Sunday, November 20, 2011

Blaspherit - "Fallen Oath of Black Doom" (2011)

Demo (Silver Key Records, 27 Maggio 2011)
Formazione (2010): Strigoi Verminator, voce/batteria;
Zroknyxgorphallus, chitarre/voce;
Xhankthemoneum, basso/flauto.

Provenienza: Næstved (Danimarca)

Pezzo migliore del demo:
probabilmente “Werewolf of the Black Abyss”, specialmente per la sua Babele “caciarona” di urla come se non ci fosse un domani.

Punto di forza del disco:
la voce, sia perché la produzione l’ha stuprata a dovere, sia perché le urla qui proposte sono da leggenda, riuscendo così a trasmettere follia pura.

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Curiosità:
sembrerà strano, ma le 120 copie del demo sono andate in tutto esaurito 2 giorni dopo la sua pubblicazione!

Non posso farci niente ragazzi! Non posso resistere alla tentazione di dare una qualche possibilità di ascolto a gente che se ne infischia altamente di produrre i loro dischi in maniera almeno decente. Il metallaro medio, dopo esser stato scaraventato da così tanto “rumore”, avrebbe praticamente gli incubi per tutto il resto della sua vita. Se no perché, in quella favolosa notte dei tempi in cui fondai Timpani allo Spiedo, l’ho chiamata così? Certo, in passato c’è stata qualche bocciatura inerente soprattutto la produzione (per esempio, quella del demo dei filippini Nekroholocaust, che però a dir la verità l’ho risolta con un senza voto) ma sono state delle eccezioni rarissime a dir poco estreme… in cui nonostante tutto non rientrano i Blaspherit. Infatti, mi pare indiscutibile che loro se la siano cercata una produzione così “inascoltabile”, e fra l’altro non è neanche fine a sé stessa visto che risulta perfettamente funzionale all’atmosfera malatissima da loro creata. Ma se dicessi al metallaro medio con un minimo di cultura che la produzione non è solo inadatta per lui ma che il gruppo che mi appresto a recensire fa parte del bestiale calderone del black/death metal, come dite che reagirebbe? Come minimo con l’infarto, oserei dire.

In parole povere, la produzione è stata cercata principalmente perché la voce è così manipolata da pesanti effetti di riverbero ed eco da risultare angosciosamente innaturale, ed il “problema” è che essa risulta già di suo particolarmente inquietante per mezzo di grugniti belli profondi. I quali vengono alternati, e pure con una buona frequenza, con urla da psicopatico a volte da castrato vero e proprio. E l’effetto sa essere allo stesso tempo demenziale e spaventoso.

La batteria invece la si sente decisamente meglio con l’ausilio delle cuffie da gustare una prestazione che, per quanto poco varia, riesce ad accentare spesso molto bene il riffing stesso. La cosa strana è che, seppur ci sia una proliferazione dei blast – beats notevole come il genere comanda, ben 2 pezzi sono stati costruiti (quasi) esclusivamente sui tempi medio – lenti, declinati anche attraverso un bel groove, ossia "Goat Command Desolation" e "Gods of Goldenwood and Pagan Fire", pezzo quest’ultimo in cui fra l’altro c’è un plagio di proporzioni epiche, e su cui naturalmente ritornerò.

Con le chitarre l’inquietudine assume livelli ancor più assurdi. Infatti, oltre a un tipo di riffing che si avvicina a un death/brutal a dir poco primitivo, la chitarra solista trova spesso espressione, estremizzando la lezione impartita da gente simpatica come i Bestial Warlust, e compagnia. Con un paio di differenze però:

1) gli assoli, o che dir si voglia, sono molto simili fra di loro;

2) essi sembrano stati messi nei vari pezzi quasi “a cazzo di cane”;

Quest’ultimo punto, se da una parte è un aspetto negativo della faccenda, dall’altro è assolutamente positivo, visto che così facendo si riesce a trasmettere un sentore di rovina e follia che è un po’ la cifra stilistica del demo. E non soltanto per una chitarra solista impazzita.

Ascoltatevi infatti "Weltering in Semen and Blood", nel cui finale c’è persino un flauto dalla melodia malandata e stonata (quindi che melodia è?). L’effetto, alla fine, è così fastidioso da risultare perfetto e volutamente ironico (e non scordiamo che anche alcuni jazzisti hanno provato a fare simili esperimenti con strumenti non loro).

Ma anche la struttura di "Gods of Goldenwood and Pagan Fire" non scherza affatto. Prima di tutto, il pezzo è un plagio al passaggio principale groovy di “Baphomet’s Vomit” dei Sadomator (e guardacaso la Silver Key Records è di loro proprietà…) periodo “Sadomatic Goat Cult”, solo riproposto qui all’infinito. Ma il brano è così paranoico da “scadere” in momenti dove il gruppo impazzisce quasi di noia sparando “pause rumoriste” così da perdere progressivamente il tema principale. Fra l’altro, "Gods...." è pure l’episodio più lungo del lotto, visto che dura qualcosa come 5 minuti (e lo standard del terzetto si aggira fra i 2 e i 3 minuti).

Effettivamente bisogna dire che il tipo di struttura che i nostri hanno adottato ha un discorso piuttosto lento, nonostante i ritmi spesso veloci. Infatti, si ha qui la tendenza a ripetere le varie soluzioni musicali più del solito, pur non arrivando all’”estremizzazione ribelle” dell’ultimo brano, ultimo tratto che personalizza (ed appesantisce) abbastanza bene la proposta dei Blaspherit.

Devo andare oltre? Da ascoltare solo se si è sicuro di uscire un minimo indenni dall’ascolto.

Voto: 65

Claustrofobia
Scaletta:
1 – Temple Cult/ 2 – Fallen Oath of Black Doom/ 3 – Six Days of Desecration/ 4 – Werewolf of the Black Abyss/ 5 – Goat Command Desolation/ 6 – Weltering in Semen and Blood/ 7 – Gods of Goldenwood and Pagan Fire