Ristampa (Natura Morta Edizioni, 2012)
Formazione (1987): Diego Scudeletti – voce/chitarre;
Diego Bolis – basso;
Roberto Previtali – batteria.
Provenienza: Bergamo, Lombardia.
Canzone migliore dei due demo:
rispettivamente “Infernal Desolation” e “Coarse Moan of the Damned”.
Punto di forza delle due opere:
rispettivamente la voce e la complessità generale.
Io, fino a 2 anni fa o giù di lì, avevo un progetto forse un filino ambizioso: scrivere un libro sul death metal italiano che esplorasse il periodo 1985 – 1993, cioè dal primo, leggendario demo dei Necrodeath in poi. E non sto neanche scherzando. Così mi sono messo a contattare un po’ di gente, magari anche per procurarmi cassette ormai perse nel tempo, e in questo desiderio matto e disperatissimo di scoprire una scena che non c’è più ho scoperto due cose curiose:
1) il metal estremo italiano è esploso più o meno solo nei primi anni ’90, nonostante la presenza di gruppi fondamentali (e che ancora miracolosamente esistono) come Necrodeath, Mortuary Drape e Schizo. Ciò significa che il nostro metal estremo, se confrontato con quello, che so?, brasiliano, era addirittura indietro;
2) agli inizi l’estremo era particolarmente diffuso in quello sputo di terra della Liguria, forse proprio per la presenza dei Necrodeath.
Alla fine però quel libro, anzi no, quell’idea, l’ho accantonata, vuoi perché, essendo io un giovincello metallaro 23enne, mi sembra un’idiozia parlare da sapientone di una scena che non ho mai vissuto; e vuoi perché ad alcuni diretti interessati non gli importava un fico secco di questa mia iniziativa, anche se altri ne erano addirittura entusiasti. Poi però ti arriva una ristampa dei due unici demo di un gruppo che ti mancava e che fra l’altro valeva un sacco, uno di quelli per cui oggi diresti “e se avessero continuato?”. Eh, già, perlomeno immagino che siano stati importanti per la loro zona. Sto parlando dei Krashing.
Il loro primo demo, “Cycle of Decomposition” (Rock Kontro Produzioni, 1991), non può comunque essere etichettato come death metal. Si tratta infatti di death/thrash, seppur di death alla fine abbia ben poco, come qualche pattern veloce di batteria con una minuscola dose di blast – beats; qualche riff (“Resound of Terror”, che ha una lunga e triste introduzione acustica); e, soprattutto, la voce (di cui parlerò fra poco). Per il resto, è un thrash metal caratterizzato:
1) da un riffing abbastanza standard ma efficace e poco melodico;
2) da un buon equilibrio fra i tempi veloci e quelli più lenti, che spesso sputano fuori un groove contagioso con tanto di batteria dinamica e abile a enfatizzare il lavoro degli altri strumenti;
3) da una struttura semplice dai frequenti cambi di tempo e dotata di una certa complessità, specialmente lungo la parte centrale dei pezzi (si sentano le due canzoni di mezzo, “Ampia Death” e “Infernal Desolation”).
Ma la voce è uno degli aspetti sicuramente più interessanti dei Krashing. E’ infatti un grugnito incredibilmente bestiale e a tratti urlante, molto vicino per intensità al thrash tedesco a là Kreator anche per via di linee vocali molto ritmate. E, tanto per creare più atmosfera, alla voce è stato aggiunto un riverbero d’effetto, capace di terrorizzare ancor di più l’ascoltatore. Piccola curiosità: nei primi due pezzi si sente uno del gruppo (o chissà chi) ma il bello è che non canta proprio, più o meno dice un “oh!” e basta!
L’altro aspetto da menzionare è la chitarra solista, la quale si prodiga in soli che in seguito verranno sviluppati meglio ma che qui già esprimono una buona varietà, passando da quelli più rumoristi a quelli un po’ più drammatici. Fra l’altro, la chitarra solista si fa sempre viva nella parte centrale, e magari vomita anche più di un assolo.
Insomma, il primo demo, a parte qualche deja – vù e un po’ di prolissità in “Resound of Terror”, mostra un gruppo già dotato e capace anche dal punto di vista tecnico.
Ma è con “The Ancients Were, the Ancient Are, the Ancients Will Be” (Sonika Associazione Musicale, 1993) che i Krashing fecero il salto. Anche perchè, in soli 2 anni, il gruppo è cambiato tantissimo, e allora m’incazzo perchè se loro avessero continuato avrebbero fatto sul serio degli sfracelli. CAZZO!
In questo caso, si parla di vero e proprio death metal brutale, qualche influsso thrash ancora c’è ma è poca cosa. Adesso hanno una buona importanza dei tupa – tupa selvaggi, il blast – beat è ancora roba rara, ma vi è sempre equilibrio fra i vari tempi, con quelli lenti che si sono fatti poderosi (ma non alla maniera degli Asphyx, beninteso) e grevi. In generale, la musica è più completa e abile, anche se potrebbe sorprendere il primo brano (“In Suffering”) che, rispetto agli altri, è quello più povero, riserva poche sorprese, pure per l’assenza totale della chitarra solista.
Nei pezzi successivi invece, il gruppo esprime tutte le sue potenzialità. Prima di tutto, la complessità viene elargita con più sicurezza raggiungendo il picco in “Coarse Moan of the Damned” e “Followers of Evil” (che fra l’altro dura poco meno di 3 minuti), piccoli gioielli dell’estremo tricolore. I nostri fanno uso di una struttura molto varia, ci sono stacchi e ripartenze mozzafiato, certi cambi di tempo repentini magari introdotti dagli interventi fantasiosi della batteria, i ritorni dopo - assolo ai passaggi principali vengono gestiti molto meglio, senza cioè quelle pause macchinose tipiche del primo demo, mentre alcuni pezzi non possiedono neanche un’introduzione, che prima era praticamente obbligatoria.
Gli assoli ora possono essere persino eleganti, sparando così delle melodie da musica classica, quindi aumenta la drammaticità della proposta. Oddio, forse il loro sviluppo è un po’ troppo schematico e prevedibile, ma aggiungono comunque quel po’ di complessità in più senza inoltre farla pesare.
E’ cambiato però abbastanza il comparto vocale. Sì, è sempre un grugnito cupo. E sì, c’è sempre un riverbero molto atmosferico. Ma adesso l’impostazione è più death, quindi è più pesante e controllata, con l’aggiunta di rare urla che rendono il discorso più malato.
Altra differenza con il primo demo la si individua nella produzione. Prima era sì sporca ma compatta, mentre adesso è funerea ma allo stesso tempo addirittura più viva. Si senta a tal proposito la batteria, che è così naturale e grezza che sembra di essere in sala con il gruppo stesso.
Infine, pure i testi sono parecchio differenti. Quelli di “The Cycle of Decomposition” erano più che altro storielle horror dove il narratore solitamente va incontro a una brutta fine. “Resound of Terror” è però un’eccezione perché è palesemente contro la guerra. Invece, il secondo demo è più anticristiano e lovecraftiano, come si evince in fin dei conti dal titolo.
Insomma, 10 pezzi per 35 minuti di durata, un booklet in rigoroso bianco e nero con tanto di foto d’epoca e copertine dei demo, tanta qualità… e la riscoperta del metal estremo tricolore continua…
… però CAZZO, KRASHING, RITORNATE A SPACCARE CULI!
Voto “Cycle of Decomposition”: 72
Voto “The Ancients Were, the Ancients Are, the Ancients Will Be”: 79
Voto totale: 76
Flavio “Claustrofobia” Adducci
Scaletta:
1 – Cremation/ 2 – Ampia Death/ 3 – Infernal Desolation/ 4 – Resound of Terror/ 5 – In Suffering/ 6 – Holy Rite/ 7 – Hate Burns (Inside of Me)/ 8 – Coarse Moan of the Damned/ 9 – Followers of Evil/ 10 – The Darkness Coming