Wednesday, July 13, 2011

Bleeding Void of Utter Mysticism - "Insubstantial Depths" (2010)

Ep in cassetta (Depressive Illusions Records, 2010)

Formazione (2010):
Der Antikrist Seelen Mord, voce e sintetizzatori;
Lord Svart, chitarra/basso.

Provenienza: Trento/Salerno, Trentino Alto – Adige/Campania

Canzone migliore dell’album:
giudizio che come si vedrà è impossibile da dare….

Punto di forza della cassetta:
probabilmente le parti dark ambient, alcune veramente riuscite oltreché belle suggestive.

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Circa 34 minuti di desolazione e strazio. Letteralmente. Non esistono altri termini congeniali per descrivere l’opera prima che riunisce 2 protagonisti della scena black depressiva nostrana (mai sentito parlare nella webzine di Dark Paranoia, Howling in the Fog ed Obscura Monotonia Animae?) da cui non poteva che nascere un simile disco. Il quale fra l’altro l’ho ricevuto da Der Antikrist Seelen Mord più o meno un anno fa, e devo dire che scegliere un periodo simile per recensirlo non è mai stato così azzeccato, visto che proprio ultimamente mi stanno arrivando mattanze del genere. Mattanze che sono una novità del tutto assoluta per Timpani allo Spiedo, che a partire da tale ep si ritroverà imbottita anche da opere per niente o solo lontanamente imparentate con il metal estremo.

Sì, perché l’esperienza Bleeding Void of Utter Mysticism tenta di riunire in un solo unico pezzo suggestioni dark ambient, drone e black metal. Infatti, il dark ambient lo si trova nei momenti più atmosferici con tanto di sintetizzatori (ovviamente) e vari campionamenti che si rivelano comunque pochi pur non essendo mai invasivi;

il drone riguarda fondamentalmente la parte ritmica, ovvero la totale incapacità di rendere “umana” ed un poco dinamica la musica così da far scomparire l’essenza stessa del tempo. In parole povere, tutto è immobile, anche perché non vi è nemmeno la più misera traccia di una batteria (!);

il black metal, oltre che l’essere il cugino perverso del dark ambient, è da rintracciare specialmente nelle urla caratteristiche del genere, che però a ben guardare si rivelano un po’ controproducenti a causa di scelte poco comprensibili. Va bene, riescono a interpretare il dolore in vari modi (ossia per esempio attraverso toni bassi con relativi colpi di tosse – chissà se voluti - passando direttamente dall’acuto “castrato” – peccato che venga utilizzato solo in un’unica volta – alle urla black vere e proprie) ma sono essenzialmente due i motivi che si celano dietro i miei dubbi:

1) da queste parti si urla soltanto tanto da spizzicare difficilmente anche una sola parola così da far diventare la voce un elemento di contorno che per giunta risulta con poca coerenza troppo in primo piano. Non poche volte guardacaso affossa gli elementi d’atmosfera impostati invece su frequenze indubbiamente più basse;

2) con ancora poca coerenza la voce spesso sembra seguire un canovaccio tutto suo. Se infatti la musica è perennemente statica, le urla rispettano un procedimento a climax secondo il quale prima si urla “piano” per poi gradualmente esplodere del tutto, ed in 9 casi e mezzo su 10 non ve n’è assolutamente bisogno.

Attenzione però a considerare il progetto come una creatura fondamentalmente dark ambient. Sì, perché, oltre ai sintetizzatori, ci sono due strumenti più tradizionali come la chitarra ed il basso, l’una a tratti lentissimamente melodica mentre l’altro sa essere addirittura (mooolto) più minimalista della compagna. A tal proposito, a quest’ultimo non avrebbe di certo guastato seppur una leggera dinamicità, soprattutto considerando una lunga parte nella quale si alterna ossessivamente e con zero fantasia a passaggi più d’atmosfera.

Molto interessante si dimostra invece la struttura di questo pezzo infinito, che pare rimandare all’eterna ciclicità del dolore. Infatti, ad un certo punto, si rifà viva la chitarra che così si unisce al basso, il quale scompare poco a poco. L’ascia da ora si ritrova a ripetere più o meno le stesse cose che ha suonato nei primi lunghi minuti, con la voce che parimenti in maniera strategica si assenta, anzi, stavolta sparisce del tutto.

Certo, gli aspetti positivi di quest’esperienza si contano praticamente sulle dita di neanche una mano intera. Per questo sarebbe stato forse più saggio testare gradatamente le proprie potenzialità prima di rischiare il tutto per tutto con un’opera dalla durata così ambiziosa, con l’unico risultato di mostrare un’ingenuità comunque non da biasimare necessariamente vista l’età dei nostri. Ma si deve pur dire che soprattutto Lord Svart non è nemmeno nuovo a simili esperimenti, seppur di maggior respiro e quindi dal taglio decisamente più musicale (si citi in tal senso il progetto Monumenta Sepolcrorum con cui collabora insieme al brasiliano Outro). Ergo, per chi vuole cimentarsi in un viaggio del genere dalla difficilissima assimilazione, consiglio come ascolto preventivo la creatura menzionata poc’anzi, e poi… poi si vedrà.

Voto: 52

Claustrofobia
Scaletta:
1 – Insubstantial Depths