggia intorno a tale brano…

L'hai detto, non voglio rovinare l'aurea misteriosa dei samples presenti nel disco (mannaja mannaggia! Perché l’ho detto? Nda Claustrofobia).

9)      Come sarà l’ep che stai preparando? Sbaglio o dovrebbe essere già uscito?

Dunque, si sta rivelando di non essere più un EP, ma  un vero e proprio full-album e non sarà un seguito di Macabre Enslaver, bensì un album di collaborazione con Cody del progetto americano Cryostasium.
Persona che stimo da diversi anni e che solo l'anno scorso sono riuscito a entrare in contatto con lui.
Cody stesso mi propose di fare qualcosa assieme, inizialmente pensammo a uno split, ma poi la cosa ha preso pieghe più interessanti.
Il bello di questo disco è che di brano in brano ci scambiamo gli strumenti, fatta eccezione della batteria che è suonata interamente da me.
E' quasi pronto, il nome del progetto è C.M.E., sigla che va a significare semplicemente Cryostasium/Macabre Enslaver.
Mentre invece per il seguito di Macabre Enslaver, tutti gli strumenti sono già stati registrati, mancano i testi e le parti di voce.
Sarà molto diverso dal primo, ma sempre cupo e con una carica funebre in più e meno sincopato del primo.

10)  In fatto di merchandise, come sta il tuo progetto?

E' disponibile il mio album in digipack limitato a 50 copie, dove metà di esse sono già andate via.
Non c'è del merchandise in programma al momento.

11)  Va bene, questo è tutto. Adesso, cerca di convincere (magari anche per il tramite di terrori mistici) i lettori di Timpani allo Spiedo a dare una qualche possibilità a Macabre Enslaver.

Che dire, lascio che sia la mia musica a convincere le persone, le parole sono un limite, figlie della noia e del silenzio.
Linko qui il BandCamp ufficiale di Macabre Enslaver, dove potete ascoltare interamente in streaming il mio album :

http://macabreenslaver.bandcamp.com/

e se sarete interessati ad acquistarlo, contattate la label Mother Death Productions :

https://www.facebook.com/mdpofficial?fref=ts

e per qualsiasi news della band, seguite il blog ufficiale :

http://macabreenslaver.blogspot.it/

Grazie per lo spazio concessomi, alla prossima.

Un saluto dal profondo Sud, Sud dei Santi,

Mirg/Macabre Enslaver

Interview to the Wall of the Eyeless!

Hi guys, here you are the interview to the Wall of the Eyeless, a promising extreme progressive metal band from Sweden! These guys have really a great enthusiasm for their work!

ENJOY THE FUCKIN' READ!
1)      Hail guys! How are you? Do you want to introduce your band to the readers of this blog, maybe explaining the reasons about your double nationality?

Hey there, SL here! All is fine, thanks! We’re Wall Of The Eyeless from Sweden, but I am Russian, actually, which explains the band’s “double nationality”. I met Simon, the drummer, when I was studying in Sweden during the autumn semester of 2011. We started playing together and both of us thought that it went quite well, so we want to take it all even further.

2)      “Wimfolsfessta” is a really strange title. What’s its meaning?

      Actually, Wimfolsfestta is a made-up word, a sort of a riddle. I just couldn’t find the fitting and right sounding title for the record, so I ended up creating this word, which sort of mirrors the concept of the full release. The hints on the word’s meaning are everywhere – in lyrics, music and in the artwork. So it’s quite possible to guess.

3)      Behind this second demo there was a great work. You seems to be very ambitious. How was recording with Magnus “Devo” Andersson? And why you wanted just him?

Yeah, we really do our best to be, thank you! I had a dream to work with Devo and record in Endarker even before I started Wall Of The Eyeless in 2011 – since 2007, when Marduk released the Rom 5:12 album. I really love this record and the atmospheric production of it.
It was a huge pleasure to work with Devo, he made us feel very welcome and comfortable and explained us how to do stuff when recording – we really needed this, as it was our very first time in the professional, real deal studio.

4)      Despite your genre, the production of this demo is very dirty and “true”. Is it like you wanted you?

Yeah, that’s exactly how we wanted it. Maybe “dirty” is not the right word here, we aimed it to be alive and atmospheric. We also didn’t want to overuse the studio gadgets and technology and keep the recording as live as possible and without any cheating and hundreds of re-recorded takes.

5)      Some questions to SL: how was very hard recording (plus designing the cover artwork) many instruments in a so short time? Above all, where’s the hell the harmonica into the demo?

You’re right, it’s quite tough at times to keep all the ideas and arrangements in one head, but I had no major problems recording all this stuff, I’d say. And I’m really happy about that! As for the harmonica, it’s present in only one of the four songs – in “Revulsion Fever” - and is more of an atmosphere creator element. I mean, I could have easily played that harmonica melody on the guitar, but harmonica fits just right in there, in my opinion. There’s something disturbing about its sound, to my mind. Listen carefully and you’ll hear it.

6)      For me, you play an extreme progressive metal with crepuscular tunes, but ultimately you added to your music some black/death metal outbursts and clean vocals. So, I imagine that the musical evolution is very important for you. At this point, what are your influences?

I have no idea what the influences are, man J I guess I have the same answer for you, which I had after we released “Through Emptiness” in the very end of 2011 – I really believe that all music I ever listened to or heard influenced me in one way or another, even the music I didn’t like at all.

7)      I perceived a significant thing as regards the vocals: they are more present into the musical discourse than the recent past. Why?

It just felt right this way this time, I guess.

8)      Do you want to talk about the lyrics? What’s their importance?

The lyrics are really important for the overall picture, I’d say. We’re trying to make the music, lyrics and the artwork equally important - all the 3 components should fit and complement each other. It’s sort of the concept for Wall Of The Eyeless and I’d really like to keep it this way.
 
9)      What are your opinions about the splatter/satanic et similia bands? I advise that my band, the Barbaric War Terror, enjoys with nuclear themes hehe!

All the best to your band, man! As for Wall Of The Eyeless, we have no connection with any religion or subculture and I guess we won’t ever have. We just don’t want to limit ourselves in anything. What’s my opinion about such bands? Well, I’d say that I’m totally ok with such bands as long as they just express themselves this way without limiting the personal freedom and rights of people who are around them.

10)  Do you would like to play on stage in the future? In this way, you could be a real band!

Yeah, of course, we plan to play live as much as possible in the future. I’m itching to finalize the line - up and hit the road. Hopefully it won’t be long.

11)  Ok, this interview is finishing. Now, you can say everything you want.

Thank you very much for checking us out and for the interest in our new record! Your support means a lot to us.
You can check the entire new record out for free on our Bandcamp page (www.walloftheeyeless.bandcamp.com). Cheers and please spread the word if you dig what we do!