Sunday, September 18, 2011

Undertakers - "Vision Distortion Perversion" (2000)

Album (Nocturnal Music, 2000)
Formazione (1991): Enrico Giannone, voce;
Marco Lo Cascio, chitarra;
Stefano Casanica, chitarra;
Antonio “Butch” Natrella, basso;
Sandro Laurenzana, batteria.

Provenienza: Napoli, Campania.

Canzone migliore del disco:
“Chainsaw Massacre”, soprattutto perché ha un finale mozzafiato, un finale che ha un andamento traballante anche per via di una lunga pausa che per qualche attimo fa apparire praticamente concluso tale episodio… ed invece. E come non citare, sempre nel finale, quella specie di melodia quasi beffarda ed assolutamente azzeccata?

Punto di forza dell’album:
difficile a dirsi. Probabilmente la batteria, con le sue variazioni al tema che possono essere anche belle imprevedibili.

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Per la serie: “Quando meno te lo aspetti”. Quest’estate, durante una delle solite passeggiate per la località balneare toscana Marina di Pietrasanta, ad un certo punto giro la testa verso destra, e cosa vedo? Un po’ di bancarelle con dentro quinta late di dischi metal, punk e compagnia bella! Ovviamente, mi ci fiondo per rimanerci come un francobollo, e dopo un’attenta analisi, la sera di quello stesso giorno mi decido a comprare “Baptized By Fire” dei black/thrashettoni statunitensi Summon…. e naturalmente il disco che mi appresto a recensire. E pensare che conosco il gruppo fin da quando, un giorno di 8 anni fa, un mio vecchio conoscente mi prestò l’interpretazione in salsa elettronica, a cura di Reeks, tastierista dei folli grind sperimentalosi romani Inferno, proprio di “Vision Distortion Perversion”. Esperimento che a dir la verità io non gradii affatto, ma da lì la curiosità di sentire i veri Undertakers (che dopo ben 11 anni devono dare un seguito a questo loro secondo album, pur esistendo ancora oggi) è sempre stata molto forte. Ed effettivamente quei 12 euro spesi per comprare il disco sono stati saggiamente sborsati.

Ci troviamo infatti innanzi ad un gruppo brutal che basa praticamente tutta la propria forza su un assalto continuo e a - melodico nel quale trionfano blast – beats assassini e tupa – tupa. Tupa – tupa? Eh sì, perché gli Undertakers è vero che sono brutal ma è altrettanto vero che stiamo parlando di una forma di brutal un po’ spuria visto che le influenze hardcore, a volte esplicate con piglio thrash metal, non si fanno vive solo in maniera palese ma anche frequentemente. Ascoltatevi a tal proposito “B.C.N.”, pezzo furioso spezzettato a tratti da brevi siparietti di batteria. E non si dimentichi neanche di una spruzzata, seppur leggera, di grindcore (“Rip Off… Fuck Off”, dove si trova alla voce Wolfgang Sussenbeck degli austriaci deathettoni melodici Darkside, dal grugnito nervoso e intensissimo).

Il brutal di questi napoletani non è solo spurio ma è anche bello semplice, lontano quindi dai vari tecnicismi che solitamente infestano il genere. Una semplicità spietata che si riflette in particolar modo nel riffing, strutturalmente classico, e nell’assenza di ogni qualsivoglia assolo (i nostri ne hanno fatto addirittura un motivo d’orgoglio facendo notare fin da subito la cosa sul libretto!) ma più in generale della chitarra solista (al massimo una delle due asce si riduce a suonare sulle note più alte il medesimo riff – o quasi, e “Chainsaw Massacre” è lì a testimoniarlo – della compagna). Cosa che permette di annichilire ancor di più i timpani degli ascoltatori attraverso quindi un lavoro che si basa decisamente sul collettivo, anche se ciò non impedisce un impazzata umoristica nel gran finale del già citato “Rip Off… Fuck Off”, giustamente l’ultimo vero brano data la sua violenza esasperata. Peccato però che stilisticamente sia molto diversa dalle altre canzoni, e fra l’altro avrei preferito che il gruppo usasse le proprie stesse armi per dare il colpo di grazia in modo da concludere il tutto senza filtri “impersonali”.

Tale semplicità sfocia però anche nella voce, o almeno nel modo in cui essa viene utilizzata. Prima di tutto, bisogna dire che vi è un’alternanza fra le varie voci veramente buona, spaziando così principalmente da un grugnito cavernoso e chiuso a un grugnito più forte che rimanda al cantato metalcore (“The Night of the Bastards” ad esempio), per finire con uno spesso inquietante urlo, che in “B.C.N.” diventa ad un certo punto persino schizzato. Fra l’altro, può accadere che una di queste voci, se in un pezzo ha un semplice ruolo di “supporto”, in un’altra assume più importanza magari diventando quella principale.

Solo che, e qua si ritorna all’argomento sulla semplicità, ogni voce nel suo discorso ha un andamento spesso e volentieri statico, quindi in sostanza non ci sono cambiamenti tonali fluidi ed imprevedibili (anche se l’eccezione che conferma la regola c’è…. e riesce a dare pure dei notevoli brividi!) che mostrino particolare tecnica, contrariamente allo stile sguaiato di Sussenbeck. E attenzione che questa non è una critica negativa!

Ma ridurre il lavoro di batteria soltanto a dei tempi veloci ciechi mi sembra una battuta di pessimo gusto. A parte che essa riesce a valorizzare il riffing tramite variazioni rapidi e puntuali talvolta anche inaspettate, ma bisogna dire che le virate sui tempi più lenti (compresi dei ritmi dal groove contagioso) non mancano, pur essendo poche. Come non mancano certe finezze che in un gruppo del genere quasi contrastano con l’impatto violento solitamente snocciolato, e da questo punto di vista sono più che valide le danze sui tom – tom di “My Pride” o le simil – marcette (ho scritto “simil”, beninteso) finali di “The Night of the Bastards”.

In generale però, gli Undertakers non sono propriamente dei mostri per quanto riguarda la fantasia, dato che i deja – vù non sono esattamente difficili da beccare, anche se di certo sono lontanissimi dall’essere i cloni in salsa brutalcore dei Black Witchery. E altrettanto certamente non aiuta il fatto che in scaletta ci siano ben 16 tracce, che d’altro canto vengono compensate da una capacità di sintesi che predilige spesso brani in media da 2 minuti e mezzo circa. Inoltre, è veramente un peccato non aver sviluppato certi momenti particolarmente interessanti, come quello citato poco fa di “My Pride”, abbandonato in modo forse un po’ troppo frettoloso.

Infine, bisogna osservare che i nostri, come un migliaio di esponenti del genere, fanno uso, anche se con rigorosa misura, di spezzoni (in inglese) tratti da vari film horror, concedendosi però una trovata esilarante nell’intro, dal titolo illuminante “Screams’ Warriors”. Perché? Perché in essa vi si trovano nient’altro che le urla dei famosi All Blacks. E cazzo se fanno un bell’effetto!

Voto: 75

Claustrofobia
Scaletta:
1 – Screams’ Warrior (Intro)/ 2 – Night of the Bastards/ 3 – Burnt Alive/ 4 – No Satan No God/ 5 – My Pride/ 6 – I’m the Motherfucker/ 7 – Suffocated/8 - Mass Execution/ 9 – Lessons of Madness/ 10 – Prelude to…/ 11 - ….Chainsaw Massacre/ 12 – B.C.N./ 13 – My Desire? Your Extinction/ 14 – Dead Man Walking/ 15 – Rip Off… Fuck Off/ 16 – That’s All (Outro)

MySpace:
http://www.myspace.com/undertakersband