Saturday, October 29, 2011

Angel Death - "Death to Christianity" (1986)

Demo autoprodotto (1986)

Formazione (1984): Satanic Exterminator, voce/basso;
Fuckin’ Satan, chitarra;
Infernal Slaughter, batteria.

Provenienza: Rieti, Lazio

Canzone migliore del demo:

nonostante non ci siano molte differenze tra un brano e l’altro, preferirei menzionare specialmente “Disaster”, più che altro perché riesce a unire in maniera più efficace la solita velocità “ballabile” del gruppo con dei rallentamenti ben congegnati.

Punto di forza del disco:

il menefreghismo totale degli Angel Death verso la Musica. E ho detto tutto.

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L’istanza anticristiana a volte è così intollerante e profondamente irrazionale che negli Angel Death raggiunge vette inaudite nelle quali viene allegramente stuprata ogni minima parvenza di estetismo musicale, come se fosse più importante il monotematico messaggio di morte e distruzione che la fantasia, la tecnica, i vari abbellimenti, i cambi di tempo e così via. Loro facevano entrare l’ascoltatore in un vortice tremendamente paranoico da rasentare l’Assurdo, da rispettare pienamente ed inconsapevolmente il manifesto “Repetition” dei Fall che con il metal non hanno mai avuto a che fare. Un assurdo che per quanto primitivo è quasi inclassificabile e di cui non è mai letteralmente esistito l’eguale (Lovecraft docet). Oddio, non esagerare!

Questo è in estrema sintesi lo spaventoso viaggio offerto dall’ipnotico “Death to Christianity”, che ha un solo pezzo che riesce a… differirsi dagli altri: l’intro. Completamente in latino e introdotta a sua volta da una voce simil – presentatore di una radio di musica classica, riguarda nientepopodimeno che l’elezione del papa Pio XII datata 2 Marzo 1939, con tanto di folla urlante, in modo da far preparare nella maniera più blasfema possibile un peggio di dimensioni epiche che all’epoca evidentemente deve aver scosso molto successo perché, a detta del cantante/bassista, la cassetta vendette almeno 1000 copie, perlopiù per corrispondenza. E ciò a dispetto della natura estremamente casalinga dell’intera produzione.

Il peggio (se così vogliamo volgarmente chiamarlo) è una batteria praticamente incapace di andare oltre l’ABC del manuale dell’estremo. Un ossessivo e semplicissimo tupa – tupa non molto veloce, accompagnato da un lavoro di cassa elementare, scevro di ogni possibile accento per rinforzare il riffing, se non attraverso qualche comunque efficace uno – due sul rullante e dei colpi decisi sui tom – tom, perché per il resto vi è un interminabile dualismo rullante – charleston. Interminabile anche perché per il 95% del demo si ha un’assenza spaventosa dei tempi medi, ricchi di un groove geniale (“Disaster” è esemplare) nei quali ha finalmente un ruolo il ride, solo che essi vengono totalmente cancellati nell’”infinita” “Bestial Attack”, che infatti è giocata specialmente sugli stacchi con relative ripartenze. Ma il discorso è sempre lo stesso.

Il peggio continua con la chitarra. Il riffing è un campo minato dove gli errori di esecuzione martoriano senza vergogna l’ascoltatore, è la rovina dell’armonia. Eppure c’è qualcosa di contagioso nei riffs, che io chiamo “effetto – dance”: le melodie goliardiche e punk’n’roll che pizzicano letteralmente il corpo tutto per poi farlo ballare senza pudore alcuno. Ciò grazie all’andamento barcollante dei riffs veloci ed elementarissimi. Ma non aspettatevi altro, il riff è sempre quello, dato che per ogni pezzo si propone al massimo una variazione soltanto tonale dello stesso a cui però vengono sempre e comunque affidate 2 battute al contrario di quello originale che ne presenta ogni volta di più. La cosa incredibile è che ogni brano ha un assolo. Ora, direte voi “Ma com’è possibile?”. Beh, fate conto che le canzoni durano poco più di 3 minuti, però non so se sia veramente esatto chiamare assoli quelle caotiche cascate di note! Sono così minimalisti, rumoristi, praticamente a 2 – 3 note e neanche così brevi da raggiungere spesso i 15 secondi, che sembrano essere stati suonati persino da Pete Shelley dei Buzzcocks periodo “Spiral Scratch”. Totalmente uguali a sé stessi e pure prevedibili per quanto concerne la loro posizione, visto che nei primi due pezzi vengono sparati prima della seconda apparizione del rallentamento groovy, mentre “Bestial Attack” viene concluso proprio dal…. solismo. Ed il discorso è sempre lo stesso.

Il peggio continua a trionfare in maniera totale e definitiva dal basso e dalla voce. Il primo è praticamente agli ordini della chitarra e alla fine è l’unico strumento penalizzato dalla produzione proprio perché non è stato messo bene in evidenza, nonostante le moltissime produzioni italiane di quel periodo dimostrassero spesso il contrario. La seconda è una specie di grugnito che sbraita ininterrottamente fregandosene altamente sia della costruzione di qualsivoglia tipo di metrica che di qualsiasi variazione che dia un po’ di dinamismo al tutto. E invece no! Ad ogni modo, è proprio la voce ad essere forse l’unico elemento veramente metallico dei primi Angel Death, l’alfiere più intollerante di questa politica repressiva nella quale la musica è come se non contasse niente. Aspetto che accomunava il terzetto rietano al movimento del punk – hc, solo che ne estremizzava a dir poco la povertà musicale e tecnica pretendendo anche assoli che non erano tali.

E qua si potrebbe fare un altro discorso. Infatti, in ogni sito in cui si citano gli Angel Death della loro primissima cassetta, ci si riferisce sempre come se fossero un gruppo black metal. Nonostante ciò, gli elementi che hanno contraddistinto in maniera più precisa questo genere dall’anno 1991 in poi sono praticamente assenti. Va bene, forse sarebbe meglio ragionare attraverso il pensiero dell’epoca, secondo cui bastava dare improperi a Cristo risorto onorando Satana e allo stesso tempo creare un caos sonoro di difficile classificazione per essere etichettati come black metal. In fin dei conti, gli Angel Death possono essere ritenuti come i figli bastardi dei Venom, visto che entrambi si nutrivano di un rock’n’roll così goliardico da farli sembrare un’allegra brigata di sporchi diavoli. D’altro canto, in entrambi i casi, le similitudini con sonorità pre – esistenti (anche perché l’influenza dei primissimi Sodom, eppure più statici dal punto di vista ritmico nonché più metallici degli Angel Death, di questi ultimi è notevole) sono così nette da non permettere l’utilizzo del black metal per descriverli. Ma ciò non toglie assolutamente l’importanza a livello storico degli Angel Death, formatisi persino nello stesso anno dei Necrodeath e allo stesso tempo primo gruppo laziale a terrorizzare la scena metallica estrema del Paese.

E poi, fatemi levare un altro peso! Ho letto da qualche parte che “Death to Christianity” ha una produzione pessima. Che bestemmia ragazzi! Il demo è sì sporco ma ha la classica sporcizia “nera” delle produzioni underground dell’epoca. Scevra di ogni “trucco” effettistico, non è per niente incomprensibile tanto che per fare un esempio il rullante ha un suono indubbiamente più naturale del solito dato che non è assolutamente ovattato come era uso. Alla fine, la produzione si dimostra come l’unico elemento veramente rispettabile anche perché spesso simili opere semi – inclassificabili uscivano in maniera (quasi) inascoltabile.

Voto: 70

Claustrofobia




Scaletta:

1 – Intro/ 2 – Angel of Death/ 3 – Disaster/ 4 – Bestial Attack