Thursday, February 24, 2011

Cold Empire . "From the Ashes of the Empire" (2010)

Provenienza: Cagliari, Sardegna

Formazione: Misanthrone, voce;
Valker, chitarra e basso;
Leendert Kersbergen, batteria (olandese, figura soltanto come studio session)
Produzione: Naturmacht Productions, Germania

Punto di forza dell’album:

la batteria, spesso raffinata, difficile da digerire, nasconde sempre qualche sorpresa dietro l’angolo.

Canzone migliore:
“Forest of Hate”, una colata di ghiaccio che con la sua struttura libera ed incontrollata che fa esplodere i timpani con un odio che solo alla fine si dimostra perfettamente indomabile.

I Cold Empire lasciarono ben sperare per il futuro con l’ottimo demo datato 2007 “…and Then Cold Arrived” (voto 8, 1° numero di Timpani Allo Spiedo uscito durante l’Agosto del 2008) ma sinceramente non m’aspettavo un volo così grande. Avrà influito forse il fatto che nel frattempo da quartetto sono diventati un duo? Fra l’altro quest’album da 6 pezzi per quasi 40 minuti di musica è stato recentemente ristampato dalla francese Thor’s Hammer, e ciò significa che effettivamente ha lasciato un bel segno indelebile sulla scena black italiana e non.

Il loro black metal melodico si è fatto di una fantasia, di una complessità e anche di una cattiveria che stordiscono. Hanno aggiunto persino nel loro suono delle influenze di stampo depressivo a dir poco struggenti e desolanti (“Of Woods and Trees”), come pure certi momenti attribuibili più che altro al death metal (“Towards the Eternal Silence”), solo che il massimo della malvagità si raggiunge nella cruda solennità di “Storms Will Rise”, uno dei 3 brani, che è uno dei più epici, ri-registrati per l’occasione (gli altri sono “Nocturnal Sea” e “Forest of Hate”). Una cosa che fa impressione di quest’opera è il contrasto che intercorre fra la chitarra, che qui ha sempre e solo una valenza ritmica dato che ogni tipo di intervento solista è stato completamente debellato, e la batteria che, oltre a sparare un’infinità di blast-beats che per violenza farebbero paura persino ai Black Witchery, offre spesso un discorso non molto convenzionale, e quindi non poco contorto e nervoso. Ma le facce della batteria sono così tante che è impossibile non meravigliarsene. Come restare impassibili con il lento groove di “Of Woods and Trees” imbastito di un lavoro sui tom-tom quasi impercettibile, o con i brevi intermezzi da funeral doom di “Nocturnal Sea”? E’ uno stile tempestoso che può ricordare, in maniera meno essenziale, quello di Lord of Fog dei genovesi Sacradis, pur questi diversissimi dai Cold Empire, che sono ultimamente diventati più melodici e forse è proprio per questo che quando si sfogano in modo più bestiale risultano così immensamente cattivi. Ed io che appena saputo del nuovo batterista ho rimpianto fin da subito il devastante Dark Shadow!

Sulla voce, registrata, missata e masterizzata negli Arcana Studio da Daniele "Dagon" Falqui (gli altri strumenti invece praticamente in casa) invece non è cambiato proprio niente. Misanthrone, che canta anche nei brutallari Mutilated Soul, è sempre su livelli più che buoni urlando e “gracchiando” in pretto stile norvegese (come Snarl dei pescaresi Black Faith per intenderci con un altro gruppo partecipante alla rivista, solo che in quest’ultimo caso i vocalizzi si esprimono in maniera più rauca) pur non disdegnando una voce gutturale non particolarmente profonda ma dal taglio molto narrativo (e qua mi ripeto!), e come esempio vale soprattutto l’inizio di “Forest of Hate”.

La produzione è meravigliosa nonostante le parole di Valker che appena m’ha mandato da fare l’album s’è scusato per il basso budget della produzione. Eppure il black metal è pieno di dischi memorabili anche per queste caratteristiche che le rendono pregni di mistero ed oscurità. Qui le sonorità sono sì sporche, ruvide e cupe ma sono perfettamente comprensibili, quindi ogni scusante non serve a nulla, al massimo è servita per soddisfare la mia curiosità nel constatare l’effettiva qualità della produzione. Va bene, la cassa della batteria non è che si senta poi sempre bene ed il basso è stato messo in secondo piano ma non troppo. Più che altro è su quest’ultimo strumento che grava un peccato che mi ha deluso non poco, dato che in “…and Then Cold Arrived” era stato sfruttato per bene anche come mezzo per completare la melodia della chitarra, cosa che al contrario nell’album accade soltanto in “Forest of Hate”. Ergo, consiglio di riprendere a sfruttare le ottime potenzialità espresse nel demo. D’altro canto, dovreste stare attenti ai timpani, considerando che le frequenze dell’opera sono piuttosto alte ed assordanti manco si stesse trattando di un disco brutal, quindi cercate di regolare nella giusta misura il volume per non sentirli implorare aiuto aiuto!

Un’altra bella cosa interessante è rappresentata dalla struttura-tipo dei pezzi, che dimostra quanto i Cold Empire siano capaci di reggere in piedi le varie canzoni senza eccessivi sotterfugi. Infatti, i nostri propongono un numero pressoché misero di stacchi e ripartenze, e ciò nonostante il minutaggio piuttosto alto dei brani, così che effettivamente la musica scorra fluida scoprendo inoltre una tecnica molto apprezzabile nel cambiare ritmo senza dare tregua all’ascoltatore;

la tendenza misurata di dare in pasto delle soluzioni musicali che talvolta vengono ripetute per più e più volte, a dispetto della buona dinamicità delle canzoni, e se ciò si unisce allo stile sghembo e bizzarro di Leendert allora ne viene qualcosa di molto asfissiante;

la capacità dei nostri di interpretare a seconda dei casi lo schema strutturale da seguire per una determinata canzone. Ad esempio, se “Woods and Trees” segue uno schema che ricorda più quello a strofa-ritornello, ossia con sequenze di soluzioni molto ben precise (almeno inizialmente), il massacro finale di “Forest of Hate”, l’unico che abbia una vera introduzione, un lento narrativo nel quale Misanthrone con il suo grugnito proferisce che il silenzio lo ascolta facendo altrettanto, è una scia quasi ininterrotta di soluzioni sempre diverse, una tempesta pura e cruda a dispetto dell’1 – 2 di un’epicità disarmante che si ripete per 4 volte consecutive e che ad un certo punto si fa vivo in “Nocturnal Sea”.

In sintesi, è un disco da avere.

Voto: 90

Scaletta:
1 – Wasteland/ 2 – Nocturnal Sea/ 3 – Towards the Eternal Silence/ 4 – Of Woods and Trees/ 5 – Storms Will Rise/ 6 – Forest of Hate

MySpace:
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FaceBook:
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Sito Ufficiale:
http://www.freewebs.com/coldempireband/