giovedì 24 dicembre 2009

Mud - "Slow Degradation" (2009)


I Mud, ossia il terzo gruppo, più esattamente nella persona del cantante AldoHC, che mi ha chiesto direttamente senza che io facessi niente la partecipazione a “Timpani Allo Spiedo”, e tra l’altro tutto ciò grazie a Federico, voce dei First Reason (spero che ve li ricordiate…) che lo ringrazio sentitamente. Però un’altra cosa curiosa è data dal fatto che la musica suonata dai Mud non solo può far incavolare certi presunti anti-modaioli ma è pure decisamente poco pubblicizzata su queste stesse pagine, visto e considerato che il Metal qui non si trova proprio a garganella. Ciò significa che per questa rivistella digitale il demo, ed il gruppo, di cui tra poco leggerete la recensione, si tratta di un’esperienza sonica piuttosto particolare, ma ormai ci sto facendo l’abitudine dopo aver parlato tempo addietro dei Devastator ed il loro “Underground ‘n’ Roll”.
“Slow Degradation” è, a quanto mi risulta, il secondo parto e primo ep, pubblicato autoprodotto con un po’ di ritardo nel Gennaio 2009, dei Mud, quintetto nato nel 2004 e proveniente da una zona attualmente e tristemente nota che fa capo alla città de L’Aquila, ossia più nello specifico Avezzano (anche se nel loro MySpace ci sia scritto che vengono dalla Val Vibrata in provincia di Teramo…) dove a quanto pare sta nascendo una scena metalcore tremendamente attiva e combattiva. Il succitato quintetto, oltre che da AldoHC, era costituito, all’epoca della pubblicazione, anche da Dedo e Garçon alle chitarre, Mirko al basso (il quale è stato sostituito da Iobbi) e Frank (rimpiazzato invece da Valerio), ha dato vita con l’ultima opera a 4 pezzi, compresa l’intro, che per quanto riguarda il minutaggio non mi sembrano avere niente a che fare con l’hardcore, visto e considerato che la parte centrale supera, e non poco, i 3 minuti, mentre l’ultimo capitolo, ossia “Shit of the World” (di cui parlerò in maniera più diffusa prossimamente) arriva a toccare angosciosamente persino quota 11! L’intro, vabbè, è sempre quella più modesta di tutte, dato che raggiunge quasi l’un minuto e 30 secondi di durata (bella differenza eheh!). Iniziando a parlare più propriamente della musica, a mio avviso essa trova similitudini con gruppi quali Hatebreed e compagnia (anche se a dire il vero formazioni ottantiane come gli Integrity già suonavano in una maniera simile), manifestando così, almeno personalmente, un hardcore spesso e volentieri groovy e quindi orientato maggiormente in tempi medio-lenti dal sapore militante, mischiando il tutto con una pesantezza metal che secondo me dà una potenza in più dai tratti decisamente massacranti, come in fin dei conti conviene in un gruppo del genere. Il suono quivi proposto è veramente semplice, seppur per i miei gusti per niente scontato o banale, e segnalo inoltre che è sufficientemente vario e fantasioso, non stancandomi però mai anche grazie ad una furia e ad un modo di raggiungere i climax che apprezzo veramente. Dal punto di vista tecnico, i nostri, nonostante tutto, non mi paiono per niente degli sprovveduti, come tra l’altro si vedrà. Strutturalmente parlando invece, i pezzi, pur essendo alla resa dei conti lineari, a mio avviso sono altresì un po’ ostici, ma non tanto per dei passaggi cervellotici che sono completamente assenti, più che altro perché si reggono su un andamento sì dinamico che però non considero poi così classico. Prima di tutto, la sensazione di dinamismo pressoché continuo io la avverto se si pensa che molte soluzioni vengono ripetute per una sola volta (specialmente in “Electric Chair”), e comunque esse sono sottoposte ad un numero di battute che va da quella sopraccitata fino ad un massimo di 4, magari proponendo praticamente sempre lo stesso riff (come appunto nell’inizio del pezzo sopraddetto), seppur non mi sembra che si raggiungano le 3 volte. Un altro fattore a mio avviso degna di menzione e che dà una spinta in più è rappresentata dalle continue variazioni che possono interessare un singolo passaggio, ovviamente sia a livello di riffing che di ritmiche, benché quest’ultima situazione mi pare si presenti con maggiore frequenza. A volte però, se non erro, anche la metà delle soluzioni presenti in un pezzo può essere modificata (come le 2 di “Corrupt Soul”), se non tutte (almeno così pare al sottoscritto), come avviene invece in “Shit of the World”. I passaggi principali, a meno che io non dica cazzate (è stata un’impresa capire almeno un minimo la struttura di ogni canzone), vanno dai 2 di “Electric Chair” ai 4 di “Corrupt Soul”, ma dovrei osservare inoltre che il dinamismo succitato viene a mio parere accresciuto anche dalle poche sequenze rigide che si susseguono cammin facendo, così che il tutto mi paia decisamente libero, nonostante le poche soluzioni proposte, fra l’altro modificate in modo continuo come già osservato, seppur qualche sequenza ci sia, ed a volte piuttosto ossessiva come in “Electric Chair” dove c’è un passaggio che si ripete addirittura in 3 occasioni inframmezzato da un altro che è sottoposto invece a 2 battute, e comunque aspettatevi, nella maniera più tradizionale possibile, sicuramente la ripresa nei momenti finali di qualche soluzione iniziale, magari ripresentando una sequenza, come l’1 – 1 mod. sempre di “Electric Chair”. La struttura scelta dai Mud, a parte le paranoiche modificazioni, mi fa venire in mente quella praticamente libera di certo metalcore, un po’ come gli Unearth insegnano, come per dare un messaggio, pur se indiretto, di libertà, di distruzione degli schemi, nel segno, a mio avviso, di un imprevedibilità in fin dei conti non male. C’è un altro aspetto strutturale da prendere in considerazione, ma stavolta pazientate un pochino dato che ne parlerò dopo. Ma passiamo ora alla produzione, che mi piace abbastanza. La definisco un po’ pulita, tutti gli strumenti sono in buona evidenza, tranne però il basso che lo sento un po’ in disparte, seppur non poi così molto (come mi sembra in “Shit of the World”), caratteristica comunque a mio avviso tradizionale del punk-hc dagli anni ’70 (Middle Class uber alles!) in poi. La registrazione invece mi appare decisamente più grezza della produzione (cosa che viene amplificata se sento l’ep con le cuffie), dato che qua e là (in modo particolare in “Electric Chair”….questo brano sta diventando un tormentone porca paletta!) si può sentire qualche ronzio (od in qualsiasi maniera lo si voglia chiamare) di una delle due chitarre, che a me piace dato che mi regala un senso di catastrofe imminente, e per certi versi rumorista.
“Slow Degradation” inizia con un’intro a mio avviso piuttosto buona, visto e considerato che parte facendo sentire dei passi per poi sentire il tonfo di una porta che si chiude. Poco dopo, si fanno vive differenti voci (mi sembrano 3 in tutto, 2 maschili ed una femminile) di giornalisti statunitensi, intenti a pronunciare più e più volte il nome dello stato del Tennessee, ed a dire qualcosa riguardo l’elettricità e la sedia elettrica, forse per annunciare la morte di un condannato (quindi, in tal ottica, si potrebbero spiegare i rumori di cui prima). Durante la parlantina dei “nostri carissimi” giornalisti si erge minacciosa, quasi a rappresentare idealmente i pochi secondi restati da vivere al condannato oppure la rabbia e la furia che si stanno preparando per il massacro che verrà come un fulmine lanciato a folle velocità da un’umanità più che mai incazzata, una batteria un po’ lontana, dai tratti a mio avviso un pochino hip-hop. Ma non solo. Infatti, oltre a questa ci sono pure dei disturbi, come una televisione che non ne vuol più sapere di funzionare, così da spezzettare il discorso dei giornalisti, finchè i suddetti rumori non diventano definitivi. Ho comunque l’impressione che essi servano per azzittire prepotentemente il freddo, distaccato e semplicemente descrittivo resoconto di una morte colpita da quell’orrore, definito indolore (sarà poi vero?), chiamato “sedia elettrica”. L’intro finisce in questa maniera, per poi sentire finalmente il gruppo eruttare una furia che si dimostrerà cammin facendo a dir poco incontenibile e distruttiva.
Adesso analizziamo i vari strumenti che compongono l’opera, e la voce, come succede da un pezzo, ha sempre la precedenza. La prova di AldoHC, secondo me, è più che buona e decisamente intensa. Lui usa, se non sbaglio, 3 differenti tipi di voce, che poi nel genere che i Mud suonano sono piuttosto classiche, ma chissenefrega, l’originalità non mi sembra per niente indispensabile, anzi! I vocalizzi che mi paiono maggiormente usati sono in un certo senso puliti ma molto aggressivi ed incazzati, e non poche volte questi regalano il posto a delle urla disperate, le quali spesso e volentieri sono accompagnate da un effetto d’eco a mio avviso molto suggestivo, come per simboleggiare una rabbia troppo forte e pressante da perdersi nell’indifferenza generale che tale realtà costringe, e purtroppo, tanta gente, e casomai supportata pure da un effetto-lontananza (come in “Corrupt Soul”). Molto interessanti a mio parere pure quelle voci pulite (presenti, come tutte le altre, in ogni canzone del lotto) che magari danno alle volte un tocco di carica in più (almeno per ciò che penso io certo) diventando quasi rappate (“Electric Chair” mi pare esemplificativo a tal proposito), ma quello che mi incuriosisce in misura maggiore è il fatto che in ogni momento che si fanno vive queste voci esse sembrano lontane ed anche, seppur leggermente, “echizzate”, quasi a voler dare l’impressione di un’umanità comune i cui lamenti e rivendicazioni non sono per niente presi in considerazione facendoli navigare in un mondo ormai non più tale. Un plauso lo devo fare inoltre alle linee vocali, costruite in un modo a me piacevolmente molto groovy e furiose, da scapocciamento continuo della testa insomma, specialmente nel duo iniziale “Electric Chair”/”Corrupt Soul”, il tutto senza farmi mai stancare. Tocca alle chitarre. Queste ricamano riffs perennemente durissimi, semplici nel modo più deciso e monolitici, ma per fortuna a mio avviso le due asce pongono almeno un minimo di distinzione fra un brano e l’altro, mostrando quindi una fantasia in fin dei conti lodevole. Mi è terribilmente piaciuta la scelta di non dare spazio alla melodia, vuoi forse per rappresentare interamente un mondo barbaro e senza compromessi, vuoi probabilmente per una voglia di non disperarsi per ridurre tutto quanto ad una “lagna”, ma altresì urlare a più non posso azione diretta e quindi rabbia, terrore per una Terra in catafascio. Ho rintracciato, comunque, un accenno di melodia, seppur debolissimo, in un riff di “Corrupt Soul”, tra l’altro uno dei più movimentati e personali dell’ep, e di quest’ultimo tipo ce ne sono pure in “Shit of the World”, benché in tale sede il tono si fa secondo me paurosamente meccanico, mi sembra un ingranaggio impazzito del Male che si sta infilando nella mente di ogni essere umano. Riffs a mio avviso da menzionare sono anche quelli, come dire, stoppati (come nel finale di “Electric Chair”), e quelli dissonanti, stridenti e schizzati, considerando che vanno senza soluzione di continuità da note basse a decisamente più alte (sempre “Electric Chair” ma fra l’altro in “Shit of the World”), come per simboleggiare idealmente la natura stessa del Male, così fastidiosa, imprevedibile ed inquietante, e da non dimenticare sono le soluzioni maggiormente dilatate (come in “Corrupt Soul”). Personalmente però interessa di più l’uso, non tanto frequente ma neanche così raro, a mio avviso accorto delle due chitarre che talvolta (ossia, in tutte le canzoni) intessono delle sovrapposizioni di riffs che tra l’altro spesso dimostrano una versatilità di invenzioni secondo me notevole, come durante l’introduzione di “Corrupt Soul” in cui una chitarra vomita una soluzione a tratti con una melodia di fondo, mentre l’altra crea un qualcosa di sfuggente e particolare, su note alte, per un gruppo del genere, e succede una cosa simile, seppur a mio avviso in maniera più convenzionale ed inoltre con la parte più bassa delle chitarre dilatata e non proprio melodica, anche durante il prosieguo del pezzo sopraccitato. Da non scordare per nessuna ragione al mondo la dissonanza dall’impronta profondamente psicotica, quasi liquida, che mi regala la chitarra solista nella lunga “Shit of the World”, ed interessante a mio parere è anche un passaggio, quasi nel finale, di “Electric Chair” in cui un’ascia esegue a sprazzi ma con regolarità quello che fa l’altra. Faccio notare che, come l’hardcore tutto (beh, più o meno) insegna, non c’è nemmeno un assolo, forse per levare simbolicamente un fattore dinamico trasmettendo quindi maggiore aridità della realtà dove viviamo, e che tra l’altro c’è qualche riff sì semplicissimo ma persino pazzescamente lungo (“Electric Chair” mi pare il pezzo più esemplificativo in tal senso). Spazio ora al basso. Personalmente, come già osservato, solitamente non lo sento molto bene, anche se comunque il suo lavoro lo considero di buona qualità, visto e considerato che aggiunge a mio avviso quel pizzico in più di inquietante profondità facendomi immergere in tal modo ancora ed ancora in una società indifferente e folle. Discorso batteria: pure l’opera di Frank mi piace decisamente, anche perché non poi così raramente disegna partiture che non credo si possano definire lineari, magari rischiando un pochino con tempi meno classici del solito, come quello veloce ma spezzettato nel finale di “Electric Chair”. Tra l’altro, i tempi veloci mi sembrano spesso e volentieri quelli più semplici proposti, dato che ricalcano il tradizionale percussivismo del punk-hc con la cassa ed il rullante in perfetta sintonia fra loro, sentendoli così negli stessi momenti. Il lavoro qui non credo si possa considerare statico, almeno a livello di costruzione di diversi ritmi benché ovviamente non si seguano gli stilemi ben più fantasiosi del metal, anche se comunque, per quanto riguarda l’andamento di uno stesso pattern, viene eseguito sempre uno schema ben preciso, delle rullate specifiche che a primo acchito possono sembrare, ma invano, anche delle variazioni. Ergo, mi pare che qui il tutto suoni in un certo senso meccanico, seppur l’effetto mi piaccia dato che è come se trasmetta la ripetizione praticamente infinita e pedissequa di un Male sì vecchio, ma sempre pronto a schiacciare il prossimo. Frank, inoltre, a mio avviso risulta pure capace di dare più potenza e spinta al discorso musicale, magari con rallentamenti, giochi a due mani (come in “Shit of the World”), e via di questo passo. Notevole tra l’altro, per il mio parere, anche il suono della batteria, non così grezza ma bella genuina.
Adesso, ragazzuole e ragazzuoli, è il momento di farvi sapere quale sia per me il pezzo migliore di “Slow Degradation”. Ebbene sì, ho scelto, dopo varie consultazioni con la mia mente bacata, “Corrupt Soul”, in quanto mi sembra la canzone che possiede maggiore fantasia ed atmosfera in fatto di riffing, oltre che avere certe linee vocali devastanti, come anche delle buonissime pause, fattore tra l’altro essenziale per la musica del quintetto abruzzese, utile a mio avviso, sia quando c’è in effetti silenzio che quando uno-due strumenti preparano il massacro (come in “Electric Chair”), per aumentare in misura decisamente maggiore l’intensità e la furia del tutto, considerando fra l’altro il fatto che proprio in tale brano c’è una pausa piuttosto lunga, con le chitarre in leggero feedback e l’apparizione, quasi alla fine, di un urlo disperato ed un po’ lontano.
Ma c’è un’altra canzone a mio avviso molto interessante del lotto, ossia l’ultima “Shit of the World”. Il motivo è presto spiegato: essa dura, come già segnalato, la bellezza di poco più di 11 minuti, ed in un certo senso me l’aspettavo un po’ bizzarra, visto e considerato che, introdotta da quella che sembra l’apertura di un registratore con annessa immissione di cassetta, dopo 4 minuti (e tipo 10 secondi di feedback alla fine) di musica, il tutto si riduce a qualcosa come il classico rumore di un registratore che va avanti. Questa storia si perpetua, se non sbaglio, più o meno per un minuto e 30, per poi sentire finalmente un suono, un rumore sintetico, basso e sfrigolante oserei dire, che secondo me potrebbe andare benissimo per un progetto electro-industrial. Poco dopo si fa viva anche una batteria dall’impronta industriale appunto, orientata su un angosciante tempo lento, e che risulta accompagnata pure da una specie di battito elettronico, continuo ed a mio avviso inquietante perché sembra rappresentare la monotonia, così meccanica, della vita in tale società. Ma non è finita qui, perché viene svelata, dopo un po’, anche una chitarra che intesse una melodia semplice e disperata, il richiamo dell’umanità urlante e soppressa, concentrata praticamente soltanto su 3 note, la quale viene sostituita, utilizzando certe volte delle pause secondo me suggestive, da una tastiera pure questa tormentata. Tutto ciò viene propinato praticamente per più di 5 minuti, un tempo così tremendamente grande da schiacciarmi con quei toni dal sapore apocalittico. Insomma, se prima i Mud mi trasmettevano furore e rabbia, adesso invece angoscia e pietà.
Peccato però che un difetto, benché alla fine secondario perché non influisce più di tanto, della musica dei Mud io l’abbia trovato proprio in “Shit of the World”, ed è localizzato nell’ultimo vagito metalcore del pezzo, quando il gruppo fa pausa per un attimo e poi ricomincia per pochi secondi sfoderando un classico e roccioso tempo medio, un po’ schizzato, con un singolo urlo, facendo finire il tutto con tanto di feedback, come già scritto qualche riga fa. Sinceramente, penso che l’ultimo passaggio sia totalmente inutile per il brano, dato che non mi sembra aggiunga qualcosa di indispensabile, spezzettando il discorso rendendolo discontinuo.
Ed adesso, forse finalmente per molti di voi, pure questa lunga, estenuante e “pallosa” recensione volge al termine, affermando che “Slow Degradation” mi è veramente piaciuto, con quella pesantezza distruttiva caratteristica del metal (pur se qua non siamo dalle parti dei brasiliani Questions), quel minimalismo e la furia tipicamente hardcore la quale secondo il mio punto di vista costituisce il principale punto di forza dei Mud, intensa com’è, e pure abile, di conseguenza, a rendere dinamica tutta la musica. Dovrei però consigliare a questi ragazzotti di non provarci più di tanto con le pause dato che per me sono un po’ troppo frequenti, facendoli così dipendere molto da esse. Ma per il resto, tante buone cose, ed adesso che è entrato Valerio in formazione, esponente della cara vecchia scuola hardcore, sono proprio curioso di quale direzione i nostri prenderanno nella prossima opera.

Voto: 76

Claustrofobia

Tracklist:

1 – Intro/ 2 – Electric Chair/ 3 – Corrupt Soul/ 4 – Shit of the World

MySpace:

http://www.myspace.com/mud04

Sito ufficiale:

http://www.mudband.it

venerdì 18 dicembre 2009

Mass Obliteration - "Abrahamitic Curse" (2007)


1. INTRODUZIONE.

Sinceramente, non mi sarei mai aspettato che il primo parto dei Mass Obliteration fosse addirittura più bizzarro ed originale di “Fratricide”, demo a mio avviso dall’impostazione musicale forse più classica, seppur non riguardo l’impianto strutturale. Eppure la copertina di “Abrahamitic Curse”, cupa e maledetta com’è, mi rammenta un migliaio di formazioni della cara vecchia scuola del death metal, e ciò mi ha tratto decisamente in inganno, concependo altresì un’opera che per un gruppo alle prime armi definire pericolosa e rischiosa è dire poco, e per me già questa è una cosa da apprezzare ampiamente. Tra l’altro, come per il secondo “Fratricide”, anche il primo m’ha dato una sorpresa piuttosto gradita, che ormai credo che sia diventata una caratteristica del gruppo romano, ma di ciò ne parlerò in sede di chiusura, quindi stringete i denti e pazientate!

2. PRESENTAZIONE DEMO.

Sembrano lontani i tempi in cui i nostri Mass Obliteration erano soltanto un trio, formati per l’occasione da Andrea Lisi, voce e basso, e Luca Zamberti come batterista, coadiuvati dal recentemente “fuggitivo” (se n’è andato dal gruppo insomma) Mariano Gallo, curatore del comparto chitarre. Eppure sono passati solo 2 annetti dalla pubblicazione autoprodotta di “Abrahamitic Curse”, demo che già dalla produzione (di cui parlerò tra poco) si manifesta indigesto penso per molte persone, magari poco inclini ai suoni abissali specialmente di certo Underground. La suddetta opera comprende ben 7 pezzi, anche se soltanto 4 possono essere ritenute delle vere e proprie canzoni, dato che le altre 3 sono una specie di intro ed outro più un intermezzo centrale, e tutti questi sono intitolati dalle parole “Shrine of the I” più, passo dopo passo, “pt.1”, 2 e 3. Tutto ciò viene propinato per circa 27 minuti, quindi quasi 4 a pezzo, dimostrando quindi già buona elasticità nel saper costruire brani molto diversi anche dal punto di vista del minutaggio. Invece, per quanto riguarda più strettamente la musica, essa è a mio avviso un death metal sì sempre vecchia scuola e dal punto di vista della tecnica preparatissimo ma tremendamente vario e fantasioso, considerando pure il fatto che ogni pezzo mi si presenta completamente più o meno differente da ognuno pure emotivamente parlando, così da far sembrare al sottoscritto “Abrahamitic Curse” un vero e proprio demo a concetto, tant’è vero che le emozioni si susseguono traccia per traccia in maniera totalmente logica, praticamente secondo il principio causa-effetto. Ma un’altra particolarità del death metal quivi proposto dal trio romano è rappresentata dai tempi veloci persino meno presenti che in “Fratricide”, così che quelli più lenti siano un pochino più preponderanti (e da questo punto di vista, vale soprattutto l’incubo doom di “From Beyond”). Fra l’altro, spesso il suono è melodico, quindi si allontani chi disprezza il death di tal fatta ed affini. Ma adesso parliamo della struttura che probabilmente in un certo senso si può definire persino più cervellotica benché decisamente meno uniforme rispetto a quella dell’ultima opera, visto e considerato infatti che, nella prima parte, le canzoni in quanto tali di “Abrahamitic Curse” risultano veramente libere, in quanto “Supremacy” possiede, se non sbaglio, 12 soluzioni (fra le quali figurano anche delle brevissime variabili per rendere il tutto più dinamico e pure folle a mio avviso), però alla fine qui solo 2 di esse vengono riprese durante il prosieguo del pezzo, e tra l’altro rispettando l’unica sequenza presente (3 – 4 – 4 mod.). Invece, nella già citata “From Beyond” ci sono, se non erro, 6 passaggi ma solo 2, anche in maniera modificata, si rifanno vivi (tra cui uno ripreso per 3 volte durante tutto il pezzo), non presentando inoltre neanche un’infima sequenza più o meno rigida. Tra l’altro, il finale può ricordare quello di tremila canzoni di metallo anni ’80 (ossia, batteria in doppia cassa e piatti continui, e chitarra che la segue con un accordo benché il tutto si faccia sentire per pochissimi secondi rispetto alla solita manfrina). Finalmente però, la quinta “Balls Torture for Preachers” ci sputa una struttura già più classica per i canoni degli attuali Mass Obliteration, dato che qui praticamente tutte le soluzioni, a parte quella che apre il brano, vengono riprese, con un massimo di 3 per la quinta, ma quello che più mi incuriosisce è che ognuna di esse viene modificata, talvolta mettendo in ballo una sequenza come la 6 – 6 mod. – 7 – 6 – 6 mod., ed è da segnalare inoltre che qui il 6, sia nella sua versione originale che in quella modificata, viene ripetuto soltanto per una battuta. Come ultima canzone c’è “Aimonion (Demon of Goddess)” che, secondo me, per quanto concerne il lato strutturale è certamente quella più bizzarra e contorta, in quanto in pratica si regge principalmente su un passaggio, ossia il 2°, il quale viene sottoposto ad una serie apparentemente infinita di variazioni, magari con ripetizioni singole (accade spesso anche qua) a livello di riffing e/o di ritmiche, rendendo così il tutto altamente dinamico, ed inframmezzandolo talvolta con la terza soluzione proposta. Delle restanti tracce parlerò prossimamente, come anche delle emozioni che tutto l’insieme mi trasmette. Ed ora diamo un posto alla produzione. Sinceramente, a primo acchito, non mi è poi così tanto piaciuta, pur essendo io abituato a produzioni decisamente più sporche, se non assenti, di quella che caratterizza “Abrahamitic Curse”. Infatti, quando ho sentito per la prima volta “Shrine of the I pt.1”, il suono del rullante l’ho trovato subito plastico, quasi finito, simile per certi versi a quello dei Misery di “Revel In Blasphemy”, ma poi ci ho fatto l’abitudine, anche perché mi piace la sua potenza soprattutto nei tempi veloci, per poi rendermi conto, con il passare degli ascolti e dei pezzi, di un grezzume genuino completamente esente dal trigger, che per me nel death metal, violento com’è spesso, non ci deve neppur essere. Però c’è un problema: la produzione, dalle frequenze medio-basse, non è perfettamente omogenea per tutti i pezzi, dato che, per esempio, quando parte “From Beyond” alzo sempre, e non poco, il volume dello stereo (o di qualsiasi supporto con cui ascolto il demo), ed il basso, che si sente così incredibilmente bene nella prima traccia, adesso mi sembra meno presente (seppur con le cuffie io lo senta quasi nello stesso modo di prima). Però dopo, cioè a partire da “Balls Torture for Preachers”, mi par di capire che tutto si rialzi, anche se non come ad inizio disco, pur avendo invece degli sbalzi di volume (o sbaglio?).

3. I TESTI.

Mi va di trattare in questo momento un po’ i testi, che mi paiono formalmente (e dai, anche sostanzialmente) molto diversi da quelli di “Fratricide” dato che questa volta sono più vicini alle forme più classiche del death metal, benché rivisitate in chiave libertaria, come l’attacco alla religione cristiana ed a dio (“dio è male” di “Balls Torture for Preachers” mi sembra esemplificativo). Ma quello che più mi sorprende è il fatto che qui rintraccio un odio pazzesco, quasi una voglia di olocausto contro i fedeli o verso il conformismo di massa (“Supremacy”), e fra l’altro in “From Beyond”, testo a mio avviso inquietante, vengono presi in considerazione i demoni, forse come se essi fossero il Male pronti a prendere l’anima ed il corpo di un essere umano. Tra gli altri, però, interessa al sottoscritto soprattutto il significato di “Aimonion (Demon of Goddess)”, che comunque contiene pure versi in greco antico (anche se però su Metal-Archives c’è semplicemente il testo in inglese, mentre Andrea mi ha riferito nell’intervista al secondo demo che in tale canzone viene usata questa lingua).

4. ANALISI STRUMENTI.

Ma ora svisceriamo i differenti strumenti che trovano posto in quest’opera, incominciando dalla voce. A quell’epoca, Andrea già mostrava a mio avviso di saperci fare e qua praticamente rischierei di ripetermi con il discorso della versatilità vocale che permette in modo particolare di intensificare tutto l’insieme in maniera da rendere il discorso musicale sempre più violento come, specialmente in tale sede, anche graduale per quanto riguarda i climax (e da questo punto di vista vale soprattutto “Balls Torture of Preachers”, in cui il nostro sputa un grugnito devastante intervenendo rapidamente per permettere appunto ad una soluzione piuttosto particolare di farsi prepotentemente sentire, e che poi diventerà proprio un apice pazzesco). Quindi, per i tipi di voce usati da Andrea, prego alle lettrici ed ai lettori di leggere la recensione di “Fratricide”. Ma in “Aimonion (Demon of Goddess)” fanno bella figura dei vocalizzi che nell’ultimo demo non ci stanno, ossia sì sempre dei grugniti ma un po’ bizzarri, quasi sussurrati, a mio parere ottimi. Mi sorprende comunque il fatto che Andrea riesca a cavarsela benissimo pure senza l’apporto di Giordano, costruendo magari delle linee vocali che personalmente sono migliori rispetto all’ultimo parto, seppur bisogna ricordare che non poche sono le sovraincisioni e queste partono (se non sbaglio) da “From Beyond” in poi. Così, spesso e volentieri, ci sono contemporaneamente due voci che si sentono. Un plauso comunque specialmente alle linee vocali, dai grugniti particolari di cui prima, piene di parole dalla pronuncia poco rassicurante, e che guarda caso precedono un finale secondo me da brividi ed inquietante. Alle chitarre tocca quasi sempre l’analisi più lunga, ma stavolta il compito mi risulta più facile del solito in quanto ogni pezzo vive di emozioni tutte proprie. Ciò significa che procederò pezzo per pezzo, partendo da “Shrine of the I pt.1” il quale è costruito principalmente da tempi medi dove si trovano in larga parte riffs non proprio cattivissimi ma che possono rammentare ad un senso di minaccia imminente, uno fra i quali viene addirittura modificato con annesse variazioni pure di stampo melodico, il che mi dice che il Male si stia materializzando. Nelle prime battute esce fuori anche una chitarra solista, che personalmente riempie il tutto di più insicurezza e paura, ma a mio parere è interessante da menzionare una soluzione stoppata (od in qualsiasi modo la si voglia definire) che per me aggiunge un tocco di nervosismo che non guasta mai. “Supremacy” è, invece, probabilmente la canzone più folle ed imprevedibile di tutto il lotto, è, per quanto mi riguarda, il momento in cui il Male si è scoperto, magari ridendo del dolore altrui (e qua entra in gioco un riff decisamente poco convenzionale per una formazione death metal, che si manifesta attraverso una melodia schizzata). Ci sono anche soluzioni che mi ricordano piacevolmente il death metal svedese di matrice melodica, che in tal contesto possono essere considerate beffarde, portatrici di una falsa e divertita compassione. “From Beyond” invece risulta costituita altresì da intuizioni melodiche e sempre tremendamente disperate, ed infatti tale brano mi sembra rappresenti in musica i tormenti dell’umanità e del mondo in generale, la consapevolezza dolorosa di tutta la miseria presente in quest’incubo chiamato Terra. Non a caso, tale canzone è la più lenta e doom del demo, ed il riffing è di solito tale, seppur si cibi talvolta di soluzioni più malate e su tempi medi che personalmente rammentano il grezzume dei Warhammer (ossia un gruppo death’n’roll che non ha nulla a che vedere con i Mass Obliteration, a mio avviso anche qualitativamente parlando). Ma è proprio qui che si sentono, almeno per ciò che pare a me, le prime svisate black per quanto concerne il riffing, proponendo a tal proposito l’unica soluzione veloce e dinamica del brano. Fra l’altro, è ancora qui che è presente l’unico assolo, e pure piuttosto lungo e per questo lontano decisamente da quelli proposti in “Fratricide”, dell’opera, un assolo che per me è magniloquente, melodico e tormentato, a tratti perfino arabeggiante (caratteristica che poi ritrovo in “Mashom” nel parto più recente). Nel momento black del pezzo c’è anche una semplice chitarra ritmica (per “semplice” intendo praticamente una chitarra che accompagna ritmicamente e con delle pause la solista). “Shrine of the I pt.2” è l’unico brano esente da qualsiasi frammento di chitarre, quindi passo oltre, trattando adesso “Balls Torture for Preachers”, che dal punto di vista del riffing mi pare essere la canzone più energica e battagliera, avendo spesso delle melodie a mio avviso dal sapore epico ed ultra-trascinante, qualche volta anche più di impronta black. Presenti anche dinamiche soluzioni forse maggiormente death (ho però il dubbio che siano da “metallo nero”). Ma di tale brano ne riparlerò fra poco, quindi vi lascio con tali premesse. “Aimonion (Demon of Goddess)” è probabilmente la traccia più particolare del lotto (insieme a “From Beyond” ovviamente) in quanto ha qualche riff sì melodico ma un pochino bizzarro ed imprevedibile, magari riprendendo a tratti l’epicismo di “Balls Torture for Preachers”, ma quello che più mi sorprende è il finale, rappresentato da soluzioni su note alte a mio parere beffarde, che in teoria non sembrano avere un rapporto con quelle precedenti, ben diverse, ma che secondo me risultano magistralmente collegate soprattutto grazie, come già osservato, alla voce ed alle linee vocali. “Aimonion (Demon of Goddess)” mi pare comunicare la fiducia in un mondo migliore, seppur certi ricami imprevedibili e contorti possano trasmettere paura, qualcosa di maligno che stia per uscir fuori prepotentemente….cosa che forse è vera se si pensa al finale, così malato e senza pietà al limite della beffa appunto. Infine, “Shrine of the I pt.3” dovrei dire che ha fattezze ipnotizzanti, grazie e non solo a quell’unico riff lento e monotono, come se preannunciasse la fine dell’umanità e la sua trasformazione in un automa gigantesco di dubbio gusto. Insomma, il riffing proposto in tale demo mi si mostra veramente sempre di buona qualità, ed all’epoca Mariano già presentava un raggio d’azione decisamente versatile ma forse in misura maggiore che adesso sperimentale e coraggioso, e ciò non può che non far bene al voto che leggerete tra molte righe. Per quanto concerne il basso, mai a mio avviso dai toni rozzi o catacombali, ma sempre pregno di un’eleganza difficilmente rintracciabile in campo estremo, segnalo che sono piuttosto frequenti i momenti in cui la scena è dominata da esso, completamente da solo oppure in compagnia (ossia in “Supremacy” insieme a quella che mi sembra una chitarra acustica, ed in “Aimonion (Demon of Goddess)” dove agisce invece con la batteria). Questi interventi, secondo il mio modesto parere certo, contribuiscono a rendere decisamente più intensa la musica, magari attraverso variazioni repentine e brevissime (cosa che accade spesso in “Supremacy”, ossia la canzone dominata con più frequenza dal basso), oppure per riprendere il discorso musicale creando così maggior atmosfera in modo da far risultare il tutto ancora più triste (come avviene in “From Beyond”). Stavolta però, penso che gli interventi in solitario di tale strumento siano un pochino più presenti che in “Fratricide”, sentendo con piacere che anche questa è una caratteristica ormai a mio avviso diventata importante per la musica dei Mass Obliteration. Noto, tra l’altro, delle influenze a mio avviso punk-hc in “Supremacy” ed una variazione interessante in “From Beyond” durante l’assolo in cui l’andamento del basso diventa più continuo e non stoppato, ritornando poco dopo a quest’ultima situazione comunque. Discorso batteria: vabbè, qua siamo di fronte a quello che ritengo un capolavoro, l’ennesimo, visto e considerato che già 2 anni fa il nostro Luca sapeva deliziare il palato degli ascoltatori più esigenti, compreso me, con dei patterns fantasiosissimi e molto anti-convenzionali, dimostrandosi così un vero e proprio fenomeno dietro le pelli. Ergo, rischierei anche qui di ripetermi, lo stile è praticamente uguale, seppur forse leggermente più “normale” e meno coraggioso, ma mi sembra che in tale occasione al nostro siano dedicati più solismi, magari mozzando i motivi del basso con dei bei giochi sui tom-tom e rullante (come in “Supremacy” e “From Beyond”). E noto inoltre che Luca spesso e volentieri, quando è più o meno lento, vira addirittura in doppia cassa, come in “Shrine of the I pt.1” od in “From Beyond”.

5. PEZZO MIGLIORE.

E adesso, dopo questa rassegna quasi infinita, vi segnalo il brano che di tutti mi è piaciuto maggiormente, ossia “Balls Torture for Preachers”. Quasi 4 minuti e 30 secondi di assoluta goduria in cui i miei timpani si adagiano su un tappeto musicale così epico e battagliero da farmi similmente lo stesso effetto di canzoni come “State of Control” e “Decontrol” dei Discharge dove ogni volta mi par di immaginare un’orda inferocita di persone che avanzano inesorabilmente per far vedere i “sorci verdi” ai nemici dell’umanità e del mondo tutto, o come minimo scioperanti che urlano a più non posso la rivendicazione di un proprio diritto. Praticamente, “Balls Torture for Preachers” è uno dei pezzi più veloci di tutto il lotto, e tra l’altro qui i Mass Obliteration mostrano un gioco a mio avviso calibratissimo sui climax, magari variando un pochino una data soluzione. Inutile dilungarsi oltre, difficile descrivere la bellezza di tutto ciò.

6. PUNTI DI FORZA.

Per quanto riguarda invece il principale punto di forza del gruppo in questo disco, per me stavolta la scelta è decisamente doppia, in quanto metterei sul podio sia il lavoro di Luca, batterista devastante e tecnico come pochi in circolazione, che poi successivamente in “Fratricide” ha dimostrato a mio parere una ricchezza di soluzioni forse più ampia e meno convenzionale, e sicuramente pure la ricchezza emotiva, aspetto che manca nell’ultimo demo, che mi pare un po’ più uniforme sia emotivamente che musicalmente parlando (!). Una ricchezza che mi ricorda in maniera piacevole quella delle formazioni facenti parte del leggendario movimento dell’NWOBHM, e che con il passare degli anni mi sembra altresì stata dimenticata da molti, fin dall’avvento del thrash e dello speed metal, entrambi nati ufficialmente nel 1983 benchè io consideri più vecchio il secondo (data di nascita ufficiosa: 1978 con “Exciter” dei Judas Priest). Ergo, anche da tal punto di vista i nostri romani, fino a 2 anni fa, erano portatori a mio avviso di un’originalità a dir poco notevole.

7. I PEZZI STRUMENTALI.

Ma parliamo dei pezzi strumentali, considerando inoltre che personalmente ho ravvisato qualche cosa che proprio non mi piace. “Shrine of the I pt.1” è concentrato, come già osservato, principalmente su tempi medi e risulta costituito da una struttura del genere: 1 – 1 mod. – 2 (variazione con sola batteria) – 3 – 4 – 1 ancora mod.. Faccio notare che la soluzione n°3 è piuttosto veloce, pure orientata sui blast-beats, ricordandomi un po’ i Misery, e che la 4 è particolare, con riff stoppato e batteria sempre e solo sul rullante con entrambe le mani. Ma quello che non mi convince per niente è il finale, che, seppur interessante ed imprevedibile, rende secondo me il pezzo inconcludente. Va bene trasmettere un senso di minaccia incombente ma personalmente ritengo che per collegare questa specie di intro con la traccia seguente si doveva dar fine a questa sensazione. Magari, dopo la musica, si potevano mettere delle urla sovrapposte con tanto di tom-tom rapido in modo da spezzare, sopprimere idealmente quelle urla. Ma vabbè, passiamo oltre. L’intermezzo centrale, invece, lo apprezzo decisamente. Presenta una struttura estremamente semplice, la quale è la seguente: 1 – 2 – 3 – 2 – 3 – 1. Quell’uno sono delle urla sovrapposte (curioso segnalare che se ne sentono di completamente uguali – o sbaglio? - anche nell’inizio di “From Beyond”) ed invece 2 e 3 sono delle disperate melodie proposte dal basso, anche se bisogna dire che dopo l’ultima battuta Andrea chiude degnamente il suo discorso suonando altre e pochissime note (non un riff vero e proprio quindi) e che inoltre quelle urla si possono sentire talvolta pure insieme al basso appunto. Questo pezzo, secondo me, rappresenta la consapevolezza di un futuro per l’umanità che non ci sarà mai e che è completamente inutile stare a poltrire non reagendo. Reazione che in “Balls Torture for Preachers” c’è decisamente a mio parere. Poi c’è “Shrine of the I pt.3”, che strutturalmente è certamente il brano più statico di tutti dato che presenta, con una lentezza pachidermica ed angosciante, una struttura, in pratica circolare, di questo tipo: 1 – 2 – 3 – 2 – 1, ma da ricordare che il 3, ossia il punto in cui si fa viva finalmente anche la parte chitarristica, viene modificato più volte, seppur solo a livello della batteria, non cambiando però mai il ritmo (e quindi pure il tempo) che rimane invariato, almeno nel momento in cui c’è la chitarra. Un unico appunto da muovere: tale pezzo, dopo un po’, mi diventa noioso, e forse se c’era la voce si rialzava decisamente di più. Comunque, ogni volta che lo sento, mi ritorna sempre alla mente perfino “Complete Utter Darkness”, ultima canzone, tra l’altro l’unica doomeggiante (guarda caso), contenuta nell’album “Black Metal Jesus” degli Horned Almighty, e tale paragone credo che c’entri se si pensa all’effetto ipnotizzante e disturbante che entrambi i brani (mi) regalano.

8. ALTRI DIFETTI.

C’è altresì un’altra cosa che non apprezzo particolarmente, ed in questo caso sto parlando di “From Beyond”, in quanto ha certi punti che annoiano il sottoscritto non poco. Nello specifico, nella seconda volta in cui si sente il riff warhammeriano di cui ho fatto riferimento pagine addietro, questo viene ripetuto per ben 5 battute, in luogo delle 4 precedenti, il che per me è troppo, dandomi in tal modo una sensazione di prolissità (“ma fatti i cazzi tuoi Claustro’!” “Ma va va!”), di noia insomma.

9. CONCLUSIONI.

Ragazze e ragazzi, è ufficiale: i Mass Obliteration sono il classico gruppo che a primo acchito non mi piacciono poi granchè, ma che con il passare degli ascolti arrivo a considerarli dei geni! E così siamo 2/2! Ed eccovi scoperta la sorpresa di cui vi ho accennato nell’introduzione. “Abrahamitic Curse”, a mio avviso, spazzava senza dubbio “Fratricide”, essendo un disco ben più originale e coraggioso, vario e fantasioso di quest’ultimo, peccato però che nel primo ho riscontrato addirittura 3 pezzi “difettosi” su 7. Ma la gloria la hanno lo stesso, quindi niente paura, Aspetto volentieri aggiornamenti.

Voto: 75

Claustrofobia

Tracklist:

1 – Shrine of the I pt.1/ 2 – Supremacy/ 3 – From Beyond/ 4 – Shrine of the I pt.2/ 5 – Balls Torture for Preachers/ 6 – Aimonion (Demon of Goddess)/ 7 – Shrine of the I pt.3

MySpace:

http://www.myspace.com/massobliterationdeathmetal

lunedì 14 dicembre 2009

Violent Assault - "The Flag of the Inverted Cross" (2009)


I Violent Assault li considero come un gruppo da veri intenditori, in quanto mi fanno ritornare alla mente i cosiddetti gloriosi anni ’80, e non soltanto a livello musicale e di produzione, ma anche per quanto riguarda il loro lato concettuale e lirico, a mio avviso molto radicale ed estremo. Quindi, dopo i grandi Bunker 66, benvenuti in un altro viaggio negli abissi danteschi di una concezione del metal tanto antica da attirare ancora l’attenzione di moltissimi metallazzi, che a quanto mi pare stanno facendo ritornare prepotentemente in voga questo tipo di sonorità orgogliose e contro ogni specie di innovazione. E pensare che dal punto di vista estetico, questi ragazzotti sembrano dei cloni dei Desaster, anche perchè solo alcuni hanno il face-painting.
Come per i Bunker 66, anche i Violent Assault, formati nel 2006 e provenienti dall’estremo Nord Italia, ossia più precisamente da Gorizia, sono alla primissima testimonianza in assoluto, offrendo ai discepoli “The Flag of the Inverted Cross”, pubblicato quest’anno in modo completamente autoprodotto e stampato in 222 copie, ma non nel classico formato cd (il gruppo si pone infatti contro di esso), bensì nel più tradizionale formato demotape, e già da qui credo si capisca fortemente quanto i nostri siano ideologicamente indietro di 20-30 anni. Per non parlare che il suddetto demo risulta suddiviso in due parti, la prima chiamata “Side Infernal”, mentre l’altra “Side Thrash”, ognuna costituita da 3 pezzi (compreso intro ed outro), ed il tutto viene presentato con una copertina raffigurante un disegno in bianco, grigio e nero dove è rappresentato una tipica scena dell’immaginario vecchia scuola: in primo piano un demone-guerriero post-nucleare tutta battaglia ed onore che tiene nella mano destra una testa tutta insanguinata, con sullo sfondo una città completamente distrutta. Un disegno che non a caso mi pare decisamente coerente con la musica che di cui nostri 5 friulani (Metalucifer voce, Nuclear Aggressor e The Crippler chitarre – faccio notare già da subito che quest’ultimo se n’è andato dal gruppo recentemente per motivi di studio come si legge benissimo nel profilo dell’utente ViolentAssault su Metal-Archives -, The Reaper basso, e Cris The Beast batteria) si fanno orgogliosamente portatori, mostrando a tutti le lame, a mio avviso, con uno speed/thrash tagliente, battagliero ed un po’ epicheggiante, orientato per la maggiore verso tempi veloci (“In Homage to Satan” a tal proposito penso sia l’emblema di tutta l’opera), pur non disdegnando partiture meno sostenute che tra l’altro a me di solito trasmettono un groove irresistibile da scapocciamento continuo. Il suono proposto, lineare e diretto senza tanti fronzoli, non si presenta poi così vario e fantasioso anche se ciò non mi costituisce un difetto in questo caso, ma nonostante tutto i Violent Assault sono tecnicamente piuttosto preparati. Dal punto di vista della struttura ogni brano è decisamente digeribile e figlio di uno schema strofa-ritornello che comunque considero un pochino più complesso e ragionato rispetto a quello concepito dai Bunker 66. almeno in massima parte certo, seppur la già citata “In Honour to Satan” praticamente non presenti la seconda parte della formula. La struttura infatti mi risulta dinamica, visto e considerato che quasi tutte le soluzioni, anche quelle leggermente modificate (sia a livello di riffing che in quello ritmico), cosa che succede in tutti i brani del lotto, sono interessati da ripetizioni di 2 e/o 4 battute, e quindi il tutto si configura in una cornice abbastanza rigida e piuttosto uniforme (attenzione, non sto facendo una critica). Probabilmente, l’unica eccezione alla regola è il 5° riff modificato (quello insomma che segue un passaggio in tremolo concentrato soltanto su una nota) di “Teutonic Furor”. Altra osservazione importante da fare è che il dinamismo succitato risulta determinato anche dal fatto che ogni canzone ha almeno 3 soluzioni principali (“In Honour to Satan” ed “Antimosh”), e tra di queste aspettatevi pure che una sia orientata verso tempi medi, magari presentando una sequenza che con il prosieguo del pezzo viene ridotta, chi più chi meno (e qua praticamente in tutti i pezzi, come, basandomi sulle soluzioni proposte, l’1 – 1 mod. – 2 – 3 – 3 mod. – 3 ancora mod. invece del precedente ed un po’ più lungo 1 – 1 mod. – 2 – 1 – 1 mod. – 2 – 3 – 3 mod. – 3 ancora mod. di “Antimosh”, oppure il 2 – 3 – 4 in sostituzione de 1 – 2 – 3 – 2 – 4 che caratterizza altresì “Teutonic Furor”). Ogni canzone, andando più da vicino, possiede dalle 4 alle 5 soluzioni che costituiscono, rispettivamente, “In Honour to Satan”/”Antimosh” e “Devastator”/Teutonic Furor”, e mi pare che di tutte queste “Devastator” ed “Antimosh” hanno un finale che è poi caratteristico del metal vecchia scuola (ossia, le chitarre che eseguono vari accordi per completare il tutto, mentre la batteria si concentra maggiormente sui piatti), invece in “In Honour to Satan” e “Teutonic Furor” c’è un riff di apertura e di chiusura (se non sbaglio). Vabbè, la struttura credo che si è capito che mi è piaciuta abbastanza, anche perché mi risulta spesso almeno un minimo imprevedibile, ergo non propriamente scontata. Parliamo adesso della produzione, che sicuramente non piacerà ai metallari modernisti, dato che essa è veramente sporca e lurida (da sentire a tal proposito soprattutto la batteria, che personalmente ricorda, in versione più potente e piena, quella di “Show No Mercy” degli Slayer, per non parlare dei Bulldozer del primissimo demo, quello del 1982), è di un marciume pazzesco come piace a me, seppur piuttosto comprensibile, anche se, va bene le frequenze medio-basse, ma per la cassa probabilmente si poteva fare di meglio considerando che non la sento sempre a meraviglia. C’è un altro appunto da fare: da ogni supporto con cui ho ascoltato il demo, c’è qualche problemino con le chitarre, e questo lo rintraccio in modo particolare durante le introduzioni (come in “Antimosh” o “Teutonic Furor”) che si sente specialmente con le cuffie. Infatti, ho riscontrato che le chitarre qualche volta è come se venissero stoppate, cambiando in tal modo con una certa regolarità l’uscita. Così, inizialmente ho presunto che ci fossero due chitarre che si diano il posto a vicenda, peccato che poco dopo questo difetto si sente pure quando entrambe suonano il medesimo riff, e quindi ipotizzo dei disturbi non risolti. Se poi le chitarre si scambiano in continuazione la scena (ma ci credo veramente poco…) oppure è soltanto un qualcosa che sento io allora questo sarà sicuramente argomento nell’intervista, perché a me tutto ciò da un po’ di fastidio. Per la registrazione invece nulla da dire, c’è qualche errore qua e là come è giusto che sia in un’opera “nostalgica” del genere.
Vorrei trattare adesso un po’ i testi, molto classici, anche perché non sempre mi piacciono, come quello molto semplice e personalmente un po’ dispersivo di “In Honour to Satan” dove si prendono in considerazione 5 dei generi della nostra cara musica che hanno qualche rapporto, a dire il vero non sempre frequente, con satana (heavy, speed, thrash, death e black) i quali sono accompagnati ogni volta da un aggettivo (rispettivamente “old”, “satanic”, “nuclear”, “morbid” ed “unholy”), ma quello che più mi chiedo è: in che senso voi suonate tutto questo in omaggio a satana? Un altro testo che mi garba poco è quello di “Antimosh” ma non in sé, quanto di per sé. In fin dei conti è il classico inno da cosiddetti defender che si pongono contro l’hardcore ed ogni forma di crossover, riproponendo quindi la battaglia Metal/HC che veramente mi sembra più caratteristico e presente nel secondo tipo di musica, ma nel caso dei Violent Assault, che per me suonano anche thrash (e lo dicono loro stessi), genere i cui artisti, almeno per la maggiore, sono stati influenzati proprio dall’hardcore, che senso ha allora tutto il testo? “Devastator” invece mi pare sia la rappresentazione a parole dell’immagine in copertina, piena di termini decisamente poco rassicuranti, mentre infine “Teutonic Furor” potrebbe far incazzare i nazionalisti italiani dato che qui i nostri friulani mandano praticamente a quel paese l’impero romano gloriando i popoli germanici, forse riferendosi alla Battaglia della foresta di Teutoburgo del 9 d.c., in cui loro, comandati da Arminio capo dei Cherusci, inflissero una violenta sconfitta a ben 3 legioni romane guidate da un certo Publio Quintilio Varo (http://it.wikipedia.org/wiki/Germani#Il_tentativo_di_conquista_romana_sotto_Augusto_.2812_a.C.-9_d.C..29 ). Faccio notare però che i testi “difettosi” che ho trattato non costituiscono per nessuna ragione al mondo materia di voto, considerando che in esso si prende in considerazione soltanto la musica.
Ora passiamo più strettamente proprio a quest’ultima, partendo, come da tradizione, dalla voce. I tipici vocalizzi proposti da Metalucifer (segnalo che lui ha preso il nome di battaglia da una formazione giapponese heavy metal anni ’80) mi ricordano molto da vicino quelli dei finlandesi Mosh Angel, solo un pochino più puliti e quindi meno “ignoranti” benché sempre piuttosto bassi, e da questo punto di vista la rudezza personalmente mi pare più di stampo thrash. Raramente questa rudezza totalmente diventa leggermente più alta (il ritornello di “Antimosh” mi sembra in pratica l’unico esempio) se non urla, sgraziate ma non acute (“Devastator”) che a dir la verità a me qualche tempo fa non piacevano per niente, dato che lo consideravo un po’ deboli, poi con il passare degli ascolti ho imparato ad apprezzarle, pur non considerandole esaltanti. Comunque, queste urla rammentano al sottoscritto quelle, a mio avviso ben più intense, di cantanti come Jörg Juraschek degli speed metalloni tedeschi Warrant, almeno quelli del primissimo demo, “First Strike” dell’A.D. 1985. Da ricordare tra l’altro l’urlo nel finale, opera dell’ospite King of Death di “Intro – Warrior” che invece a mio parere è veramente debole, quasi forzato e strascicato, praticamente senza voce, mentre in “Outro – March of Death”, la voce caratteristica di Metalucifer risulta più bassa del solito, quasi sussurrata inzumma. Per quanto concerne le linee vocali, queste non mi paiono proprio fenomenali, anche se comunque non le butterei via. Noto che i ritornelli spesso sono semplicemente, se non sbaglio, in pratica il titolo del brano, tranne quello, maggiormente costruito, di “Antimosh”, a cui va una menzione d’onore in quanto lo apprezzo particolarmente. Argomento chitarre: queste secondo me sono l’aspetto più curato dai Violent Assault, e quindi dico da subito senza tanti fronzoli che, per quanto mi riguarda, esse sono indubbiamente il principale punto di forza dei nostri friulani (ed i motivi ve li spiegherò tra pochissimo). Prima di tutto, mi piace la combinazione squisitamente speed/thrash del riffing proposto, che mi risulta avere spesso la durezza (e talvolta anche il groove) del thrash metal unitamente a melodie di stampo epicheggiante che fanno ritornare al sottoscritto sonorità più strettamente heavy metal, un po’ a là Heathen insomma (i Violent Assault mi massacreranno appena leggeranno questo paragone dato che loro sono assolutamente per il “vecchio stile europeo” come si vede tranquillamente fra le righe di “Antimosh”), solo un pochino più brutal, anche se devo segnalare che il lato epico non mi pare così accentuato come in altre realtà, come i già citati Mosh Angell. Con questa mescolanza, i Violent Assault sembrano simboleggiare con il thrash la distruzione bestiale e senza compromessi di tutto ciò che gli capita a tiro, mentre con lo speed avviene la “santificazione”, l’aura di onore ed orgoglio dei guerrieri che portano a compimento tale massacro di cui sopra (incredibile come riesco a trovare simili considerazioni pure in gruppi del genere!). Le chitarre, sporche a là Living Death di “Vengeance of Hell”, sanno passare, tra gli altri, da riffs un po’ più tecnici del solito, un po’ nervosi e che mi ricordano le scatenate note dei thrashettoni Leviathan - formazione dove cantava un giovanissimo Chris Barnes (“In Honour to Satan”) -, a soluzioni, invero a mio avviso molto speed, piuttosto lunghe e con due parti simili fra loro (“Devastator” e “Teutonic Furor”), ad altre un pochino particolari per un gruppo del genere, concentrate maggiormente sulle note più alte (“Teutonic Furor”), come anche riffs un po’ più fantasiosi ritmicamente (“Devastator” ad esempio). Tra quelli orientati su tempi medi, ecco che proprio in “Devastator”, “Antimosh” e “Teutonic Furor” ce ne sono di decisamente thrash e groovy (seppur nel primo brano si trovi anche qualcosa di più heavy – tra l’altro a mio avviso stupefacente come si vedrà - , nel secondo caso le chitarre possono essere pure un po’ schizzate), come, benché vagamente della musica sopraccitata, nella prima “In Honour to Satan”. Qualche volta, tutta questa masnada di riffs regala la scena a degli assoli a mio parere veramente strabilianti, e com’è quasi ovvio in uscite simili, essi si trovano praticamente in tutte le canzoni, uno a botta, tranne però in “Antimosh” dove ce ne sono 2, ed il bello è che si presentano anche decisamente diversi fra di loro, almeno in massima parte certo. In tal modo, si viaggia dalle pennellate nervose in classico stile thrash di “In Honour to Satan” alle controllate melodie più di stampo speed che permea “Devastator” (che, nonostante il nome, si presenta come uno dei pezzi maggiormente melodici del lotto), da certa cupezza piuttosto cattiva di “Antimosh” (canzone che tra l’altro viene aperta da un tipico assolo d’apertura, un po’ come avviene spesso nel finale di moltissimi brani Metal vecchia scuola) alla melodia a tratti beffarda di “Teutonic Furor”. Per farla breve, qualitativamente gli assoli a mio avviso si tengono sempre a galla grazie ad una costruzione di melodie convincenti e fluide, sapendo inoltre, in modo graduale, tra diverse atmosfere. Le due asce, seppur più raramente, ossia nella fine di “In Honour to Satan” e l’inizio di “Devastator”), possono dar vita anche a sovrapposizioni di riffs, ma comunque rimanendo nel semplice (ergo, una chitarra che spiccica note alte, con l’altra, più bassa, che si sente insieme ai piatti, come nella maniera più classica possibile). I nostri amano così tanto le sonorità anni ’80 da vomitare all’ascoltatore magari più fanatico delle chitarre acustiche sia nell’intro che in quella di “Antimosh”, benché non sempre mi risultano riuscite, e da questo punto di vista considero purtroppo proprio “Intro – Warrior” una traccia piuttosto difettosa dell’opera (ma non come l’outro, di cui si parlerà) in quanto mi annoia un pochino, anche se non completamente, e questo perché emotivamente parlando mi prende leggerissimamente, anche se qualcosa mi pare di buona qualità dai, cupa, ma non troppo, com’è in certi momenti. A mio parere, l’uso della chitarra acustica, qua invero più melodica, migliora quando fa bella mostra di sé in “Antimosh”, considerando pure il fatto che in tale occasione essa mi sembra tremendamente appropriata, come se si volesse dare subito il messaggio del proprio credo metallico rigorosamente ottantiano ponendosi contro il crossover, poco incline per sua stessa natura nello scendere patti con l’acustica che troppo ricorda una fede, ossia il Metal/NWOBHM, che tra la fine dei ’70 e l’inizio del decennio seguente era completamente all’opposto, almeno ideologicamente, del nascente punk-hardcore. Discorso basso: segnalo prima di tutto che sì si sente ma non troppo, ma nemmeno si può dire che non si senta, anzi. Secondo me, il momento migliore del lavoro del basso, per me sempre di buona qualità, è quello nella parte centrale di “Devastator”, ma questo ve lo lascio scoprire dopo, quindi pazientate un pochino miei discepoli (“ma vai a cagare!” mi direbbe qualcuno adesso eheheh!). Come ultimo, c’è la batteria. Il suo lavoro, nulla di non convenzionale, mi è veramente ottimo e senza sbavature. Mi sorprende particolarmente il fatto che l’impatto qui proposto ricorda a me stesso quello dei già accennati Bulldozer, oppure quello di certi Agenti Steel di “Skeptics Apocalypse”. Così, si spinge l’acceleratore con una bella violenza (ma senza esagerare) che alle volte risalta il tutto con decisi e taglienti stop ‘n’ go (come negli inizi di “Antimosh” e “Teutonic Furor”), propinandoli pure durante lo stesso discorso musicale (“Antimosh”). Lo stile di Cris The Beast (anche se segnalo che alcune parti sono state eseguite da un certo The Grinder) non si presenta poi così vario e fantasioso ma a mio avviso si mostra sempre coerente con tutto l’insieme, abile anche com’è ad aumentare l’intensità con alcune delle più tipiche tecniche metalliche (come i tom-tom con annesso rullante finale alla fine di qualche riff), e quindi personalmente il lavoro, che piuttosto raramente vira in doppia cassa (o sbaglio?) non mi stanca veramente mai. Se non erro, mi sembra che il nostro batterista segua principalmente un massacro più di stampo thrash che speed, essendo armato di un tipo di violenza nevrotica che nel secondo, ben più lineare e fluido, mi risulta completamente assente. Ergo, tanti tantissimi bernoccoli previsti per ogni potenziale ascoltatore dei Violent Assault.
E’ ora di farvi sapere quale è il pezzo che personalmente preferisco fra tutti, ossia “Devastator” (che è tra l'altro quello più lungo di tutto il lotto, essendo di circa 4 minuti e 40, mentre quello più breve, ad eccezione dell'intro di poco più di un minuto, è "In Honour to Satan" di tipo 2 e 36). E questo perché ha due dei momenti che reputo i più fantastici di tutta l’opera, rappresentati praticamente dalla parte centrale, in cui c’è un tempo molto groove accompagnato da delle chitarre a mio parere fenomenali, melodiche e tremendamente intense, orgogliose. Poco dopo, si fa viva una linea di basso stupefacente, ed il tutto, giostrato in una maniera che a me sembra completamente perfetta, preannuncia uno di quegli apici bombastici che ti tagliano la gola nel modo più piacevole possibile….e così succede, tanto prevedibilmente quanto assurdamente in modo stupefacente a mio parere, dato che c’è un bellissimo assolo melodicissimo ma non scontato e banale, che per quanto mi riguarda sembra la voce di quei disperati la cui vita e dimora sono state spezzate da dei guerrieri scalmanati con giubbotto di pelle con dietro scritto “Heavy Metal (Is the Law)”. Devastante ragazze ragazzi mie/i.
Ma adesso no, non voglio essere buono anche questa volta perché sinceramente mi è piaciuto pochissimo ma veramente pochissimo (ed allora fai prima a scrivere “per niente”!) l’outro che, a mio avviso, dal punto di vista melodico sembra presa pari passo dall’introduzione di “Alliance to the Powerthrone” dei Desaster (a cui curiosamente proprio l’outro è dedicata). L’outro è praticamente dominata da una sola chitarra elettrica intenta a “cullare” l’ascoltatore con melodie epiche (non in tremolo beninteso), continuando così per qualcosa tipo 2 minuti. Ed infatti, dopo un po’, tutto questo mi risulta noioso, non solo perché la chitarra non mi dà mai la sensazione di una melodia forte e potente che scaldi l’animo, ma anche perché, di conseguenza, non c’è un apice effettivo, neanche una chitarra solista, niente di niente, eccetto una voce per me completamente inutile, dato che a mio parere non aggiunge nulla di fantastico o di buona qualità, alla fine del pezzo. Eppure penso che le premesse per una ballata in puro stile heavy c’erano tutte, alla resa dei conti “Outro – March of Death” pare al sottoscritto semplicemente un riempitivo.
Vabbè, insomma, alla luce di tutto questo, per me i Violent Assault meritano tantissimo, anche perché sono così genuinamente vecchia scuola in tutto da ringraziarli, in quanto è anche grazie al lavoro di gruppi simili che i suoni cosiddetti “nostalgici” rivivono sempre, fregandosene delle mode e di tutto il resto. Però l’intro e l’outro si potevano forse evitare, ma pazienza. Carissime e carissimi, sono arrivati dal profondo Nord i Violent Assault, pronti a spazzare, le vostre case in un batti baleno con anche l’intento di stuprare pure il più minimo frammento di modernità, e quindi SI SALVI CHI PUO’!!! IN GUERRA, soldati del Metallo colante (eheheh, una frase che ho sempre voluto dire!)!

Voto: 73

Claustrofobia


Note:


segnalo come ultime cose che "Teutonic Furor" è dedicata a quel tipo poco raccomandabile dal nome di battaglia di Euronymous, e che in "Devastator" ed "Antimosh" c'è come ospite alla voce tal Andreas Richwien dei Minotaur (proprio nei brani in cui la voce solita assume toni più alti, guarda caso!). Inoltre, non ho potuto pubblicare soltanto la copertina del demo perchè il profilo del gruppo su Metal-Archives è un po' difettoso, non potendola trovare tra l'altro neanche nello space del gruppo.

Tracklist:

1 – Intro – Warrior/ 2 – In Honour to Satan/ 3 – Devastator/ 4 – Antimosh/ 5 – Teutonic Furor/ 6 – Outro – March of Death

MySpace:

http://www.myspace.com/violentassault666

venerdì 11 dicembre 2009

Intervista ai Mass Obliteration!


I Mass Obliteration al completo. Da sinistra verso destra: Andrea, Mariano, Giordano e Luca. Foto scattata in quel di Gaeta.



1) Ehilà, come la va? Tutto bene? Presentate i Mass Obliteration ai lettori di “Timpani Allo Spiedo”.

-(Andrea, voce e basso) Un saluto alle care teste malate che indugiano su queste pagine.
I MASS OBLITERATION, anarco-death metal da Roma, sono una creatura mia e di Luca Zamberti (batteria). Abbiamo dato vita alla band nel 2006. Il nostro intento era e rimane quello di produrre musica estrema e intelligente, e in quanto tale, se non unica, particolare.
Con la formazione comprendente noi e Mariano Gallo alla chitarra è stato rilasciato un ep autoprodotto nel 2007 (“Abrahamithic Curse”) e con l’aggiunta di Giordano Costantino (voce e chitarra) un demo su cd nel 2009 (“Fratricide”). Attualmente siamo in tre, visto che Mariano non fa più parte della band.

2) Di cosa trattate nei testi e chi li compone? Da cosa siete ispirati per farli e da questo punto di vista siete stati anche influenzati dallo stile di qualche gruppo o corrente musicale (punk-hardcore/thrash metal per esempio)? Scusate la mia ignoranza ma mi potete spiegare cosa significhino titoli come “Mashom”, “Nekare” e “Lathe Biosas”?

- (A) I testi per ora li scrivo io, tranne sporadici casi (“The Remains of Hate e “Lathe Biosas”) in cui ho tradotto e rivisto testi di Giordano e Mariano. L’impostazione lirica rispecchia l’attitudine di questa band, più vicina a quella di una band crust-punk che metal.
In ogni lavoro prendiamo in considerazione di volta in volta una tematica portante, anche se non nella forma di un concept. Le basi comuni sono comunque l’analisi e la riflessione su quello che abbiamo attorno da un punto di vista storico e sociale, il che è abbastanza folle e perverso da ispirare tonnellate di testi adatti a questo tipo di musica.
“Mashom” in ebraico significa barriera, e si riferisce chiaramente al muro, chiamato “barriera di sicurezza” dagli israeliani, che separa Israele dai Territori palestinesi della Cisgiordania, e che ha sancito definitivamente lo status di apartheid in quella terra, senza risolvere i problemi di sicurezza che voleva risolvere, aggiungendo solo altri abusi e furti di terra.
“Nekare” in lingua acholi (gli Acholi sono un popolo africano che vive tra l’Uganda ed il Sudan. Nda Claustrofobia) somiglia molto al latino necare, che significa uccidere. Si riferisce all’imperativo inculcato nelle menti drogate dei bambini-soldato usati da Kony (Joseph Kony, capo della LRA, che sta per “Lord’s Resistance Army”, organizzazione creata nel 1987 e fondata su insegnamenti “cristiani” ma anche con qualche tematica islamica. Nda Claustrofobia), criminale di guerra protagonista del conflitto che fino a pochi anni fa ha dilaniato il Nord Uganda (ne parla molto bene il libro di Giulio Albanese “Soldatini di Piombo”, Feltrinelli)
“Lathe Biosas” (che in teoria si dovrebbe più che altro scrivere così: “láthe biôsas”. Nda Claustrofobia) è uno dei capisaldi della filosofia epicureista, sta più o meno per “vivi in disparte”. A nostro modo sarebbe da interpretare come una necessità, una certa stanchezza in cui è purtroppo facile cadere, una disillusione indotta che porta a volte ad allontanarsi del tutto dalla vita pubblica, perché in essa non c’è più la vera politica, partecipata e consapevole, come la intendevano i greci, ma tutto è ridotto a marketing e pubblicità, secondo un piano di dominio e conservazione del potere che ci vuole tutti individui soli, separati, impotenti e depressi, egoisti e senza la capacità di metterci assieme per far valere i nostri diritti e valori, che sono diversi e più grandi di quelli strumentali e marci di chi decide delle nostre vite in base al proprio profitto.

3) Perché preferite parlare di simili tematiche invece che trattare i classici temi del death metal?

- (A) Intanto perché non siamo una semplice death metal band come altre migliaia che spuntano fuori ogni giorno. E poi, come ti dicevo, basta guardarsi attorno per trovare di che parlare senza dover tornare per forza sui soliti clichè di satana e i serial killer.
In pochi si possono permettere di parlare ancora di queste cose risultando credibili. Noi raffiguriamo quello che è la nostra vita, quello che è la vita in questa Italia di merda (Cripple Bastards docet), in questo sistema decadente.
C’è molto da riflettere sul fatto che la gente non vede prospettive di cambiamento, quando invece bisognerebbe tener presente che il capitalismo è la via scelta (o imposta) al mondo da giusto un paio di secoli e poco più, non dura da sempre e non durerà per sempre, anche e soprattutto perché ci sta conducendo tutti verso, appunto, la cancellazione di massa ed è quindi necessario trovare vie nuove, radicalmente diverse, in economia e in politica.
Tutti ormai sanno, e lo si sapeva da almeno trenta anni, che il pianeta terra andrà avanti e nuove forme di vita si adatteranno alle nuove condizioni, ma la specie umana così come è andata avanti fino ad ora è destinata a scomparire fra non molto.
In ogni caso nessuno della band passa le sue giornate in una foresta o su un eremo a fare sacrifici al diavolo, e neppure a sgozzare vecchiette o a sfogare le proprie frustrazioni sessuali su qualche verginella. Tutti noi siamo affezionati ai Cannibal Corpse o ai Deicide, ma certa roba dopo un po’ stanca. Lo stesso messaggio anti-cristiano, è troppo spesso limitato e ripetuto all’infinito , senza una visione globale di tutti gli altri mali della società .

4) Come avviene la composizione dei vostri pezzi e quanto è durata la loro stesura? Chi ne sono i principali compositori? C’è stato un brano in particolare che vi ha dato più “rogne”? Litigate in fase di composizione ci sono state?
- (A) Attualmente, oltre a me, la composizione della musica vede protagonista anche Giordano. Di solito chi porta i riff lavora con Luca allo scheletro ritmico, per poi arrangiare e modificare il tutto assieme. In questo momento stiamo componendo a distanza, visto che Luca è in America (sta frequentando infatti un college. Nda Claustrofobia). E’ proprio con lui che “litighiamo”di solito, visto che quasi ogni cosa che portiamo si diverte a spezzarla in dispari e spostati jazzati,. Il brano che ci ha dato più grane forse è proprio “Balls Torture For Preachers” (brano tratto da “Abrahamitic Curse”. Nda Claustrofobia), prima canzone scritta e arrangiata come M.O. (e ancora inno della band dal vivo). C’era questo riff quando abbiamo registrato..non si capiva se era 6/4 oppure 7/4 oppure altri incastri ancora più assurdi. Dubbi adolescenziali.

5) Dove li avete registrati ed in quanto tempo? Da questo punto di vista, invece, quale è stato il pezzo più difficile?

- (A) Il primo lavoro è stato registrato da Emilio Trillò (Carnal Rapture) in una sua villa abbandonata vicino Anzio. Il secondo nei 16th Cellar Studios di Stefano Morabito a Roma. La cosa ha portato via sempre più o meno 5-6 giorni. Da questo punto di vista direi “Lathe Biosas”, quello su cui avevamo le idee un po’ meno chiare, vista la fretta con cui abbiamo deciso di andare a registrare all’inizio di quest’anno.

6) Secondo me, voi suonate un death metal decisamente di vecchio stampo però spesso venato di black, e non solo a livello di riffing ma anche per certi vocalizzi e ritmiche, pur non disdegnando inflessioni doom (“Nekare” e “Lathe Biosas”) come seppur vaghe incursioni in territori thrash (“Mashom” ed, in maniera meno evidente, anche in “Lathe Biosas”). Presentate un livello tecnico notevole, come anche una fantasia degna di nota, presentando tra l’altro una struttura dei pezzi molto complessa, ed a mio avviso anche originale, ed inoltre proponete un buon equilibrio tra le parti veloci ed un po’ più lente. Ora, mi sono dimenticato forse qualcosa? Comunque, da chi siete influenzati e da quali membri partono le diverse influenze e queste quanto vi hanno pesato?

- (A) Direi che hai azzeccato bene molte sfumature di “Fratricide”. Il nostro stile però è ancora in perpetua evoluzione. Consideriamo il death metal un’arte, e cerchiamo di migliorare sempre, lavorando ogni giorno su nuove idee e sul modo più adatto di rappresentare in musica i nostri pensieri.
Sulle influenze ti potrei ammorbare (che demenziale gioco di parole eh?!) con una lista di vari chilometri. Per dare un riferimento agli ignari potrei restringere il tutto a Immolation, Grave, Napalm Death, Incantation e TANTE altre cose, spesso al di fuori del metal.

7) Devo dire che il pezzo che più mi è piaciuto è "The Remains of Hate" in quanto ha un tipo di struttura che secondo me è il più azzeccato ed ancor più imprevedibile a suo modo rispetto agli altri pezzi (visto e considerato che, come già osservato, è forse l'unico brano che presenta una sequenza più o meno rigida di soluzioni che si susseguono), per non parlare poi di un sentimento apocalittico che personalmente respiro durante l'innesto della chitarra solista (quella insomma che mi ricorda gli Scarve), e di un climax che per me è il migliore di tutto il demo. Siete d'accordo quindi con quanto affermo? Se no, perchè e quale è, secondo voi, il pezzo che più preferite in confronto agli altri?



(A) Il fatto che abbiamo scelto di porlo in apertura del cd e che ne abbiamo fatto pure un video penso parli da sé.

8) Per quanto concerne invece il vostro principale punto di forza, penso che esso sia rappresentato dal lavoro della batteria, sempre tremendamente fantasioso ed anche spesso poco convenzionale, ricco poi di cambi di tempo repentini pure su uno stesso riff, risultando quindi imprevedibili in misura maggiore. Adesso, siete d’accordo? Se no, secondo voi quale è il vostro principale punto di forza e perché?
- (A) Non sei il primo che nota questa cosa. Sono pienamente d’accordo (tra l’altro Luca è l’unico tra noi che studia a tempo pieno da musicista). Alla sua versatilità e dinamica aggiungerei la potenza del “wall of vocals”, che esprimiamo a pieno dal vivo io e Giordano. In genere penso anche che un tratto distintivo sia l’attitudine, non solo compositiva.
Su tutto il resto.. sempre lavori in corso.

9) Vorrei parlare ora della già citata struttura dei vostri pezzi. Sinceramente, io non ho trovato paragoni adatti per accostarla a qualche altro gruppo, dato che non presenta una sequenza rigida di soluzioni che si susseguono, pur se paradossalmente la maggior parte dei passaggi proposti venga poi ripresa, spesso in forma modificata, nel prosieguo di un brano. Inoltre, l’ascolto diventa ancora più difficile grazie a quell’orda di cambi di tempo che interessano, come già osservato, anche un solo riff, non dimenticando inoltre il fatto che in ogni pezzo è presente una soluzione che si ripete soltanto una volta, offrendo così uno scenario poco rassicurante per la maggior parte degli ascoltatori, e quindi non classico. Ci ho visto giusto? Ma da chi siete stati influenzati, più da vicino, riguardo il vostro lato strutturale? Un pochetto dai Gorguts (quelli dei primi due album) per caso?

- (A) Amo molto i primi Gorguts, e devo dire che c’è anche una bella differenza (verissimo anche secondo me! Nda Claustrofobia) tra “Considered Dead” ed “Erosion of Sanity”ma non saprei dirti sinceramente se sono un’influenza così decisiva..tra l’altro tutte le canzoni finora pubblicate risalgono ad almeno 2 anni fa..ascoltiamo continuamente musica diversa, vecchia e nuova, e ognuno ha la sua inclinazione particolare.
Rassicurante è l’ultima cosa che voglio la mia band sembri. Il conformismo è la prima cosa da rifuggire nella scena metal, in ogni senso. Diciamo che non vogliamo limiti, abbiamo pure molti riff e strutture classiche, ma facciamo semplicemente quello che ci piace nella maniera nostra. Purtroppo bisognerà aspettare l’uscita del full-lenght per aver un’idea più completa di tutte le sfumature del nostro sound.

10) In teoria, questa domanda è per Luca, ma considerando che attualmente sta studiando negli Stati Uniti la faccio a voi: il suo stile molto fantasioso e tecnico mi è veramente molto piaciuto, quindi mi chiedevo se fosse stato influenzato da qualche batterista in particolare ed, inoltre, quale preferisca in particolare.
(Luca, batteria) - Per prima cosa ti dirò che fin da subito ognuno di noi ha cercato di trovare un proprio stile che permettesse alla band di creare un sound originale e compatto in modo da non assomigliare a tantissime altre band della scena underground! Per quanto riguarda il mio stile, posso dirti che sono stati tanti i batteristi che mi hanno influenzato, soprattutto di diverso genere, a partire da John Bonham, Dave Grohl, Nicho Mcbrain, Richard Christy, Danny Carey, Sean Reinert, Vinnie Paul, George Kollias, Gene Hoglan, questi sono solo alcuni, ma ce ne sono stati tantissimi altri, ma dato che la lista è lunga non te li sto ad elencare tutti! Di questi non c’ è stato un batterista in particolare a cui mi sono ispirato veramente, ho cercato di prendere un po’ da ognuno di loro, e trarne il loro modo di suonare, per poi crearne uno mio, e mi ha fatto veramente molto piacere che ti sia piaciuto!

11) Mi rivolgo adesso ad Andrea e Giordano. Dal punto di vista strettamente vocale, mi pare che siate piuttosto vari, dato che sapete passare da grugniti cavernosi (ma non gutturali) e profondi a delle belle urla, a volte forse di stampo black metal. Ecco, da quali cantanti siete stati influenzati e quali ne sono i vostri preferiti?

- (A) Potrei dirti David Vincent, Glen Benton, Barney, Craig Pillard, Chris Barnes, Jason Netherton e boh..tanti altri.

12) La copertina di “Fratricide” mi sembra piuttosto eloquente e classica nell’ambiente anarchico, dato che sembra rappresentare un uomo che spezza le proprie catene, facendo vedere tra l’altro molto bene i suoi muscoli, simboli della rabbia, della volontà e della potenza (potenza in quanto capacità dell’individuo di reagire di fronte alle ingiustizie) umana. E’ forse così? Perché, domanda forse retorica, avete scelto proprio una copertina simile e chi l’ha fatta? Prima di questa, ci sono state altre proposte e casomai perché sono state scartate?
- (A) La scelta è andata facilmente in questo caso su Annalisa Gallo, sorella di Mariano, perché ci affascinava molto la sua arte batik e avevamo questo contatto diretto, anche se lei vive a Torino. La descrizione che hai dato tu della copertina penso calzi a pennello.

13) Parliamo adesso del titolo del demo. Per quale motivo “Fratricide” e che c’entra, sperando di non essere banale, con la copertina stessa? Ci sono state altre proposte prima del titolo attuale?
- (A) La parola “Fratricide” ricorre nel testo di “Nekare”, e racchiude il concetto di guerra civile, in generale di odio tra simili, soprattutto nei paesi che soffrono ancora a causa di divisioni create ad arte dai vecchi governi coloniali (e dei nuovi, sotto forma di aziende multinazionali) e, per quanto riguarda le nostre società occidentali, di guerra tra poveri, tra il precario sfruttato che invece di prendersela col padrone e col governo addossa la colpa al più debole, all’immigrato. Il legame con la copertina è soggetto all’interpretazione di ognuno che sia curioso e voglia darci attenzione, anche se dico che per avere un’idea più precisa bisogna vedere anche l’altro disegno, altrettanto bello, che si trova nell’interno del libretto (e che abbiamo usato per le maglie long-sleeve). Altre proposte sul titolo non ci sono state perché è piaciuta subito la mia, e ‘sti cazzi..così sembra che decido sempre io.

14) Questa è una domanda un po’ provocatoria, ma anche considerando il vostro essere esplicitamente anarchici e quindi anti-globalizzazione, perché utilizzate l’inglese? Non credete, inoltre, che sia un po’ troppo stra-abusato, commerciale, e per giunta quasi “innaturale” per una formazione non-anglosassone?
- (A) La scelta dell’inglese è soprattutto per farci capire da più persone possibile. Tra l’altro in “Eudaimonion” (un altro brano dal primo demo del gruppo. Nda Claustrofobia) ho usato anche il greco antico, semplicemente perché ci stava bene. Aggiungo che nel disco che uscirà l’anno prossimo ci saranno almeno 3 pezzi in italiano, visto che abbiamo deciso di esplorare le possibilità diverse che ci dà la nostra stessa lingua, e anche perché ci saranno dei messaggi e riferimenti che vogliamo arrivino direttamente ai nostri “compatrioti”. Non vedo comunque contraddizione nell’usare la lingua inglese, visto che è solo un mezzo, attualmente il più diffuso, per comunicare tra persone che vengono da diverse parti del mondo. Chi è contro la globalizzazione capitalista è necessariamente un internazionalista. Semplicemente: una volta si usava il francese o il tedesco, ora soprattutto l’inglese. Noi non abbiamo strategie di marketing, non siamo gli Afterhours che fanno la versione in inglese del singolo (anche se la pronuncia è terribile), solo per aprirsi ad un altro mercato, adattando a questo le proprie scelte artistiche.
E poi quando mi capita di parlare con persone hispano-hablanti provo a usare il castigliano, visto che un po’ l’ho studiato.

15) Passiamo ora alla più lunga “Lathe Biosas”, che personalmente penso che sia l’unico pezzo un po’ inconcludente di tutto il lotto, e questo perché credo che esso poteva finire benissimo nel momento in cui Andrea e Giordano urlano proprio il titolo della canzone, per poi abbassare lentamente il volume, rappresentando idealmente la rabbia che non perdendo mai la speranza vuole costruire un futuro migliore. Invece, dopo quell’ottimo passaggio, per il mio personale parere ovviamente, allungate inutilmente il tutto, non riuscendo più a trovare una degna conclusione, qui rappresentata dalla prima soluzione proposta dell’intero brano, quasi a simboleggiare la distruzione della speranza di fronte alla guerra, uno dei tanti flagelli dell’umanità. Un’osservazione, quest’ultima, giusta? Inoltre, un altro difetto strutturale che personalmente ho rintracciato è, se non sbaglio, intorno ai 3 minuti, in cui, dopo una soluzione lenta e grooveggiante, tirate fuori un’accelerazione brusca (e senza nessun preavviso) degna di un ottimo climax, ripetendola per le rimanenti 2 volte in modo più violento e pressante, per poi, secondo me inspiegabilmente, ritornare al passaggio precedente. Ecco, come rispondete a queste critiche invece?
- (A) Bah non mi sembrano critiche molto sensate, permettimi, perché sul merito e non sul metodo, cioè su quelle che sono le nostre scelte artistiche (secondo me non sarebbero sensate se non ci fosse un motivo, anche perchè l'ultimo minuto del brano anzidetto mi annoia un poco. Nda Claustrofobia). Solitamente ci piace esplorare le dinamiche e le variazioni, che sono uno dei tratti migliori del metal in generale.

16) Siete soddisfatti del risultato raggiunto o volete cambiare qualcosa? Come stanno andando la critica ed il pubblico?

- (A) Soddisfatti in quanto musicisti, artisti, non lo saremo mai. Avendo più tempo per lavorarci e più esperienza, magari per il disco intero entreremo in studio con le idee ancora più chiare.
La critica è largamente positiva e il pubblico, nelle situazioni in cui abbiamo potuto tastare meglio la situazione (concerti) è in parte altrettanto entusiasta, mentre per il resto, la maggior parte, variamente indifferente e invidioso, come penso capiti a tutti i gruppi italiani underground. Basta vedere la differenza abissale tra un qualunque concerto di un gruppo emergente e quando invece arrivano i Cannibal e altri gruppi grossi, soprattutto stranieri..

17) Chi ha scelto il nome del gruppo e quale è il suo significato? Ci sono state altre proposte prima di decidere per quello attuale e potete dire per quale motivo sono state rifiutate?

- (A) Il gruppo esisteva già nella mia testa molto tempo prima di costruirlo davvero, le canzoni stesse del primo cd già esistevano. Il nome quindi l’ho scelto e proposto a Luca, che ha risposto “Basta che si suona”. Per il significato ti rimando al punto 3. Per capire ancora meglio tocca leggere il testo dell’omonima canzone dei Suffocation.

18) Chi ha fatto invece il logo e cosa volete che trasmetta? Non essendo voi satanisti, perché ci sono due “t” travestite da croci rovesciate? Prima di sceglierlo, ci sono state per caso altre proposte e perché sono state scartate?

- (A) Il logo l’ha disegnato Luca su una mia proposta. Le “croci rovesciate” sono proprio accennate, e comunque figurati che lui si considera cristiano. Non c’è bisogno di essere o dichiararsi satanisti per rinnegare i simboli religiosi. Essere contro il cristianesimo ed essere satanisti in realtà è una contraddizione, visto che sono due facce della stessa medaglia, e in ogni caso qui rimando al giudizio personale di ciascuno.

(Luca)- Si il logo è stato fatto da me su un idea di Andrea, ed è stato ispirato da quello dei Suffocation, Cannibal corpse e Autopsy, e devo dirti che essendo subito piaciuto alla band, non ci sono state altre proposte! Per quanto riguarda le due croci rovesciate concordo con quello detto da Andrea, e posso dirti che quando ho disegnato questo logo non ho affatto pensato ad esse, anzi me ne sono accorto dopo!

19) Siete per la lotta armata oppure per la non-violenza o che altro? Esempi storici che possono suffragare le vostre idee?

- (A) La violenza è giusta solo come stadio avanzato della lotta di classe, inutile e controproducente in tante altre situazioni. I cambiamenti veri avvengono solo quando largamente condivisi, quindi bisogna prima cercare di svegliare le coscienze e mostrare che c’è un’alternativa.
Non a caso la violenza, come la paura, è lo strumento preferito dei fascisti, che vogliono l’annullamento della coscienza, e delle grandi lobby che con gli eserciti, statali o mercenari, difendono i loro privilegi e interessi commerciali.
Il 90% della violenza che vedi ogni giorno è dovuta a questo sistema e alle sue contraddizioni, all’individualismo e ai comportamenti anti-sociali che si hanno quando si considera il prossimo sempre e solo come un concorrente.
Quando la gente conquista il controllo della propria vita come in Spagna nel 1936 o nella Comune di Parigi nel 1871, o attualmente in Chiapas (questo non è altri che uno stato del Messico, dove il 1° Gennaio del 1994 l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale [EZLN] fece un’insurrezione, vinta politicamente. Eccovi il link da Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Chiapas_(stato). Nda Claustrofobia) , ha bisogno di armarsi solo per combattere le forze del capitale che dominano tutt’attorno e che non accettano un sistema diverso per paura del contagio della libertà e dell’autodeterminazione tra i propri sottoposti.

20) Perché, secondo il vostro parere, certa gente cerca il potere, e quindi lo sfruttamento dell’uomo, degli animali e dell’intera Terra? Chi o cosa la fa muovere? E tra l’altro perché l’uomo ha creato le istituzioni?
- (A) In parte ti rimando alla risposta precedente. Aggiungo che le istituzioni non sono una cosa assurda in sé stesse, dipende quasi tutto da chi gestisce l’informazione e la ricchezza nella società. Se queste sono condivise e diffuse anche le istituzioni sono più facili da controllare, responsabilizzare. Il principio, come dice Chomsky (Noam Chomsky, noto anarchico statunitense. Nda Claustrofobia), è che l’autorità deve essere costantemente “questionata”, posta di fronte al proprio mandato, e se ha fallito o addirittura ha fatto l’esatto contrario di quello che la gente vuole, deve essere rovesciata e sostituita. Questo ragionamento è sempre più difficile da comprendere per la gente in una società complessa come la nostra, dove gran parte del potere è centralizzato nelle mani di aziende che usano i governi solo per farsi rendere il gioco più facile. Attualmente ci vuole più partecipazione locale alle decisioni e più leggi a livello internazionale che limitino i guasti delle multinazionali.

21) Credete per caso in un mondo migliore o no? Se sì( domanda comunque forse un po’ banalotta in questo caso), come pensate dev’essere e come si può raggiungere la sua realizzazione?
- (A) Ti rimando a quanto detto finora, non potendomi dilungare troppo…comunque, beh..se nel 2012 o giù di lì non ci sarà la MASS OBLITERATION allora continueremo comunque a pensare che le cose devono cambiare, perché il cambiamento non è semplicemente auspicabile, ma necessario. E’ inutile prendere in giro chi ha speranze quando tutto sembra nero e inamovibile, perché la posizione opposta, il rinchiudersi nel privato, coltivando solo il proprio orticello, i propri vizi e le solite cose con cui siamo cresciuti è semplicemente la strada più semplice, e complice. Tutto quello che facciamo con altre persone è politica, anche dire che si è a-politici significa prendere una posizione, perché vuol dire che si accetta e ci si accontenta dello status-quo.

22) Perché siete contro la religione? Od il vostro odio si basa soltanto sulle religioni organizzate che si fondano su delle istituzioni? Tra l’altro, a proposito di religione, in “The Remains of Hate” parlate anche di “anime umiliate”? Credete nell’anima e se sì, casomai c’è un motivo?

- (A) Sulle basi morali di una religione organizzata si può discutere, essere contrari o no, credere o no a quello che predica. Il problema è che di solito chi dice di crederci e predica non accetta che gli altri semplicemente non lo facciano, e usa la violenza, psicologica o fisica, a seconda di quello che gli è permesso, per obbligare gli altri. Invece di pensare all’embrione o all’aldilà dovrebbero pensare a combattere davvero la povertà in questa vita.
Ma i fatti sono ciò che conta. Per quanto riguarda il cristianesimo, se ci si crede bisogna ammettere che ha fallito. In duemila anni ha provocato danni superiori e più profondi di qualunque altra dittatura, e soprattutto, continua a farlo. La Chiesa usa e strumentalizza quelli che sono valori base positivi come la solidarietà, per perseguire solo il privilegio e il diniego della libertà. Un’eccezione è la cosiddetta teologia della liberazione che in Sudamerica si è messa dalla parte dei più deboli (attirandosi così la scomunica del Vaticano)(tale Teologia della Liberazione è una corrente teologica, che trae spunto sia dal marxismo che da vari pensieri rivoluzionari, nata ufficialmente in America latina nel 1968 dopo il Concilio Vaticano II e trova come principali protagonisti il peruviano Gustavo Gutièrrez ed i brasiliani Hélder Câmara e Leonardo Boff. Bisogna però segnalare che, dopo che tale teologia fu scomunicata, il papa Woytila, come la Commissione Pontificia Biblica nel 1993, si espressero positivamente circa di essa. Nda Claustrofobia).
Lo stesso giudizio vale tra l’altro per tutte le altre religioni, visto che si basano tutte sulla stessa storiella astrologica (vedere il film “Zeitgeist” [questo è un cosiddetto web film senza nessun profitto diretto, prodotto e distribuito da Peter Joseph nell’A.D. 2007, cui ha fatto seguito “Zeitgeist: Addendum” l’anno seguente. Nda Claustrofobia], facile da trovare su internet).

23) Avete mai organizzato direttamente voi qualcosa come manifestazioni, iniziative nei centri sociali ecc…e, se sì, come sono andate?

- (A) No, per il fatto che siamo comunque solo un gruppo musicale (più che altro non mi riferivo a voi in quanto gruppo, ma in quanto singoli, non artisti quindi. Nda Claustrofobia). Per le nostre peculiarità non siamo certamente solo “intrattenimento”, ma comunque sappiamo che non è questa la maniera di cambiare le cose. La band è solo una maniera di esprimerci, rappresentare in una forma estrema quello che più ci fa schifo, per misurare le nostre capacità in qualcosa che non ha un rientro economico, e che facciamo solo in quanto passione.
Per me personalmente è una maniera per mantenere un certo equilibrio mentale, visto che cerco di fare una vita più tranquilla possibile, scrivo, leggo, suono, vado in bici, sto con la mia ragazza. Il death metal funziona e ha funzionato come cura molto meglio delle droghe e dello psicologo.

24) Siete, inoltre, parte integrante dell’organizzazione Anarchici Contro il Muro?
- (A) No. Abbiamo avuto contatti per il video di Mashom, che loro hanno contribuito a diffondere tra la loro rete di attivisti. L’organizzazione comunque è composta da cittadini israeliani che non approvano quanto fatto dal loro governo, che affiancano i palestinesi nella rivendicazione dei loro diritti, e che quindi prevedono la partecipazione di stranieri principalmente come aiuto esterno, per far conoscere la loro lotta in Occidente. Solo un’opinione pubblica mondiale forte come quella che fece crollare l’apartheid in Sudafrica può influire sul comportamento dei militari israeliani.

25) Da quanto siete anarchici e quali considerazioni vi hanno aiutato in tal senso?
- (A) Consapevolmente da quando ho 16 anni. L’anarchismo non è un’ideologia, è un insieme di principi e valori, che possono prendere forma diversa nella loro applicazione.
Si può studiare il pensiero anarchico e comunista, come ho fatto io, oppure no. L’importante penso sia capire le dinamiche che veramente determinano le nostre scelte e il nostro stile di vita, e cercare di cambiarle in meglio. Non trovo brutto far parte di un partito o un sindacato, ma bisogna tener conto che quelle rimangono comunque strutture orientate e appiattite dal vertice, seguono logiche completamente diverse dai bisogni della gente. Bisogna aspirare al potere solo quando, a livello locale, si hanno i numeri per piegarlo alla volontà della gente, altrimenti sarà sempre inutile, come è inutile andare a votare gente che non si è scelta , che non ha niente di promettente e neanche l’obbligo di mandato. La gente continuerà così a essere presa per il culo.
Tocca informarsi, trovare maniere per poter influire sul corso degli eventi, anche se si tratta solo del parco cittadino, cominciare a rivendicare quel poco che erano riuscite a conquistare le lotte degli anni 60-70 e che ora ci stanno togliendo ogni giorno di più.

26) Avete già suonato in qualche altro gruppo oltre il vostro, pubblicando e/o registrando magari qualcosa?
- (A) The Raven e Gardens of Grief sono due gruppi diversi, più o meno metal, più o meno estremi, che avevamo io e Luca prima dei Mass Obliteration. Qualcuno è riuscito a conoscerli, non so come, e ha messo la loro storia su Encyclopaedia Metallum. Per un paio d’anni ho cantato coi Narcosynthesis, thrash-death metal da Canosa di Puglia. Con Luca suonavo fino a poco fa anche in un progetto di musica e poesia, i Gemente (che fra l’altro ho cercato disperatamente, ma invano, durante la Festa della Cultura a Garbatella in Roma ormai tipo 6 mesi fa. Nda Claustrofobia). Non si è mai andati oltre il demo d’esordio o il live album, visto che in nessun caso c’erano le basi per una cosa seria come con i Mass Obliteration.

27) Voi siete di Gaeta (o non tutti?), e quindi, sperando di non essere indiscreto, perché vi siete trasferiti a Roma e quando?

- (A) Attualmente comunque non viviamo a Roma, non stabilmente, almeno. Io e Luca siamo di Gaeta, e siamo venuti nella capitale principalmente per motivi di studio, ma anche per ripartire da zero con la musica. Giordano è cresciuto a Roma, ma è nato e vive in Sabina. Roma rimane la base del gruppo.

28) Nel vostro MySpace vi definite come “una band di immigrati”. Per quale motivo? Questa cosa è per caso legata anche al punto 26?

- (A) E’ appunto una provocazione, che chi vive in Italia, e a Roma specialmente, può cogliere bene, proprio come coglie bene i venti fascisti e razzisti che la attraversano. Quindi la risposta è legata piuttosto al punto precedente, visto che nessuno di noi è di Roma, e non ci sentiamo così diversi dalle centinaia di migliaia di ­“stranieri” che vi vivono. Come la citazione di Mashom ti ripeto quello che pensiamo: “I HATE THE FRONTIERS, I HATE THE BORDERS” (frasi che si trovano anche nel retro di una loro maglietta. Nda Claustrofobia).



29) Come vi rapportate con il fenomeno sempre più diffuso del peer 2 peer e quindi con il formato MP3?

- (A) Se ne parla fin troppo nelle interviste. I musicisti (e i discografici) che ne parlano sono sempre in malafede, in quanto l’epoca in cui la musica era un business è passata in realtà da un pezzo, e ora ci rimangono male perché gli stanno togliendo pure le briciole.
L’underground si salva sempre. Ci sono regole diverse, e, se la band lo accetta, il download gli può solo dare una mano a farsi conoscere. In caso contrario, è finito anche il tempo in cui i Metallica sbraitavano e la gente ascoltava i loro discorsi, ora a nessuno gliene frega un cazzo e tutti scaricano comunque. Ci sono ormai diversi modi di fruire della musica.
Noi siamo gente che scarica magari 5-10 dischi al mese, ma almeno due-tre se li compra (di solito in vinile), anche se sono i pochi risparmi che abbiamo, perché è una passione.

30) Che ne pensate della vostra scena Metal estrema, ossia quella romana( anche dal punto di vista extra-musicale – nel senso dei locali, del pubblico e così via)?

- (A) Tanti gruppi che vogliono farsi conoscere e che quindi scendono a compromessi inaccettabili con gente come promoter e proprietari di locali che ci fanno sempre la cresta e fottono sia il musicista sia chi va a vederlo. Troppa invidia tra gruppi, spesso pose da rockstar. Però, come dicevo prima, noi veniamo dalla provincia, e quindi ti dico che comunque qui è meglio, almeno rispetto al centro-sud, perché i locali ci sono e c’è un livello minimo di qualità comunque più alto a cui i gruppi devono arrivare per farsi vedere. Per quanto riguarda il pubblico ti rimando al punto 16.

31) Che ne pensate invece della scena Metal estrema italiana più in generale( idem)?
- (A) Ci sono tanti buoni gruppi, e c’è una mentalità di merda verso la cultura e l’arte in generale, figuriamoci quella estrema, quindi è sempre una battaglia. Si va avanti solo per passione, almeno questa è una cosa buona. I nostri esempi positivi sono gente che ha fatto qualcosa di buono in passato come Cripple Bastards, Natron, Sadist, Necrodeath, Negazione, Comrades.
Attualmente ti posso fare qualche nome che apprezzo in particolare: Dirty Power Game, Tsubo, Doomraiser.

32) Ascoltate altra musica oltre al Metal? Se sì, quale? Nuove leve da consigliare? Ritornando al Metal, quali gruppi preferite? C'è qualche sorpresa che volete segnalare, magari con quelle con cui avete diviso il palco?

- (A) Questi giorni sto ascoltando gli ultimi lavori di Agoraphobic Nosebleed, Yob, Giardini di Mirò ed Alice in Chains..come vedi tutta gente che c’entra poco col nostro genere.
Delle nuove leve italiane ho da poco comprato e apprezzato i lavori degli Eroded, death svedese ortodosso e ben fatto dal Piemonte, e Il Male, crust in italiano misto a black-death svedese, sempre dal nord-italia. Mi piacciono, sempre nella scena crust-punk metallizzata, anche Campus Sterminii, Cancer Spreading e i Disforia. Per il death soprattutto Zora e Compulsion (ex gruppo di Giordano).

33) Cosa bolle attualmente in pentola per voi? Altri progetti oltre i Mass Obliteration ci sono?
- (A) Attualmente no, visto che i Mass tirano via quasi tutto il tempo che avanza dal lavoro e dallo studio, ma per quanto mi riguarda ho in mente un progetto di rock sperimentale, una decina di canzoni in cui uso la voce melodica, con una forte componente visuale, oltre che semplicemente musicale. Quando ci sarà tempo per fare la cosa per bene chiamerò la gente adatta per darmi una mano.

34) Considerando comunque che Luca se n’è andato negli Stati Uniti per motivi di studio e che Andrea farà la stessa cosa, solo in Israele, il gruppo sarà in pausa per quanto tempo, o si scioglierà tra qualche tempo direttamente?

- (A) Il gruppo non si scioglierà affatto. Stiamo continuando a promuovere “Fratricide” e soprattutto a comporre a distanza, registreremo a breve una demo con la batteria campionata, un pezzo è già completato e in pre-produzione. In tutto il disco avrà otto pezzi inediti, più due di “A.C.” ri-registrati e un remix di “Nekare”. Uscirà probabilmente entro il 2010, ci sarà una versione limitata in vinile prodotta con la mia etichetta Eudaimonion Productions.
Alcuni dei nuovi titoli sono “Voice of A Betrayed Generation”, “Our World Hunger”, “L’Unico Fascista Buono E’ il Fascista Morto”, “I Sommersi e i Salvati”.
Dopo l’estate prossima comunque torneremo a suonare dal vivo, con l’obiettivo di cercare quante più date possibile al nord e in tutta Europa.

35) Carissimi, l’intervista è finita, sperando che io non vi abbia rotto i cosiddetti considerando la sua chilometrica lunghezza. Vi sono piaciute le domande? Volete mandare un ultimo messaggio agli avidi lettori di “Timpani Allo Spiedo”?

(A) E’ stata lunga, ma ce l’abbiamo fatta. Mi complimento per l’attitudine un po’ da fissati (in cui mi ritrovo molto) con cui porti avanti la fanzine. Se ti capitasse di intervistare quei rotti in culo degli Slayer potresti davvero shockarli.
Chi voglia dare un ascolto può andare su http://www.myspace.com/massobliterationdeathmetal e approfondire su http://www.massobliteration.it/. Continui aggiornamenti sono anche sulla pagina facebook della band (e lì trovate anche “Abrahamithic Curse” in free download)
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