Monday, August 8, 2011

Warocracy - "Promo 2010" (2010)

Demo autoprodotto (2010)
Formazione (2010): Glen Brutaldeathster, voce;
Mathias Rat, chitarra;
Lorenzo, chitarra;
Valerio, basso;
Attilio (sostituito poi da Francesco “Storm” Borrelli), batteria.

Provenienza: Cosenza, Calabria.

Canzone migliore del demo:
in teoria “War of the Mortals” ma essendo questa stilisticamente molto diversa dalle altre, allora la mia preferenza va ad “Unexpected End”, che fra l’altro consta di un lavoro di basso eccezionale lungo la parte finale dal sapore maledettamente doom. E non dimentichiamoci l’estrema violenza di quest’episodio la quale viene aperta da un’introduzione orchestrale che lascia presagire ottimamente la venuta strisciante della Morte.

Punto di forza del disco:
scelta abbastanza difficile. Paradossalmente, viste le precedenti parole, direi la capacità del gruppo di non fossilizzarsi sulla ferocia e la cupezza (anche se non fine a sé stessa) così da offrire più di quanto il nome farebbe pensare (discorso che implicitamente riprenderò nel corso della rece parlando proprio di “War of the Mortals”).

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Ragazzi, era veramente da tempo che i miei timpani non venivano piacevolmente defenestrati dalla sana cattiveria del death metal classico. Sì, perché a forza di melodie, di folli sperimentazioni, di suoni democratici e progressivi ma anche di tematiche spesso non propriamente caratteristiche del metal estremo, un gruppo finalmente mi ha riportato in tutta un’altra realtà dove la violenza, più che cerebrale, è diretta e tangibile, e dove il nome scelto è veramente un programma.

I Warocracy infatti sono belli violenti e cupi (certo, non cupi come gli statunitensi Vasaeleth…), poco avvezzi nel proporre melodie, e allo stesso tempo sono come già scritto classici senza però risultare banali. Vuoi perché presentano una tecnica di indubbio valore, vuoi perché offrono più influenze di quel che si potrebbe pensare riuscendo così a passare dai fulminanti momenti black di “Unexpected End” al thrash (solo ritmicamente in “Black Waves of Styx” mentre in “War of the Mortals” ne viene contagiato pure il riffing), vuoi perché nonostante tutto sembrano essere molto attenti ad equilibrare i tempi più veloci con quelli più lenti tanto da aver costruito quasi senza i primi un pezzo come “War of the Mortals”, vuoi infine perché, contrariamente a quanto ho letto da qualche parte, i brani sono sì solamente 3 ma sono spalmati in un qualcosa come 16 minuti di ottima musica, e quindi stiamo parlando di canzoni dalla durata difficile da gestire.

La loro classicità è da rintracciare anche nel comparto vocale che, per quanto in giro sia stato già sentito mille volte (ma l’originalità, come ben si sa, non è fondamentale per Timpani allo Spiedo), funziona a meraviglia, anche perché per costruzione delle linee vocali siamo a livelli più che interessanti. Fra l’altro, vengono utilizzate ottimamente le due voci, l’una (ovviamente la principale) un grugnito fiero, l’altra un urlo spesso inquietante per certi interventi (in prima linea quelli di “Unexpected End”), anche se comunque non viene usata così frequentemente come si potrebbe pensare.

Però non solo vi è un coordinamento fantastico delle due voci ma anche delle due chitarre. Quella solista viene utilizzata veramente molto bene, sia per assoli ben congegnati sia per quelli che chiamo i sovra – riff, i quali si esprimono spesso in maniera diversa l’una dall’altra. Come non citare a tal proposito quelli di “Unexpected End” (nella quale le due chitarre in certi punti coprono il silenzio di ognuna) oppure quelli un pochino più melodici di “Black Waves of Styx”, canzone che a tratti mostra un groove contagioso? Ma non dimentichiamo per nessuna ragione al mondo gli assoli (uno per pezzo), sempre di brillante fattura e sempre esprimenti delle melodie minacciose, da pelle d’oca, e per questi motivi è veramente un peccato che sia completamente assente nel gran finale di “War of the Mortals”, solo che questa “mancanza” viene compensata da vari aspetti che lasciano ben sperare per il futuro.

“War of the Mortals” effettivamente è LA canzone particolare del gruppo, visto che, a parte la cupezza e l’uso della chitarra solista, in essa vi si trovano caratteristiche più o meno nuove per i Warocracy. Vediamone quali, tralasciando come ovvio il già citato utilizzo semi – esclusivo dei tempi medi e l’assenza del solo:

1) la struttura del brano, che rispetto agli altri, da questo punto di vista risulta decisamente più libero e meno vincolato, così da riuscire a coprire meglio il “buco” lasciato dall’assolo giocando sul collettivo;

2) questo punto è direttamente collegato al precedente, e consiste nel rendere giustizia ad un tipo di costruzione stupenda, nonostante le novità. E’ da sottolineare soprattutto il finale dell’episodio, nel quale ad un certo punto si legano indirettamente (ossia per il tramite di un altro passaggio) due soluzioni dal ritmo molto ma molto simile;

3) inoltre il brano mostra finalmente la melodia nel riffing, un tipo di melodia fra l’altro stranamente disperata per gli standard del gruppo.

Infine, è da segnalare come “War of the Mortals”, così strano e non propriamente d’impatto, sia stato messo per chiudere il disco, visto che tradizionalmente nel metal estremo più puro e incontaminato l’ultimo pezzo è sempre violentissimo così da concludere in bellezza. Insomma, ammirevole sia l’intento che ancor di più il risultato.

Adesso c’è da parlare della struttura – tipo utilizzata dai Warocracy, che da questo punto di vista si avvicinano molto a quanto offerto dagli emiliani Psycho Scream. Ossia (almeno i primi due episodi) si muovono lungo binari più o meno fortemente sequenziali rappresentati sempre e comunque da 4 soluzioni, introdotte anche da pause (“Black Waves of Styx”) o stacchi più o meno solitari di chitarra (“Unexpected End”). Solo che, rispetto al gruppo succitato, appena conclusa per la seconda volta la sequenza, ecco farsi vivo subito l’assolo, dopodiché i Warocracy prendono il largo “dimenticandosi” di qualsiasi vincolo, magari concludendo il tutto con dei maledetti tempi doom, come avviene in “Unexpected End”.

Per quanto riguarda invece la produzione, bisogna dire che si allontana molto da quelle che solitamente vengono ospitate su Timpani, dato che è pulito e a volte forse fin troppo professionale (infatti, avrei preferito un suono di batteria più “ignorante” invece di quello attuale, abbastanza “plastico”, così da essere più coerenti con i quintali di cattiveria sparati nel disco). Ho usato il termine “stranamente” anche perché stiamo parlando dell’opera prima del quartetto calabrese, e scusate se è poco….

ONLY DEATH IS REAL!
Voto: 84

Claustrofobia

Scaletta:
1 – Unexpected End/ 2 – Black Waves of Styx/ 3 – War of the Mortals

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