MALE MISANDRIA
“VOLIZIONE” (2008)
Vi ricordate dei Deprogrammazione, che fecero bella mostra nel 4° numero della nostra cara rivista? Bene, dimenticateli. Allo stesso tempo, però, prendeteli in considerazione, un po’ come metro di paragone, perché in fin dei conti sempre di black/grind si tratta, ma il problema è che i Male Misandria stuprano letteralmente i timpani degli ascoltatori proponendo una musica ancor più selvaggia, meno sperimentale, e quindi dall’impostazione più “classica” (ma sempre originale), spesso ai limiti del rumorismo puro sfruttando di solito momenti brevissimi per scardinare tutto d’un fiato la nostra esistenza, e se si confronta tutto questo con i Deprogrammazione allora avrete di fronte uno stile totalmente diverso. Inoltre, ciò che mi salta in mente adesso sono altre 3 coincidenze particolarmente curiose tra i due gruppi: la prima è che entrambi provengono dal Nord (i Deprogrammazione da Biella, in Piemonte, mentre i Male Misandria un po’ più su, da Naon, in provincia di Pordenone, provincia Friuli-Venezia Giulia); il secondo punto interessante è dato dal fatto che le due formazioni si trovano belle belle su Punk4Free (peccato che i Deprogrammazione siano stati promossi, i Male Misandria invece no); infine, entrambe presentano testi ai confini della realtà, anzi, e forse i Male Misandria mostrano maggiore capacità di imbambolare il cervello tramite un linguaggio tanto bizzarro quanto efficace, esternando quindi, sempre probabilmente, inclinazioni misantrope.
Dopo questa lunga introduzione, vi presento finalmente “Volizione” degli spaventosi Male Misandria. Esso, pubblicato in maniera totalmente indipendente curiosamente il 23 Dicembre del 2008, è un ep di 11 pezzi per un totale di poco più di 11 minuti e 40 secondi (il brano più lungo è “Siamesic Stirner” – utile informazione: Max Stirner, al secolo Johann Caspar Schmidt, era un anarchico individualista autore della saettante e provocatoria opera “L’Unico e la Sua Proprietà”. Morì, per ragioni non note, nel 1856 all’età di 50 anni –, lunga quasi 3 minuti; traccia più breve, la minuscola “Fuck” di…3 secondi!). Ciò che il terzetto (composto attualmente da Dario - oppure D.D. - , nel ruolo di voce e chitarra, S.P. - o Puja - , basso e voce, ed M.M. – acronimo che non sta anche per Male Misandria? Comunque conosciuto anche come Magris, batterista) friulano propone in questa scheggia di autentica follia è una commistione piuttosto ardita, rumorista, ma con un occhio notevole verso la tecnica decisamente di indubbio valore, violentissima e quindi basata soprattutto su tempi sparati a velocità supersonica, tra il black metal ed il grindcore, seppur io noti qualche influenza proveniente dal death metal ed anche rarissime incursioni in territori thrash e doom (questi, comunque, tremendamente risicati…ma non solo sono presenti tali influenze a mio avviso). Bisogna comunque osservare che, nonostante i tempi ultra-sparati ed il quasi-perenne rumorismo, il gruppo ha un’ottima fantasia nel differenziare i vari pezzi l’uno dall’altro, così da passare dalla schizzata e con tentazioni in stile mathcore “Comunicazione” alla più, se vogliamo, “tradizionale” e meglio bilanciata tra tempi veloci e più lenti “Siamesic Stirner”, oppure dalla pazzesca e visionaria parentesi di “Life” alla disturbante sovrapposizione di voci urlate di “Natural Death”, alla più grindcore (almeno in fatto di riffs) “Noosphere”. Dal punto di vista strettamente strutturale, anche qui i Male Misandria non scherzano per quanto riguarda la varietà e la fantasia, e se infatti si confronta la più completa libertà d’azione di “Comunicazione” con la struttura più classica e, come dire, “metallica” di “Siamesic Stirner” , allora si noterà subito quanta cura i 3 friulani abbiano riposto su ogni aspetto del proprio suono. Altri esempi interessanti sono dati dal primitivismo di “Sucks” (soli 2 riffs che si ripetono in sequenza altrettante volte), al peso monolitico di “Natural Death”, brano che si regge praticamente su un riff, proposto in modi e patterns di batteria differenti. Va un po’ peggio comunque con la produzione, ma non riguardo la totalità degli strumenti, semmai per la batteria che presenta altresì un suono più basso rispetto a quello degli altri strumenti, ovattato quindi, seppur, paradossalmente, non mostrandosi debole. Secondo me, è il rullante che soffre maggiormente di tutti gli aspetti della batteria. Per quanto concerne invece la registrazione, qua niente da dire, dato che, secondo me, tutto è al suo posto e, come già osservato, la tecnica presentata dalla formazione è piuttosto ottima.
Prima però di analizzare pazientemente l'ep, vorrei parlare dei testi. I Male Misandria ne fanno di un tipo veramente assurdo, esprimendosi, come già osservato, attraverso un linguaggio praticamente incomprensibile (almeno per molti), ermetico come non potete mai immaginare (ancora peggio dei Deprogrammazione in cui qualcosa si capisce), criptico. Per non parlare poi di certi testi che, a mio avviso, hanno connotati un po’ paradossali, contraddittori, come per quanto riguarda “Sucks” in cui si afferma: “Io non voglio che non si pensi come me/Io non voglio che si pensi come me/Ciò che a me non piace, fa schifo.”. Già insomma vedete che i Male Misandria preferiscano rotolarsi nel fango più che su acque sicure ed almeno un minimo rassicuranti. Comunque, vi butto fuori qualche mia interpretazione, prendendo in esame per esempio “Comunicazione”, che risulta dominata dalle seguenti parole: “Solo suoni vuoti di un corpo in oscillazione/è la soggettiva interpretazione che caratterizza le parole”, in cui mi pare si denunci l’incomunicabilità tra le persone, una tesi che tra l’altro mi è data anche dalla “soggettiva interpretazione”, oltre che dai “suoni vuoti”. Oppure “Life”, con quel semplice e inquietante “Fog” (bel paradosso), non esprime forse l’odio per una società che permette la vera e propria vita soltanto quando una piccola e bellissima creatura esce per vedere la luce? “Multiverse”, tra l’altro, mi incuriosisce molto, dato che si parla praticamente dell’infinito, di “ogni secondo” “moltiplicato senza fine”, come per denunciare il desiderio di immortalità tipico degli ultimi tempi, ed anche di “vite che non hanno mai fine” (e pensare che prima parlavo di un testo anti-omologazione ma adesso non ne sono più per niente sicuro), di “tutte le possibilità in stanze riprodotte”. Ora come ora, queste parole mi sembrano rimandare all’ansia di infinito tipicamente di stampo romantico, per poi finire il tutto con un “niente è giusto o sbagliato nel (multi verso)”. In “Ancora” (che sta per “àncora”), fino a qualche tempo addietro, ipotizzavo che il gruppo fosse stato influenzato da certo esistenzialismo (Jaspers e le situazioni-limite in primis) ma andando più a fondo non mi pare più ci sia qualche legame con esso. Insomma, le domande da porsi sono tante di fronte a testi così curati, preparati…e da parte mia indecifrabili.
Lo sprezzante e provocatorio ep parte con un’”Intro” dai tratti malati e psicotici. Infatti, appena esso parte si sente un rumore assordante, come qualcosa di meccanico, a cui fa compagnia un suono dissonante e poco rassicurante, e comunque di stampo elettronico. Come elettronici sono i due successivi elementi che si fanno vivi poco dopo contemporaneamente (o quasi), che possono tra l’altro andare benissimo per qualche gruppo e/o progetto di derivazione electro-industrial. Assolutamente e psicologicamente distruttivo! Ultima ma non meno importante, si erge, dopo poco più di un minuto, maledetta ma sicura di sé stessa una voce sentenziosa (nel frattempo uno dei suoni elettronici smette la melodia – melodia? – con cui era partito, non facendosi più sentire), che afferma: “Affrontavo lo sguardo ostile di tutti. Sì, la cosa mi va benissimo: io sono l’Illuminato”. Inquietante è dire poco, anche perché questo parlato ripete ben 4 volte le stesse frasi, con tutti quei suoni e rumori che lo accompagnano, ma quando si sentono per l’ultima volta le 3 parole finali della sentenza, tutto diventa silenzio. C’è solo la voce, solitaria e misantropa, crudele ma giusta, umana ma saggia. E’, a mio avviso, il climax della traccia, climax che risalta ancora di più la violenza del primo vero e proprio brano del demo, ossia “Dio”. E le danze hanno inizio. Una musica assurda, ultra-intensa, violenta e senza pietà come poche, e questo a tutti i livelli.
Così parte “Dio”, esprimendosi con un putiferio di distruzione inarrestabile, e presentando poi non solo una struttura libera (5 riffs, nessuno dei quali viene ripreso durante il pezzo, per un totale di un minuto e circa 10 secondi complessivi) ma anche un pacco di influenze spaventose (se lo si confronta con il minutaggio sopraccitato mi sorprende ancora di più!): una specie di thrash metal violentissimo, deutsch direi, nell’inizio per poi farsi successivamente più black, trasformandosi poco dopo in un death melodico abbastanza disperato…ed ancora grind rumorista, finendo il tutto con un finale doom da capogiro! Qualcosa da far impazzire il cervello insomma! Unite tutto questo, inoltre, con una voce molto black che altro non è che un urlo veramente tirato allo spasimo (ed in questo quasi grind) a cui fanno il verso, anche se qui leggermente (nel senso che non sono molto presenti come in altri pezzi), grugniti, opera, penso, di S.P., di natura grind, che personalmente ricordano molto i peruviani Narkan, e che si fanno vivi insieme alle urla. L’urlo di Dario, tra l’altro, qualche volta dà il posto a vocalizzi più puliti (ma sempre belli incazzati), esperimento che successivamente si ripete anche in “Multiverse”, seppur stavolta in maniera minore ma sempre efficacemente. La seguente traccia, “Comunicazione”, è una delle più assurde e nervose di tutto il lotto, è il momento in cui i Male Misandria esprimono tutto il proprio odio verso una falsa umanità resa cieca dal lusso e per questo incapace di comunicare qualcosa di vero ed autentico ai suoi simili (beninteso che questa è la mia interpretazione!). E’ il caos della cosiddetta (in)civiltà occidentale. Il brano parte con un assalto al limite del rumorismo che mi richiama alla mente, ma schiacciati di tutta la propria ferocia, i canadesi Black Witchery, che pure di grind se ne intendono. La batteria abbandona poi i tempi sparati in blast-beats (ma sempre bella rullata) con chitarre assordanti ed acute, per poi far sì che le chitarre impazziscano ancora proponendo rumorismi bestiali, ed intanto il batterista spacca tutto con tempi ultra-sparati. E’ l’ora adesso di un riffing black, ed il tempo diminuisce di poco. Ma è solo un momento perché fa capolino una chitarra impazzita ed ultra-tecnica di impostazione mathcore, accompagnata dai folli colpi di una batteria non più tale, per poi finire il tutto come è iniziato, con l’aggiunta di una voce acutissima, doppiata subito dopo la sua apparizione, aumentando l’intensità, la potenza, il nichilismo del pezzo. Un climax per me favoloso! Sembra, questa, la rappresentazione dell’urlo di Munch, è un urlo di terrore ma allo stesso tempo di voglia di liberarsi dalla follia enorme dell’Occidente. Una piccola osservazione: questa traccia sembra presentare un andamento ondeggiante, dato che qui si fa uso di blast-beats e tempi meno folli praticamente a trasmittenza, tranne però per le ultime due soluzioni separate comunque da un millisecondo di silenzio. Per me, “Comunicazione” ha la palma d’oro di miglior brano del demo, dato che in quasi 30 secondi durata, mette a nudo un’intensità, un nervosismo, una catastrofe difficilmente raggiungibili in campo musicale, a mio avviso. Tra l'altro è una traccia che secondo me rappresenta al meglio la natura nietzschiana del gruppo, considerando che il filosofo tedesco, con i suoi scritti, cercava di allontanare il più possibile i suoi non-affini, e così succede un po' la stessa cosa ai Male Misandria. Sempre spaventosamente notevole la voce, anche perché l’insieme urla-grugniti si fa più insistente ed impietoso, più forte e selvaggio. La seguente traccia, l’anglofona “Sucks” (ricordo infatti che il gruppo, oltre ad usare l’italiano, utilizza anche l’inglese, almeno in pezzi come, oltre a quest’ultimo già citato, “Multiverse”, “Life”, “Noosphere” e “Natural Death”), riconferma il livello di ciclopica intensità che la formazione si porta appresso. Essa si apre con un suono che si fa più alto per poi lasciare tutto alla musica, ossia un black/grind in blast-beats a dir poco impressionante. La prima soluzione, dominata da un riffing molto black metal, viene ripetuta per 2 volte, dando dopo il posto ad una musicalità maggiormente grind, con il riff che è sì simile al primo ma più sporco, e con il batterista che va sempre in tempi veloci ma non blasteggianti (come, al contrario, succede con la prima soluzione citata). Durante questa soluzione pazzeschi grugniti dominano anche grazie a delle ottime linee vocali (come quelle di tutte le altre canzoni ma qui in modo particolare). Il 2° riff viene un po’ mozzato alla fine (quindi viene ripetuto per 3 volte e…mezzo!) dato che in un momento tutti gli strumenti smettono di suonare, permettendo a Dario di urlare a più non posso insieme a S.P., sputando un “Sucks” di proporzioni cosmiche. Poi si ripete tutto questo come prima, con un urlo di rabbia ed odio. Il successivo brano è invece, a parer mio, uno dei più black del lotto, almeno per quanto riguarda il riffing e le urla certo. Il primo riff, un po’ melodico e lunghetto per i parametri del gruppo, strutturalmente parlando, è interessante in quanto, dopo esser stato ripetuto per 2 volte, subisce una brevissima divagazione nella soluzione subito seguente, per ripetersi, a sorpresa, un’altra volta. L’ultimo riff, il 3°, presenta invece un andamento un po’ più dinamico, almeno dal punto di vista squisitamente ritmico, dato anche che, in certi momenti, il batterista si inerpica in fulminanti stop’n’go. I tempi sono quasi sempre in blast-beats, tranne forse (purtroppo non riesco a capire molto bene) nei primi secondi del brano. Vabbè, “Life” è altresì, come già scritto la più breve (ma probabilmente anche la più distruttiva) dell’intero ep. 4 (o sono 5?) colpi di hi-hat. Subito dopo tutti svalvolano, l’insieme urla-grugniti vomita se stesso, il proprio disgusto. Tutto qui è un po’ a là “You Suffer”. Successivamente, ecco un altro colpo di piatti, per far sì che i soli grugniti spazzino via l’aria e tutto ciò che la circonda. Personalmente, penso che “Life”, per quanto modesta possa sembrare, esemplifichi in tutto e per tutto lo spirito dei Male Misandria, il loro essere provocatori e folli (ma con senso). Mi pare sentire i Nerorgasmo in versione black/grind! Altro che black metal ragazzi! La successiva traccia, “Sole”, parte con un’introduzione piuttosto dinamica, quasi death direi, con il batterista che esegue un lavoro particolarmente tecnico. Poi, il brano prosegue attentando alla vita dell’ascoltatore con un interessante, a mio avviso, riff di derivazione black che dopo esser stato ripetuto per 4 volte diventa più contorto (ma non troppo) facendo fare i salti di gioia ad M.M. che abbandona così i blast-beats per intrecciarsi un po’ sulla falsariga dell’introduzione. In questo modo, si fa vivo un altro riff, stavolta più semplice ma sempre black che, almeno per le prime 2 volte, viene accompagnato dai potenti stop’n’go del comparto ritmico e dell’altra chitarra, per poi riversare, per altrettante volte, blast-beats a manetta. Questo riff viene un po’ ripreso nel seguente passaggio, che non è altro che uno dei pochi veri e propri rallentamenti dell'ep, ed infatti il tempo, qui, risulta piuttosto lento senza però essere doom. Ma è solo un illusorio attimo di “riposo” in quanto dopo distrugge tutto ciò che le capita davanti la soluzione precedente al rallentamento. Mi sembra piuttosto inutile osservare che il lavoro sulla voce e le linee vocali sia anche qui decisamente ottimo, specialmente nel finale. Ed adesso passiamo a “Siamesic Stirner”, che personalmente ritengo quale pezzo maggiormente particolare del lotto, se non altro per la struttura stessa e la sua lunghezza. Infatti, il brano parte con un’introduzione doom con una chitarra che butta fuori un riff quasi tormentato (e sottolineo “quasi”), accompagnato dagli altri strumenti (l’altra chitarra compresa) nell’inizio di esso. Così incomincia la lenta velocizzazione del tempo (adesso entrambe le chitarre suonano le stesse note in contemporanea), con la batteria che si mette in mostra con tanto di ride ed un buon lavoro sulla cassa. Dopo, M.M. abbandona il ride per concentrarsi sul charleston e tra l’altro su un tempo leggermente più veloce, mentre lo stesso riff di prima viene riproposto per l’ultima volta in modo più sporco, incazzoso e continuo. La canzone si velocizza ancora, attraverso un riff piuttosto tecnico, a mio avviso anche epicheggiante, ed inoltre bello vario. Silenzio. I blast-beats partono con inusitata violenza, e la voce, dopo quasi un minuto, si fa sentire. Notare che dopo aver eseguito tale soluzione (che dal punto di vista del riffing è chiaramente di impostazione black) per la prima volta, c'è un brevissimo ed efficace silenzio, per poi ripartire e ripetere per la seconda volta l'invenzione sopraccitata. Successivamente, questo passaggio regala la scena, introdotto da esso stesso, ad un rallentamento un poco groovy, e qui i Male Misandria mi pare siano stati influenzati dal metalcore moderno. Questa soluzione (breve e semplice) viene ripetuta addirittura per 16 volte! Finito anche questo passaggio, il tutto si ripete un’altra volta, partendo però dalla parte più sporca del 1° riff proposto, con una variazione che interessa il rallentamento, che invece di essere ripetuto in 16 tempi, finisce la canzone in 5 volte, con tra l’altro un bel climax, condito da blast-beats negli ultimi momenti. Insomma, questo è forse il brano più lineare dell’intero lotto, almeno in senso metal, con, tra gli altri aspetti, quell’introduzione crescente in velocità ed il cantante che ci mette un po’ più di tempo per distruggere i timpani dell’ascoltatore, facendolo ottimamente come al solito, secondo me. La seguente “Noosphere” è invece una delle canzoni più distruttive e grind dell’opera, ed il bello è che si regge principalmente su un solo dissacrante riff, previa breve e saettante introduzione, ed anche qualche variazione rapida e dolorosa per colorire e rendere maggiormente folle il tutto. Sangue e sudore fino a farsi scoppiare! “Ancora”, però, è ancora più assurda di “Noosphere” in quanto dal punto di vista strutturale è, secondo me, assolutamente magnifica e geniale dato che poggia sì anch’essa su un solo riff (che sarebbe quello con cui parte il brano), solo che questo viene riproposto attraverso variazioni minime rendendo così, a mio avviso, maggiormente interessante l’ascolto…ma non solo per questo. Infatti, dopo la prima soluzione, riempita soprattutto dai blast-beats, se ne fa viva un’altra, tremendamente rumorista ed iper-veloce, che poi regala il posto al precedente riff (variato come già scritto poc’anzi), ripetendosi per 2 volte, ma l’ennesima bella cosa è che nella prima botta la batteria esegue un contagioso tempo medio, mentre nella seconda battuta sferra blast-beats a più non posso. Attenzione che non è ancora finita qui, dato che dopo viene ripresa ancora la prima soluzione, ma variata una seconda (ed ultima) volta, e sempre in 2 tempi, e sempre attraverso prima il tempo medio e poi il massacro ritmico citato poco sopra. Non so che dire sul serio della genialità di tale gruppo. Devo segnalare comunque una curiosità: “Ancora” è l’unica traccia con una produzione diversa, decisamente più bassa ma non per questo meno efficace, anzi, rispetto alle altre. Veniamo adesso all’epitaffio, ottimo per quanto mi riguarda, del disco, rappresentato da “Natural Death”. Circa un minuto e 25 di musica dominata praticamente da un solo riff proposto però in modi (e non in variazioni come succede nel brano precedente) diversi, e quindi in certi punti mi pare più black, in altri maggiormente grind. Ad ogni cambiamento del modo di suonare il riff la batteria o va in blast-beats od in tempi veloci meno sparati. Dopo aver ripetuto per ben 8 volte tale riff, c’è un rallentamento tra il medio ed il lento, dato che talvolta si sviluppa anche in senso groovy, con tra l’altro, a mio avviso, un buonissimo lavoro sui piatti. La soluzione chitarristica proposta è piuttosto varia ed oserei dire anche quasi epica e comunque un pochino radicata nel black metal. Ma dopo 3 volte il “riposino” finisce, per far sì che il batterista, a sprazzi, vada in solitario in doppia cassa, e facendo poi in modo che le chitarre riprendino, in un climax di portata gigantesca, il riff principale….e per gli ascoltatori dalle orecchie sensibili il massacro può dirsi concluso, a meno che un qualche terrorista del suono non entri in casa loro per sfasciargli, stavolta definitivamente, i timpani con i Male Misandria – che nome strano, non trovate? -. Tra l’altro, devo osservare che in questo brano è stato fatto un lavoro superlativo anche per quanto riguarda la voce, dato che qui mille e mille urla vengono sovrapposte, creando un’atmosfera assolutamente raccapricciante, tra la follia, l’odio ed un tormento senza nome.
Carissime e carissimi, siamo alla conclusione. Non so più cosa dire di fronte a cotanta arte e genialità, se non che i Male Misandria sono praticamente unici, presentando anche, a mio avviso, un’originalità tutta loro, distruggendo poi ogni cosa con un’intensità, una potenza, una follia che per me è il vero punto di forza del gruppo, senza ombra di dubbio, seppur loro, secondo il mio parere, debbano migliorare in fatto di omogeneità dei pezzi per quanto concerne la produzione, oltre a fare un lavoro migliore circa il volume della batteria, sì basso ma, come già scritto in precedenza, paradossalmente devastante e senza pietà. I Male Misandria sono riusciti a fare del rumore un’autentica, inquietante, monumentale, magniloquente e tecnica opera d’arte, parole del vostro Claustrofobia, mischiando, almeno per me, la tensione spirituale (e forse anche certa follia) del black metal, soprattutto quello di impronta moderna, con l’intensità e la rabbia palpabile del grindcore. E con questo non ho detto niente perché le mie parole non valgono neanche un’acca di quello che questi friulani dicono ed hanno da dire con la loro terribile (in senso positivo) musica, insieme ai testi ovviamente.
Voto: 94
Claustrofobia
P.S. Vi siete accorti che questa recensione è strutturalmente un po’ diverso dalle altre che finora ho fatto? Anche questo per rendere onore all’originalità dei 3 pazzerelli.
Tracklist:
1 – Enkel/ 2 – Dio/ 3 – Comunicazione/ 4 – Sucks/ 5 – Multiverse/ 6 – Fuck/ 7 – Sole/ 8 – Siamesic Stirner/ 9 – Noosphere/ 10 – Ancora/ 11 – Natural Death
MySpace:
http://www.myspace.com/malemisandria
“VOLIZIONE” (2008)
Vi ricordate dei Deprogrammazione, che fecero bella mostra nel 4° numero della nostra cara rivista? Bene, dimenticateli. Allo stesso tempo, però, prendeteli in considerazione, un po’ come metro di paragone, perché in fin dei conti sempre di black/grind si tratta, ma il problema è che i Male Misandria stuprano letteralmente i timpani degli ascoltatori proponendo una musica ancor più selvaggia, meno sperimentale, e quindi dall’impostazione più “classica” (ma sempre originale), spesso ai limiti del rumorismo puro sfruttando di solito momenti brevissimi per scardinare tutto d’un fiato la nostra esistenza, e se si confronta tutto questo con i Deprogrammazione allora avrete di fronte uno stile totalmente diverso. Inoltre, ciò che mi salta in mente adesso sono altre 3 coincidenze particolarmente curiose tra i due gruppi: la prima è che entrambi provengono dal Nord (i Deprogrammazione da Biella, in Piemonte, mentre i Male Misandria un po’ più su, da Naon, in provincia di Pordenone, provincia Friuli-Venezia Giulia); il secondo punto interessante è dato dal fatto che le due formazioni si trovano belle belle su Punk4Free (peccato che i Deprogrammazione siano stati promossi, i Male Misandria invece no); infine, entrambe presentano testi ai confini della realtà, anzi, e forse i Male Misandria mostrano maggiore capacità di imbambolare il cervello tramite un linguaggio tanto bizzarro quanto efficace, esternando quindi, sempre probabilmente, inclinazioni misantrope.
Dopo questa lunga introduzione, vi presento finalmente “Volizione” degli spaventosi Male Misandria. Esso, pubblicato in maniera totalmente indipendente curiosamente il 23 Dicembre del 2008, è un ep di 11 pezzi per un totale di poco più di 11 minuti e 40 secondi (il brano più lungo è “Siamesic Stirner” – utile informazione: Max Stirner, al secolo Johann Caspar Schmidt, era un anarchico individualista autore della saettante e provocatoria opera “L’Unico e la Sua Proprietà”. Morì, per ragioni non note, nel 1856 all’età di 50 anni –, lunga quasi 3 minuti; traccia più breve, la minuscola “Fuck” di…3 secondi!). Ciò che il terzetto (composto attualmente da Dario - oppure D.D. - , nel ruolo di voce e chitarra, S.P. - o Puja - , basso e voce, ed M.M. – acronimo che non sta anche per Male Misandria? Comunque conosciuto anche come Magris, batterista) friulano propone in questa scheggia di autentica follia è una commistione piuttosto ardita, rumorista, ma con un occhio notevole verso la tecnica decisamente di indubbio valore, violentissima e quindi basata soprattutto su tempi sparati a velocità supersonica, tra il black metal ed il grindcore, seppur io noti qualche influenza proveniente dal death metal ed anche rarissime incursioni in territori thrash e doom (questi, comunque, tremendamente risicati…ma non solo sono presenti tali influenze a mio avviso). Bisogna comunque osservare che, nonostante i tempi ultra-sparati ed il quasi-perenne rumorismo, il gruppo ha un’ottima fantasia nel differenziare i vari pezzi l’uno dall’altro, così da passare dalla schizzata e con tentazioni in stile mathcore “Comunicazione” alla più, se vogliamo, “tradizionale” e meglio bilanciata tra tempi veloci e più lenti “Siamesic Stirner”, oppure dalla pazzesca e visionaria parentesi di “Life” alla disturbante sovrapposizione di voci urlate di “Natural Death”, alla più grindcore (almeno in fatto di riffs) “Noosphere”. Dal punto di vista strettamente strutturale, anche qui i Male Misandria non scherzano per quanto riguarda la varietà e la fantasia, e se infatti si confronta la più completa libertà d’azione di “Comunicazione” con la struttura più classica e, come dire, “metallica” di “Siamesic Stirner” , allora si noterà subito quanta cura i 3 friulani abbiano riposto su ogni aspetto del proprio suono. Altri esempi interessanti sono dati dal primitivismo di “Sucks” (soli 2 riffs che si ripetono in sequenza altrettante volte), al peso monolitico di “Natural Death”, brano che si regge praticamente su un riff, proposto in modi e patterns di batteria differenti. Va un po’ peggio comunque con la produzione, ma non riguardo la totalità degli strumenti, semmai per la batteria che presenta altresì un suono più basso rispetto a quello degli altri strumenti, ovattato quindi, seppur, paradossalmente, non mostrandosi debole. Secondo me, è il rullante che soffre maggiormente di tutti gli aspetti della batteria. Per quanto concerne invece la registrazione, qua niente da dire, dato che, secondo me, tutto è al suo posto e, come già osservato, la tecnica presentata dalla formazione è piuttosto ottima.
Prima però di analizzare pazientemente l'ep, vorrei parlare dei testi. I Male Misandria ne fanno di un tipo veramente assurdo, esprimendosi, come già osservato, attraverso un linguaggio praticamente incomprensibile (almeno per molti), ermetico come non potete mai immaginare (ancora peggio dei Deprogrammazione in cui qualcosa si capisce), criptico. Per non parlare poi di certi testi che, a mio avviso, hanno connotati un po’ paradossali, contraddittori, come per quanto riguarda “Sucks” in cui si afferma: “Io non voglio che non si pensi come me/Io non voglio che si pensi come me/Ciò che a me non piace, fa schifo.”. Già insomma vedete che i Male Misandria preferiscano rotolarsi nel fango più che su acque sicure ed almeno un minimo rassicuranti. Comunque, vi butto fuori qualche mia interpretazione, prendendo in esame per esempio “Comunicazione”, che risulta dominata dalle seguenti parole: “Solo suoni vuoti di un corpo in oscillazione/è la soggettiva interpretazione che caratterizza le parole”, in cui mi pare si denunci l’incomunicabilità tra le persone, una tesi che tra l’altro mi è data anche dalla “soggettiva interpretazione”, oltre che dai “suoni vuoti”. Oppure “Life”, con quel semplice e inquietante “Fog” (bel paradosso), non esprime forse l’odio per una società che permette la vera e propria vita soltanto quando una piccola e bellissima creatura esce per vedere la luce? “Multiverse”, tra l’altro, mi incuriosisce molto, dato che si parla praticamente dell’infinito, di “ogni secondo” “moltiplicato senza fine”, come per denunciare il desiderio di immortalità tipico degli ultimi tempi, ed anche di “vite che non hanno mai fine” (e pensare che prima parlavo di un testo anti-omologazione ma adesso non ne sono più per niente sicuro), di “tutte le possibilità in stanze riprodotte”. Ora come ora, queste parole mi sembrano rimandare all’ansia di infinito tipicamente di stampo romantico, per poi finire il tutto con un “niente è giusto o sbagliato nel (multi verso)”. In “Ancora” (che sta per “àncora”), fino a qualche tempo addietro, ipotizzavo che il gruppo fosse stato influenzato da certo esistenzialismo (Jaspers e le situazioni-limite in primis) ma andando più a fondo non mi pare più ci sia qualche legame con esso. Insomma, le domande da porsi sono tante di fronte a testi così curati, preparati…e da parte mia indecifrabili.
Lo sprezzante e provocatorio ep parte con un’”Intro” dai tratti malati e psicotici. Infatti, appena esso parte si sente un rumore assordante, come qualcosa di meccanico, a cui fa compagnia un suono dissonante e poco rassicurante, e comunque di stampo elettronico. Come elettronici sono i due successivi elementi che si fanno vivi poco dopo contemporaneamente (o quasi), che possono tra l’altro andare benissimo per qualche gruppo e/o progetto di derivazione electro-industrial. Assolutamente e psicologicamente distruttivo! Ultima ma non meno importante, si erge, dopo poco più di un minuto, maledetta ma sicura di sé stessa una voce sentenziosa (nel frattempo uno dei suoni elettronici smette la melodia – melodia? – con cui era partito, non facendosi più sentire), che afferma: “Affrontavo lo sguardo ostile di tutti. Sì, la cosa mi va benissimo: io sono l’Illuminato”. Inquietante è dire poco, anche perché questo parlato ripete ben 4 volte le stesse frasi, con tutti quei suoni e rumori che lo accompagnano, ma quando si sentono per l’ultima volta le 3 parole finali della sentenza, tutto diventa silenzio. C’è solo la voce, solitaria e misantropa, crudele ma giusta, umana ma saggia. E’, a mio avviso, il climax della traccia, climax che risalta ancora di più la violenza del primo vero e proprio brano del demo, ossia “Dio”. E le danze hanno inizio. Una musica assurda, ultra-intensa, violenta e senza pietà come poche, e questo a tutti i livelli.
Così parte “Dio”, esprimendosi con un putiferio di distruzione inarrestabile, e presentando poi non solo una struttura libera (5 riffs, nessuno dei quali viene ripreso durante il pezzo, per un totale di un minuto e circa 10 secondi complessivi) ma anche un pacco di influenze spaventose (se lo si confronta con il minutaggio sopraccitato mi sorprende ancora di più!): una specie di thrash metal violentissimo, deutsch direi, nell’inizio per poi farsi successivamente più black, trasformandosi poco dopo in un death melodico abbastanza disperato…ed ancora grind rumorista, finendo il tutto con un finale doom da capogiro! Qualcosa da far impazzire il cervello insomma! Unite tutto questo, inoltre, con una voce molto black che altro non è che un urlo veramente tirato allo spasimo (ed in questo quasi grind) a cui fanno il verso, anche se qui leggermente (nel senso che non sono molto presenti come in altri pezzi), grugniti, opera, penso, di S.P., di natura grind, che personalmente ricordano molto i peruviani Narkan, e che si fanno vivi insieme alle urla. L’urlo di Dario, tra l’altro, qualche volta dà il posto a vocalizzi più puliti (ma sempre belli incazzati), esperimento che successivamente si ripete anche in “Multiverse”, seppur stavolta in maniera minore ma sempre efficacemente. La seguente traccia, “Comunicazione”, è una delle più assurde e nervose di tutto il lotto, è il momento in cui i Male Misandria esprimono tutto il proprio odio verso una falsa umanità resa cieca dal lusso e per questo incapace di comunicare qualcosa di vero ed autentico ai suoi simili (beninteso che questa è la mia interpretazione!). E’ il caos della cosiddetta (in)civiltà occidentale. Il brano parte con un assalto al limite del rumorismo che mi richiama alla mente, ma schiacciati di tutta la propria ferocia, i canadesi Black Witchery, che pure di grind se ne intendono. La batteria abbandona poi i tempi sparati in blast-beats (ma sempre bella rullata) con chitarre assordanti ed acute, per poi far sì che le chitarre impazziscano ancora proponendo rumorismi bestiali, ed intanto il batterista spacca tutto con tempi ultra-sparati. E’ l’ora adesso di un riffing black, ed il tempo diminuisce di poco. Ma è solo un momento perché fa capolino una chitarra impazzita ed ultra-tecnica di impostazione mathcore, accompagnata dai folli colpi di una batteria non più tale, per poi finire il tutto come è iniziato, con l’aggiunta di una voce acutissima, doppiata subito dopo la sua apparizione, aumentando l’intensità, la potenza, il nichilismo del pezzo. Un climax per me favoloso! Sembra, questa, la rappresentazione dell’urlo di Munch, è un urlo di terrore ma allo stesso tempo di voglia di liberarsi dalla follia enorme dell’Occidente. Una piccola osservazione: questa traccia sembra presentare un andamento ondeggiante, dato che qui si fa uso di blast-beats e tempi meno folli praticamente a trasmittenza, tranne però per le ultime due soluzioni separate comunque da un millisecondo di silenzio. Per me, “Comunicazione” ha la palma d’oro di miglior brano del demo, dato che in quasi 30 secondi durata, mette a nudo un’intensità, un nervosismo, una catastrofe difficilmente raggiungibili in campo musicale, a mio avviso. Tra l'altro è una traccia che secondo me rappresenta al meglio la natura nietzschiana del gruppo, considerando che il filosofo tedesco, con i suoi scritti, cercava di allontanare il più possibile i suoi non-affini, e così succede un po' la stessa cosa ai Male Misandria. Sempre spaventosamente notevole la voce, anche perché l’insieme urla-grugniti si fa più insistente ed impietoso, più forte e selvaggio. La seguente traccia, l’anglofona “Sucks” (ricordo infatti che il gruppo, oltre ad usare l’italiano, utilizza anche l’inglese, almeno in pezzi come, oltre a quest’ultimo già citato, “Multiverse”, “Life”, “Noosphere” e “Natural Death”), riconferma il livello di ciclopica intensità che la formazione si porta appresso. Essa si apre con un suono che si fa più alto per poi lasciare tutto alla musica, ossia un black/grind in blast-beats a dir poco impressionante. La prima soluzione, dominata da un riffing molto black metal, viene ripetuta per 2 volte, dando dopo il posto ad una musicalità maggiormente grind, con il riff che è sì simile al primo ma più sporco, e con il batterista che va sempre in tempi veloci ma non blasteggianti (come, al contrario, succede con la prima soluzione citata). Durante questa soluzione pazzeschi grugniti dominano anche grazie a delle ottime linee vocali (come quelle di tutte le altre canzoni ma qui in modo particolare). Il 2° riff viene un po’ mozzato alla fine (quindi viene ripetuto per 3 volte e…mezzo!) dato che in un momento tutti gli strumenti smettono di suonare, permettendo a Dario di urlare a più non posso insieme a S.P., sputando un “Sucks” di proporzioni cosmiche. Poi si ripete tutto questo come prima, con un urlo di rabbia ed odio. Il successivo brano è invece, a parer mio, uno dei più black del lotto, almeno per quanto riguarda il riffing e le urla certo. Il primo riff, un po’ melodico e lunghetto per i parametri del gruppo, strutturalmente parlando, è interessante in quanto, dopo esser stato ripetuto per 2 volte, subisce una brevissima divagazione nella soluzione subito seguente, per ripetersi, a sorpresa, un’altra volta. L’ultimo riff, il 3°, presenta invece un andamento un po’ più dinamico, almeno dal punto di vista squisitamente ritmico, dato anche che, in certi momenti, il batterista si inerpica in fulminanti stop’n’go. I tempi sono quasi sempre in blast-beats, tranne forse (purtroppo non riesco a capire molto bene) nei primi secondi del brano. Vabbè, “Life” è altresì, come già scritto la più breve (ma probabilmente anche la più distruttiva) dell’intero ep. 4 (o sono 5?) colpi di hi-hat. Subito dopo tutti svalvolano, l’insieme urla-grugniti vomita se stesso, il proprio disgusto. Tutto qui è un po’ a là “You Suffer”. Successivamente, ecco un altro colpo di piatti, per far sì che i soli grugniti spazzino via l’aria e tutto ciò che la circonda. Personalmente, penso che “Life”, per quanto modesta possa sembrare, esemplifichi in tutto e per tutto lo spirito dei Male Misandria, il loro essere provocatori e folli (ma con senso). Mi pare sentire i Nerorgasmo in versione black/grind! Altro che black metal ragazzi! La successiva traccia, “Sole”, parte con un’introduzione piuttosto dinamica, quasi death direi, con il batterista che esegue un lavoro particolarmente tecnico. Poi, il brano prosegue attentando alla vita dell’ascoltatore con un interessante, a mio avviso, riff di derivazione black che dopo esser stato ripetuto per 4 volte diventa più contorto (ma non troppo) facendo fare i salti di gioia ad M.M. che abbandona così i blast-beats per intrecciarsi un po’ sulla falsariga dell’introduzione. In questo modo, si fa vivo un altro riff, stavolta più semplice ma sempre black che, almeno per le prime 2 volte, viene accompagnato dai potenti stop’n’go del comparto ritmico e dell’altra chitarra, per poi riversare, per altrettante volte, blast-beats a manetta. Questo riff viene un po’ ripreso nel seguente passaggio, che non è altro che uno dei pochi veri e propri rallentamenti dell'ep, ed infatti il tempo, qui, risulta piuttosto lento senza però essere doom. Ma è solo un illusorio attimo di “riposo” in quanto dopo distrugge tutto ciò che le capita davanti la soluzione precedente al rallentamento. Mi sembra piuttosto inutile osservare che il lavoro sulla voce e le linee vocali sia anche qui decisamente ottimo, specialmente nel finale. Ed adesso passiamo a “Siamesic Stirner”, che personalmente ritengo quale pezzo maggiormente particolare del lotto, se non altro per la struttura stessa e la sua lunghezza. Infatti, il brano parte con un’introduzione doom con una chitarra che butta fuori un riff quasi tormentato (e sottolineo “quasi”), accompagnato dagli altri strumenti (l’altra chitarra compresa) nell’inizio di esso. Così incomincia la lenta velocizzazione del tempo (adesso entrambe le chitarre suonano le stesse note in contemporanea), con la batteria che si mette in mostra con tanto di ride ed un buon lavoro sulla cassa. Dopo, M.M. abbandona il ride per concentrarsi sul charleston e tra l’altro su un tempo leggermente più veloce, mentre lo stesso riff di prima viene riproposto per l’ultima volta in modo più sporco, incazzoso e continuo. La canzone si velocizza ancora, attraverso un riff piuttosto tecnico, a mio avviso anche epicheggiante, ed inoltre bello vario. Silenzio. I blast-beats partono con inusitata violenza, e la voce, dopo quasi un minuto, si fa sentire. Notare che dopo aver eseguito tale soluzione (che dal punto di vista del riffing è chiaramente di impostazione black) per la prima volta, c'è un brevissimo ed efficace silenzio, per poi ripartire e ripetere per la seconda volta l'invenzione sopraccitata. Successivamente, questo passaggio regala la scena, introdotto da esso stesso, ad un rallentamento un poco groovy, e qui i Male Misandria mi pare siano stati influenzati dal metalcore moderno. Questa soluzione (breve e semplice) viene ripetuta addirittura per 16 volte! Finito anche questo passaggio, il tutto si ripete un’altra volta, partendo però dalla parte più sporca del 1° riff proposto, con una variazione che interessa il rallentamento, che invece di essere ripetuto in 16 tempi, finisce la canzone in 5 volte, con tra l’altro un bel climax, condito da blast-beats negli ultimi momenti. Insomma, questo è forse il brano più lineare dell’intero lotto, almeno in senso metal, con, tra gli altri aspetti, quell’introduzione crescente in velocità ed il cantante che ci mette un po’ più di tempo per distruggere i timpani dell’ascoltatore, facendolo ottimamente come al solito, secondo me. La seguente “Noosphere” è invece una delle canzoni più distruttive e grind dell’opera, ed il bello è che si regge principalmente su un solo dissacrante riff, previa breve e saettante introduzione, ed anche qualche variazione rapida e dolorosa per colorire e rendere maggiormente folle il tutto. Sangue e sudore fino a farsi scoppiare! “Ancora”, però, è ancora più assurda di “Noosphere” in quanto dal punto di vista strutturale è, secondo me, assolutamente magnifica e geniale dato che poggia sì anch’essa su un solo riff (che sarebbe quello con cui parte il brano), solo che questo viene riproposto attraverso variazioni minime rendendo così, a mio avviso, maggiormente interessante l’ascolto…ma non solo per questo. Infatti, dopo la prima soluzione, riempita soprattutto dai blast-beats, se ne fa viva un’altra, tremendamente rumorista ed iper-veloce, che poi regala il posto al precedente riff (variato come già scritto poc’anzi), ripetendosi per 2 volte, ma l’ennesima bella cosa è che nella prima botta la batteria esegue un contagioso tempo medio, mentre nella seconda battuta sferra blast-beats a più non posso. Attenzione che non è ancora finita qui, dato che dopo viene ripresa ancora la prima soluzione, ma variata una seconda (ed ultima) volta, e sempre in 2 tempi, e sempre attraverso prima il tempo medio e poi il massacro ritmico citato poco sopra. Non so che dire sul serio della genialità di tale gruppo. Devo segnalare comunque una curiosità: “Ancora” è l’unica traccia con una produzione diversa, decisamente più bassa ma non per questo meno efficace, anzi, rispetto alle altre. Veniamo adesso all’epitaffio, ottimo per quanto mi riguarda, del disco, rappresentato da “Natural Death”. Circa un minuto e 25 di musica dominata praticamente da un solo riff proposto però in modi (e non in variazioni come succede nel brano precedente) diversi, e quindi in certi punti mi pare più black, in altri maggiormente grind. Ad ogni cambiamento del modo di suonare il riff la batteria o va in blast-beats od in tempi veloci meno sparati. Dopo aver ripetuto per ben 8 volte tale riff, c’è un rallentamento tra il medio ed il lento, dato che talvolta si sviluppa anche in senso groovy, con tra l’altro, a mio avviso, un buonissimo lavoro sui piatti. La soluzione chitarristica proposta è piuttosto varia ed oserei dire anche quasi epica e comunque un pochino radicata nel black metal. Ma dopo 3 volte il “riposino” finisce, per far sì che il batterista, a sprazzi, vada in solitario in doppia cassa, e facendo poi in modo che le chitarre riprendino, in un climax di portata gigantesca, il riff principale….e per gli ascoltatori dalle orecchie sensibili il massacro può dirsi concluso, a meno che un qualche terrorista del suono non entri in casa loro per sfasciargli, stavolta definitivamente, i timpani con i Male Misandria – che nome strano, non trovate? -. Tra l’altro, devo osservare che in questo brano è stato fatto un lavoro superlativo anche per quanto riguarda la voce, dato che qui mille e mille urla vengono sovrapposte, creando un’atmosfera assolutamente raccapricciante, tra la follia, l’odio ed un tormento senza nome.
Carissime e carissimi, siamo alla conclusione. Non so più cosa dire di fronte a cotanta arte e genialità, se non che i Male Misandria sono praticamente unici, presentando anche, a mio avviso, un’originalità tutta loro, distruggendo poi ogni cosa con un’intensità, una potenza, una follia che per me è il vero punto di forza del gruppo, senza ombra di dubbio, seppur loro, secondo il mio parere, debbano migliorare in fatto di omogeneità dei pezzi per quanto concerne la produzione, oltre a fare un lavoro migliore circa il volume della batteria, sì basso ma, come già scritto in precedenza, paradossalmente devastante e senza pietà. I Male Misandria sono riusciti a fare del rumore un’autentica, inquietante, monumentale, magniloquente e tecnica opera d’arte, parole del vostro Claustrofobia, mischiando, almeno per me, la tensione spirituale (e forse anche certa follia) del black metal, soprattutto quello di impronta moderna, con l’intensità e la rabbia palpabile del grindcore. E con questo non ho detto niente perché le mie parole non valgono neanche un’acca di quello che questi friulani dicono ed hanno da dire con la loro terribile (in senso positivo) musica, insieme ai testi ovviamente.
Voto: 94
Claustrofobia
P.S. Vi siete accorti che questa recensione è strutturalmente un po’ diverso dalle altre che finora ho fatto? Anche questo per rendere onore all’originalità dei 3 pazzerelli.
Tracklist:
1 – Enkel/ 2 – Dio/ 3 – Comunicazione/ 4 – Sucks/ 5 – Multiverse/ 6 – Fuck/ 7 – Sole/ 8 – Siamesic Stirner/ 9 – Noosphere/ 10 – Ancora/ 11 – Natural Death
MySpace:
http://www.myspace.com/malemisandria