Certo che non si poteva scegliere un nome più thrash dei Lamiera, che è già un programma, solo che mi chiedo perché sceglierselo nella nostra amata lingua se poi si canta in inglese e alla fine addirittura in tedesco nella versione kraut di “To the Truth”, che poi costituisce il titolo del primo demo autoprodotto l’anno scorso di questo giovine terzetto palermitano che con quest’opera ha partorito 4 pezzi inediti (a dir la verità sarebbero 5 contando il pezzo in deutsch ma vabbè…) più intro e la cover dell’immortale “Piranha” degli Exodus, riproposta in maniera molto fedele all’originale anche se Paul Baloff aveva un piglio a dir poco satanico (oltre che aiutato da un effetto d’eco strabiliante per resa qualitativa) assente nei Lamiera. E considerando che il batterista è figlio di un famoso violoncellista (Giovanni Sollima che da qualche parte dovrei aver già sentito…) mi sono aspettato una certa eleganza nel suono dei nostri già leggendo la biografia.
Oddio, in quanto ad eleganza thrashettona i Vendetta per me sono maestri, visto che i Lamiera non solo massacrano con piacere i timpani con un thrash metal purissimo lontano da ogni traccia di speed (“peccato” originale di pressoché tutti i gruppi del genere che hanno partecipato alla rivista, tranne gli H.O.S., “impuri” anche questi date certe pesanti influenze death nelle ritmiche) ma esternano spesso e volentieri qualcosa che non li rendono “semplicemente” un omaggio infinito alla vecchia scuola che fu, oltre che, riprendendo il discorso precedente, i Lamiera non sono capaci minimamente di essere “dolci” e così melodici. Ma in fin dei conti che cosa ci si poteva aspettare da 3 ragazzi che odiano a morte le varie ingiustizie sociali ponendo l’argomento sulla propria sicilianità, che viene messa ancora di più in chiaro dall’intro della tesi del coraggio di Giovanni Falcone (palermitano doc) secondo cui il vero coraggioso è chi sa convivere con la paura non facendosi però condizionare da essa. Del resto, proprio l’intro in un certo senso inganna l’ascoltatore con quell’ossessivo arpeggio disperato in dissolvenza mentre come sfondo si levano rumori di strada.
Ma non credo che si possa leggere bene la buona personalità del gruppo se non si prende in considerazione il lavoro di chitarra che consta di un riffing così nervoso che potrebbe far paura ai Violator e a volte è così rapido e veloce che i Leviathan di Chris Barnes diventerebbero rossi d’invidia se sentissero un pezzo come “The Fall of Titan”. Emanuele “Izzy” Bonura sa essere però spaventoso al quadro immettendo in quel mare di note già pericoloso un discorso dai tratti minacciosamente schizoidi e allucinati che non mi sembra per nulla esagerato dire che la similitudine più grossa provenga dal mathcore, cosa che rende un tantino più difficile la digeribilità della proposta. E tutto ciò mentre Matteo elargisce fior fiori di tupa-tupa angoscianti (attenzione, niente a che fare con i Whiplash nonostante il termine usato) che contengono in sé quel germe pieno di groove che si sente spesso e volentieri specialmente in “Code of Silence”, sparando però con una bella frequenza tempi decisamente più lenti (che possono essere anche dall’andamento irregolare come in “To the Truth” fino a proporre non soltanto qualche toccata e fuga inneggiante al metalcore più roccioso (“Code of Silence”) e persino una breve litania doom in “The Fall of Titan”. Negli ultimi pezzi si crea però una sorta di equilibrio ritmico sciorinando stavolta anche nella strofa contagiosi tempi medi groove. E’ come se si fosse voluto introdurre allo sterminio dai tratti meno sostenuti di “Piranha”, ed una volta tanto i pezzi inediti si dimostrano funzionali alla cover che comunque possiede una bella valenza epica ed una bella cupezza che i Lamiera non hanno nelle proprie sonorità.
Ma sarebbe un delitto dimenticare sia l’ottima prestazione di Emanuele Mattia Tantillo il cui basso, messo in buona evidenza grazie ad una produzione pulita e compatta e dalle frequenze pericolosamente alte (quindi attenti ai timpani se ci tenete!), incredibile a dirsi per un gruppo thrash, ha non pochi momenti in solitario oltre che certi passaggi non vincolati necessariamente dalla chitarra, seppur non aggiunge nessun’altra melodia come succede al contrario nei Ghouls e nei Sacradis (che con il thrash non c’entrano un’emerita cippa ma pazienza…). E sinceramente consiglio di rendere un pochino più protagonista il basso nel discorso melodico date le succitate buone premesse; che il vulcano della voce dello stesso Izzy, alle volte aiutato di concerto dall’altro Emanuele che è capace di sparare fra l’altro dei vocalizzi più gutturali, fino a proporre qualche coretto in “The Fall of Titan”.
Però purtroppo c’è qualcosa che non mi convince del tutto, come proprio la voce, ma questo è un discorso complesso che ha a che fare con la struttura, così isterica eppure utilizzata talvolta in maniera poco brillante. Ma che vai blaterando? Prima di tutto sarebbe stato indubbiamente più interessante sfruttare le potenzialità da thrash iper-tecnico che i Lamiera si ritrovano (e qui tutti i momenti iniziali dei pezzi inediti sono da prendere come esempio) invece ci si è voluti strozzare con uno schema piuttosto meccanico che consta, oltre che dalla ripetizione in due tempi ed estremamente consequenziale delle soluzioni principali, di una parte centrale che di solito è incentrata sui tempi medio-lenti senza comunque mai e poi mai sparare qualche urlata (al massimo c’è un piccolo parlato in “Fall of Titan”), che secondo me sarebbe riuscita altresì a reggere in modo ancora più intenso e selvaggio simili momenti, anche perché ridurre la parte centrale sempre in un lavoro strumentale e dai tempi prevedibili dopo un po’ mi sembra una cosa approssimativa e semplicistica nonostante le interessanti potenzialità che i nostri si ritrovano.
D’altro canto, non bisogna essere così “cattivi” se si pensa che quegli scarnificanti, impazziti e spesso brevi assoli che si trovano uno per pezzo (massimo di 2 per “To the Truth” si beccano nei momenti più disparati. Inoltre, la metodologia strutturale viene parecchio estremizzata nell’ultimo brano inedito che non solo ha la sequenza principale più lunga di tutto il lotto (compensata però da ripetizioni fulminanti da 2 battute) ma anche un finale finalmente più fantasioso del solito e soprattutto meglio rifinito rispetto agli altri episodi dell’opera. Infatti, non mi è garbata molto la parte finale dei primi due pezzi, più che altro perché c’è la tendenza di “rovinare” la ripresa del massacro facendola durare per poco, tipo una ventina di secondi. Tale considerazione non va presa solo in relazione alle potenzialità soffocanti del trio palermitano (ma qui si potrebbe benissimo sorvolare dato che siamo soltanto al primo demo, ergo diamo tempo al tempo) ma che specialmente pochi secondi prima il finale ci si trova a gustare la già trattata parte centrale, barricando così la strada ad un’intensità fluida e concentrata bene da essere definita tale da poter concludere degnamente un dato brano (argomento valido soprattutto per “Code of Silence”).
Insomma, molte luce e qualche ombra di troppo per un gruppo che comunque in futuro promette scintille, supportato com’è da un riffing sbizzarrissimo (indubbiamente il punto di forza dei ragazzi) e da un lavoro di basso più interessante della media. Apprezzabilissima fra l’altro la scelta di rendere gratuitamente disponibile il demo in modo da permettere all’ascoltatore interessato di comprarlo o meno, ma sicuramente avrà una parte nell’intervista pure la curiosa versione tedesca di “To the Truth”, anche se continuo a preferire l’originale per una maggiore carica emotiva dal piglio più naturale e spontaneo.
Voto: 75
Claustrofobia
Tracklist:
1 – Intro/ 2 – To the Truth/ 3 – Code of Silence/ 4 – The Fall of Titan/ 5 – Layer/ 6 – Piranha (Exodus cover)/ 7 – Fur Die Wahrheit (“To the Truth” in Tedesco)
MySpace:
http://www.myspace.com/lamieraband