Tuesday, November 17, 2009

Mass Obliteration - "Fratricide" (2009)


I romani (che poi romani tanto non sono dato che il tutto è nato in quel di Gaeta) Mass Obliteration sono uno dei pochissimi gruppi ospitati volentieri sulle pagine di "Timpani Allo Spiedo" ad essere omaggiati dal sottoscritto vedendo anche un loro concerto. E che spettacolo! Quel 6 Giugno 2009 (mi conservo ancora il volantino) allo CSOA Spartaco suonarono insieme agli Human Dirge, secondi in scaletta (anch'essi una bella conoscenza della nostra cara rivistella), e dal punto di vista dell'impatto dal vivo, per quanto mi riguarda, i Mass Obliteration sono indiscutibili. In quella sera erano in forma smagliante e vogliosi di spaccare culi e non a caso hanno aperto il massacro proprio con "Mashom" (un brano che parte a mille senza troppi fronzoli), e per quanto concerne la resa vocale, specialmente Andrea, voce/basso della formazione, ha dimostrato di essere un cantante profondo ed "indemoniato", come su disco. E pensare che qualche tempo fa il loro ultimo disco non mi convinceva neanche appieno! Ma andiamo con calma.
"Fratricide", pubblicato a Gennaio di quest'anno come indipendente, è il secondo parto e demo (dopo "Abrahamitic Curse" datato 2007) di questi giovani Mass Obliteration, gruppo nato nel 2006 ed attualmente costituito, oltre che dal succitato Andrea, da Giordano e Mariano chitarristi (il primo anche seconda voce - l'uso della doppia voce, non particolarmente usata nel death metal, mi è una benvoluta particolarità), e Luca nel ruolo di batterista. Il demo si compone di 4 pezzi per qualcosa come 16 minuti complessivi (brano più lungo: "Lathe Biosas" di quasi 5 minuti e 50; canzone più breve: "Mashom" di circa 2 minuti e 20 secondi), e la musica quivi proposta è, a mio avviso, un death metal vecchia scuola spesso venato di black, non solo a livello di riffing ma pure riguardo certe ritmiche insieme ad alcuni (pochi) vocalizzi, mischiando il tutto, talvolta, con inflessioni più di derivazione vagamente thrash e doom. I Mass Obliteration, tra l'altro, mostrano un livello tecnico strepitoso, oltre che un buonissimo equilibrio tra parti veloci ed un po' più lente, ma c'è un aspetto che molti disprezzerebbero sentendo l'opera, e questo è rappresentato dalla struttura che, a mio avviso, può far aggiungere al tipo di suono del gruppo il termine "tecnico", considerando il grande numero di cambi di tempo, di variazioni, anche repentine, che interessano tutti i pezzi. Quindi in teoria, da questo punto di vista e facendo un paragone idiota con una formazione recensita nel 5° numero, i Mass Obliteration non sembrano poi così diversi dagli Irreverence di "War Was Won". Ma, andando più a fondo all'argomento, un tal paragone non riflette, a mio avviso, per niente la musica del quartetto romano, che invece mi pare addirittura più difficile da digerire rispetto alla in fin dei conti fluida ed un po' regolare complessità dei milanesi Irreverence dell'album sopraccitato. Sì, perchè i Mass Obliteration, oltre a presentare un livello tecnico forse superiore soprattutto per quanto riguarda le ritmiche, in tutti i pezzi non solo possono arricchire un solo riff di tempi tremendamente (e continuamente) diversi fra loro (sentire l'inizio di "The Remains of Hate" per credere), magari in modi totalmente repentini ed imprevedibili (in "Mashom", per esempio, una soluzione viene ripetuta per 3 volte e mezza con uno stesso pattern di batteria, per poi cambiare tempo!) ma importantissimo è anche il fatto che qualche passaggio venga ripetuto (e qua in tutti i brani) addirittura solo una volta, e così il tutto risulta, secondo me, decisamente ostico e poco rassicurante del solito ed in linea con le tematiche disperate trattate dal gruppo, pesando quindi sugli ascoltatori meno avvezzi a questo tipo di sonorità raffinate e curate. Bisogna dire, comunque, che la maggiorparte delle differenti trovate vengono riprese, eccetto per la lunga "Lathe Biosas", anche se ciò non vuol dire necessariamente che ognuna di esse venga ritrovata così come prima, visto e considerato che non raramente alcune vengono un po' modificate, così da rendere più interessante la musica, almeno per me certamente. Ergo, come nel caso dei succitati Irreverence, non si segue una classica struttura, pur se in questo caso mi risulta perfino maggiormente originale, accorgendomi, tra l'altro, che in ogni canzone è praticamente assente una precisa sequenza rigida di soluzioni che si ripetono ordinatamente, altresì al massimo ci sono quei 3 passaggi, per così dire, principali che possono essere ripetuti consequenzialmente una volta solo in 2 tempi decisamente staccati fra di loro (discorso valido per "Mashom" e "Lathe Biosas" in cui nel mezzo c'è invero una valanga di variazioni). Da ricordare, inoltre, che non succede mai che due o più soluzioni si ripetano in sequenza con le due parti attaccate tra di loro (non so se rendo l'idea), come nel più classico dei modi, ed in pratica l'unica eccezione alla regola è presente in "The Remains of Hate" (e qui addirittura in due casi diversi. Il secondo, almeno negli iniziali secondi della ripetizione, risulta un po' modificato dalla prima botta). Segnalo, inoltre, che in "Mashom" e "Lathe Biosas" c'è un minuscolo passaggio in cui succede che tutti gli strumenti si fermino eccezion fatta per le chitarre, che intonano solitarie una nota, dilungandola, per permettere, a mio avviso, al passaggio successivo di essere ancora più intenso e violento. Sinceramente non ho trovato paragoni adatti da accostare alla struttura-tipo dei pezzi dei nostri romani ma forse citerei principalmente i canadesi Gorguts dei primi due, da parte mia, grandissimi album ("Considered Dead" e "The Erosion of Sanity"). La loro è una specie di struttura che mi rimanda veramente alla natura del Male, che purtroppo è sempre vivo attraverso varie forme e modalità, ma che sostanzialmente si ripete sempre nello stesso identico modo. Nonostante però la struttura mi abbia piacevolmente stupito, essa non può essere per niente il principale punto di forza mio personale perchè alle volte i nostri rischiano un po' troppo secondo i miei gusti. Sto parlando proprio dell'ultima (sacrilegio! Come finire male un grandissimo demo!) canzone, la più volte citata "Lathe Biosas". Prima di tutto, intorno ai 3 minuti (o giù di lì), in tale canzone c'è un interessante tempo lento, solo che esso segue un passaggio decisamente più veloce (ma non in blast-beats) che, dopo esser stato ripetuto per 2 volte, diventa più violento, con la batteria che subisce un'impennata di intensità raschiando il fondo del barile con un uso più preponderante e continuo del charleston e della doppia cassa. Ed a mio avviso, questo è un passaggio completamente inutile, non solo perchè costituisce un climax sì in sè indiscutibile ma di per sè mal strutturato in quanto altamente brusco, e per niente previsto dalla soluzione precedente, ma anche perchè, poco dopo, lascia inspiegabilmente il posto proprio a quest'ultima non piacendomi così ancora di più. Come seconda cosa, maggiormente importante dell'osservazione di cui sopra, è il fatto che personalmente considero "Lathe Biosas" quale canzone fastidiosamente inconcludente, dato che per me si poteva finire benissimo con il momento secondo me topico del brano, in cui sia Andrea che Giordano urlano il titolo della canzone, per poi abbassare lentamente il volume, e non perdersi attraverso passaggi, per il mio parere, inutili, con il colpo di (dis)grazia dominato dal 1° riff proposto. Riguardo però ora la produzione, devo dire che mi è piaciuta molto, tutti gli strumenti sono proprio in bell'evidenza, compreso il basso, che in tipica tradizione death metal si sente piuttosto bene. Una produzione che io non definirei proprio sporca, anzi, risulta piuttosto cristallina. Talvolta, però, il reparto voci sovrasta le chitarre, come succede, ad un certo punto, in "Mashom". Niente da dire, invece, sull'impeccabile registrazione.
Ma adesso vorrei parlare dei testi, che sinceramente mi sono piaciuti moltissimo. Parlano della guerra in chiave chiaramente pacifista (notare che il gruppo si definisce come anarco-death metal), scagliandosi contro le multinazionali ("Nekare"), vero motore della guerra, croce dell'umanità da millenni, e magari contro gli Stati Uniti, gli imperialisti per eccellenza del giorno d'oggi ("Mashom"). Tra l'altro, nelle già citate "Mashom" e "Nekare" vengono trattate delle situazioni d'attualità purtroppo molto brutali, ossia, rispettivamente, il conflitto praticamente senza fine tra l'Israele e la Palestina, e le atrocità perpetrate dalla LRA (sigla che sta per "Lord's Resistance Army", l'esercito integralista "cristiano" di Joseph Kony) che dal 1987, facendo partire la seconda guerra civile insieme alla collaborazione con il Sudan, intende prendere il potere e governare l'Uganda - paese sorretto attualmente dal multipartitismo e quindi dalla democrazia parlamentare - secondo i dieci comandamenti, oltre a qualche insegnamento preso, stranamente, dalla religione islamica. Insomma, testi a mio avviso intelligenti e molto curati che fanno uso anche di termini stranieri (ovviamente, sempre nelle due canzoni sopraccitate), così da far entrare di più nel mondo brutale, torturato e senza compromessi che i Mass Obliteration vogliono far vivere nella mente dell'ascoltatore. Tra l'altro, i testi si possono tranquillamente leggere nel profilo del gruppo su Metal-Archives, ed è un'esperienza veramente pesante, a mio avviso.
Parliamo adesso del reparto voci. Secondo me, è più che ottimo, Andrea e Giordano sono cantanti devastanti, capaci di utilizzare vari tipi di voci, spesso facendo fuoriuscire dalla bocca un grugnito cavernoso e di una profondità disarmante (e pensare che durante il concerto mi pareva che Giordano fosse addirittura più debole rispetto al suo collega!), ma il tutto non si riduce soltanto a questo, come già scritto poco fa in fin dei conti, visto e considerato che non poche volte i grugniti diventano più alti, se non vere e proprie urla, alle volte black come in "The Remains of Hate" e "Lathe Biosas", talvolta un po' più umane e selvagge (il finale di "Nekare" è esemplificativo a tal proposito). Proprio nell'ultimo brano citato, tra l'altro, viene proposta perfino una voce pulita, un parlato seppur brevissimo, che mi piacerebbe fosse stato successivamente ripreso nel prosieguo del pezzo, anche perchè non soltanto mi sembra tremendamente azzeccato ma pure per via, secondo me certo, di un tocco aggiunto di disperazione più universalmente umana che si aggiunge a quello delle classiche voci. Però tutti questi cambiamenti tonali, a mio avviso, non donano soltanto più fantasia al tutto, ma anche maggior intensità e violenza, risaltando così quelle già presenti. Devo dire poi che ho particolarmente apprezzato l'utilizzo di due voci le quali, qualche volta in coro ed in altri momenti dandosi il posto a vicenda, mi trasmettono maggiormente un notevole senso di angoscia in quanto pare, almeno certe volte, che la rabbia non sia espressa soltanto singolarmente ma addirittura da un popolo intero, attraverso un'efficace sovrapposizione di voci. Leggermente meno fenomenali, per il mio modesto parere, le linee vocali, seppur apprezzabili e classicamente death metal, anche se ho trovato strabilianti certune presenti in "Nekare". Discorso chitarre: qualità, a mio avviso, leggermente superiore rispetto al reparto vocale, le due asce mordono che è una bellezza, compatte come sono. Mordono anche perchè la fantasia mostrata è di alto livello, passando magari attraverso diversi stili. Infatti, ecco che in "Nekare" ed, in maniera ancor più evidente, pesante ed un po' funeral (nel primo caso invece si è in territori maggiormente melodici), in "Lathe Biosas" affacciarsi devastanti incursioni doom come pure infiltrazioni vagamente thrash nella breve "Mashom", dove l'influenza si esprime tramite un tempo medio contagioso, e nella lunga "Lathe Biosas", in cui invece il riffing thrasheggiante è ancor più vago, considerando, tra l'altro, il tempo che è piuttosto lento ma contorto, e che nell'ultima parte diventa praticamente death metal. Sempre nell'ultimo brano citato c'è un riff particolare che non saprei come definire, ma probabilmente penso che sia una delle poche espressioni chitarristiche di impronta moderna presenti in questo demo (poi se ho scritto una cazzata, fate voi), e comunque, secondo me, è una soluzione molto azzeccata, anche perchè emotivamente parlando non sembra poi così triste, disperata oppure arrabbiata come la maggiorparte dei riffs proposti, avendo una melodia quasi (paradossalmente) divertita; disperazione che invero io sento in un altro riff particolare, presente stavolta in "The Remains of Hate", che forse non sfigurerebbe in una ballata metal (!?), basato essenzialmente sulle note alte, un po' arpeggiato e che sinceramente sembra quasi dal tono rassegnato; altre soluzioni degne di menzione sono quelle più dal piglio black, rintracciabili soprattutto nella parte centrale del demo, come le sfuriate, quasi a là Obscurus Advocam, contenute sempre in "The Remains of Hate", od il riff dalla prima parte melodica ma dalla seconda piuttosto dissonante e su note alte dell'inizio (ma non solo) di "Nekare" (canzone che è forse una delle più melodiche del lotto)...ma come non citare altrimenti le schizzate variazioni brevissime, pure un po' arabeggianti, di stampo death metal dei secondi iniziali di "Mashom", il riff ingannevole che pare costituito solo da una prima parte contandone subito dopo altresì una seconda, quasi identica, sempre presente nell'ultimo brano sopraccitato, le variazioni folli (ma posate rispetto a quelle di "Mashom") al riff doomeggiante di "Nekare", oppure ancora quel passaggio contorto, lungo, lento ed alle volte grooveggiante che fa bella mostra di sè in "Lathe Biosas"? Ma questa è soltanto una lista in fin dei conti esigua delle varie soluzioni proposte (importanti ma non proprio frequenti sono quelle groovy, ad esempio) e se è così per le chitarre allora figuriamoci per la batteria! Segnalo inoltre le infiltrazioni della chitarra solista, che in pochi ma efficaci momenti ("Mashom" e "The Remains of Hate") dà manforte, molto anche dal punto di vista emotivo, alla parte ritmica, come la disperazione prossima ad esplodere di rabbia ed azione quasi nel finale di "The Remains of Hate" con precedente apocalisse scarviana (il nome degli Scarve mi risuona sempre alla mente in questo caso), e pure interessante è l'apporto dato dalla solista nel 1° riff di "Mashom". Chitarra solista che un po' più frequentemente (ossia, in tutti i pezzi) esegue dei veri e propri assoli, uno a botta in ogni brano. Assoli brevi e non virtuosi, piuttosto "tranquilli" se si confrontano con quelli folli dei primi Unleashed ed infatti per la velocità e la lunghezza (anche se nei Mass Obliteration mi sembrano leggermente più modesti) a quelli dei Gorguts (ancora loro?) sempre dei primi due album, con alcune ovvie differenze sostanziali: in tal caso gli assoli non sono malvagi (ciò non costituisce ovviamente un difetto) e non sempre sono particolarmente azzeccati, secondo me certo, pure se una menzione d'onore la darei sicuramente a quello melodico e triste di "Nekare". Cito anche l'assolo di "The Remains of Hate", più che altro perchè non è che mi entusiasmi poi così tanto, un po' spento, e noto che sembra un solo soltanto per i primi secondi, mentre per i restanti mi pare una specie di riff. Per quanto riguarda ora il basso, devo proprio dire che il lavoro mi è veramente buono, non dà adito a virtuosismi personali come si dovrebbe sentire in un gruppo di impronta tecnica, ma i momenti in cui è solo lui stesso ("Mashom" e "The Remains of Hate"), danno a me una scossa di adrenalina che dire non indifferente è un eufemismo! Adesso tocca alla batteria, altro strumento tremendamente curato. Lo stile di Luca è pericolosamente fantasioso, visto e considerato che ogni pattern è diverso da tutti gli altri, proponendo così spesso ritmi non proprio lineari e classici, che probabilmente risentono anche di influenze jazz, pur seguendo tempi piuttosto precisi. Il nostro ha, a mio avviso, un modo piuttosto nervoso ed enigmatico di approccio con la batteria, un modo che fra l'altro mi sembra totalmente congeniale con il messaggio che il gruppo vuole trasmettere, dando anche così la sensazione che il mondo non va come dovrebbe, un mondo pieno di insicurezza e di giganti inquietanti matematici nella loro opera di distruzione. Curioso poi che molte volte nei passaggi groovy Luca non esita a tirare fuori un ritmo che, secondo me, è paradossalmente privo di groove, come alle volte il nostro è capace di cambiare tutto quasi impercettibilmente (almeno nelle prime volte in cui si sente) ed esempio-principe è, per il mio parere, un passaggio di "Lathe Biosas" dove prima viene creato un tessuto jazzato di stupenda efficacia per poi, imprevedibilmente, far divenire il tempo un po' grooveggiante! Da Luca ci si può aspettare di tutto, anche se mi sono accorto (o forse sbaglio?) che lui spesso non varia uno stesso pattern (per poi riprendere il ritmo ovviamente), tanto per rendere la pietanza ancora maggiormente imprevedibile, pratica usata, a titolo di esempio, da Flo Mounier dei Cryptopsy. Secondo me, è proprio Luca con i suoi prorompenti e folli tocchi, ad essere il principale punto di forza dei Mass Obliteration.
Per quanto concerne invece il brano che a me è piaciuto di più, devo citare "The Remains of Hate" ed i motivi sono semplici: esso ha un climax, quasi nel finale, che per me è veramente il migliore di tutto il demo, preparato, come già scritto da una chitarra solista bombastica ma anche da una chitarra ritmica a tratti stoppata, per non parlare poi dell'atmosfera apocalittica che personalmente si respira poco prima dello stesso apice del pezzo, un'emozione nuova ed unica durante il prosieguo di "Fratricide", e quindi di una struttura che secondo me è una delle meglio architettate di tutte.
E pensare che prima consideravo "The Remains of Hate" come un brano un po' difettoso, prendendo come scusa il fatto che l'atmosfera apocalittica di cui sopra venisse forse ripetuta troppo insistentemente, nonostante la sua in fin dei conti brevità temporale. Ma successivamente mi sono detto che è meglio così, dato che in tal modo si fa addentrare maggiormente l'ascoltatore, almeno personalmente certo, nel mondo di puro caos, morte e distruzione disegnato accuratamente e realisticamente dai nostri 4 baldi giovini. Un altro brano che definivo non privo di pecche era il seguente "Nekare", e proprio per quanto riguarda il finale, dove un riff viene ripetuto praticamente all'infinito con varie, dolorose e discontinue (nel senso che il ritmo può cambiare radicalmente da un momento all'altro) variazioni da parte del batterista. Aspetti che per me ora sono azzeccatissimi, dato che mostrano musicalmente nella maniera migliore la sofferenza continua e senza pietà che il popolo ugandese subisce da anni, ed i tocchi infernali della batteria stanno probabilmente a rappresentare l'imprevedibilità del Male che ti si può scaraventare addosso in qualsiasi momento e senza preavviso.
Insomma, siamo arrivati alla conclusione, ragazze e ragazzi. Il secondo demo dei Mass Obliteration mi ha impressionato ben volentieri. Risulta difficile da assimiliare soprattutto a livello strutturale e ritmico, ed infatti una tale opera bisogna ascoltarla più e più volte per comprenderla appieno (almeno così è successo a me), in modo da non incappare in giudizi affrettati. Certo, per me c'è qualche problemino, curiosamente nella struttura e proprio per il brano finale, e di questo il voto che vedrete qui sotto ne risente profondamente. I risultati raggiunti mi fanno sperare in qualcosa di molto buono, l'unica cosa che mi chiedo è quanto si dovrà aspettare?

Voto: 77

Claustrofobia
P.S. Complimenti pure per la copertina, che sembra rappresentare la ribellione dell'uomo, ed i muscoli che si vedono forse sono la rappresentazione della grandezza e della forza umana.

Tracklist:

1 - Mashom/ 2 - The Remains of Hate/ 3 - Nekare/ 4 - Lathe Biosas

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