Wednesday, January 30, 2013

SpaccaMombu - "In the Kennel. Vol. 2" (2012)

Collaborazione EP (Goat Man Records, Ottobre 2012)

Formazione (2012):    Paolo Spaccamonti – chitarre;
                                     Luca T. Mai – sassofono baritono/elettronica;
                                     Antonio Zitarelli – batteria/percussioni.

Provenienza:               (un po’ di pazienza…)

Canzone migliore del disco:

“Idemortos”.

Punto di forza dell’opera:

la struttura particolarissima dei pezzi.
                       
              Copertina: Federico Manzone (Studio Manzone)/Flavio Severino

           Veramente interessante l’iniziativa che la Goat Man Records sta portando avanti insieme alla Noja Recordings e al Blue Record Studio. In pratica, si stanno invitando un po’ di gruppi/artisti per creare musica originale in sessioni di registrazione da 2 giorni. Quindi, dopo il volume primo (che ha visto ospite La Moncada insieme ai Gentless3), eccovi Paolo Spaccamonti insieme ai Mombu, cioè gli SpaccaMombu, gruppo particolarissimo e praticamente unico nella storia di Timpani allo Spiedo, e per più di un motivo che esplicherò cammin facendo (anche se forse uno l’avete già capito… o almeno spero). Per ora, l’unica cosa che posso, anzi, voglio dire è che il gruppo merita, magari qui e là c’è qualcosa che non va ma… eh, appunto, ma mi sono già espresso troppo, quindi continuate a leggere.

Adesso che sono libero, vi siete accorti di un’anomalia importante nella formazione del gruppo? Nono, chissenefrega del sax, sto parlando di un’altra cosa. Ecco, sì, la voce dove cazzo è? Qui nasce il primo dilemma perché per Timpani gli SpaccaMombu sono il primissimo gruppo strumentale in assoluto. Non si sente mai nessun intervento direttamente umano, tutto è soffocante e alieno, disturbato e pericoloso.

E qui viene il secondo dilemma: oggi parliamo per la prima volta di una formazione doom, ecco raggiunto un altro importantissimo traguardo per questa matta webzine. Ma è un doom ultra – minimalista, non esattamente tecnico perché per esempio non ci sono veri e propri assoli, quindi si tratta di roba pesantissima, visto che pare impossibile conciliare tutte queste caratteristiche con l’assenza più totale della voce. Eppure, i nostri sanno trasmettere un’intensità pazzesca (“Idemortos” è l’esempio forse massimo), anche perché il ritmo a volte sa essere stranamente ballabile (“Assufais”), seppur in generale l’atmosfera rimanga cupa e minacciosa.

Ciò che però fa la differenza è forse la struttura dei pezzi, i quali si poggiano tutti sulle variazioni, minime e non, portate avanti dai vari strumentisti. Spicca soprattutto il batterista, che specialmente in brani come “Idemortos” dà prova di una devastante fantasia su quello che è in fondo un riff di chitarra e un sassofono stuprato come nemmanco nel free jazz. Eppure, si poteva fare di meglio in “Assufais”, che purtroppo è statica e poco inventiva. Curiosamente, è anche l’unico pezzo scritto dal batterista, mentre gli altri da Luca Mai.

Il gruppo è comunque riuscito a dare personalità ai vari brani. Si passa così dalla calata negli abissi (senza batteria e con tanto di sax allucinato) di “Antro” alla decisamente più mossa e rockeggiante “Mountains Crashing Sound”; dall’assalto doom rumorista di “Idemortos” (che fra l’altro ha un bel finale ambient, ed è un peccato che sia un caso isolato) alla tribale “Assufais” (dove si sperimenta con le chitarre), per finire con la relativa calma di “Altar of Iommi”, omaggio finalmente esplicito all’ascia dei Black Sabbath.

Ma per stimolare ancor di più l’ascolto non c’è solo la varietà, c’è anche la durata incredibilmente umana dei pezzi visto che ci si attesta solitamente fra i 3 e i 4 minuti, seppur ci sia il picco di 9 minuti di “Altar of Iommi”. Comunque sia, questa durata “umana” riesce a compensare brillantemente la pesantezza della musica quivi contenuta.

E come ultimo, c’è da parlare della produzione. La quale è bella sporca e puzzolente quasi quanto quella di un album di black/death bestiale, ma il tutto rimane sempre comprensibile, anche le numerose sovraincisioni di cui sono riempiti pezzi come “Assufais”.

In conclusione, che dire?, non mi aspettavo una simile pesantezza. Alla fine, gli SpaccaMombu si sono dimostrati un gruppo da Timpani allo Spiedo, cioè estremi, soffocanti e senza compromessi. Quindi, spero che non sia una collaborazione isolata, spero che continui il suo malato percorso. Ma adesso, aria!, ho bisogno di un po’ di blast – beats assatanati, se no rischio di deprimermi alla grande!

Voto: 71

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Scaletta:

1 – Antro/ 2 – Idemortos/ 3 – Mountains Crashing Sound/ 4 – Assufais/ 5 – Altar of Iommi

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