In un anno imprecisato del futuro, il mondo è ormai allo sbando. La civiltà si è estinta, la violenza e il caos regnano sovrani e, come se tutto ciò non bastasse, la peste avanza inesorabile. Così, una donna cibernetica di nome Pearl Prophet (Dayle Haddon) ha l’incarico di portare dei dati, utili per la salvezza del mondo, agli ultimi scienziati rimasti in vita di modo che trovino la tanto agognata cura per la peste, destinazione Atlanta. Ma il sadico Fender Tremolo (Vincent Klyn), insieme alla sua banda di barbari/pirati urlatori (e ai suoi occhiali da sole perennemente sporchi… come farà a vederci non si sa!), vuole impossessarsi di questa cura così da diventare un dio ed espandere definitivamente il suo regno del terrore.
Fortunatamente, gli si contrappone uno slinger (cioè una specie di mercenario che protegge la gente in cambio di cianfrusaglie varie), Gibson Rickenbacker (Jean – Claude Van Damme; curioso che in questo film i nomi dei personaggi richiamino spesso palesemente quelli delle chitarre elettriche…), un combattente silenzioso e cinico, il cui unico scopo nella vita è quello di uccidere Fender, colpevole di aver sterminato la famigliola di fratelli orfani che stava proteggendo e di aver rapito la piccola Haley (l’ingessata Haley Peterson), l’unico componente sopravvissuto allo sterminio che, ormai divenuta adulta, è diventata la fidanzata dello stesso Fender. Ma il nostro eroe, nella sua battaglia, non si trova da solo perché lo aiuta una bella ragazza, Nady Simmons (Deborah Richter), scampata al raid del suo villaggio compiuto da Fender, che però è interessata più alla cura per la peste che a propositi vendicativi.
Questa la trama principale di “Cyborg”, film d’azione post – apocalittico di Albert Pyun che riprende a piene mani l’ambientazione e l’atmosfera da Mad Max, il capostipite di questo filone. Tutto è cupo e disperato in queste lande desolate, i dialoghi sono praticamente ridotti all’osso ma spesso colpiscono nel segno (soprattutto quelli di Nady, sempre pronta con le sue osservazioni, anche sarcastiche, e le sue domande puntigliose, dato che vuole a tutti i costi far riemergere un po’ di umanità nell’animo tormentato di Gibs). In tutta la pellicola aleggia una tensione drammatica veramente ben costruita, nonostante la recitazione generale non sia proprio da incorniciare, e che trova comunque il suo apice nella scena in cui Gibs viene crocifisso da Fender. Proprio qui (ri)partono i flashback, con tutta la loro catena fatta di disperazione/redenzione/tenerezza/amore e morte. Tutti questi funesti ricordi gli innescano un’esplosione di rabbia, riuscendo così, anche grazie all’aiuto della rediviva Nady, a liberarsi e compiere la propria vendetta.
L’alone drammatico della vicenda è accentuato fra l’altro:
1) dalle musiche di Kevin Bassinson, a tratti addirittura commoventi e basate prevalentemente sulle tastiere, utilizzate in modo perfetto e vario a seconda delle scene;
2) dal frequente ricorso a barbare urla, come a sottolineare ancor di più l’animalità dei personaggi negativi;
3) dalla lentezza di certe scene, enfatizzando così i momenti più difficili di Gibs.
Però, è curioso che Gibson assuma certe volte degli atteggiamenti veramente idioti. Come quando, in pieno pericolo, abbandona per ben 2 volte a sé stessa l’amica, che infatti, pur difendendosi abbastanza bene, rischia la vita in entrambe le occasioni. E fortuna che “non vuole vederla morire” (e appunto per questo sta da tutt’altre parti!)…
Tirando le somme, “Cyborg” è uno dei migliori titoli del genere, forte com’è anche di inquadrature spettacolari e della durata esigua di circa 82 minuti, tipica di film così violenti e drammatici al tempo stesso. Certo, difetti ne ha, come già si è visto, compreso un montaggio (opera di Scott Stevenson e Rosanne Zingale) un po’ balordo in quanto certe volte vengono riprese sequenze già viste in altre occasioni (ovviamente, non parlo dei flashback). Ma a questo punto, è un peccato che al successo (l’ennesimo della Cannon Films di Golan e Globus – sì, proprio loro, i produttori storici di Rambo!) di questo film sia seguita 4 anni dopo una causa legale fra Jackson Pinckney (Tytus, uno degli sgherri neri di Fender) e Van Damme, reo di averlo intenzionalmente ferito all’occhio sinistro durante una scena d’azione. Cazzo, e pensare che nei film d’azione orientali gli attori s’ammazzano sul serio!
Voto: 91
Flavio "Claustrofobia" Adducci