lunedì 11 giugno 2012

Rejekts - "Promo 2012" (2012)

Promo autoprodotto (2012)
Formazione (2006): Black, voce;
Joe, chitarra;
Dave, chitarra;
Paco, basso;
Nico, batteria.

Provenenza: Milano, Lombardia.

Canzone migliore del disco:
“Asettico”.

Punto di forza dell'opera:
la follia.

Ennesimo disco per un gruppo che migliora di uscita in uscita e che, in preparazione del grande passo costituito dal primissimo album, ci regala una prestazione – bomba condita da 2 pezzi ormai storici del quintetto lombardo, cioè “Fango” e “L’Odio che Hai Dentro” + la già pubblicata "Nihilius" e 2 brani inediti che ripercorrono un po’ le stesse orme tracciate nello split condiviso insieme ai greci Slaughtergrave e ai pazzi sardi Tuco. E la presente produzione mostra fra l’altro, in maniera più chiara e compatta (nello split suddetto suona solo in 2 pezzi su 4), le doti di Nico, batterista che nonostante i suoi 15 anni spacca culi che è un piacere (mah, affermazione un filino gay ma vabbè…).

Ogni canzone del promo è praticamente migliore dell’altra, e lo stile è meno dispersivo di qualche tempo fa essendo adesso classificabile costantemente come un black/grind a dir poco folle. “Folle” vuoi perché i brani procedono nel proprio massacro in maniera sì ossessiva e soffocante ma dinamica, presentando cioè minime variazioni e cambi di tempo nonostante il riffing proponga più o meno sempre le stesse note (“Nihilius” e “Abbandono”); vuoi perché, ascoltando questi Rejekts, si respira un’aria malata e infetta, che trova il suo perfetto esempio in “Asettico”, il quale mostra fra l’altro il lato più black metal della proposta.

Un’altra novità viene dall’avvolgente capacità dei nostri di sfruttare in modo creativo tutti gli strumenti. Infatti, ora anche il basso prende iniziativa, seppur occasionalmente, nella costruzione delle linee melodiche (l’introduzione di “Fango” è esemplificativa), mentre la chitarra solista, mai sfociante in assoli veri e propri, dà un’ottima prova di sé ad esempio nella finale “Abbandono”, nella quale tira fuori una linea bella tecnica e tremendamente vorticosa e spaventosa. Inoltre, sarà pure un’impressione, ma sembra che vengano utilizzati di più quei grugniti marci e puzzolenti in stile Nis che in “Nessuno” facevano più che altro delle comparsate, così da ridimensionare, anche se leggermente, le urla parossistiche di Black.

Come già scritto però, nel disco brilla specialmente un pezzo quasi sui generis per ‘sti ragazzi. Ciò per i seguenti motivi:

1) “Asettico” (l’episodio più lungo dato che dura 2 minuti e mezzo circa) praticamente rifiuta i tempi veloci, preferendo invece tempi medi impreziositi anche da uno – due che fanno molto Vlad Tepes oppure addirittura litanie doom allucinate come nella chiusa (e l’introduzione, in fatto di “esperienze allucinatorie”, non è da meno, causa soprattutto una semplice e psicotica chitarra solista);

2) Il sapore fatalista di certo riffing, che a tratti sembra annunciare chissà quali abomini.

Ma il bello non finisce qui, visto che si è stati capaci persino di attualizzare i 2 vecchi brani ("Fango" e "L'Odio che Hai Dentro"), aggiungendo magari una linea di basso oppure suonando in maniera un filino diversa un riff. Oddio, a dir la verità la sostanza non è che sia cambiata poi così molto, e quindi avrei desiderato un’attualizzazione più coerente con le altre canzoni. Infatti, sia dal punto di vista stilistico che da quello emotivo la differenza si sente fin troppo, anche se comunque fa sempre piacere ascoltare due cavalli di battaglia del gruppo.

Infine, la produzione del disco è fantastica. Il suono è molto cupo e sporco ma con tutti gli strumenti in primo piano, e inoltre la voce non è più soffocata come accadeva in “Nessuno”.

In parole povere, un antipasto succoso.

Voto: 81

Claustrofobia
Scaletta:
1 – Nihilius/ 2 – Asettico/ 3 – Fango/ 4 – L’Odio che Hai Dentro/ 5 – Abbandono

MySpace:
http://www.myspace.com/rejektshc

sabato 9 giugno 2012

Antiquus Infestus - "The Cult of Ra" (2012)

Promo (7 Records, 2012)
Formazione (2011): Sverkel, voce;
Malphas, chitarre/batteria elettronica/voce aggiuntiva;
Asmodeus, basso.

Provenienza: Forlì, Emilia – Romagna.

Canzone migliore del promo:

Let Thy Salts Dry Out and Preserve More Flesh Than Bones

Punto di forza dell’opera:
le urla, distruttive come non mai.


Curiosità:

come si legge su Wikipedia:

Ra è il Dio-Sole di Eliopoli nell'antico Egitto. Emerse dalle acque primordiali del Nun ("la parte maschile dell'oceano primordiale prima" della creazione) portato tra le corna della vacca celeste, la dea Mehetueret (la dea della rinascita e della grande inondazione). È spesso rappresentato simbolicamente con un occhio (l'occhio di Ra).

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Questo disco è, come dire?, un sacco strano. E non lo dico soltanto per le bizzarrie stilistiche degli Antiquus Infestus ma anche perché ci sono notevoli differenze fra la prima e la seconda parte, anche dal punto di vista qualitativo. Infatti, e lo scrivo fin da subito, le prime due canzoni sono sì buone ma comunque rivedibili, mentre le restanti sono praticamente un capolavoro… e pensare che il gruppo è lo stesso!

Ma perché gli Antiquus Infestus sono bizzarri? Lo si avverte immediatamente nei titoli lunghissimi, e diventa una conferma durante l’introduzione, esotica e orientale, del pezzo d’apertura. A sua volta, la brevissima intro viene confermata dalla musica stessa, che guardacaso si ciba spesso e volentieri di melodie oscure e orientaleggianti, anche se non si arriva alla contaminazione totale degli Hieros Gamos di “The Sounds of Doom”. Sì, perché il riffing ha forti influenze provenienti dal death metal, e possiede raramente un retrogusto thrasheggiante che gli dà una bella spinta (e ciò avviene più che altro nei primi due brani).

Però, visto l’esotismo di certi riffs, ‘sti ragazzi romagnoli danno particolare importanza al lato più atmosferico della proposta, sparando così prima di tutto dei tempi massicci di stampo sostanzialmente doom, che però concedono non poche volte spazio ad accelerazioni spesso improvvise ma efficaci a base di blast – beats assatanati; e poi degli assoli solitamente molto evocativi, anche se nella seconda parte questa funzione quasi incantatrice viene un po’ abbandonata.

Un altro aspetto decisamente rilevante è il comparto vocale. Il cantato principale infatti è una bomba per come riesce a far rabbrividire essendo un urlo imponente e orgoglioso. Il quale viene accompagnato da un grugnito bello cupo, che però è comunque lontano anni luce dall’impressionare selvaggiamente come quelle urla monumentali.

Come non impressiona veramente la prima parte del demo, vuoi perché la struttura – soffocante nel brano d’apertura, un poco più agile in quello successivo – si ripete, vuoi perché la batteria elettronica non aiuta molto con quelle variazioni sempre uguali in blast. Ma il problema principale deriva a dir la verità dai 2 pezzi finali, nei quali i nostri si sfogano totalmente cambiando in pratica faccia.

Infatti, in questi ultimi avvengono tali cambiamenti:

- la struttura diventa decisamente più imprevedibile e quindi meno vincolata ad uno schema preciso, anche se gli stacchi e/o pause sono sempre rarissimi;

- la chitarra solista assume un’importanza decisamente fondamentale, e fra l’altro viene usata in maniera più fantasiosa e quindi riesce a interpretare meglio le varie situazioni;

- l’utilizzo costante di soluzioni più coraggiose o semplicemente più inusuali per gli Antiquus Infestus.

Da quest’ultimo punto di vista, la terza canzone è esemplare per i seguenti motivi:

1) l’uso predominante dei tempi doom;

2) la presenza di un passaggio rumorista e minaccioso apparentemente non in linea ma alla fine perfettamente coerente con tutto l’insieme;

3) l’assolo sghembo di basso (strano a dirsi per un gruppo del genere);

4) parti soliste di chitarra totalmente impazzite.

Insomma, è un peccato che ‘sti ragazzi non siano riusciti a trasmettere questa stessa capacità di grande inventiva e creazione per tutto il promo. Da un’altra parte invece, è stato saggio infilare proprio alla fine delle canzoni così elaborate e intense. Ma a questo punto è anche vero che così facendo si crea un po’ di confusione. Infatti, sorge la domanda:

CHI SONO I VERI ANTIQUUS INFESTUS?
Ai posteri l’ardua sentenza…

Voto: 73

Claustrofobia
Scaletta:
1 – The Chapter Of Not Letting The Heart Of A Man Be Snatched Away From Him In Khert-Neter/ 2 – A Hymn to Praise to Ra When He Risese in the Eastern Part of Heaven/ 3 – Let Thy Salts Dry Out and Preserve More Flesh Than Bones/ 4 – I Am the Flame that Illuminates the Millions of Years to Come

MySpace:

http://www.myspace.com/antiquusinfestus

SoundCloud:
http://www.soundcloud.com/antiquusinfestus

martedì 5 giugno 2012

Burning Nitrum - "Pyromania" (2012)

EP autoprodotto (30 Aprile 2012)
Formazione (2010): Davide Cillo, voce;
Alessandro De Rocco, chitarra;
Francesco Vivarelli, chitarra;
Nico Di Molfetta, basso;
Dario D’Ambrosio, batteria.

Provenienza: Bari, Puglia.

Canzone migliore del disco:
“Old School Anthem”.

Punto di forza dell’opera:
gli assoli.


Mah, certo che sono un pazzo suicida. Invece di studiare quella palla di Storia Moderna (in 3 mesi di corso abbiamo attraversato 300 anni di storia, tra intrighi di palazzo, massacri indiscriminati e sovrani perennemente idioti) mi metto a recensire il primissimo disco di questo giovine quintetto. Ma, ragazzi, questa è roba che scotta, visto che da queste parti non compariva un gruppo thrash metal da non so quanto tempo (allora, escludendo i romani Satanika e le loro urla black metal, l’ultima banda veramente di questo genere sono stati i palermitani Lamiera… e parliamo di un anno e mezzo fa circa!). Mi sono sempre chiesto il perché di tale situazione ma dal momento che il buco è stato temporaneamente colmato, lascio a voi il compito di filosofeggiare su questa inutile questione.

I Burning Nitrum, lo dico fin da subito, meritano molto, dato che propongono un thrash metal abbastanza dinamico e ben equilibrato fra le varie parti (oddio, tranne in un particolare parecchio importante e di cui parlerò fra poco), anche perché i tipici tempi veloci del genere, mai eccessivamente estremi, non hanno mai la meglio su quelli medio – lenti. Ciò significa che l’intensità viene dosata in maniera saggia e strategica, dando spazio talvolta a qualche – chiamiamola così – eccentricità ritmica, seppur non ci sia nulla di veramente cervellotico.

La cosiddetta eccentricità riguarda più che altro la dimensione solista del gruppo, ben curata e soprattutto potente senza risultare fine a sé stessa. Infatti, la parte strumentale ha un ruolo di primo piano, dato che gli assoli sono spesso belli lunghi e vari, ed equamente alternati fra i due chitarristi. La cosa incredibile è che il riffing è piuttosto standard.

A dir la verità, i nostri non scherzano neanche dal punto di vista strutturale, visto che alcuni pezzi offrono una complessità tale da definire quasi la musica propinata come thrash tecnico. A tal proposito, “Old School Anthem” raggiunge vette notevoli, presentando inoltre un’introduzione da capogiro piena di cambi di tempo e una chiusa praticamente istintiva e selvaggia per come irrompono nel discorso delle accelerazioni brucianti. Lo schema - base delle canzoni è fra l’altro sufficientemente dinamico, pur reggendosi sostanzialmente su delle sequenze più o meno complesse che però talvolta accettano qualche variazione, utile per non meccanizzare il tutto.

Altra caratteristica in sé equilibrante deriva dalla voce, parecchio versatile, incazzata e isterica, la quale passa da parti per dire pulite (attenzione, per “pulito” non intendo melodico) a vari ruggiti, urla e risate assortite. L’intensità trasmessa è spesso mostruosa, e inoltre le linee vocali si rivelano fantasiose e anche un po’ bizzarre (in tal senso, le linee spezzettate di “Thrash Time” sono esemplari). Solo che, paradossalmente, i problemi maggiori vengono proprio dalla voce, vuoi in maniera diretta, vuoi indirettamente. I motivi, che disequilibrano tutto l’insieme, sono i seguenti:

1) i cori risultano troppo impostati e quindi debolucci. Bisognerebbe renderli più selvaggi;

2) le lunghe parti strumentali sottomettono un po’ troppo il cantato, imponendogli un silenzio oltre tombale nonostante la sua grandiosa carica ed espressività;

3) la voce quasi non esiste dopo la parte centrale colma di assoli, e così il tutto diventa abbastanza prevedibile nonché meccanico. Insomma, non sarebbe affatto male per Davide cantare di più.

Ritornando a bomba ai pregi del demo, si aggiunga il merito di aver messo in apertura un brano strumentale (cioè “Enter the Fire”) che mette subito chiaro e tondo le doti tecniche del gruppo senza inventarsi un’intro ambientale perfettamente inutile; una canzone finale ("Pyromania") molto ben congegnata che ha una parte centrale metà ballata con tanto di chitarre acustiche belle atmosferiche e assolo tra il romantico e il minaccioso; e una produzione molto buona e pulita nonostante il demo sia la primissima opera di questa banda.
In conclusione, i nostri sono già pronti per un album, anche perché l'ep è sostanzioso dato che dura circa 20 minuti. E poi hanno sufficiente personalità per farsi rispettare, specie nel proprio lato più tecnico, quindi consiglio di prendere come punto di riferimento per il futuro “Old School Anthem”… sempre, beninteso, nella speranza che il cantato assuma più importanza.

Voto: 76

Claustrofobia
Scaletta:
1 – Enter the Fire/ 2 – Thrash Time/ 3 – Death is Upon You/ 4 – Old School Anthem/ 5 – Pyromania

FaceBook:
http://www.facebook.com/BurningNitrum

ReverbNation:
http://www.reverbnation.com/burningnitrum

venerdì 1 giugno 2012

Deadly Kiss - "Alone in the Void" (2012)

Ep autoprodotto (2012)
Formazione (2009): Brain Babol, voce/chitarra;
Cricket, chitarra;
Mark, basso;
Chando, batteria.

Provenienza: Comacchio (Ferrara).

Canzone migliore del disco:
“Sister’s Screaming”.

Punto di forza dell’opera:
la voce.
Il Macho metal… scusate ma quando becco un gruppo innamorato, anche se in parte, dei Pantera non posso assolutamente evitare una definizione così sommaria e – ma sì – un filino (ma un filino guarda) “coattona”. Però è anche vero che lo spettro dei Pantera non è che sia poi così invasivo visto che i 4 pezzi di questo demo + intro rispondono a varie influenze, utili per tenere desta l’attenzione dell’ascoltatore. Oddio, desta sì ma, lo dico fin da subito, fino a un certo punto.

Prima di tutto, bisogna dire che i Deadly Kiss (che ad ogni modo prendono il nome da una canzone dei Kyuss) passano da quel thrash metal tutto particolare reso famoso da Anselmo e compagnia (e quindi prim’ancora dagli Exhorder) a svisate più hard rock sconfinando però anche in un rock’n’roll che fa ballare letteralmente il culo (“Brainwash” e “Sister’s Screaming”) grazie a un groove che comunque a volte non viene sfruttato proprio benissimo. Ma in (quasi) ogni caso i tempi non sono mai veramente sostenuti, anche nei momenti più thrasheggianti.

La prova dei singoli elementi in sé è buona, con il batterista sufficientemente dinamico e a dir poco ossessionato dagli uno – due; con i chitarristi abbastanza vari che curiosamente, nonostante i generi di riferimento, sembrano odiare gli assoli, sputando al massimo una seconda linea di chitarra in “My Satan” ; con il bassista che risulta parecchio fondamentale, come nello stacco sempre di “My Satan”, o in “The Grandfather is Dead”.

Il cantante, rispetto ai compagni, si dà un po’ più di licenze, si mostra decisamente versatile così da passare per esempio dai vocalizzi tosti di anselmiana memoria ai toni lamentosi se non perfino sexy di “The Grandfather is Dead” (cazzo… è la prima volta che uso ‘sta parola su queste pagine… aiuto aiuto) e a certa solennità più da heavy metal di “Sister’s Screaming”. A dir la verità non manca neanche qualche bel ruggito, e nemmeno qualche sovraincisione per rendere il tutto più profondo.

Eppure, nonostante tutte queste belle cose, dal punto di vista strutturale le varie canzoni non si reggono così bene dato che i nostri si controllano forse un po’ troppo. Sì, perché vengono riprese e quindi ripetute più o meno le stesse soluzioni, così che alla fine la musica non decolla mai, non esplode. Esemplari a tal proposito “My Satan” (lo stacco di basso poteva essere benissimo seguito da un’incazzatura generale, magari con tanto di assolo) e “The Grandfather is Dead”, la ballata del disco (ferma totalmente alle stesse cose, a dispetto di alcune ottime intuizioni, come la chitarra a tratti goffa ma sensuale…e fra l’altro il fantasma di Glenn Danzig di “Mother” ci sta tutto).
La cosa pazzesca è che, proprio alla fine dell’opera, i Deadly Kiss salvano il salvabile e non solo sparando non un bel pezzo ma un capolavoro nel senso più proprio del termine. “Sister’s Screaming” è infatti un brano finalmente selvaggio, dove i nostri sfogano tutto il proprio finora represso potenziale. La struttura si fa imprevedibile, le sonorità rockeggianti danno spazio talvolta a passaggi praticamente pesanti e minacciosi, e – meglio tardi che mai – non c’è soltanto un assolo ma ben due, anche se attaccati (il secondo è per così dire spaziale visto che è bello effettato). Per non parlare poi dello stacco fenomenale di batteria (che va avanti al ritmo di una cavalcata contagiosa) lungo i momenti finali dell’episodio…

Ecco, quello che mi chiedo ora è:

PERCHE’ I DEADLY KISS SI SONO DECISI A FARE GLI ANARCHICI SOLTANTO ADESSO?
Voto:
64

Claustrofobia
Scaletta:
1 – I Want Your Brains/ 2 – My Satan/ 3 – Brainwash/ 4 – The Grandfather is Dead/ 5 – Sister’s Screaming

MySpace:
http://www.myspace.com/deadlykisscrew

giovedì 31 maggio 2012

Goatchrist666 - "Desecration of Virgin" (2011)

Demo (Witchhammer Productions, 6 Giugno 2011)
Formazione (2009): Sattaya, voce/chitarra;
Thaweepat, chitarra;
Sutthinan, basso;
Tanasan, batteria.

Provenienza: Bangkok (Thailandia)

Canzone migliore del disco:
“Goatchrist666”, con tanto di chitarre striscianti.

Punto di forza dell’opera:
ce ne sarebbe più di uno ma se proprio devo decidere, scelgo assolutamente le linee vocali, che sono qualcosa di mostruosamente intenso…e se vogliamo anche “coattone”.
La Thailandia, che paese strano… Sì, perché da questo sputo di terra provengono ben 4 gruppi dediti al culto dei Blasphemy, e questa è una statistica che fa paura se messa a confronto con quanto propina l’Italia, dove formazioni suddette si contano sulle dita di una mano (Mefitic, Blasphemous Noise Torment, Demonomancy, L’Alba Che Mai Verrà…). Invece in Thailandia che trovi? Praticamente solo rozzezza, visto quello che fanno gli Zygoatsis (sicuramente i più famosi e raffinati di questa giovane legione), gli Angelholocaust, i Defamation… e i Goatchrist666, che con il loro secondo demo spazzano tutto e tutti in soli 10 minuti e 4 pezzi, uno migliore dell’altro!

Sì, i pezzi sono brevi, e quindi siamo ben lontani dalle cervellotiche trame dei gruppi canadesi come i Revenge e i Conqueror. E, ovviamente, la struttura delle canzoni è semplice senza risultare mai banale, anche se la seconda parte dell’opera risulta più curata della prima in quanto più fluida e capace di enfatizzare tutto il discorso, magari immettendo dei ponti puntuali e perfetti per collegare due diverse soluzioni. A questo punto, bisogna far osservare che "Destroy. Blasphemy", il brano d’apertura, proviene dalle registrazioni del primo demo datato 2010 (cioè "Blood Ritual")… e si sente, vista la tendenza più marcata nel proporre stacchi e/o pause; tendenza che almeno 2 anni fa rappresentava la debolezza principe di questo quartetto di folli.

Altra differenza con il recente passato è data dall’utilizzo degli assoli, naturalmente mega – rumorista come vuole la tradizione (“Goatomic Holocaust Hell Command” e “Christ Disgusting”), i quali riescono a donare un po’ più di potenza a tutto l’insieme. Che però si fa già rispettare di suo…

Infatti, prima di tutto, i pezzi si sviluppano agilmente dando parecchia importanza al groove, ma a un groove così contagioso che fa ballare il culo manco si stesse parlando di musica dance! In tal caso, la massima espressione viene da “Goatchrist666”, pezzo – bomba ben alternato fra blast – beats assatanati ma vari (è incredibile come il batterista riesca a enfatizzare il lavoro dei propri compagni senza fare apparentemente niente di che!) e tempi medi sui quali vi si trova un riffing praticamente (ed efficacemente) minimalista.

Ma se parliamo della voce succede il finimondo, quello vero. Avete presente le urla indiavolate di Impurath dei Black Witchery? Ecco, ritmatele ancor di più, raffinatele (vabbè certo, sempre nei limiti della pura bestialità, beninteso) e rendetele più fantasiose anche nella costruzione delle linee vocali. Otterrete così un caos controllato e ultra – rabbioso che viene accompagnato qui e là da grugniti cupissimi, tanto per non farsi mancare niente.

Infine, la produzione è a dir poco ottima, seppur i pezzi dispari siano più catacombali e meno, per così dire, limpidi di quelli pari, che invece si mostrano belli sporchi ma senza esagerare. Più nello specifico, la batteria è primitiva ma naturalissima, mentre le chitarre sono grosse e fangose come è tipico del genere, e di conseguenza il basso, che dà prova di un devastante stacco nel pezzo autocelebrativo, è praticamente seppellito dal resto degli strumenti.
Insomma, i Goatchrist666 mi hanno così entusiasmato che un voto altissimo non glielo levo per nessuna ragione al mondo. E a questo punto c’è una buona probabilità che in futuro la nuova patria del black/death metal più bestiale e ignorante sarà proprio la Thailandia. Altro che Canada cazzo!

Voto: 86

Claustrofobia
Scaletta:
1 – Destroy. Blasphemy/ 2 – Goatomic Holocaust Hell Command/ 3 – Christ Disgusting/ 4 – Goatchrist666

MySpace:
http://www.myspace.com/goatchrist666696

martedì 22 maggio 2012

Faust - "From Glory to Infinity" (2009)

Album (Paragon Records, 9 Settembre 2009)
Formazione (1992): Aleister – voce, chitarra;
Ghiulz Borroni – chitarra;
Steve di Giorgio, basso;
Daray, batteria.

Provenienza: Milano, Lombardia, Stati Uniti – Polonia.

Canzone migliore del disco:
“Servants of Morality”.

Punto di forza dell’opera:
la tensione drammatica che si respira in ogni secondo.


Nota:
faccio presente che recentemente sia il bassista sia il batterista sono stati sostituiti, rispettivamente da Emilio Dattolo degli Illogicist, e Riccardo Merlini.

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Ecco uno di quei gruppi che possono essere definiti di culto, non solo perché sono dei veterani della scena ma anche perché ci hanno messo praticamente un secolo per pubblicare quello che è atutti gli effetti il primo album dei Faust. Un sogno che finalmente si è avverato, e dopo soltanto un demo nel 1993 e un ep nel 2001. Però, va bene tutto, ma se un gruppo è di culto spesso si rischia di essere acritici, e lo scrivo perché “From Glory to Infinity”, pur essendo un disco notevole, presenta qualche mancanza anche parecchio grave per una formazione piena di esperienza come questa.

Parliamo della voce, per esempio. Essa è molto vicina agli stilemi del death metal vecchia scuola essendo un grugnito bello “ignorante” ma sufficientemente dinamico, che rimanda sicuramente a cantanti come Luc Lemay dei Gorguts. Rifltettendo però sui risultati, a volte questo tipo di cantato stride non poco con l’intera musica, la quale è fondamentalmente melodica (tra poco vedremo più nello specifico come), e specialmente in quei momenti in cui la voce si fa più come gorgogliante, quindi più “schifosa”.

Parliamo anche della struttura – tipo dei pezzi. Questi si reggono su un’impalcatura raffinata e imbottita di cambi di tempo. Scrivo “raffinata” anche perché il discorso è soprattutto di tipo collettivo, cioè viene dato pochissimo spazio agli stacchi in solitario e/o pause, ragion per cui la musica si fa in un certo senso soffocante. Ma, se questo da un lato può essere considerato un pregio (infatti, così il gruppo cerca la via più difficile per rendere efficace e potente il proprio operato), dall’altro alcuni cambi di atmosfera sono forse troppo macchinosi e forzati, quindi si rivela indispensabile almeno qualche stacco e/o pausa in più (però attenzione, senza esagerare).

Infine, anche se questo è un difetto di natura più secondaria pur avendo la sua importanza, il suono della batteria è un po’ plasticoso e di conseguenza martellante, anche se comunque non ai livelli dei friulani Sedition.

Ecco, adesso finiamola con questo bel massacro indiscriminato per cominciare a descrivere finalmente i pregi dei Faust.

Prima di tutto, il loro gusto notevole per la melodia, sempre presente e che rarissimamente concede spazio al riffing più cattivo (unico esempio nel vero senso della parola è “Servants of Morality”). Le melodie risentono spesso e volentieri di un’influenza forse proveniente dalla musica classica, ma quello che più sorprende è l’atmosfera da esse trasmessa, di tipo romantico/decadente ma comunque profondamente passionale (non a caso, il nome Faust non mi sembra sia stato scelto così, anzi).

Tale estrema passionalità viene enfatizzata essenzialmente da 2 interessanti caratteristiche, se non addirittura 3:

1) la continua tensione solista, che permette specialmente alle chitarre, da ritenersi quali le assolute protagoniste, di partorire numerosi assoli (almeno 2 per canzone) e di usare inoltre le due asce in maniera creativa, avvolgendo così l’ascoltatore;

2) per quest’ultima funzione, ci pensa anche il basso (e non poteva essere altrimenti visto il personaggio coinvolto!) che però, rispetto ad altri gruppi come gli Illogicist, ha un campo d’azione più limitato;

3) i vari momenti (talvolta acustici) di impronta più atmosferica presenti qui e là, i quali possono raggiungere livelli altissimi di melodia da riuscire perfino struggenti, per buona grazia dei metallazzi che vogliono soltanto sangue e distruzione.

Eppure, questi dovrebbero essere lo stesso contenti dato che i Faust, nonostante tutte ‘ste raffinatezze descritte (fra cui addirittura due brevi e avvolgenti strumentali di 2 minuti, cioè "Pig God Dog" e "A Religion - Free World's Dream"), danno parecchia importanza ai tempi più veloci, compresi i blast – beats, che sono decisamente più presenti che in altri gruppi di death progressivo.

Infine, c’è da parlare della produzione, la quale è tremendamente pulita e capace di valorizzare tutti gli strumenti, grazie a un bilanciamento dei suoni ben dosato e mai discriminatorio.

Voto: 74

Claustrofobia
Scaletta:
1 – Purple Children/ 2 – Wet Veils/ 3 – Sentimental Worship/ 4 – Golden Wine Countess/ 5 – Servants of Morality/ 6 – Carnal Beatitude/ 7 - Pig God Dog/ 8 – Holy Hole/ 9 – A Religion – Free World’s Dream

MySpace:
http://www.myspace.com/faustband2

Sito ufficiale:
http://www.deathmetal.it