Album (25 Marzo 2011, Salute Records)
Formazione (2003): Xes, voce
Kosmos Reversum, chitarre;
Mohr, basso;
Midgard, batteria.
Provenienza: Ancona/Torino, Marche/Piemonte
Canzone migliore del disco:
relativamente allo stile, chiamiamolo così, standard, dei Byblis, direi “I’m Back for Blood”, che oltre ad essere abbastanza completo sotto il profilo ritmico (per esempio i blast – beats per un po’ regnano indisturbati) è strutturata anche molto bene (in questo senso, è da menzionare quella pausa inquietante nei minuti finali con tanto di feedback pronto ad esplodere). Per non dimenticare d'altro canto certi riffs meno canonici dal sapore a dir poco estraniante e spaventoso.
Per quanto riguarda invece gli sviluppi futuri, beh, assolutamente la “religiosa” e per certi versi bizzarra canzone seguente, ovvero “Princeps Malis Generis”.
Punto di forza dell’album:
il basso. Senza parole.
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Sarà pure una cazzata la mia convinzione ma non credo che sia sbagliato definire i Byblis come una sorta di copia carbone dei Lilyum periodo “Fear Tension Cold”. Certo, non una copia carbone veramente esatta dato che dalla loro i Byblis hanno delle caratteristiche molto interessanti e che talvolta li elevano pure dalla massa ma per dare un quadro chiaro della situazione mi sembra più che giusto elencare uno per uno gli aspetti musicali che legano (a parte alcuni membri della formazione) i Byblis con i Lilyum, partendo da quello superficiale a quello più profondo. Ovverosia:
1) l’estrema linearità del lavoro di batteria, molto attenta a creare ritmi spesso essenziali anche se per fortuna il batterista è in carne e ossa, e quindi il tipo di produzione tiene bene in conto la sua prestazione;
2) il riffing glaciale e apocalittico. In molti casi si rivela addirittura molto più minimalista di quello dei Lilyum, anche perché spesso e volentieri è praticamente uguale a sé stesso per parecchio tempo, senza nessuna reale variazione. Il problema di quest’operazione è che il riffing appare abbastanza limitato e ripetitivo (almeno ciò avviene nelle prime 4 canzoni). Inoltre, molto marcata e netta è in certi momenti la derivazione rock’n’roll, solo che in questo caso tale caratteristica viene espressa solitamente attraverso robusti tempi medio – lenti;
3) l’uso della chitarra solista, che in molte occasioni non fa altro che seguire paro paro ciò che fa la ritmica, limitandosi così a rendere semplicemente più acuto il riff di base;
4) la struttura delle canzoni che, oltre a essere spesso belle ossessive e pur non raggiungendo le vette di robotica sequenzialità dei Lilyum (il discorso infatti è nonostante tutto un po’ più dinamico, e non solo per questo, come si vedrà del resto), non conosce pause né stacchi, roba rara e quindi preziosa per entrambi i gruppi.
Ora diamo voce alle differenze:
1) il cantato di Xes, lontanissimo dallo stile assurdista di Lord J.H. Psycho e quindi molto più tradizionale rispetto al suo collega, pur facendo presente che anche Xes ha un’importanza a dir poco centrale nel discorso. Inoltre, sa essere sufficientemente vario (sentitevi ad esempio “I’m Back for Blood” ), sapendo quindi anche andare oltre il suo cantato gutturale (le sue urla standard infatti non sono da definirsi esattamente tali), magari con qualche sovraincisione sofferente o persino attraverso una voce pulita e ritualistica (“Princeps Malis Generis”). Il bello è che Xes è da qualche mese il cantante ufficiale dei Lilyum…
2) la melodia, presente specialmente nella stessa “Princeps Malis Generis” e in “The Horizon is Black” (quest’ultima in certi momenti è praticamente disperata), le quali infatti sono alcuni degli episodi migliori, anche perché è proprio qui che la chitarra solista è veramente tale, esplodendo nel finale del secondo pezzo citato. Ragion per cui consiglio al gruppo di continuare proprio su questa strada, dato inoltre l’uso a tratti particolare della solista;
3) il lavoro di batteria nel suo complesso, vuoi perché i Byblis prediligono più che altro i tempi medio – lenti, vuoi perché la prestazione è decisamente meno statica e quindi più imprevedibile. Tale considerazione va fatta anche perché in alcuni casi è proprio la batteria che dinamicizza tutto il discorso, solo in apparenza immobile, tramite delle variazioni che possono (“possono” raramente a dire il vero) essere pure incredibilmente raffinate. I tempi veloci sono spesso rappresentati da tupa – tupa raggelanti molto simili a quanto propongo io nel mio progetto black metal Il Banco della Nebbia (quando si dice la modestia…), mentre per chi vuole i blast – beats è meglio cambiare aria perché sono un filino meno frequenti degli stessi tupa – tupa;
4) e qui veniamo al piatto forte dell’intera proposta, il quale è nientepopodimeno che il basso, che in un gruppo del genere non ho mai sentito così centrale. Infatti, spesso e volentieri il riffing della chitarra è talmente ridotto all’osso che il ruolo melodico viene assunto praticamente dal basso, il cui lavoro però non viene premiato del tutto da una produzione troppo fondata sulle chitarre (altra similitudine con i Lilyum), perciò consiglio agli interessati di ascoltare il disco in cuffia. Ma almeno si conferma per l’ennesima volta l’importanza capitale del basso nel black metal.
Aggiungete a tutte queste caratteristiche la tendenza a comporre brani dalla durata non indifferente (non si scende mai e poi mai sotto i 4 minuti e 50 secondi di “Die in Pain”, raggiungendo il climax di 10 minuti nella canzone finale, “Soul of Wolf and Raven”), cosa abbastanza pesante da “sopportare” se la struttura delle canzoni è quasi senza pause; e i momenti ambientali, che quando presenti fungono da introduzione o outro delle canzoni fino ad avere un pezzo tutto proprio rappresentato dai 2 minuti di “Circles”.
L’ultimo discorso spetta a “Soul of Wolf and Raven”, che i Byblis hanno voluto mettere come episodio finale, probabilmente per la sua natura soffocante e senza scampo. Infatti, questo pezzo è l’unico che rispetta (quasi) in toto le direttive strutturali dei Lilyum, presentando così una sequenza a dir poco lunghissima (che però si “libera”, seppur leggermente, durante il finale), anche se semplicissima, che fra l’altro è tutta fondata sui tempi medi e su un lavoro di chitarre oserei dire da “botta e risposta” (per esempio, la solista e la ritmica si scambiano continuamente i ruoli nel ripetere in maniera ossessiva e fluida una sola solitaria nota). Infine, anche qui c’è più melodia del previsto, quasi a voler ribadire ancora una volta la divisione dell’album in 2 parti ben distinte, sia dal punto di vista atmosferico che, in misura minore, da quello ritmico.
In ogni caso, bisognerebbe allontanarsi dallo spettro dei Lilyum, più che altro perché odio ascoltare un artista (per gli “ignoranti”, sto parlando di Kosmos Reversum) che si “strozza” suonando quasi ("quasi" anche perchè qui e là si sente che il nostro ha cercato di sperimentare un po' di più con le chitarre producendo così effetti inusuali. A questo punto sarebbe interessante affinare ancor meglio tale caratteristica) le stesse medesime cose in due gruppi che dovrebbero assolutamente essere differenti fra loro. Dai che la strada per farlo, come si è visto, c’è eccome!
Voto: 73
Claustrofobia
Scaletta:
1 – In Blood/ 2 – Die in Pain/ 3 – Succubus/ 4 – Desolation/ 5 – I’m Back for Blood/ 6 – Princeps Malis Generis/ 7 – Circles/ 8 – The Horizon is Black/ 9 – Soul of Wolf and Raven
MySpace:
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Sito ufficiale:
http://byblis.altervista.org/