Accantoniamo un attimo il caro vecchio punk hardcore - questa è stata una delle mie ultime scoperte.
Non ne ho mai fatto mistero: per me la deriva
sperimentale negli ultimi anni è stata una culla, la necessità di variare gli
ascolti come qualcosa di fisiologico.
Tutto varia in funzione di come recepisci il tuo microcosmo, e come sono arrivata a "L’impossibile ritorno" degli Hamburger Train non è dato saperlo.
Però quando ho letto il nome ho pensato
immediatamente ai Primus, a quel pezzone del 1993.
E con una copertina così fottutamente nerd e
sci-fi la curiosità è viaggiata subito in alta quota.
Super mega trio di recente formazione, ma di
facce note nell’underground, quello che si fa il culo.
Quello serio.
Chitarra, basso e batteria che inseguono dimensionalmente una fusione tra il kraut rock con fenditure noise rock e la predisposizione a giocare attraverso un lessico sonoro che oscilla tra lo psych stoner e quel riverbero alla Pink Floyd ma, sottolineo, quelli di Syd Barrett. Che i suoi viaggetti intergalattici te li faceva fare anche se non eri freakettone .
Autoprodotto e pubblicato in versione tape, "L’impossibile ritorno" è stato registrato in saletta con un cellulare, diy d.o.c.
Dalle acque liguri alle paludi soniche che
evocano il passo è breve.
Un intricatissimo blend sonoro, ben
strutturato e godereccio - che sorvola ogni ascolto banalotto.
Tre brani, tre movimenti lunghissimi come
gennaio, trafilano un itinere in sospeso, un'andata e ritorno verso lande
lontane sporcati di accenti pungenti e cosmici.
Qualora non vi sia capitato sottomano di ascoltarli questo è il disco su BandCamp: https://hamburgertrain.bandcamp.com/album/limpossibile-ritorno.
Per i sostenitori della musica sperimentale, questo disco è da prendere a scatola chiusa e mettere in mensola vicino a "Ege Bamyasi" dei Can, e "Dirty" dei Sonic Youth. (Marina)
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