Tuesday, July 30, 2013

Supremative - "Servitude of the Impurity" (2013)

Demo (Bestial Desecration Records, 2013)

Line – up:     Instigator of the Seven Demons and Inexorable Necromancer – vocals/guitars/drums;
                     Disciple of Eternal Damnation and Captor of Pure Souls – bass.

Location:      Spain.

Better song of the demo:

“Campaign of Execution”.

Better feature of the band:

its great ability to balance the cacophony of the rhythmic guitar with a bunch of effective features.
 Supremative - Servitude of the Impurity
When I knew for the first time the Supremative through my FaceBook group named “Bestial Black/Death metal”, I confused them like a Proclamation – clone due to the cover artwork of “Servitude of the Impurity”, that reminds to me the demonic boneheads of the Proclamation’s albums. In fact, on Metal – Archives there’s written to not confuse the two bands, that have nothing to do between them, except the genre and the nationality. But the Supremative don’t really plays like the Proclamation, also if either the bands have the tendency to homage some legendary acts into their songs, as you see soon.

“Servitude of the Impurity” is the very first sonic assault of the Supremative, and it consists of 4 tracks per 13 minutes full of blasphemies and chaos. But the first thing that catches your ears is the cacophonic production, since the rhythmic guitar is so dark and distorted to be less audible, it’s a very difficult enterprise distinguishing the riffs between them. In that case, you have the only chance to follow the music through the various drum patterns and the line vocals, that are very audible. Hence, despite the difficulty to understand the riffs, the music is really effective, having many points of interest.

One of them comes from the soloist guitar, that is presented in every song shooting always a solo at least, except in “Servitude of the Impure Messiah”, where there are 2 solos. The soloist guitar is very audible and destroys your ears through solos that are sometimes longer and less noisy than the usual.

Instead, the vocals are a continuous homage to the Von for two reasons: 1) they are raw growls with the plus of (occasional) pig – like vocals; 2) they are characterized by a perennial and atmospheric echo. In addition, some line vocals are fantastic and – how can I say? – well-cantabile, and this a rare feature into the genre of bestial black/death metal.

Then, the songs’ structure is unforeseeable enough and don’t follows a particular and fixed scheme. The tempo shifts, also if never exaggerating, are well frequent, all the more so because that the Supremative vomits sometimes some mid/slow tempos that homages “Ritual” of the incorruptible Blasphemy (like in the aforementioned “Servitude of the Impure Messiah”). Obviously, the band prefers the fast tempos, in this case both the blast – beats and unbridled tupa – tupas, differentiating sufficiently the various patterns. Besides all this, there is another excellent feature, since the Supremative reinforces their songs also through devastating restarts, as it happens in “Campaign of Execution”.

In brief, the Supremative have made a miracle because they hid their problems about the riffs (that are audible only during the slow parts) with a series of interesting and effective features, so to be better than other similar bands like the Satanik Goat Ritual. Hence, I recommend this demo to who wants rottenness ad libitum. But, if you still don’t trust in my enthusiasm, the band has posted on YouTube its entire demo with the plus of its email contact. In this way, you have no excuses!

Vote: 72

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Tracklist:

1 – Intro/Embrace the Endless War/ 2 – Altars of Sodomy/ 3 – Campaign of Execution/ 4 – Servitude of the Impure Messiah

YouTube:

Monday, July 29, 2013

Macabre Enslaver - "Le Sporche Strade della Mente" (2013)

Album (Mother Death Productions, 8 Febbraio 2013)

Formazione:             Mirg – voce/chitarre/basso/drum – machine/samples

Località:                   Genova, Liguria.

Canzone migliore del disco:

“Cancro III”.

Punto di forza dell’opera:

la sua tremenda follia.


“Lo – Fi Christian Dark Music”, che ci crediate o no, è la definizione che Mirg dà della propria musica. E già qui capisci che c’è qualcosa che non va. Poi, ti inoltri nel profilo FaceBook (ormai non più esistente) di questo progetto, e scopri che Macabre Enslaver non è da intendersi come un gruppo cristiano, anche perché il concetto di Dio viene usato come “metafora/epicentro dei mali interiori dell’uomo”. In pratica, l’obiettivo di Mirg è semplicemente quello di dare voce a una “personale interpretazione dell’oscurità”, nonostante tutta l’iconografia palesemente cristiana, se non addirittura cattolica, che sta dietro al suo progetto. Insomma, questa è tutta da roba da sviscerare in lungo e in largo in un’eventuale intervista, tanto da capire meglio su cosa è imperniato, dal punto di vista tematico, “Le Sporche Strade della Mente”, primissimo album di Macabre Enslaver composto da 8 pezzi per 48 minuti di delirio sonico (e fra un po’ vi aspetta anche un EP di 4 canzoni).

Dopo avervi ammorbato con un’introduzione del genere, credo che abbiate già capito di trovarvi di fronte una creatura bizzarra e malata, anche perché la musica non è facilmente identificabile, ci sono persino degli esperimenti veramente inusuali e inquietanti. Ogni pezzo è angosciante, eppure l’album scorre in maniera tremendamente fluida e – sarò strano a scriverlo ma sinceramente ‘sti gran ciufoli – “serena”, e questo perché il disco è bello vario, quindi non stanca mai a dispetto del minimalismo, a volte estremo, della (anti?) – musica quivi contenuta. Perciò, mi sembra giusto fare un veloce track by track dell’album. Quindi, nell’ordine:

-          “Cancro I” è praticamente un’intro, essendo composta da 3 minuti di voci maschili e femminili che, letteralmente, pregano, ma esse sono così effettate (una costante di tutto l’album è quella di manipolare, per l’appunto, le voci) da risultare inquietanti e sataniche, altro che “il Signore è con te”!;

-          con “Cancro II” (di cui è stato fatto un video) si inizia a fare sul serio, sparando un black metal ossessivo e agghiacciante con tanto di urla vomitate e ovattate ma inframmezzate da varie voci pulite belle folli. C’è anche la chitarra solista, seppur sia molto schematica. La canzone è divisa in due parti ben distinte: la prima è ultra – blasteggiata, mentre la seconda, introdotta da uno stacco acustico, si basa più che altro sui tempi medi. Fra l’altro, l’atmosfera del pezzo ricorda molto quella dei francesi Belketre, quindi aspettatevi follia pura;

-          con il pezzo successivo (ovviamente, “Cancro III”) le carte in tavola cambiano radicalmente, visto che stavolta la musica è più o meno un ambient black metal con voci pulite e batteria lenta molto doomeggiante, con tanto di leggeri accenni di melodia, soprattutto nell’atmosferica intro;

-          “Cancro IV” è invece il pezzo meno convincente di tutti. Perché? Perché è tremendamente statico pur non avendone bisogno, dato che 1) il riffing è a tratti epicheggiante e 2) la batteria è più dinamica del solito, anche se si basa su un preciso tempo medio. Tutto ciò presupponeva uno sviluppo della canzone più flessibile. Inoltre, è da notare che essa è praticamente una strumentale (a parte per la presenza occasionale di una voce femminile) e che di black ha poco o nulla;

-          adesso, attenzione, perché “Cancro V” di musicale non ha un tubo, essendo un esperimento delirante dominato da una pazza che urla, sussurra in preda a chissà cosa, e il tutto viene sparato in lingua tedesca (così pare). E il bello è che, ragazzi, cazzo se funziona alla grande! Ricorda un po’ quegli esperimenti di metadocumentazione di cui sono noti gruppi industrial come gli spagnoli Vagina Dentata Organ;

-          con il seguente episodio si ritorna, finalmente, al black metal. Blast – beats dall’inizio alla fine in pieno Darkthrone – style, un lungo riff ripetuto ad libitum, una semplice e buona linea di basso, uso esclusivo di una voce parlata e sommessa e conclusione totalmente improvvisa del pezzo;

-          ma Mirg sembra essere uno strenuo difensore del camaleontismo estremo, perché in “Cancro VII” preferisce essere melodico e soffuso, con tanto di intro piena di campane e coro a cappella. L’impatto emotivo, enfatizzato da un’evocativa chitarra acustica, è veramente notevole. Il problema è che, dopo 5 minuti, Mirg esagera staccandosi troppo dal disperato motivo principale, prima con un puro black depressivo, poi sfiorando addirittura la psichedelia più inquietante. Insomma, lo sviluppo del pezzo è simile a quello di “Cancro III”, ma in questo caso si perde proprio la melodia e la carica emotiva, allungando inutilmente il brodo, che alla fine è di circa 9 minuti;

-          infine, la chiusura dell’album è affidata a “Cancro VIII”, che è semplicemente un delicato pezzo ambient che riprende a tratti il motivo fondante di “Cancro VII” (altra costante del disco, visto che certi pezzi riprendono alcuni elementi di quelli precedenti, che sia una traccia pre – registrata, un pattern di batteria ecc… ecc…).

Ecco fatto (fortuna che il “track by track” doveva essere veloce…). In pratica, Macabre Enslaver è una creatura decisamente sperimentale che pesca a piene mani dal black metal e dal (dark) ambient, con in più accenni di noise/industrial e di elettronica. Ma l’album ha un difetto importante che non può non essere menzionato: è così vario da essere spesso e volentieri dispersivo. Ciò significa che Mirg non è riuscito ad amalgamare (quasi) mai tra loro gli elementi della propria musica, solo “Cancro III” ci riesce almeno un minimo, e per questo l’ho scelto come il pezzo migliore dell’album.

Per il resto, la produzione del disco è bella cupa e sporca ma è incredibilmente comprensibile, tanto da poter sentire abbastanza bene anche il basso.

Sintetizzando il tutto, “Le Sporche Strade della Mente” è un disco malato che va oltre i canoni conosciuti, quindi lo consiglio vivamente a chi cerca qualcosa di nuovo e veramente “anti – umano”, anche se un ascolto preliminare, almeno in questo caso, è praticamente obbligatorio (non a caso, su YouTube si possono sentire alcuni pezzi dell’album). Ma, per raggiungere livelli di eccellenza, ci vuole un po’ più di compattezza perché, ora come ora, la musica di Mirg sembra più che altro un collage pieno di interessanti spunti. Perlomeno, questo primo passo è comunque buono, le qualità e il coraggio, come si è visto, non mancano. Adesso bisogna soltanto focalizzare di più l’obiettivo, perché soltanto così si potrà parlare finalmente di vero e proprio sterminio uditivo. Però… faccio notare che, quando ho finito di ascoltare per la prima volta l’album, mi sono messo a leggere addirittura il grande Lovecraft. Significherà qualcosa, no?

Voto: 68

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Scaletta:

1 – Cancro I/ 2 – Cancro II/ 3 – Cancro III/ 4 – Cancro IV/ 5 – Cancro V/ 6 – Cancro VI/ 7 – Cancro VII/ 8 – Cancro VIII

BlogSpot:


BandCamp:

Wednesday, July 24, 2013

Smackabbrit - "Made in Low Italy" (2011)

Album (TNA Records, 2011)

Formazione (2010):   Domenico di Filippo – voce/chitarre/basso;
                                   Giuseppe Laudado – chitarra (entrato recentemente);
                                    Cristiano delle Rose – basso (idem);
                                    Emanuele Zocaro – batteria.

Località:                      Furci (Chieti), Abruzzo.

Canzone migliore del disco:

“Fake”.

Punto di forza del gruppo:

gli assoli.


Certo che non credevo mai che Timpani allo Spiedo avrebbe prima o poi ospitato gruppi addirittura nu metal come i Backtheory e gli Smackabbrit (entrambi curiosamente provenienti dall’Abruzzo). Mi ricordo quando io scrissi il primissimo editoriale della ‘zine, quando ancora la spedivo tramite mail. L’obiettivo era di diffondere il verbo del metal estremo in ogni sua forma, ma con il preciso intento di mandare affanculo gruppi commerciali come Trivium, Cradle of Filth e compagnia simile. Però, poco a poco, il raggio d’azione della ‘zine si è allargato notevolmente fino a comprendere, per l’appunto, il nu metal, genere che in fin dei conti ho sempre apprezzato, tanto che il mio disco preferito di questo stile è persino il primissimo album dei Limp Bizkit, che ormai sono dei ricchi sfondati e fanno irrimediabilmente cagare. Ma nell’A.D. 1997 sputavano una rabbia senza pari, che forse solo gli Slipknot e i Soulfly sono riusciti a eguagliare, se non a superare.

Detto ciò, gli Smackabbrit non sono esattamente un gruppo di puro nu metal. Infatti, nella loro musica, vi è parecchio metalcore lento, di quello che anche i Backtheory masticano un po’, e in più vi sono occasionali rimandi a un thrash grooveggiante, magari contaminato da influssi panteriani anche nella voce. Quindi, gli Smackabbrit, pur essendo abbastanza pesanti e scevri da qualsiasi influenza rap (beh, più o meno), prediligono nettamente i tempi medio – lenti. Praticamente, si può dire che gli Smackabbrit vadano veramente veloci nella sola “G.N. Your End (with Laganas Bitch)”, dove ci sono dei considerevoli tupa – tupa che potrebbero essere sviluppati meglio nelle future produzioni. E pensare che è il pezzo più strano dell’album, essendo diviso in due sezioni inframmezzate da una lunga pausa, rendendolo così un brano da quasi 10 minuti!

Un’altra anomalia viene dal comparto chitarre, precisamente dalla chitarra solista, la quale occupa non poche volte uno spazio importante, sia partorendo degli assoli belli fantasiosi, sia completando/integrando il riff di base. Non a caso, gli episodi migliori dell’album sono quelli con gli assoli (uno/due al massimo), ed è un peccato che la metà dei pezzi non ne presenti nemmeno uno.

Il gruppo ha una notevole fantasia nel differenziare i vari brani, sia dal punto di vista atmosferico, sia da quello inerente la loro struttura, che spesso si presenta ben curata e dagli slanci imprevedibili (come la sorprendente “Killer Part Time”, l’unica che non segua un vero e proprio schema a strofa – ritornello). Atmosfericamente parlando, bisogna dire che gli Smackabbrit non disdegnano le melodie, così da creare due pezzi altamente drammatici come “Cold Alien” e “Five Seconds to You”, e uno più sui generis perché totalmente acustico (a parte per la presenza di una batteria elettronica, che però rovina un po’ l’atmosfera del brano), come “Intoxicated by Words and Songs”.

Ma in quest’album si ha la curiosa tendenza a spezzare la tensione, che spesso si raggiunge e altrettanto spesso non viene sviluppata definitivamente. Come in “Vices Again”, che ha una parte centrale con tanto di chitarra pulita che presupponeva un climax fortemente drammatico, ma, invece di ciò, viene ripetuto insistentemente il ritornello, non aggiungendo così niente di nuovo. Ma il punto debole del gruppo viene dai momenti metalcore, di cui c’è un abuso grave, vuoi perché essi possono presentarsi lungo la stessa parte centrale in luogo degli assoli, vuoi perché hanno non poche volte il compito di concludere i pezzi, specialmente durante la seconda parte del disco. In più, i passaggi metalcore sono anche belli lunghi, ragion per cui, un pezzo in potenza molto intenso come quello finale, cioè “G.N. Your End”, risulta purtroppo debole.

Alla fine, credo che gli Smackabbrit abbiano fatto il classico passo più lungo della gamba, visto che sarebbe stato meglio pubblicare prima un demo per testare le proprie potenzialità e poi l’album, anche perché questo è lungo la bellezza di quasi 52 minuti. Il suo principale difetto è la sua discontinuità, dato che la prima parte è notevole (le prime 4 canzoni sono dei piccoli capolavori), mentre la seconda è altalenante. E questo è veramente un peccato, perché il gruppo ha un sacco di caratteristiche notevoli, come per esempio il comparto vocale, che si presenta molto vario e s’adatta benissimo alla differente atmosfera dei pezzi con tanto di (rari) cori militanti molto vicini al metalcore più politicizzato. Per ora, consiglio al gruppo di provarci di più con gli assoli e di seguire la scia delle primissime canzoni, che a tratti sono di una complessità non comune nell’ambito del nu metal.

Voto: 69

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Scaletta:

1 – First Revolution/ 2 – Killer Part Time/ 3 – Fake/ 4 – Cold Alien/ 5 – Monsters Playground/ 6 – How to Kill a Wife/ 7 – Intoxicated by Words and Songs/ 8 – Vices Again/ 9 – Bad Ball/ 10 – Rotten (Like a Zombie)/ 11 – Five Seconds to You/ 12 – Gaeta Rules!!!/ 13 – G.N. Your End (with Laganas Bitch)

Sito ufficiale:


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Thursday, July 18, 2013

Intervista ai Blessed Dead!

1)      Ehilà, ragazzi, come la va? Cominciamo con una domanda spinosa: perché Ghast e Gian non sono più della partita? Fra l’altro, ormai si può dire che siate abituati a questi avvicendamenti in formazione, quindi, com’è ricominciare sempre con dei nuovi compagni?

Sono stati loro purtroppo a scegliere di lasciare il gruppo: Gian era molto impegnato con gli studi universitari e si è reso conto d’avere tempo da dedicare a un solo gruppo, ha quindi scelto di concentrarsi solo sui Riexhumation, band da lui stesso fondata. Flavio invece desiderava prendersi un “periodo di pausa” dal death metal… dopo alcuni mesi tuttavia ha ripreso a suonare e attualmente suona con Gian negli stessi Riexhumation, e con Tolo (il nostro bassista) negli Undead Medical Division.
E purtroppo sì, siamo in un certo modo abituati a questi cambi di formazione… anche se speriamo d’aver finalmente trovato una certa stabilità! Ricominciare ogni volta è complicato: prima di tutto devi trovare gente che ascolti e abbia voglia di suonare questo genere (ed è tutto tranne che semplice), inoltre bisogna ogni volta partire da zero, instaurare un nuovo rapporto, capire il modo di pensare, i gusti musicali e lo stile di chi ti trovi davanti: da un certo punto di vista è anche stimolante, ma solo se ti trovi di fronte dei ragazzi a posto e seri.

2) Perché avete deciso di rimanere in 4?

Beh, per le date che abbiamo affrontato questa estate si è unito a noi Jack (Jacopo Affò) un amico che ci ha appunto permesso di restare momentaneamente con una formazione a 5, e che dobbiamo ringraziare veramente tantissimo per il lavoro e il tempo passato insieme. Speriamo tantissimo che resti nel gruppo, ma anche lui è pieno di impegni e ancora non sa se riuscirà a rimanere con noi.
 
3) Il vostro nuovo corso musicale è stato dettato dagli ultimi cambi in formazione oppure era già nell’aria?

No, non c’entra con i cambi di line-up, era già nell’aria dopo la registrazione di “Sick Human Essence”… diciamo che abbiamo ampliato i nostri ascolti.

4) Adesso voi suonate un death metal bello cattivo e pieno di blast – beats, con tanto di rallentamenti semi – brutal e qualche riffing blackeggiante. Siete d’accordo? E non proponente neanche più un assolo. Come mai?

Mmm forse sui riff “blackeggianti” ci spiazzi, non ci sembra d’averne inseriti (o forse non ce ne siamo resi conto). Per il resto, canzone dopo canzone, stiamo cercando di trovare il nostro “equilibrio”, assimilando determinate soluzioni ma cercando al contempo di creare, nel nostro piccolo, un nostro stile e di non limitarci a “copiare” determinati gruppi o stili. Per quanto riguarda gli assoli, vista la probabilità di rimanere con una formazione a 4 elementi con una sola chitarra, abbiamo deciso di puntare tutto sull’impatto più diretto, tralasciando quindi soluzioni come gli assoli.

5) Da dove avete preso l’orchestra dell’intro e lo spez… ehm… lo spezzone porno di “Miss Bloody Pain”?

Dunque lo spartito dell’intro è stato scritto da Shon, mentre i suoni degli archi sono stati scelti in sede di registrazione tramite delle librerie apposite, partendo direttamente dal file MIDI e quindi “caricati” sul file stesso… non si tratta dell’esecuzione di un’orchestra. Per quanto riguarda lo spezzone di “Miss Bloody Pain” invece Nicko si è semplicemente fatto un giro su YouPorn e ha valutato l’orgasmo che faceva al caso nostro e il “poc” dello “stappo” a fine stacco è preso dalla pubblicità del Vino Ronco (bei tempi, me la ricordo! Nda Claustrofobia). Siamo persone serie noi eh!

6) Liricamente, di cosa trattano i testi? C’è un qualche significato particolare dietro di essi?

Allora “Miss Bloody Pain”, come è facile intuire, ha un testo gore ma tremendamente goliardico: parla di una signorina che non trova nulla di meglio da fare che sgrillettarsi in pieno ciclo con catastrofiche conseguenze!
“To Feel You… In Agony!” invece è essenzialmente uno sfogo contro una persona (e ognuno di noi ne ha almeno una) che ci ha illuso, tradito, usato in un momento della nostra vita, gettandoci poi in un angolo come se nulla fosse quando ha trovato secondo lei di meglio e rispedendoci senza rimorso nel nostro inferno personale… da cui siamo però tornati per fargliela pagare! E pensa un po’ se quella persona fossimo noi stessi… può essere no?

7) La copertina sembra uscita da un album thrash degli anni ’80 con tanto di uomo torturato chissà come. Volevate un flavour vecchia scuola? Chi l’ha disegnato?

La copertina è stata disegnata da Andrea Marchetti, un bravissimo vignettista amico di Mannaz (il nostro cantante). Non abbiamo pensato a un soggetto vecchia scuola… volevamo solo un immagine forte e diretta che richiamasse in qualche modo il testo di “To Feel…”.

8)Immagino che stiate lavorando al vostro primo album. Se sì, come sta procedendo? Sarà più o meno sulla falsariga del promo o ci sarà qualche ulteriore sorpresa? Sperando che nel frattempo non avvengano altri cambi nei vostri ranghi…

I lavori durante l’estate si sono un po’ arenati a causa delle date live in cui siamo stati impegnati, ma riprenderemo presto con la scrittura. Sarà sulla falsariga del promo… con qualche canzone dalla struttura e riff più intricati e qualche pezzo più “lineare” (almeno dal nostro punto di vista).

9) Che mi dite invece del vostro merchandising? Che ne so, maglie, toppe… preservativi con il vostro logo…

Preservativi con il logo… beh potrebbe aprirsi un mondo del cazzo ahaha! No dai seriamente, per ora ci limitiamo a delle T-shirt con un disegno che richiama molto quello della copertina del promo, sempre disegnato da Andrea Marchetti. Per l’immediato futuro abbiamo pensato d’aggiungere qualche piccola cosa come degli adesivi con il logo, ma una volta terminato l’album vedremo di rinnovarci sicuramente con nuove magliette e magari anche altro.

10) Bene, quest’intervista è finita, adesso siete liberi di dire qualsiasi cosa verso i lettori di Timpani allo Spiedo (quel “qualsiasi cosa” è un po’ ripugnante…)

Innanzitutto ti ringraziamo per questa intervista e per la recensione! Ai lettori vogliamo dire che le nostre scoregge puzzano tantissimo: e che riteniamo sia una caratteristica importante delle nostre vite (infatti, quel “qualsiasi cosa” è proprio ripugnante eheh! Nda Claustrofobia). Detto ciò… andate ai concerti! Se ne avete la possibilità comprate i demo o le magliette delle piccole band che vi capita di vedere a qualche concerto o festival: non immaginate nemmeno quanto sia grande la soddisfazione di vendere un proprio CD autoprodotto per una band che si è fatta il culo quadro per anni tra mille difficoltà. Un saluto a tutti i metallari/metallare in lettura!

Black Faith - "Jubilate Diabolo" (2013)

Album (Mother Death Productions, 6 Aprile 2013)

Formazione (2004):       Snarl – voce/chitarra solista;
                                      Vinterblot – chitarra ritmica;
                                      Acheron – basso/voce;
                                      Hyakrisht – batteria.

Località:          Pescara, Abruzzo.

Canzone migliore del disco:

“Seduced by the Evil One”.

Punto di forza del gruppo:

la sua incredibile intensità.

Cover artwork: Ereshkigal Black Art

Toh, guarda chi ritornano da queste parti, i Black Faith! Sono passati ben 3 anni dall’uscita e dalla mia recensione del promo di “Jubilate Diabolo”, ottimo esempio di ancient black metal nostrano che difettava di una produzione deboluccia e un certo deja – vù nelle linee vocali. Finalmente, i nostri ce l’hanno fatta a pubblicare il loro primissimo album, che è composto prevalentemente da pezzi già noti del gruppo, compresi “Padre Mithra” e “Black Nocturnal Liturgy”, provenienti addirittura dall’unico demo “Proclaim My Victory” dell’A.D. 2006. In pratica, il solo brano inedito è “Burnt Flesh Sculptures” ma ne avrei desiderati un po’ di più. L’importante è che le vecchie canzoni siano state debitamente ri – registrate e in certi casi anche ri – arrangiate almeno un minimo secondo il differente periodo storico.

Il comparto vocale è un valido esempio di ciò. Infatti, le urla inquietanti di Snarl, capace di variarle abbastanza in modo da adattarsi meglio all’atmosfera dei vari pezzi, sono ora accompagnate (ma al lumicino) da veri e propri grugniti, che spesso le doppiano. Poi, si utilizza di più la produzione, pulita e compatta come mai prima d’ora, giocando talvolta con gli effetti sulla voce (e non solo).

La musica dei Black Faith rimane ovviamente un black metal abbastanza dinamico, ben equilibrato fra le parti medio – lente (compresi passaggi dal groove incredibilmente contagioso) e quelle più veloci (che vanno dai blast – beats incarogniti a un parecchio frequente tupa – tupa non molto veloce) e abile a differenziare brillantemente fra di loro i pezzi, magari con un pizzico di punk (come si vedrà). Le melodie sono presenti ma non prevalgono come negli Arcanum Inferi, preferendo in non poche occasioni un approccio più spietato e spesso quasi ai limiti della scuola svedese (non a caso, i Black Faith sono nati come gruppo cover dei Marduk). Inoltre, la chitarra solista, pur non sparando mai assoli (se non uno breve e bello devastante in “Seduced by the Evil One”), dà un importante contributo in modo da completare/integrare il riff di base.

Come ho scritto prima, i vari pezzi si distinguono molto bene l’uno dall’altro. Per fare qualche esempio:

-          “Seduced by the Evil One” è sicuramente la più punkeggiante e dinamica canzone di tutto il lotto fino a essere, nei suoi “soli” 4 minuti, praticamente isterica in certi momenti. Per inciso, recentemente l’ho postata su FaceBook definendola come una delle canzoni migliori del black italiano (avrò forse un po’ esagerato?);

-          “Padre Mithra” è l’altra hit dell’album, pur essendo completamente all’opposto di “Seduced…”, dato che è un pezzo bello ossessivo e dall’introduzione lunghissima di quasi un minuto e mezzo (cosa che condivide con la precedente “Thy Vital Breath” visto che anche qui il cantante ci mette una vita a sparare i primi versi);

-          “Black Nocturnal Liturgy”, invece, parte doom per poi avere una parte centrale ultra – blasteggiata come gli svedesi comandano, riprendendo alla fine quella cupezza un po’ funerea dei primi minuti, con tanto di sovraincisioni vocali di sicuro effetto;

-          la titletrack, infine, è il tour de force dell’album considerati i suoi 7 minuti di delirio (ma ricordo che è stata un po’ accorciata) nei quali sono ben presenti delle melodie disperate e tempestose, e fra l’altro i nostri hanno aggiunto delle tastiere minimaliste che mancavano nella versione originale (però chi le ha suonate?);

Mi sono accorto che ci sono delle differenze fra la prima e la seconda parte del disco. Infatti, la prima patte consta di canzoni che badano più al sodo (leggasi, più brevi, sui 4 minuti e mezzo circa di media) e sono più ricche dal punto di vista ritmico. Di contro, le restanti 4 sono più lunghe (6 minuti di media) e risultano essere più che altro un’alternanza fra blast – beats e tempi medio – lenti, con i tupa – tupa e l’elemento punk che hanno un peso notevolmente minore. Di conseguenza, ho una leggera preferenza per la prima parte, che è un po’ più intensa e per certi versi un po’ meno tradizionale.

Eppure, è proprio questa ad avere l’unico brano non proprio riuscito dell’album, cioè “Beyond the Night”. Tale canzone è fondata perlopiù sui tempi medi, che dominano negli ultimi 4 minuti, pur partendo ultra – veloce. Solo che negli ultimi 2 minuti la voce scompare letteralmente, dimenticandosi così di dar manforte ai propri compagni, anche perché non è che ci siano tutti ‘sti virtuosismi o passaggi a effetto che potrebbero giustificare la loro assenza. Alla fine, forse era proprio meglio la versione originale di “Beyond the Night”, non credete?

In definitiva, a parte quest’appunto e il fatto che si dovessero proporre più pezzi nuovi, “Jubilate Diabolo” è un album che consiglio alla grande senza pensarci neanche una volta e mezzo. E’ vario, è cattivo, ha anche qualche lirica in italiano (però mischiato inspiegabilmente con un po’ di inglese – “Padre Mithra” e la titletrack), il basso certe volte offre dei buoni spunti melodici (come negli ultimi due pezzi)… e il black italiano ha un altro gruppo di cui essere orgogliosi. Fra l’altro, faccio notare che poco dopo l’album è uscito uno split, intitolato “The Last Prayer”, dei Black Faith insieme ai distruttivi Acheronte (altra conoscenza di Timpani allo Spiedo) e i veterani Khephra sotto la mitica SBRT Records. Sì, e i pezzi sono? Tutti inediti…

MANNAGGIA!

Voto: 86

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Scaletta:

1 – My Walk in the Dark/ 2 – Beyond the Night/ 3 – Seduced by the Evil One/ 4 – Thy Vital Breath/ 5 – Padre Mithra/ 6 – Burnt Flesh Sculptures/ 7 – Black Nocturnal Liturgy/ 8 – Jubilate Diabolo

FaceBook:


SoundCloud:

Tuesday, July 16, 2013

Antigama - "Meteor" (2013)

Full – length album (Selfmadegod Records, May 28th 2013)

Line – up (2000):  Lukasz Myszkowski – vocals;
                              Sebastian Rokicki – guitars;
                              Michal Zawadzki – bass;
                              Pawel Jaroszewicz – drums.

Location:               Warsaw (Poland).

Better song of the album:

“Prophecy”.

Better feature of the band:

Its incredible violence combined with a great imagination.
 Antigama - Meteor
Cover artwork: Lukasz Myszkowski

As I anticipated into the review of “It Rains, It Pours” of Dormant Ordeal, today I talk about the sixth studio album of the Antigama, but I must admit I never listened them before these last days. “Meteor” has surprised me, because it is a very fanciful and even visionary album during its 29 minutes circa of length per 11 tracks. These ones, it’s an important thing to say, are based prevalently on a ultra – sonic violence that is so precise to surprise the listener every time.

This quartet of unbridled madmen plays a dynamic death/grind full of blast – beats and characterized by a dissonant and noisy riffing that hates the melodies (and the solos, that are completely absent here). But the death/grind of the Antigama leaves some places to HC/Crust moments, allowing to the music to be more intense and sanguinary, while there are some disturbing slowdowns here and there in the album, like in “Prophecy”. But this sonic assault has played through remarkable technical skills, so it’s so more complex than the first impressions, also because the songs’ structure often respect, at least initially in some songs, an elementary 1 – 2 scheme destined to be broken during a track (except “The Signal”, that is the more classical song as regards the structure). Instead, the vocal sector is characterized by growling screams complete with double vocals and (rare) clean vocals, also in a spoken way.

The production of “Meteor” is very powerful but “true” at the same time, also if Antigama plays often with the effects, mostly on the vocals. Besides this, all the instruments are incredibly audible, despite the sonic holocaust.

But I realized that there are some great differences between the first and the second part of the album. The first one is very furious while the other half is characterized by more visionary songs, all the more so because you could have the impression to listen another band in some songs, like in the industrial “Untruth” (the longer track of “Meteor”, since its almost 5 minutes of length). But, before “Untruth”, there are:

-          “Stargate” is a semi – instrumental song and it is divided between sudden blast – beats restarts and as many sudden breaks, complete with cosmic effects and a answering service (!), that is a female voice that takes again a bit the “There is a message for you” of the 2nd song, “The Key”;

-          and “Turbulence” is a real instrumental track and characterized by a kind of “cosmic” drum’n’bass exploding in the next moments through a more groove metal tempo complete with a keyboard solo!

In a certain way, I can say that the second part of the album is introduced by the 5th song, “Fed by the Feeling”, that is based exclusively on the mid and also groovy tempos, not forgetting its thrashing riffs. In brief, the Antigama have an excellent imagination and capacity to create some good songs, as you see.


The listening of the album ends with a “goodbye” that is really terrifying in its simplicity. The absurd thing of “Meteor” is that its better song should be the semi - Meshugghian “Untruth” but it is so strange and less representative of the Antigama’s musicality to prefer “Prophecy”. Besides this, the second part of the album could be planned in a better way, so to put a strange track into the first half and another one of this kind at the centre ‘cause so there was a better balance between the two parts, don’t you think? But, these are little details since “Meteor” is always a Mr. album, violent and “intellectual” as few bands know to do.

Vote: 84

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Tracklist:

1 – Collapse/ 2 – The Key/ 3 – Prophecy/ 4 – Meteor/ 5 – Fed by the Feeling/ 6 – Crystal Tune/ 7 – Stargate/ 8 – The Signal/ 9 – Turbulence/ 10 – Perfect Silence/ 11 - Untruth

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Thursday, July 11, 2013

Deathwork - "Three Gates to Death" (2012)

EP (Armed God Records, 2012)

Formazione (2002):   Fab Armed God M. – voce;
                                   Azmeroth – chitarre;
                                   Rick Costantino – basso;
                                   Riccardo Grechi – batteria (session).

Località:                     Catania, Sicilia.

Pezzo migliore del disco:

“Between Iron Walls”.

Punto di forza del gruppo:

l’abilità nell’estremizzarsi a ogni pezzo successivo.
Cazzo, da queste parti non compariva un gruppo death/thrash addirittura dal Gennaio di quest’anno, cioè quando recensii “Tributo di Sangue” dei pisani Subhuman, che però, modernisti come sono, poco hanno a che spartire con i Deathwork, visto che questi catanesi sono completamente devoti alla vecchia scuola. Ciò è pure ovvio, dati i personaggi coinvolti, tutti nomi più o meno noti della scena estrema siciliana: infatti, Rick Costantino è il leader degli ottimi Krigere Wolf (di cui ho recensito entrambi i lavori), Azmeroth suona negli Heretical, mentre Fab Armed God è il capoccia dell’omonima Armed God Records. Insomma, questo è un curriculum di tutto rispetto per il ritorno nelle scene dei Deathwork, che non rilasciavano qualcosa persino da “Evolve to Extinguish” del 2005.

Dai 3 pezzi originali per circa 11 minuti di questo “Three Gates to Death” aspettatevi un death/thrash dinamico e “ignorante” che diventa curiosamente sempre più cupo e violento con il passare dei brani. Infatti, dal pezzo d’apertura “Visions Beyond the Black”, il più thrash di tutti, si passa al più puro death/thrash di “Between Iron Walls”, che conta fra l’altro dei passaggi dal groove contagioso per certi versi simili a quelli dei brasiliani Violators. Poi, c’è “Marching Into Downfall”, nel quale i Deathwork s’incazzano del tutto, anche perchè, in questo pezzo, si trovano per la prima volta dei blast – beats incarogniti. Ma non è finita qui, c’è ancora da parlare della cover di “Enjoy the Violence” dei francesi Massacra, che si dimostra parecchio fedele all’originale (naturalmente) sparando quindi un ancor più tenebroso death/thrash (più death, comunque) infettato di grindcore con tanto di 3 assoli schizofrenici, spesso brevi e fulminei.

Non a caso, gli assoli sono abbastanza importanti per i Deathwork, pur seguendo generalmente un approccio più melodico nelle proprie canzoni (specialmente in “Visions Beyond the Black”… ma attenzione, il termine “melodico” lo dovete prendere delicatamente con le pinze), e alcuni di essi sono anche parecchio lunghi. C’è un assolo per pezzo, con un’eccezione nello stesso brano d’apertura, dove ce ne sono 3, come in quello di chiusura.

La voce è uno degli aspetti migliori del disco. I cagneschi e rozzi grugniti del cantante ricordano molto il più puro stile svedese con tanto di imprevedibili urla, sembra quasi di sentire un incrocio fra L.G. Petrov degli Entombed e Johnny Hedlund degli Unleashed. Nella cover invece si adotta uno stile un po’ più basso, così da adattarsi meglio al brano. Alle volte la voce è doppiata, mentre il riverbero innestato su di essa aiuta a far accrescere ancor di più l’intensità della musica. Mi piace molto il bilanciamento fra la voce e gli altri strumenti, con la prima che è praticamente sul loro stesso livello in modo da conferire ancor più caos a tutta la musica, proprio come avviene in un concerto.

Effettivamente, la produzione del disco è pressoché perfetta. Tutto è grezzo ma comprensibile al tempo stesso, il basso si sente che è una meraviglia (finalmente!) tanto da avere talvolta un ruolo melodico, seppur minuscolo (come in “Between Iron Walls”), mentre la batteria ha un suono così vero che non capisco perché molti gruppi estremi preferiscano quel cazzo di trigger che spesso e volentieri rovina l’intensità stessa della musica.

Ma nonostante le apparenze, non è che qui sia tutto rose e fuori, beninteso. A questo punto, devo citare per forza la più volte menzionata “Visions Beyond the Black”, che ha certi passaggi in tupa – tupa troppo statici anche a causa di un riffing che per 40 secondi ripete sostanzialmente le stesse cose senza troppa fantasia. In un certo senso, sembra che, oltre alla violenza, a poco a poco crescano anche le qualità compositive del gruppo, seppur il mio pezzo preferito sia il secondo, che poi sarebbe anche quello più lungo visti i suoi 4 minuti e poco più di massacro sonico.
 Deathwork - Photo
Okay, come avete letto, il disco mi è piaciuto un sacco. Adesso il prossimo passo sarebbe un gran bell’album, anche vista l’esperienza dei musicisti coinvolti ma, per ora, godiamoci quest’altra mazzata  proveniente dalla “nuova vecchia scuola”, che ultimamente sta invadendo alla grande Timpani allo Spiedo (cito infatti i triestini The Beyond, death metal vecchia scuola soffocante, e i tedeschi Morbid Blood Kult, nuovi artefici del black/death bestiale con un sacco di grindcore), e questo non può altro che farmi piacere. Ah, dimenticavo: cercate di aggiornare il profilo Metal – Archives dei Deathwork perché “Three Gates to Death” praticamente non esiste nel sito preferito da noi metallazzi. Come mai?

Voto: 82

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Scaletta:

1 – Visions Beyond the Black/ 2 – Between Iron Walls/ 3 – Marching Into Downfall/ 4 – Enjoy the Violence

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Friday, July 5, 2013

Morbid Blood Kult - "Promo Tape" (2012)

Self – produced promo tape (August 9th 2012)

Line – up (2012):     A.O.A. – vocals/guitar;
                                  T.V.P. – guitar/vocals;
                                  W.B.B. – drums.

Location:                 Essen/Bochum, North Rhine/Westfalia (Germany).

Better song of the promo:

“Contamination”.

Better feature of the band:

Its grinding intensity.

The promo tape of the Morbid Blood Kult is one of the better debuts of the previous year in the genre of the bestial black/death metal, that is living a very intense period during these last times. This promo is so aggressive and furious that it lasts for almost 5 minutes per 2 tracks, that are very different between them. But I am realizing I’m writing too much in this introduction, so let’s go with calm to review what these young kraut boys have to offer to us.

As regards the bestial fury, they are very close to the Canadians Radioactive Vomit but, despite these ones, the Morbid Blood Kult don’t have crust influences. In addition, the more classical bestial black/death metal meets with a bunch of grind into their 2 songs, so you’ll expect a lot of blast – beats, simple and ultra – fast riffs, short and impact – breaks (like in “Contamination”) and a very elementary songs’ structure complete with (pseudo) – choruses. Besides all this, the solos are completely absent into their tracks, and this is a curious feature for a band of this genre.

The vocal sector is one of the better features of the band, since it is characterized by an infernal chaos made of "ignorant" growls a là Von (the main vocals), diabolic screams a là Black Witchery, and there are even some guttural vocals in killerpig – style. And still, the band uses at times the echo on the vocals, so to makes them in a more terrifying way, especially during the screams.

As I wrote before, the songs presents a good variety. After a one – minute intro (but I don’t still understand the usefulness of the intros ‘cause, if you need to destroy the ears of the listeners, why do you prepare them with… an intro?), “Throw Them Down” starts and ends with an unstoppable assault of one minute and a half of length. Then, there is “Contamination”, that is a bit structured than the first song, having also some remarkable mid – tempos.

In conclusion, the Morbid Blood Kult deserves very much, and it’s a shame that the promo lasts only 5 minutes, hence, a more consistent assault will need for the next time to test in a better way the performance of this promising band. And I must congratulate with it as regards the chaotic and “true” but audible production of the promo.

Vote: 75

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Tracklist:

1 – Throw Them Down/ 2 – Contamination

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Wednesday, July 3, 2013

The Beyond - "Decaying Death EP" (2013)

EP autoprodotto (17 Aprile 2013)

Formazione (2011):   Michel – voce;
                                   Federico Visintainer – chitarra;
                                   Michele Segata – chitarra;
                                   Moreno Visintainer – basso;
                                   Corrado Menegatti – batteria.

Provenienza:              Trento, Trentino Alto – Adige.

Canzone migliore del disco:

“Mass Lobotomy”.

Punto di forza del gruppo:

la sua incredibile capacità nel riuscire godibile pur essendo di una compattezza spaventosa.


The Beyond è un nome così scontato e semplice per un gruppo death metal da essere dannatamente efficace. Anche perché sintetizza con poco la paura ancestrale per eccellenza dell’uomo. “Che cosa c’è dopo la morte?” è LA domanda eterna, è proprio questo a renderla attraente e importante, ma allo stesso tempo è stata la fonte spirituale di innumerevoli conflitti religiosi, quindi è una domanda anche molto pericolosa. I The Beyond ribadiscono questo concetto parlando di devastazioni di massa, torture e amenità simili, ergo è ovvio che oggi si parli del caro e intramontabile death metal vecchia scuola. E fra l’altro, con questo gruppo, si segna il ritorno nelle scene di un ex – membro (Corrado Menegatti) dei Nimroth, buon gruppo death/thrash scioltosi purtroppo dopo il primo demo del 2009, recensito anni fa proprio su queste pagine (a proposito, i Nimroth, se non sbaglio, si sono scordati bellamente di rispondere alla mia intervista, MANNAJA MANNAGGIA!).

“Decaying Death” è la primissima uscita dei The Beyond (nati dalle ceneri dei Deformed Agony), si compone di 4 pezzi molto ben differenziati fra di loro (come si vedrà) per 14 minuti di massacro sonoro. Il quale è un death metal caratterizzato da un ottimo bilanciamento fra le parti veloci (anche in blast) e quelle lente, un’interazione veramente minimalista fra le due chitarre (per esempio, gli assoli sono qui totalmente banditi) che sono veramente poco inclini alla melodia, e in più la struttura delle canzoni è semi – sequenziale, cioè si ha la tendenza ad aggiungere/togliere qualche passaggio a uno schema in fin dei conti ben definito e lineare, seppur qualche raffinatezza inattesa non manchi. Insomma, i The Beyond propongono un campionario ideale per far scapocciare in totale allegria la testa di ogni deathster che si rispetti senza masturbazioni particolari di nessun tipo.

Una delle caratteristiche migliori del gruppo viene sicuramente dalla voce, che è un grugnito costantemente cupo e di una profondità pazzesca. Ciò è dovuto anche a delle linee vocali intense e ritmate, specie durante la seconda parte del disco.

Il gruppo è riuscito inoltre, come già detto, a differenziare alla grande i vari pezzi. Così, si passa dalle soluzioni molto in Swedish – style di “Crime and Punishment” con tanto di tupa – tupa alla struttura un po’ più libera di “Mass Lobotomy” (che potrebbe essere il brano da cui ripartire per il prossimo disco). E poi c’è “Tortured ‘till Redemption”, un brano ricco di groove e basato completamente su dinamici tempi medi, capace inaspettatamente di dare un po’ di respiro all’ascoltatore.

C’è solo una cosa che non mi convince di tutto il disco: la produzione… o meglio, il suono piuttosto plasticoso della batteria, soprattutto per quanto riguarda il rullante. Ma per il resto, niente paura, la produzione dell’EP è abbastanza grezza ma con tutti gli strumenti al loro posto e in buona evidenza (a parte il basso, s’intende).

Sintetizzando tutto l’ambaradan, abbiamo di fronte una nuova promessa di ancient death metal tricolore dalle caratteristiche interessanti e per certi versi coraggiose (tipo la più totale assenza di qualsivoglia assolo), sperando però che i The Beyond non facciano la stessa fine dei Nimroth, dato che le potenzialità per fare belle cose in un futuro prossimo venturo ci sono tutte. Inoltre, in questo clima generale di ritorno alla vecchia scuola (nel nostro caso, nell’ambito del death metal), fa piacere constatare l’attuale fermento del genere in terra italica, con i The Beyond che si aggiungono ai vari Into Darkness, Zorndyke, Profanal, Carnal Devastation, Voids of Vomit e chi più ne ha più ne metta.

Voto: 80

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Scaletta:

1 – Decaying Death/ 2 – Crime and Punishment/ 3 – Tortured ‘till Redemption/ 4 – Mass Lobotomy

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