Thursday, July 11, 2013

Deathwork - "Three Gates to Death" (2012)

EP (Armed God Records, 2012)

Formazione (2002):   Fab Armed God M. – voce;
                                   Azmeroth – chitarre;
                                   Rick Costantino – basso;
                                   Riccardo Grechi – batteria (session).

Località:                     Catania, Sicilia.

Pezzo migliore del disco:

“Between Iron Walls”.

Punto di forza del gruppo:

l’abilità nell’estremizzarsi a ogni pezzo successivo.
Cazzo, da queste parti non compariva un gruppo death/thrash addirittura dal Gennaio di quest’anno, cioè quando recensii “Tributo di Sangue” dei pisani Subhuman, che però, modernisti come sono, poco hanno a che spartire con i Deathwork, visto che questi catanesi sono completamente devoti alla vecchia scuola. Ciò è pure ovvio, dati i personaggi coinvolti, tutti nomi più o meno noti della scena estrema siciliana: infatti, Rick Costantino è il leader degli ottimi Krigere Wolf (di cui ho recensito entrambi i lavori), Azmeroth suona negli Heretical, mentre Fab Armed God è il capoccia dell’omonima Armed God Records. Insomma, questo è un curriculum di tutto rispetto per il ritorno nelle scene dei Deathwork, che non rilasciavano qualcosa persino da “Evolve to Extinguish” del 2005.

Dai 3 pezzi originali per circa 11 minuti di questo “Three Gates to Death” aspettatevi un death/thrash dinamico e “ignorante” che diventa curiosamente sempre più cupo e violento con il passare dei brani. Infatti, dal pezzo d’apertura “Visions Beyond the Black”, il più thrash di tutti, si passa al più puro death/thrash di “Between Iron Walls”, che conta fra l’altro dei passaggi dal groove contagioso per certi versi simili a quelli dei brasiliani Violators. Poi, c’è “Marching Into Downfall”, nel quale i Deathwork s’incazzano del tutto, anche perchè, in questo pezzo, si trovano per la prima volta dei blast – beats incarogniti. Ma non è finita qui, c’è ancora da parlare della cover di “Enjoy the Violence” dei francesi Massacra, che si dimostra parecchio fedele all’originale (naturalmente) sparando quindi un ancor più tenebroso death/thrash (più death, comunque) infettato di grindcore con tanto di 3 assoli schizofrenici, spesso brevi e fulminei.

Non a caso, gli assoli sono abbastanza importanti per i Deathwork, pur seguendo generalmente un approccio più melodico nelle proprie canzoni (specialmente in “Visions Beyond the Black”… ma attenzione, il termine “melodico” lo dovete prendere delicatamente con le pinze), e alcuni di essi sono anche parecchio lunghi. C’è un assolo per pezzo, con un’eccezione nello stesso brano d’apertura, dove ce ne sono 3, come in quello di chiusura.

La voce è uno degli aspetti migliori del disco. I cagneschi e rozzi grugniti del cantante ricordano molto il più puro stile svedese con tanto di imprevedibili urla, sembra quasi di sentire un incrocio fra L.G. Petrov degli Entombed e Johnny Hedlund degli Unleashed. Nella cover invece si adotta uno stile un po’ più basso, così da adattarsi meglio al brano. Alle volte la voce è doppiata, mentre il riverbero innestato su di essa aiuta a far accrescere ancor di più l’intensità della musica. Mi piace molto il bilanciamento fra la voce e gli altri strumenti, con la prima che è praticamente sul loro stesso livello in modo da conferire ancor più caos a tutta la musica, proprio come avviene in un concerto.

Effettivamente, la produzione del disco è pressoché perfetta. Tutto è grezzo ma comprensibile al tempo stesso, il basso si sente che è una meraviglia (finalmente!) tanto da avere talvolta un ruolo melodico, seppur minuscolo (come in “Between Iron Walls”), mentre la batteria ha un suono così vero che non capisco perché molti gruppi estremi preferiscano quel cazzo di trigger che spesso e volentieri rovina l’intensità stessa della musica.

Ma nonostante le apparenze, non è che qui sia tutto rose e fuori, beninteso. A questo punto, devo citare per forza la più volte menzionata “Visions Beyond the Black”, che ha certi passaggi in tupa – tupa troppo statici anche a causa di un riffing che per 40 secondi ripete sostanzialmente le stesse cose senza troppa fantasia. In un certo senso, sembra che, oltre alla violenza, a poco a poco crescano anche le qualità compositive del gruppo, seppur il mio pezzo preferito sia il secondo, che poi sarebbe anche quello più lungo visti i suoi 4 minuti e poco più di massacro sonico.
 Deathwork - Photo
Okay, come avete letto, il disco mi è piaciuto un sacco. Adesso il prossimo passo sarebbe un gran bell’album, anche vista l’esperienza dei musicisti coinvolti ma, per ora, godiamoci quest’altra mazzata  proveniente dalla “nuova vecchia scuola”, che ultimamente sta invadendo alla grande Timpani allo Spiedo (cito infatti i triestini The Beyond, death metal vecchia scuola soffocante, e i tedeschi Morbid Blood Kult, nuovi artefici del black/death bestiale con un sacco di grindcore), e questo non può altro che farmi piacere. Ah, dimenticavo: cercate di aggiornare il profilo Metal – Archives dei Deathwork perché “Three Gates to Death” praticamente non esiste nel sito preferito da noi metallazzi. Come mai?

Voto: 82

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Scaletta:

1 – Visions Beyond the Black/ 2 – Between Iron Walls/ 3 – Marching Into Downfall/ 4 – Enjoy the Violence

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