Tuesday, October 9, 2012

Wall of the Eyeless - "Through Emptiness" (2011)

Demo autoprodotto (31 Dicembre 2011)

Formazione (2010):       SL – voce/chitarre/basso;
                                       Simon – batteria.

Provenienza:                   Pskov/Helsjon (Russia/Svezia)

Canzone migliore del disco:

“Wall of the Eyeless”.

Punto di forza dell’opera:

la sua imprevedibile eleganza.
La primissima opera di questo giovanissimo duo è stata per me una vera e propria sorpresa, anche perché è stata in grado di riportare su queste stesse pagine un filone che mancava da fin troppo tempo, cioè da quando i romani Disease mi distrussero le orecchie con un assalto potente ma raffinato: il metal estremo progressivo. Solo che i Wall of the Eyeless, pur possedendo tutte le caratteristiche basilari di questo particolare genere (melodia, tecnica, commistione di più stili musicali…), lo interpretano in maniera sufficientemente personale. Però certo, essendo molto giovani, la loro musica è ancora da affinare meglio, ma quello che importa è che siamo già a un più che ottimo punto di partenza.

Prima di tutto, le melodie del duo sono spesso crepuscolari, specialmente lungo la parte centrale del disco. E ciò permette ai nostri di abbracciare le soluzioni più imprevedibili e i climax più strani (notevole quello al contrario del brano autointitolato, introdotto da un passaggio così groovy e aggressivo da promettere chissà quale distruzione… e invece…), così da implementare addirittura un assolo di chitarra pulita in un discorso elettrico. E le influenze sono tantissime: si passa infatti dal thrash ignorante di “The Hands” e “The Rain Song”, al black venato persino di NWOBHM di “Wall of the Eyeless”, ma per quanto riguarda il death, così decantato dai nostri, lo si trova più che altro nei classici grugniti di SL, mentre in “We Do Belong Here” si becca, in un passaggio particolarmente rilassato, una psichedelica voce pulita – che consiglio di usare di più la volta prossima perché molto d’effetto.

Un’altra caratteristica molto interessante viene dalla struttura – tipo dei pezzi. I quali si muovono, spesso in un tappeto ritmico medio – lento ai limiti del doom, seppur non manchino semi – blast – beats/tupa – tupa (“The Hands” e “The Rain Song” in special modo), entro uno schema molto istintivo, quindi preferibilmente libero da qualsiasi tipo di vincolo. In pratica, viene qui estremizzato un aspetto occasionale di molti dei gruppi del genere, riuscendo fra l’altro a legare, in un modo naturalissimo, i più diversi passaggi sia dal punto di vista musicale che emozionale. In più, i brani vivono anche di pause che sono in non poche occasioni poetiche aperture acustiche o tastieristiche (“The Hands”), che arricchiscono ancor di più un discorso musicale già bello consistente.

In sostanza, le uniche mancanze di tale demo riguardano:

1)      il cantato che, oltre a essere poco incisivo (e questo è strano visto il genere di appartenenza) è anche poco partecipativo e prevedibile, dato che, passato un certo punto, le canzoni diventano delle vere e proprie strumentali (specie “The Rain Song” e i suoi intensi 8 minuti);

2)      gli assoli elettrici, i quali partono molte volte più o meno nella stessa prevedibile, frenetica ma passionale maniera, per poi svilupparsi comunque ottimamente.
Ma non è da considerarsi assolutamente un difetto la produzione, visto che è sì bella sporca e cupa ma tutti gli strumenti sono più o meno bene in evidenza, con il basso che costruisce buone linee in “Wall of the Eyeless”. Poi oh, sarò abituato io ma a ogni modo un suono così è perfetto per una musica del genere.

Per il resto, bisogna sottolineare la professionalità del booklet, curato ed elegante. Insomma, se volete un disco variopinto, imprevedibile e lontano dalle facili catalogazioni, questo è ciò che fa per voi. E quindi fregatevene del tipo di produzione che c’è decisamente di “peggio” in giro!

Voto: 75

Claustrofobia

Scaletta:

1 – The Hands/ 2 – We Do Belong Here/ 3 – Wall of the Eyeless/ 4 – The Rain Song

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