Saturday, April 14, 2012

Queiron - "Impious Domination" (2002)

Album (Mutilation Records, 2002)
Formazione (1995): Marcelo Grous, voce/chitarre;
Tiago Forlan, basso;
Daniel Toledo, batteria.

Provenienza: Capivari/San Paolo (Brasile)

Canzone migliore del disco:
“Eternal Suffocation”, una delle canzoni più selvagge e istintive, oltre ad essere paradossalmente quella più lunga (ben 6 minuti e 40!).

Punto di forza dell’opera:
l’istintività a volte estrema dell’impianto strutturale, che nonostante tutto si regge lo stesso, anche attraverso degli stacchi strategicamente azzeccati.




Nota 1:
faccio notare che quest'album lo recensii la prima volta più o meno nel 5° numero di Timpani allo Spiedo.


Nota 2:


"Queiron è il nome di un centauro saggio e immortale della mitologia greca" (Metal - Archives)
Se non erro, comprai quest’album tipo 5 anni fa, ovviamente a scatola chiusa. Non fu subito amore, visto che mi ci volle qualche settimana per comprenderlo nella sua interezza. Ma dopo questi sforzi immensi, arrivai a considerare “Impious Domination” un vero e proprio capolavoro di death metal tecnico, cosa più che onorevole dati i preziosismi di cui è infarcito il disco. Ma ancor più da apprezzare è la trafila di demo e fuffa varia che i nostri brasiliani hanno sostenuto prima di fare il grande salto, così da costruire lentamente e con tutta sicurezza uno stile abbastanza personale e cervellotico.

Si pensi prima di tutto all’impianto strutturale che sorregge l’album, molto complicato da digerire, anche perché i brani hanno sempre e comunque una durata pressoché assassina (5 – 6 minuti), persino la strumentale (“Veni et Vici”). Infatti:

1) spesso e volentieri i Queiron se ne vanno dove pare meglio a loro, abbracciando quindi non poche volte un approccio bello istintivo nonostante la tendenza a offrire dei botta e risposta 1 – 2 che in teoria dovrebbero alleggerire il tutto;

2) l’uso frequente della chitarra solista, la quale si prodiga, nei momenti più improbabili, in assoli solitamente lunghi (a volte discutibili ma pazienza);

3) l’ossessività di alcune soluzioni, caratteristica (rara) che viene estremizzata curiosamente nella strumentale, creando di conseguenza un’atmosfera quasi claustrofobica.

Il tutto viene appesantito ancor di più dal percussionismo forsennato e tentacolare di Daniel Toledo, amante forse un filo monodimensionale della doppia cassa, e dei blast – beats, che però sa alternare qui e là a puntuali decelerazioni che spesso e volentieri sputano un groove a dir poco contagioso. Notare assolutamente il suono del rullante, così marcio da essere confuso praticamente con i tom – tom.

Altro fattore oppressivo non è nient’altro che Marcelo Grous, cantante dal grugnito sì cupo ma abilissimo sia nel tessere linee vocali sempre fresche, sia a non fossilizzarsi su un unico tono, cosa che gli permette di variare anche all’improvviso in un’unica battuta sfociando in urla da incubo… peccato che lo faccia soltanto in “Immortal Blood of Victory”; e chitarrista semi – geniale dal riffing bello malvagio e isterico, e atto a sanguinare allegramente le dita, pur presentando talvolta un senso della melodia tutto particolare, quasi di matrice rockeggiante. Ma a questo punto sarebbe ingiusto non citare la derivazione thrasheggiante di alcuni riffs, anche se questa è un’influenza non così rilevante.

Però, siccome ho già scritto che qui non tutto è rose e fiori, bisogna ammettere la carenza degli assoli, alcuni dei quali, per esempio, si fanno portatori di fastidiosi deja – vù oltreché di una mancanza di atmosfera che rallenta tutto il discorso (quindi, c’entra anche la lunghezza degli stessi?).

Altra osservazione al limite della pignoleria (…e fortuna che doveva essere un capolavoro ‘st’album…) è la tendenza a far immaginare all’ascoltatore la coesistenza di due chitarre, con l’una che virtualmente continua il solo dell’altra (problema che sarà comunque risolto con l’entrata in formazione di una seconda ascia); e la presenza, come nella strumentale, di ben 3 chitarre, di cui due impegnate in assoli assassini e rumoristi (cosa che non va assolutamente d’accordo con gli spettacoli dal vivo – scusate, ma il pragmatismo è per me una regola ferrea).

Dopo aver demolito felicemente la dimensione solista, bisogna notare la differenza fra i testi di Marcelo Grous e di Oscar M. Vision, autore delle liriche di “Blind Devouts” ed “Heritage of War”. Infatti, il primo è più classico e intollerante, mentre il secondo cerca di argomentare, imboccando una strada quasi pacifista, l’acceso anticristianesimo dei Queiron. Guardacaso, Vision è poi (ri)entrato in pianta stabile nel gruppo come batterista.

Voto: 85

Claustrofobia
Scaletta:
1 – Back to Revenge/ 2 – Impious Domination/ 3 – Eternal Suffocation/ 4 – Immortal Blood of Victory/ 5 – Veni Et Vici/ 6 – You’d Better Light a Candle/ 7 – Blind Devouts/ 8 – Heritage of War

MySpace:
http://www.myspace.com/queiron