Qua ho provato a fare un esperimento, ossia la suddivsione per capitoli per ogni argomento. Cosa che mi è stata consigliata da Dario, voce/chitarra dei Male Misandria. Spero che vada bene.
BLACK WITCHERY
“UPHEAVAL OF SATANIC MIGHT” (2005)
1. INTRODUZIONE.
I Black Witchery, bel mistero. Considerati da certa gente come gli eredi diretti della formazione canadese di culto Blasphemy, fanno parte della schiera più intransigente, marcia e minimalista del black/death metal, che si sa essere una delle combinazioni più violente che ci siano in circolazione (anche se ovviamente dipende anche da gruppo a gruppo), solo che, nel caso di questo trio statunitense – formato nel lontano 1991 sotto il nome di Irreverent, cambiato successivamente in Witchery 5 anni dopo, nome mantenuto invece fino al 1999 -, comprendente praticamente da sempre Impurath, voce/basso, Tregenda, chitarre, e Vaz, nel ruolo di batterista (anche se nei primissimi mesi con il nome attuale il gruppo era un duo formato sì sempre dallo storico cantante/bassista ma anche da un certo Darkwolf, seppur non si sappia di quali strumenti costui si occupasse), il black/death metal qui proposto si colora spesso e volentieri di una patina grind, pur essendo nella sostanza (il perché ve lo darò prossimamente) più black che altro. Quindi, adesso ho spiegato, anche se decisamente in parte, per quale motivo i Black Witchery sarebbero, a mio avviso, un bel mistero. Un altro motivo che sta alla base di questo assunto è la fama Underground misteriosamente e lentamente costruita dai tre ragazzotti durante tutti questi anni, fama che proporzionalmente non è coerente, almeno secondo me certo, con la musica che loro vomitano ai nostri timpani, considerando che per il mio personale parere loro sono veramente poco validi, dato che il termine “intransigente” che ho usato poche righe fa non si riferisce soltanto al livello di velocità e brutalità da loro raggiunto, ma anche al modo con cui le due succitate caratteristiche vengono continuamente sottoposte ad un vero e proprio abuso, esternando così spesso, a mio avviso, un gioco al massacro tremendamente gratuito, ergo controproducente, che può andare bene solo fino ad un certo punto.
2. PRESENTAZIONE DISCO.
“Upheaval of Satanic Might” è, in una maniera cara a certo Underground, solo il secondo album del gruppo, pubblicato l'11 Marzo del 2005 (14 giorni dopo compivo 16 anni YAHOOO!!!) sotto l’ala protettrice della Osmose Productions, dopo aver partorito una folta sequela di demo e split vari, specialmente attraverso l’ultima incarnazione a nome Black Witchery. Il disco qui trattato si compone di 9 brani originali della lunghezza media di poco meno di 3 minuti (circa 25 complessivi quindi. Pezzo più breve: “Profane Savegery” di quasi un minuto e venti; traccia più lunga: “Baphomet Throne Exaltation” di circa 4 e 20) a cui si aggiunge proprio la cover di uno degli inni dei soprammenzionati Blasphemy, ossia quel brano monumentale a nome “Ritual” (un pezzo-spaccaossa che sembra fatto proprio per i nostri statunitensi, e la cosa strana è che è l’unico di tutto il lotto ad avere anche tempi medi!). L’album parte con un’introduzione forse un po’ troppo lunga, prolissa e noiosa, che risulta costituita praticamente da varie voci manipolate (o sono grugniti?) insieme alle classiche urla tipiche di molti gruppacci black/death metal (Bestial Warlust, Sadomator, e così via) di Impurath. Oltre a tutto questo, ci sono dei rumorismi molto d’effetto (ma non immaginatevi qualcosa di veramente cacofonico oppure addirittura una specie di assolo) prodotti dall’infernale chitarra, e qua e là mi par di sentire anche certe minacce del basso. Dopo un po’, le farneticazioni quasi ritualistiche di Impurath si fanno decisamente più intense e sottoposte a pause un po’ più lunghe tra l’una e l’altra, come se un’evocazione diabolica stia per essere finalmente completata…per poi, poco successivamente, iniziare a distruggere sul serio i padiglioni degli ascoltatori con un caos sonoro che dire angosciante è un suicida eufemismo. La minaccia, quasi silenziosa, che viene dai piani sotterranei della Terra si è insomma materializzata a più non posso. Una musica malata, senza nessun fottuto compromesso, erutta a tutti un muro invalicabile di black/death a suo modo particolarissimo. Semplice, anzi, minimalista (in tutto) costituito solamente da tempi sparati a velocità supersonica (a volte aumentando addirittura il ritmo, come farò osservare più approfonditamente più tardi), mai nessun rallentamento, se non impercettibile. Rare volte tale massacro ha un momento di pausa, o almeno di diversificazione un pochino più sostanziale del solito, sta di fatto che specialmente nelle ultime canzoni del lotto c’è qualche ripartenza che, almeno a mio avviso, dona maggior profondità e violenza all’intero discorso (come in “Scorned and Crucified”, dove la chitarra, dopo aver bestemmiato con il 1° riff, si ferma, facendo così sentire i tonfi continui del comparto ritmico, per poi rientrare con un devastante rumorismo e ripartire in tal modo con una seconda soluzione), e quindi non si può certo definire la musica dei nostri ragazzotti U.S.A. come varia e fantasiosa, se non a livelli tremendamente minimi. Dal punto di vista strutturale, anche in tal caso il gruppo si attesta su semplici sequenze rigide, e quindi lineari, di passaggi, considerando tra l’altro che il massimo di soluzioni che i 3 possono sferrare sono tra le 4 e le 5, e che talvolta una stessa può essere ripresa addirittura in 5 tempi (ne è un esempio la semplicissima “Blood Oath”, la prima traccia del disco - faccio notare che questa ed "Hellstorm of Evil Vengeance" sono state composte da Ryan Förster, famoso per aver militato in un gruppo come gli ormai da un pezzo sciolti Conqueror, come anche nei ben più rinomati Blasphemy). Importantissimo da segnalare anche questo fatto: spesso, nella più classica delle strutture, i primi momenti di una canzone sono contrassegnati da 2 soluzioni che si ripetono in sequenza altrettante volte, per poi sferrare una terza, che di solito viene ripetuta un’altra volta (uniche eccezioni “Baphomet Throne Exaltation”, “Darkness Attack ed ”Upheaval of Satanic Might”), se non addirittura un quarto passaggio che può essere ripreso talvolta anch’esso successivamente (“Holocaust Summoning” ed “Upheaval of Satanic Might” su 3 volte che succede così). Le differenti soluzioni vengono comunque ripetute, generalmente, per un numero di battute divisibili per 2 (quindi, dalle 2 – si prenda ad esempio “Profane Savagery” – alle 8), anche se in tal caso non ne mancano di meno classiche, come il 3° riff di “Upheaval of Satanic Might” che, ripreso durante il discorso per 3 volte, viene ripetuto in ogni tempo per 6. Esempi, a mio avviso, più interessanti sono dati dal 2° riff di “Hellstorm of Evil Vengeance” che per la prima volta viene ripetuto addirittura in 4 tempi e mezzo (!), oppure, sempre nello stesso brano, la prima soluzione chitarristica, nei momenti in cui chiude il pezzo, si fa sentire per 5 volte (nella prima apparizione per 6 invece). Però non sempre le varie tracce mi piacciono, strutturalmente parlando, ma di questo parlerò più approfonditamente tra poco, ma tenetevi intanto bene in mente che quelle prese da me in considerazione sono “Baphomet Throne Exaltation” ed “Holocaust Summoning”. Per quanto riguarda adesso la produzione, nulla da eccepire. La resa del suono, più che death, mi risulta più classicamente black, e quindi ci sono tutti i pregi e difetti storici (vedasi, per esempio, il basso, distortissimo, praticamente seppellito da tutto il resto), facendo ricordare personalmente molto i Darkthrone di “Transilvanian Hunger” (ma non solo per questo, come si vedrà). Bisogna anche far presente che la produzione non è omogenea per tutte le canzoni del lotto, ed infatti tale discorso vale soprattutto per “Profane Savagery”, che è decisamente sporchissima, dove le chitarre sono, pur abbastanza comprensibili, meno presenti rispetto a tutti gli altri strumenti, basso escluso ovviamente.
3. ANALISI STRUMENTI.
Ora andiamo a sviscerare più da vicino i diversi strumenti. La voce, opera di Impurath, fa un lavoro a mio avviso egregio. Le sue urla mantengono in continuazione un taglio malvagio decisamente notevole a mio avviso, non lesinandone addirittura di più sofferte, quasi possedute (ma non immaginatevi cose a là Belketre o Nuit Noire) e, seppur leggermente, più basse (“Darkness Attack” mi pare esemplificativa a tal proposito). Qua e là (ossia in tutte le canzoni – o sbaglio?), fanno la loro bella figura anche dei bei grugniti potenti ed incisivi e, come in “Upheaval of Satanic Might”, risultano essere maggiormente più aggressivi ed alti. Grugniti che comunque non sono poi così presenti, dato che praticamente hanno un ruolo di complemento, come una decorazione seppur necessaria per aumentare la potenza e la violenza della musica, visto e considerato che si sentono solo insieme alle urla, senza proferire altre parole se non quelle sputate da queste ultime, cosa che non succede soltanto in alcuni momenti di “Holocaust Summoning” ed “Upheaval of Satanic Might”, seppur sempre accanto alle parti urlate, anche se talvolta, nell’ultimo brano sopraccitato, qualche intervento un pochino più indipendente dei grugniti c’è. Buone le linee vocali, ma purtroppo, da questo punto di vista, molti brani si confondono l’uno dall’altro. Comunque, Impurath, talvolta, è capace anche di utilizzare diverse linee vocali su uno stesso riff, come avviene in “Holocaust Summoning”, dimostrando una costruzione a mio avviso piuttosto interessante. Le chitarre, leggermente più varie e fantasiose della voce, intessono soluzioni il più delle volte di stampo prettamente death metal, anche se non ne mancano di più black (come quello con cui finisce, sfumando lentamente, “Darkness Attack”, ed il 2° riff di “Upheaval of Satanic Might”). Tra l’altro, ci sono riffs che possono essere, come dire, “dilatati”, nel senso che più di una stessa nota viene suonata per un arco di tempo più lungo del solito (“Heretic Death Call” e “Darkness Attack”); in altre situazioni le chitarre sanno essere tremendamente minimaliste come non mai (“Holocaust Summoning” è esemplare in tal senso); sono presenti anche parti finalmente più movimentare e quindi meno statiche ed ultra-semplici (da sentire specialmente in questo caso “Profane Savagery”); non mancano all’appello neanche riffs che sono più lunghi rispetto agli altri (come quello black di “Upheaval of Satanic Might”), e che talvolta sanno essere incredibilmente un po’ bizzarri, dato che alcuni di essi sono formati da due parti, l’una quasi (ho scritto “quasi”) fotocopia dell’altra (in questo senso, aiuta a farlo capire “Hellstorm of Evil Vengeance”). In mezzo a tutto questo marasma, che dopo un po’ difetta di ripetitività di soluzioni, nel primo brano dell’album, “Blood Oath”, manifesta tutta la propria ira cacofonica un assolo semplicissimo e di impronta essenzialmente rumorista come i peggio gruppi black/death sanno fare, aggiungendo così ancora più malattia e follia al tutto, come uno zombie infettato da un virus alieno che per “vivere” succhia la linfa vitale degli umani attaccando loro il suddetto virus. Nessuna melodia, solo orde di demoni incazzati e folli che ti prendono impietosamente per farti vivere la prima ed unica esperienza assurda della tua esistenza. Tocca in questo momento al basso. Beh, come già osservato, esso non mi sembra essere stato messo abbastanza in risalto, anzi, neanche per niente, e da quel poco che si sente, comunque, il lavoro è sufficientemente buono. Menzione d’onore al suono catacombale scelto, che personalmente getta in misura maggiore l’ascoltatore in un oceano rosso pieno di vergini squartate all’infinito, di demoni alati, e di visioni pazzesche e mai viste (che bello!). Infine, eccovi la batteria. Confrontando il lavoro di Vaz con quello delle chitarre, a mio avviso ne viene fuori un qualcosa di perfino più semplice e minimale. Immaginatevi infatti lo stile di Fenriz nell’album “Transilvanian Hunger”, forse leggermente più fantasioso. Il charleston usato continuamente, si sente benissimo, il ride non ha praticamente voce in capitolo se non in rari momenti. Blast-beats che distruggono tutto a più non posso, fendono l’aria in maniera tremendamente lineare, ma nonostante ciò non proprio martellante dato che il suono della batteria mi pare piuttosto ovattato, ricordando ancora di più l’album sopraccitato, almeno per il mio modesto parere certo. Certe volte, il nostro “riflessivo” batterista si concede più violenza e brutalità del solito, allungando gli artigli effetto-Pinocchio con uno stile più spezzettato e potente, risultando quindi in tal caso maggiormente ed a mio avviso piacevolmente death/grind (“Profane Savagery” e “Scorned and Crucified”). Questa capacità di aumentare la velocità in misura maggiore mi impressiona notevolmente. Per fortuna, anche se purtroppo raramente, i patterns di batteria possono andare oltre pure i soliti, classici blast-beats, e da questo punto di vista mi viene in aiuto particolarmente “Blood Oath”. Insomma, fantasia minima, sembra di sentire anche qui la stessa canzone proposta in salse (assurdamente) troppo simili tra loro. Ripetitività a manetta come mai avreste immaginato ragazze e ragazzi mie/i.
4. BRANO MIGLIORE.
Ora, non so quale pezzo prendere dato che in fin dei conti le caratteristiche essenziali dei Black Witchery si trovano praticamente in ogni episodio dell’album, ma se devo proprio scegliere, allora, fra tutti, preferisco il secondo, cioè “Heretic Death Call”, in quanto, a mio avviso, possiede alcuni dei riffs più belli di tutto il lotto, per non parlare, invece, dell’aspetto strettamente strutturale, risultandomi, da questo punto di vista, decisamente agile e ben digeribile rispetto, ad esempio, ad “Holocaust Summoning” (di cui parlerò tra poco più diffusamente) pur avendo lo stesso minutaggio (poco più di 3 minuti) di quest’ultimo pezzo.
5. PUNTO DI FORZA.
Per quanto concerne il principale punto di forza del gruppo, personalmente scelgo per il lavoro fatto sulle chitarre. I Black Witchery, infatti, sotto questo campo se la cavano veramente molto bene, considerando anche che incredibilmente il riffing, pure in modo piuttosto frequente, ha una componente groovy notevole (una considerazione simile va fatta pure per certe linee vocali) che permette, a mio avviso, di rendere un po’ più dinamici e vitali i pezzi. Un aspetto, questo, che li rende piuttosto lontani e maggiormente particolari rispetto a realtà simili come i Conqueror, Bestial Warlust, Revenge e compagnia chiodata. Le chitarre, tra l’altro e nonostante tutto, si dimostrano come il lato più vario e fantasioso del trio statunitense, ed infatti non credo che senza l’indubbia qualità del proprio riffing i Black Witchery possano andare oltre.
6. ALTRI DIFETTI.
Ma adesso è proprio ora di parlare del duetto “Baphomet Throne Exaltation”/”Holocaust Summoning”, ossia proprio quei due pezzi che strutturalmente parlando mi piacciono poco, dato che in questi casi viene presentata una struttura, a mio avviso, piuttosto prolissa e noiosa (e pensare che ci ho messo del tempo per capirla completamente! Ecco perché, nonostante tutto, un po’ queste mi paiono interessanti!), anche perché la prima canzone sopraccitata (introdotta da una sequela poco rassicurante di grugniti, offrendo un affresco simile all’inizio del 1° brano, con l’aggiunta di lugubri tastiere) è la più lunga di tutto l’album, come fatto osservare già più volte. “Baphomet Throne Exaltation” presenta una struttura piuttosto rigida, basata essenzialmente sul quintetto (riferendomi alle differenti soluzioni) 3-2-4-1-3, dopo aver introdotto il pezzo con 1-2, mentre “Holocaust Summoning”, lunga all’incirca 3 minuti, è costituita da una struttura simile: 1-2-1-2-3-1-2-4-1-2-3-1-2-4. Il tutto, senza proporre una variazione che renda almeno un minimo più interessante il discorso musicale, e nell’ultimo caso ci sono addirittura 2 soluzioni che si fanno sentire per ben 5 volte durante tutto il minutaggio, anche perché la canzone non mi sembra sorretta neanche da riffs-bomba, dato che alle volte si assomigliano pure fin troppo.
7. CONCLUSIONE.
Insomma, “Upheaval of Satanic Might” è un album, secondo me, con grossi difetti ma, nonostante tutto, mi prende spesso e volentieri parecchio, almeno riguardo le chitarre e per certe linee vocali, autrici di un bel po’ di groove a dir poco sorprendente in un disco del genere, ma per il resto, buio totale. Rimane la mia idea secondo cui i Black Witchery siano un gruppo sostanzialmente black, prendendo da questo la struttura portante, il minimalismo, l’assolo e la violenza continua, appunto per questo dopo un po’ statica, abbastanza simile al capolavoro più volte citato dei Darkthrone, pur non disdegnandone di più death/grind, tanto per rendere il piatto giustamente un po’ più fantasioso ed aggressivo, bilanciando il tutto con dei riffs dal sapore chiaramente death metal, ed un tipo di urla e linee vocali classiche per il black/death, a cui si uniscono veri e propri grugniti. Ma quello che più mi sorprende è la differenza qualitativa che i nostri 3 statunitensi hanno con gruppi a mio avviso decisamente ed indubbiamente migliori come i Bestial Warlust, che andavano sì a mille all’ora (specialmente nel loro primo album “Vengeance War ‘Till Death”) ma riuscivano, per il mio parere, a formare un alone agghiacciante di violenza, magari tramite assoli schizofrenici, vari rumori un po’ industri aleggianti, ripartenze mostruose e così via. Però, per i Black Witchery, non è così, il discorso è completamente diverso, nonostante tutto. Ed il voto che vedrete più giù, stranamente, è più che sufficiente, e dovete pensare che tale rece era nata (dopo aver scartato quella sui Dragon e poi quella sugli Izual) per un sentimento negativo che nutrivo fino a qualche tempo fa nei confronti dei Black Witchery, volendo quindi fare la prima recensione negativa di questa rubrica, come in fin dei conti promesso quando io la aprii mesi addietro, ma almeno ho raggiunto l’obiettivo di trattare un disco di un gruppo storico sì accettabile ma a mio avviso fin troppo sopravvalutato da certuni “primitivisti”, e quindi scusate se è poco. Spero allora che il prossimo album del trio, se mai ‘sti pazzi lo vogliano fare, sarà decisamente migliore di “Upheaval of Satanic Might”. Quel giorno lo aspetterò con impazienza.
Voto: 69
Claustrofobia
Tracklist:
1 – Blood Oath/ 2 – Heretic Death Call/ 3 – Profane Savagery/ 4 – Baphomet Throne Exaltation/ 5 – Holocaust Summoning/ 6 – Hellstorm of Evil Vengeance/ 7 – Darkness Attack/ 8 – Scorned and Crucified/ 9 – Upheaval of Satanic Might/ 10 – Ritual (Blasphemy cover)
MySpace:
http://www.myspace.com/blackwitchery
Fan Site (per dirla all’inglese):
http://blackwitchery.darkhorizon666.com/Blackwitcheryframes.htm
“UPHEAVAL OF SATANIC MIGHT” (2005)
1. INTRODUZIONE.
I Black Witchery, bel mistero. Considerati da certa gente come gli eredi diretti della formazione canadese di culto Blasphemy, fanno parte della schiera più intransigente, marcia e minimalista del black/death metal, che si sa essere una delle combinazioni più violente che ci siano in circolazione (anche se ovviamente dipende anche da gruppo a gruppo), solo che, nel caso di questo trio statunitense – formato nel lontano 1991 sotto il nome di Irreverent, cambiato successivamente in Witchery 5 anni dopo, nome mantenuto invece fino al 1999 -, comprendente praticamente da sempre Impurath, voce/basso, Tregenda, chitarre, e Vaz, nel ruolo di batterista (anche se nei primissimi mesi con il nome attuale il gruppo era un duo formato sì sempre dallo storico cantante/bassista ma anche da un certo Darkwolf, seppur non si sappia di quali strumenti costui si occupasse), il black/death metal qui proposto si colora spesso e volentieri di una patina grind, pur essendo nella sostanza (il perché ve lo darò prossimamente) più black che altro. Quindi, adesso ho spiegato, anche se decisamente in parte, per quale motivo i Black Witchery sarebbero, a mio avviso, un bel mistero. Un altro motivo che sta alla base di questo assunto è la fama Underground misteriosamente e lentamente costruita dai tre ragazzotti durante tutti questi anni, fama che proporzionalmente non è coerente, almeno secondo me certo, con la musica che loro vomitano ai nostri timpani, considerando che per il mio personale parere loro sono veramente poco validi, dato che il termine “intransigente” che ho usato poche righe fa non si riferisce soltanto al livello di velocità e brutalità da loro raggiunto, ma anche al modo con cui le due succitate caratteristiche vengono continuamente sottoposte ad un vero e proprio abuso, esternando così spesso, a mio avviso, un gioco al massacro tremendamente gratuito, ergo controproducente, che può andare bene solo fino ad un certo punto.
2. PRESENTAZIONE DISCO.
“Upheaval of Satanic Might” è, in una maniera cara a certo Underground, solo il secondo album del gruppo, pubblicato l'11 Marzo del 2005 (14 giorni dopo compivo 16 anni YAHOOO!!!) sotto l’ala protettrice della Osmose Productions, dopo aver partorito una folta sequela di demo e split vari, specialmente attraverso l’ultima incarnazione a nome Black Witchery. Il disco qui trattato si compone di 9 brani originali della lunghezza media di poco meno di 3 minuti (circa 25 complessivi quindi. Pezzo più breve: “Profane Savegery” di quasi un minuto e venti; traccia più lunga: “Baphomet Throne Exaltation” di circa 4 e 20) a cui si aggiunge proprio la cover di uno degli inni dei soprammenzionati Blasphemy, ossia quel brano monumentale a nome “Ritual” (un pezzo-spaccaossa che sembra fatto proprio per i nostri statunitensi, e la cosa strana è che è l’unico di tutto il lotto ad avere anche tempi medi!). L’album parte con un’introduzione forse un po’ troppo lunga, prolissa e noiosa, che risulta costituita praticamente da varie voci manipolate (o sono grugniti?) insieme alle classiche urla tipiche di molti gruppacci black/death metal (Bestial Warlust, Sadomator, e così via) di Impurath. Oltre a tutto questo, ci sono dei rumorismi molto d’effetto (ma non immaginatevi qualcosa di veramente cacofonico oppure addirittura una specie di assolo) prodotti dall’infernale chitarra, e qua e là mi par di sentire anche certe minacce del basso. Dopo un po’, le farneticazioni quasi ritualistiche di Impurath si fanno decisamente più intense e sottoposte a pause un po’ più lunghe tra l’una e l’altra, come se un’evocazione diabolica stia per essere finalmente completata…per poi, poco successivamente, iniziare a distruggere sul serio i padiglioni degli ascoltatori con un caos sonoro che dire angosciante è un suicida eufemismo. La minaccia, quasi silenziosa, che viene dai piani sotterranei della Terra si è insomma materializzata a più non posso. Una musica malata, senza nessun fottuto compromesso, erutta a tutti un muro invalicabile di black/death a suo modo particolarissimo. Semplice, anzi, minimalista (in tutto) costituito solamente da tempi sparati a velocità supersonica (a volte aumentando addirittura il ritmo, come farò osservare più approfonditamente più tardi), mai nessun rallentamento, se non impercettibile. Rare volte tale massacro ha un momento di pausa, o almeno di diversificazione un pochino più sostanziale del solito, sta di fatto che specialmente nelle ultime canzoni del lotto c’è qualche ripartenza che, almeno a mio avviso, dona maggior profondità e violenza all’intero discorso (come in “Scorned and Crucified”, dove la chitarra, dopo aver bestemmiato con il 1° riff, si ferma, facendo così sentire i tonfi continui del comparto ritmico, per poi rientrare con un devastante rumorismo e ripartire in tal modo con una seconda soluzione), e quindi non si può certo definire la musica dei nostri ragazzotti U.S.A. come varia e fantasiosa, se non a livelli tremendamente minimi. Dal punto di vista strutturale, anche in tal caso il gruppo si attesta su semplici sequenze rigide, e quindi lineari, di passaggi, considerando tra l’altro che il massimo di soluzioni che i 3 possono sferrare sono tra le 4 e le 5, e che talvolta una stessa può essere ripresa addirittura in 5 tempi (ne è un esempio la semplicissima “Blood Oath”, la prima traccia del disco - faccio notare che questa ed "Hellstorm of Evil Vengeance" sono state composte da Ryan Förster, famoso per aver militato in un gruppo come gli ormai da un pezzo sciolti Conqueror, come anche nei ben più rinomati Blasphemy). Importantissimo da segnalare anche questo fatto: spesso, nella più classica delle strutture, i primi momenti di una canzone sono contrassegnati da 2 soluzioni che si ripetono in sequenza altrettante volte, per poi sferrare una terza, che di solito viene ripetuta un’altra volta (uniche eccezioni “Baphomet Throne Exaltation”, “Darkness Attack ed ”Upheaval of Satanic Might”), se non addirittura un quarto passaggio che può essere ripreso talvolta anch’esso successivamente (“Holocaust Summoning” ed “Upheaval of Satanic Might” su 3 volte che succede così). Le differenti soluzioni vengono comunque ripetute, generalmente, per un numero di battute divisibili per 2 (quindi, dalle 2 – si prenda ad esempio “Profane Savagery” – alle 8), anche se in tal caso non ne mancano di meno classiche, come il 3° riff di “Upheaval of Satanic Might” che, ripreso durante il discorso per 3 volte, viene ripetuto in ogni tempo per 6. Esempi, a mio avviso, più interessanti sono dati dal 2° riff di “Hellstorm of Evil Vengeance” che per la prima volta viene ripetuto addirittura in 4 tempi e mezzo (!), oppure, sempre nello stesso brano, la prima soluzione chitarristica, nei momenti in cui chiude il pezzo, si fa sentire per 5 volte (nella prima apparizione per 6 invece). Però non sempre le varie tracce mi piacciono, strutturalmente parlando, ma di questo parlerò più approfonditamente tra poco, ma tenetevi intanto bene in mente che quelle prese da me in considerazione sono “Baphomet Throne Exaltation” ed “Holocaust Summoning”. Per quanto riguarda adesso la produzione, nulla da eccepire. La resa del suono, più che death, mi risulta più classicamente black, e quindi ci sono tutti i pregi e difetti storici (vedasi, per esempio, il basso, distortissimo, praticamente seppellito da tutto il resto), facendo ricordare personalmente molto i Darkthrone di “Transilvanian Hunger” (ma non solo per questo, come si vedrà). Bisogna anche far presente che la produzione non è omogenea per tutte le canzoni del lotto, ed infatti tale discorso vale soprattutto per “Profane Savagery”, che è decisamente sporchissima, dove le chitarre sono, pur abbastanza comprensibili, meno presenti rispetto a tutti gli altri strumenti, basso escluso ovviamente.
3. ANALISI STRUMENTI.
Ora andiamo a sviscerare più da vicino i diversi strumenti. La voce, opera di Impurath, fa un lavoro a mio avviso egregio. Le sue urla mantengono in continuazione un taglio malvagio decisamente notevole a mio avviso, non lesinandone addirittura di più sofferte, quasi possedute (ma non immaginatevi cose a là Belketre o Nuit Noire) e, seppur leggermente, più basse (“Darkness Attack” mi pare esemplificativa a tal proposito). Qua e là (ossia in tutte le canzoni – o sbaglio?), fanno la loro bella figura anche dei bei grugniti potenti ed incisivi e, come in “Upheaval of Satanic Might”, risultano essere maggiormente più aggressivi ed alti. Grugniti che comunque non sono poi così presenti, dato che praticamente hanno un ruolo di complemento, come una decorazione seppur necessaria per aumentare la potenza e la violenza della musica, visto e considerato che si sentono solo insieme alle urla, senza proferire altre parole se non quelle sputate da queste ultime, cosa che non succede soltanto in alcuni momenti di “Holocaust Summoning” ed “Upheaval of Satanic Might”, seppur sempre accanto alle parti urlate, anche se talvolta, nell’ultimo brano sopraccitato, qualche intervento un pochino più indipendente dei grugniti c’è. Buone le linee vocali, ma purtroppo, da questo punto di vista, molti brani si confondono l’uno dall’altro. Comunque, Impurath, talvolta, è capace anche di utilizzare diverse linee vocali su uno stesso riff, come avviene in “Holocaust Summoning”, dimostrando una costruzione a mio avviso piuttosto interessante. Le chitarre, leggermente più varie e fantasiose della voce, intessono soluzioni il più delle volte di stampo prettamente death metal, anche se non ne mancano di più black (come quello con cui finisce, sfumando lentamente, “Darkness Attack”, ed il 2° riff di “Upheaval of Satanic Might”). Tra l’altro, ci sono riffs che possono essere, come dire, “dilatati”, nel senso che più di una stessa nota viene suonata per un arco di tempo più lungo del solito (“Heretic Death Call” e “Darkness Attack”); in altre situazioni le chitarre sanno essere tremendamente minimaliste come non mai (“Holocaust Summoning” è esemplare in tal senso); sono presenti anche parti finalmente più movimentare e quindi meno statiche ed ultra-semplici (da sentire specialmente in questo caso “Profane Savagery”); non mancano all’appello neanche riffs che sono più lunghi rispetto agli altri (come quello black di “Upheaval of Satanic Might”), e che talvolta sanno essere incredibilmente un po’ bizzarri, dato che alcuni di essi sono formati da due parti, l’una quasi (ho scritto “quasi”) fotocopia dell’altra (in questo senso, aiuta a farlo capire “Hellstorm of Evil Vengeance”). In mezzo a tutto questo marasma, che dopo un po’ difetta di ripetitività di soluzioni, nel primo brano dell’album, “Blood Oath”, manifesta tutta la propria ira cacofonica un assolo semplicissimo e di impronta essenzialmente rumorista come i peggio gruppi black/death sanno fare, aggiungendo così ancora più malattia e follia al tutto, come uno zombie infettato da un virus alieno che per “vivere” succhia la linfa vitale degli umani attaccando loro il suddetto virus. Nessuna melodia, solo orde di demoni incazzati e folli che ti prendono impietosamente per farti vivere la prima ed unica esperienza assurda della tua esistenza. Tocca in questo momento al basso. Beh, come già osservato, esso non mi sembra essere stato messo abbastanza in risalto, anzi, neanche per niente, e da quel poco che si sente, comunque, il lavoro è sufficientemente buono. Menzione d’onore al suono catacombale scelto, che personalmente getta in misura maggiore l’ascoltatore in un oceano rosso pieno di vergini squartate all’infinito, di demoni alati, e di visioni pazzesche e mai viste (che bello!). Infine, eccovi la batteria. Confrontando il lavoro di Vaz con quello delle chitarre, a mio avviso ne viene fuori un qualcosa di perfino più semplice e minimale. Immaginatevi infatti lo stile di Fenriz nell’album “Transilvanian Hunger”, forse leggermente più fantasioso. Il charleston usato continuamente, si sente benissimo, il ride non ha praticamente voce in capitolo se non in rari momenti. Blast-beats che distruggono tutto a più non posso, fendono l’aria in maniera tremendamente lineare, ma nonostante ciò non proprio martellante dato che il suono della batteria mi pare piuttosto ovattato, ricordando ancora di più l’album sopraccitato, almeno per il mio modesto parere certo. Certe volte, il nostro “riflessivo” batterista si concede più violenza e brutalità del solito, allungando gli artigli effetto-Pinocchio con uno stile più spezzettato e potente, risultando quindi in tal caso maggiormente ed a mio avviso piacevolmente death/grind (“Profane Savagery” e “Scorned and Crucified”). Questa capacità di aumentare la velocità in misura maggiore mi impressiona notevolmente. Per fortuna, anche se purtroppo raramente, i patterns di batteria possono andare oltre pure i soliti, classici blast-beats, e da questo punto di vista mi viene in aiuto particolarmente “Blood Oath”. Insomma, fantasia minima, sembra di sentire anche qui la stessa canzone proposta in salse (assurdamente) troppo simili tra loro. Ripetitività a manetta come mai avreste immaginato ragazze e ragazzi mie/i.
4. BRANO MIGLIORE.
Ora, non so quale pezzo prendere dato che in fin dei conti le caratteristiche essenziali dei Black Witchery si trovano praticamente in ogni episodio dell’album, ma se devo proprio scegliere, allora, fra tutti, preferisco il secondo, cioè “Heretic Death Call”, in quanto, a mio avviso, possiede alcuni dei riffs più belli di tutto il lotto, per non parlare, invece, dell’aspetto strettamente strutturale, risultandomi, da questo punto di vista, decisamente agile e ben digeribile rispetto, ad esempio, ad “Holocaust Summoning” (di cui parlerò tra poco più diffusamente) pur avendo lo stesso minutaggio (poco più di 3 minuti) di quest’ultimo pezzo.
5. PUNTO DI FORZA.
Per quanto concerne il principale punto di forza del gruppo, personalmente scelgo per il lavoro fatto sulle chitarre. I Black Witchery, infatti, sotto questo campo se la cavano veramente molto bene, considerando anche che incredibilmente il riffing, pure in modo piuttosto frequente, ha una componente groovy notevole (una considerazione simile va fatta pure per certe linee vocali) che permette, a mio avviso, di rendere un po’ più dinamici e vitali i pezzi. Un aspetto, questo, che li rende piuttosto lontani e maggiormente particolari rispetto a realtà simili come i Conqueror, Bestial Warlust, Revenge e compagnia chiodata. Le chitarre, tra l’altro e nonostante tutto, si dimostrano come il lato più vario e fantasioso del trio statunitense, ed infatti non credo che senza l’indubbia qualità del proprio riffing i Black Witchery possano andare oltre.
6. ALTRI DIFETTI.
Ma adesso è proprio ora di parlare del duetto “Baphomet Throne Exaltation”/”Holocaust Summoning”, ossia proprio quei due pezzi che strutturalmente parlando mi piacciono poco, dato che in questi casi viene presentata una struttura, a mio avviso, piuttosto prolissa e noiosa (e pensare che ci ho messo del tempo per capirla completamente! Ecco perché, nonostante tutto, un po’ queste mi paiono interessanti!), anche perché la prima canzone sopraccitata (introdotta da una sequela poco rassicurante di grugniti, offrendo un affresco simile all’inizio del 1° brano, con l’aggiunta di lugubri tastiere) è la più lunga di tutto l’album, come fatto osservare già più volte. “Baphomet Throne Exaltation” presenta una struttura piuttosto rigida, basata essenzialmente sul quintetto (riferendomi alle differenti soluzioni) 3-2-4-1-3, dopo aver introdotto il pezzo con 1-2, mentre “Holocaust Summoning”, lunga all’incirca 3 minuti, è costituita da una struttura simile: 1-2-1-2-3-1-2-4-1-2-3-1-2-4. Il tutto, senza proporre una variazione che renda almeno un minimo più interessante il discorso musicale, e nell’ultimo caso ci sono addirittura 2 soluzioni che si fanno sentire per ben 5 volte durante tutto il minutaggio, anche perché la canzone non mi sembra sorretta neanche da riffs-bomba, dato che alle volte si assomigliano pure fin troppo.
7. CONCLUSIONE.
Insomma, “Upheaval of Satanic Might” è un album, secondo me, con grossi difetti ma, nonostante tutto, mi prende spesso e volentieri parecchio, almeno riguardo le chitarre e per certe linee vocali, autrici di un bel po’ di groove a dir poco sorprendente in un disco del genere, ma per il resto, buio totale. Rimane la mia idea secondo cui i Black Witchery siano un gruppo sostanzialmente black, prendendo da questo la struttura portante, il minimalismo, l’assolo e la violenza continua, appunto per questo dopo un po’ statica, abbastanza simile al capolavoro più volte citato dei Darkthrone, pur non disdegnandone di più death/grind, tanto per rendere il piatto giustamente un po’ più fantasioso ed aggressivo, bilanciando il tutto con dei riffs dal sapore chiaramente death metal, ed un tipo di urla e linee vocali classiche per il black/death, a cui si uniscono veri e propri grugniti. Ma quello che più mi sorprende è la differenza qualitativa che i nostri 3 statunitensi hanno con gruppi a mio avviso decisamente ed indubbiamente migliori come i Bestial Warlust, che andavano sì a mille all’ora (specialmente nel loro primo album “Vengeance War ‘Till Death”) ma riuscivano, per il mio parere, a formare un alone agghiacciante di violenza, magari tramite assoli schizofrenici, vari rumori un po’ industri aleggianti, ripartenze mostruose e così via. Però, per i Black Witchery, non è così, il discorso è completamente diverso, nonostante tutto. Ed il voto che vedrete più giù, stranamente, è più che sufficiente, e dovete pensare che tale rece era nata (dopo aver scartato quella sui Dragon e poi quella sugli Izual) per un sentimento negativo che nutrivo fino a qualche tempo fa nei confronti dei Black Witchery, volendo quindi fare la prima recensione negativa di questa rubrica, come in fin dei conti promesso quando io la aprii mesi addietro, ma almeno ho raggiunto l’obiettivo di trattare un disco di un gruppo storico sì accettabile ma a mio avviso fin troppo sopravvalutato da certuni “primitivisti”, e quindi scusate se è poco. Spero allora che il prossimo album del trio, se mai ‘sti pazzi lo vogliano fare, sarà decisamente migliore di “Upheaval of Satanic Might”. Quel giorno lo aspetterò con impazienza.
Voto: 69
Claustrofobia
Tracklist:
1 – Blood Oath/ 2 – Heretic Death Call/ 3 – Profane Savagery/ 4 – Baphomet Throne Exaltation/ 5 – Holocaust Summoning/ 6 – Hellstorm of Evil Vengeance/ 7 – Darkness Attack/ 8 – Scorned and Crucified/ 9 – Upheaval of Satanic Might/ 10 – Ritual (Blasphemy cover)
MySpace:
http://www.myspace.com/blackwitchery
Fan Site (per dirla all’inglese):
http://blackwitchery.darkhorizon666.com/Blackwitcheryframes.htm