Formazione (2003): Aris - voce;
George - chitarra;
Telis - chitarra;
Jimmy - basso;
Stathis (sostituito recentemente da Ilias) - batteria.
Provenienza: Patrasso_, Peloponneso (Grecia)
Canzone migliore del demo:
"Pull of Insanity".
Punto di forza dell'opera:
le chitarre.
Copertina: TM
Chissà perchè, in questi ultimi anni la Grecia sta partorendo una serie notevole di gruppi davvero validi, soprattutto in ambito death, come per esempio i Dead Congregation, i Resurgency, e così via. E di sicuro i Vermingod, agguerriti deathsters pure loro, non sono da meno, e fra l'altro non stiamo parlando di novellini dato che il disco che mi sto apprestando a recensire è praticamente un antipasto del loro secondo album, con il primo, "The Grand March to Devastation", pubblicato nel 2010.
Ma a differenza delle formazioni sopraccitate, i Vermingod propongono un death metal più che altro moderno, che risulta molto equilibrato fra tempi veloci e quelli più lenti, i quali vengono elargiti in special modo nel tour de force da 6 minuti "Pull of Insanity". Non ci si dimentica neanche di sparare qualche ritmo bello grooveggiante così da dinamicizzare ulteriormente il tutto.
La prima caratteristica interessante che salta all'orecchio viene però dalla struttura dei pezzi. Infatti, essi procedono seguendo uno schema sostanzialmente ibrido, cioè per metà sequenziale e ordinato, e per metà istintivo e libero da vincoli particolari. E il discorso viene proposto in maniera fluida, senza quindi eccessivi stacchi e pause, perlopiù ridotti al minimo necessario. Eppure, per certi versi, i brani si muovono lentamente, vuoi perchè alcune soluzioni sono lunghe più del solito, così da staticizzare un po' troppo l'insieme, e vuoi perchè si ha una curiosa tendenza al ripetere quasi ossessivamente un dato passaggio, magari condendolo in compenso da vari cambi di tempo da parte di un batterista molto partecipativo e utile alla causa.
Lo è leggermente di meno, perchè totalmente assente in 2 canzoni, la chitarra solista, che quando c'è dà sempre un tocco atmosferico particolare a tutta la proposta, sia quando tira l'assolo di "The Eldest Ghost", sia quando si diletta con note fredde e apocalittiche nella già citata "Pull of Insanity". Insomma, io consiglio ai nostri di sfruttare di più l'ascia solista, anche per rendere più completi e profondi i vari brani. E fra l'altro, il riffing, che a volte è bello cattivo, sfoggia a tratti una severità paurosa.
Ritornando a parlare "Pull of Insanity", bisogna dire che questa è la canzone sicuramente più curiosa e riuscita dell'intero lotto, e non soltanto perchè è quella più lunga. Come prima cosa, è proprio qui che il death dei Vermingod si scurisce divenendo più doom e minaccioso, mentre viene giostrato molto bene l'andamento del brano, a volte ossessivo, altre persino spezzettato, per non parlare di un finale catastrofico molto suggestivo. E pensare che quando ho ascoltato per la prima volta tale pezzo l'ho ritenuto un po' troppo immobile, ma sentendolo meglio e con più calma, tale (relativa) staticità è decisamente più funzionale che non nelle più veloci "Fawning on Purgation" e "The Eldest Ghost".
Però certo, il tipo di produzione, tipico dei gruppi moderni, non è che aiuti molto questo pur buon disco. Le sonorità sono infatti sì cupe come piace a me, ma un poco strozzate. Per esempio, i grugniti, talvolta doppiati anche da quelle che sembrano urla, sembrano praticamente ovattati, se non persino seppelliti in un passaggio di "Distorting the Art of Murder". Oppure la batteria, che pare plastica ma comunque efficace anche grazie alle già citate facoltà del batterista di variare attivamente il ritmo all'interno di una stessa soluzione.
Quindi, alla fine il disco non è assolutamente male, vista anche la capacità dei nostri di ribaltare, come già scritto, i propri difetti per renderli dei veri e propri pregi. E così quest'antipasto fa promettere un album con i fiocchi, che avrà il compito di perpetuare ancora una volta la recente tradizione di un paese tanto lacerato all'interno quanto vivo artisticamente parlando... un po' come l'Italia. Ma in fin dei conti, come diceva il prete ortodosso de "Mediterraneo" (l'ottimo film, uscito nel 1990, di Gabriele Salvatores e con Diego Abatantuono e un giovanissimo Claudio Bisio): "italiani greci mia faccia, mia razza. Una faccia, una razza".
Voto: 75
Claustrofobia
Scaletta:
1 - Fawning on Purgation/ 2 - The Eldest Ghost/ 3 - Distorting the Art of Murder/ 4 - Pull of Insanity
MySpace:
FaceBook:
Twitter: