Seconda puntata relativa alle scoperte (e alle rivalutazioni nonché agli approfondimenti) in vista di un'eventuale ristampa del mio "Più Veloce!", o anche di un suo semplice supplemento magari da mettere in commercio separatamente. Se vi siete persi la prima puntata, eccovela qua. Per il resto, non perdete tempo e leggetevi anche quest'articolo, che potrebbe interessare chi fra voi ha un culto particolarmente ossessivo nei confronti delle sonorità hardcore più estreme dei primordi.
Occhio allo Stato dell’Arizona, dove a Phoenix si stavano facendo rispettare i JFA, altrimenti noti come Jodie Foster’s Army, così chiamati in onore di John Hinckley, il maniaco che il 30 marzo 1981 tentò di assassinare il neopresidente Ronald Reagan per far colpo su Jodie Foster. Però maniaci erano anche i JFA, nel senso che erano tutti degli skater sempre pronti a fare delle acrobazie spericolate sulle loro tavole, come attestato fin dalla copertina del proprio debutto, “Blatant Localism EP”, probabilmente il primo disco skatecore di sempre. Ma notevole la violenza sonora di questo vinile, soprattutto per i convulsi 8 secondi di “Count”, forti anche per un testo capace di ironizzare sull’estrema brevità di tale canzone.Molto interessante pure l'eccellente "Not So Quiet on the Western Front", una delle prime mega-compilation di sempre, rilasciata in vinile nel 1982 dall'Alternative Tentacles di Jello Biafra con la collaborazione di Maximum RocknRoll, che ne curò gli inserti tanto che questo disco potrebbe essere considerato come il numero 0 di questa poi influentissima fanzine. Attenti alla scaletta: ben 47 band, ognuna con un pezzo a testa, per 79 minuti utili a documentare con una grande varietà la scena punk della California del Nord e, in misura minore, del Nevada, ospitando gente del calibro di Dead Kennedys (ovviamente!), 7 Seconds, MDC, Ribzy e Flipper, oltre ai Lennonburger, il gruppo di Jeff Bale, uno dei redattori fissi della futura fanzine.
Presente anche
un buon assortimento di “gruppi antihardcore”[1] che alla durezza e
alla velocità sfrenata preferivano sonorità più bradipiche e sperimentali
perché si aveva già l’impressione che la scena si stesse omologando in band
uguali in tutto. Ecco allora i dissonanti Fang, i sabbathiani NBJ[2],
gli alienanti Church Police e, soprattutto, proprio i Flipper.
Decisamente
fondamentali questi ultimi, visto che con il loro lento e ipnotico rumorismo
avrebbero ispirato nientemeno che i Siege a scrivere un pezzo di questo tipo
lungo ben 7 minuti. Ma anche i Cyanamid, assoluti maestri nell’alternare
schegge furibonde con infiniti incubi pachidermici di straziante genialità.
Al contrario,
paurosamente molto più intransigenti erano gli Zwaar Klote, dove invece
militava Danny dei Pandemonium, che in questo progetto spaccava la propria
batteria a suon di sganassoni allucinanti elargiti veramente alla velocità
della luce. Ascoltare per credere il loro split condiviso proprio con gli
Incest e pubblicato nel 1984 con il titolo rassicurante di “RIP”. Fra l’altro, con il
beneplacito della Limbabwe dello squatter Matski Aerts, quindi stampato ovviamente solo in formato
cassetta. Entrambi i gruppi avevano però già dato il benservito a fine anno,
come segnalato da Tim Yohannan nella relativa recensione uscita su Maximum
RocknRoll #20, pubblicato a dicembre[3].
Chi ebbe l’(in)grato
compito di aprire questa produzione? Esattamente, proprio gli Zwaar Klote, e
così via subito con le mazzate! Solo che queste erano talmente violente ed
estreme, e pure così vicine sia ai Lärm che a certa roba svedese alla Asocial,
da avvicinarsi già terribilmente agli stilemi del grindcore che sarebbe nato di
lì a qualche anno. Incredibili da questo punto di vista tutte e 4 le canzoni,
con una menzione d’onore a “Mac Donalds”, una furiosa ma abbastanza dinamica
invettiva contro il noto fast food americano dal riffing cupissimo e pieno di
primordiali derive black/death metal degne dei primissimi Napalm Death. A
completare tutto ciò dei testi gonfi d’odio abbaiati e urlati a pieni polmoni
scagliati anche contro i fascisti, il nucleare e gli sbirri, dolcemente
vilipendiati nella traccia d’apertura, “Pigs”, poi inserita pure in una
compilation molto interessante sull'hardcore belga/olandese intitolata “Alle 55 Kort”.
Infatti, ad
accogliere subito gli incauti ascoltatori, ecco “DWI”, un pezzo basato su uno
schema lento/superveloce ai limiti del blast beat, con in mezzo delle particine
horror con tanto di risate sadiche da parte del cantante. Più avanti però ecco
una doppietta di schegge impazzite costituita sia dai 40 secondi di “Action
Action”, vero fastcore dall’inizio alla fine molto incentrato sui cori, che,
specialmente, dai 10 secondi di “Garbage Can”, praticamente una missilata grind
definita da Steve Spinali su Maximum RocknRoll
come “un mini-classico”[4]. E a fine scaletta
ecco l’ossessiva “Who Says”, strutturalmente simile a “DWI” ma con un finale
spietato come pochi. In breve, questi ragazzi suonavano un thrash talvolta
veramente estremo capace però di offrire una certa varietà, regalando in tal
modo perle come l’anthemica e divertente “Holiday in Guyana”, 4 minuti di un
lento hard rock dai forti connotati blues anche negli assoli.
A parte però
pubblicare queste compilation, i ragazzi dello Smurf Punx si stavano facendo le
ossa organizzando nello stesso anno vari concerti, 4 in totale, svoltisi
fra Dendermonde e Aalst, dimostrando un respiro decisamente internazionale.
Infatti, fra gli ospiti gruppi ovviamente olandesi come i Lärm e gli Indirekt ma anche i nordirlandesi Stalag 17, i tedeschi Ceresit e
perfino i Toxic Reasons[5].
[1] Steven Blush – “American
Punk Hardcore: una storia tribale”, pag. 59 (Shake Edizioni).
[2] Anche conosciuti come Nazi
Bitch and the Jews, erano capitanati dalla povera Annelle Zingarelli, morta a
soli 22 anni per overdose da eroina nell’ottobre 1983, assolutamente peculiare
con le sue vocals salmodianti e crudeli al tempo stesso.
[3] https://www.maximumrocknroll.com/review/mrr-20/r-i-p-split-cassette/.
[4] https://www.maximumrocknroll.com/review/mrr-28/wheres-my-head-lp/.
[5] Per ottenere informazioni di prima mano su
questi concerti e, in generale, sullo Smurf Punx, vi invito a visitare il sito
sul collettivo gestito da uno dei suoi agitatori, Brob, in realtà solo più
avanti fra le sue fila e allora militante negli effimeri Repulsives, fra
l’altro inseriti in “24 Love Songs Part II”. Eccovi il link:
https://smurfpunx.wordpress.com.
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