Risponde Lord Bahal, mente e fino a qualche tempo fa unico componente dei Bahal.
La prima cosa che mi viene da chiederti è come mai c'è questa sproporzione fra un riffing in fin dei conti classico se non basilare ed un lavoro di chitarra solista veramente molto tecnico e ben presente?
La domanda è molto interessante. Io sono un appassionato di metal in tutte le sue forme, prevalentemente però ottantiano. Mi è sempre piaciuto un riffing lineare e non troppo cervellotico, facilmente assimilabile e, perchè no, anche "orecchiabile", per quanto possa intendersi questo concetto in un genere tutto sommato abbastanza estremo.
D'altra parte ho sempre amato la chitarra solista, e quindi chitarristi come Yngwie Malmsteen e Jason Becker, e penso anche che il loro stile, classico e spesso molto drammatico, possa caratterizzare maggiormente i miei pezzi anche a livello di atmosfera. Tieni conto che suono la chitarra da diverso tempo, e spesso non mi accorgo neanche di quanta chitarra solista metto in un pezzo, finchè non lo riascolto finito.
In definitiva, secondo me un riffing lineare è più piacevole da ascoltare (alle mie orecchie, almeno), e lo trovo più adatto a quello che voglio trasmettere. D'altro canto, il lavoro di chitarra solista presente e molto tecnico è dovuto al fatto che mi piace molto mischiare quelle sonorità tipicamente da shredder, se vogliamo definirle così, nel metal estremo, perchè secondo me sono mondi solo apparentemente distanti. Pensa ai Necrophagist, o agli Obscura. Ok, loro fanno un genere ben diverso dal mio, ma sempre estremo e piuttosto cupo.
E così la chitarra solista contribuisce a costruire questa atmosfera, pur nei suoi fraseggi molto tecnici e veloci.
Tieni anche conto che forse nella composizione sono figlio del riffing ottantiano, come ti ho detto. Nulla di complicato, magari, ma efficace sì (anche se parlare sempre di anni ottanta in ambito black metal potrebbe far nascere equivoci).
Ultima cosa: molti tra i gruppi black metal che mi ispirano sono gruppi dalle chitarre ritmiche molto semplici e dirette. Forse anche questo può aver contribuito a creare questa sproporzione, visto che, da una parte, mi ispiro a gruppi come Ulver, Dissection, e dall'altra a chitarristi molto più tecnici per quanto riguarda la chitarra solista.
Però c'è un'altra caratteristica che rende più epica l'atmosfera e quindi più difficile l'ascolto, ossia la tendenza a sviluppare composizioni lunghissime. Immagino quindi che il lavoro dietro a tutto ciò sia veramente ma piacevolmente "frustrante", no?
Hehe!
Dunque, il fatto che i brani spesso siano lunghi è dovuto al fatto che spesso ho troppe idee che mi passano per la testa per avere un brano corto. Tieni presente che, talvolta, mi metto a pensare prima all'architettura della musica, alla sua struttura, e solo dopo alla musica stessa.
Effettivamente a volte è difficile capire come chiudere al meglio un brano, non so se mi spiego.
Avoja, anch'io mi diletto con 'ste cose!
Ne "Il Labirinto", per esempio, sapevo che avrebbe dovuto esserci una parte molto diretta (strofa-ritornello-strofa-ritornello), ma poi mi sono accorto che volevo anche una parte acustica, per creare una sospensione tra la prima parte della canzone e la seconda, la quale doveva una lunga parte strumentale chitarristica che accompagnasse l'ascoltatore fino alla fine della canzone.
Il fatto è che a me piacciono molto le parti strumentali, e considero la voce in un modo forse diverso dalla norma.
Molti considerano la voce uno strumento solista, ed in un certo senso lo è (anche se altri, come Demetrio Stratos [favoloso ed eccentrico cantante greco scomparso prematuramente nel 1979, e famoso per le sue ricercatezze vocali. Suonò in particolare nel gruppo di rock progressivo italiano Area. Nd Claustrofobia], rifiutavano questa concezione, perchè la voce era molto più particolare rispetto a un qualsivoglia strumento). Io la considero come un mezzo per arricchire la canzone, ma che non deve essere necessariamente sempre presente. Uno strumento sì, ma non necessariamente solista.
Per questo, a volte, penso che potrei rendere meglio un certo tipo di atmosfera lasciando spazio alla chitarra solista, come ti spiegavo prima il mio vero strumento e, invece, solo quando serve, fare intervenire la voce (con ovviamente i testi, che non sono certo secondari).
Prova a pensare anche alle colonne sonore: per creare atmosfera, spesso si creano composizioni strumentali, sacrificando così la voce. Altre volte la voce è un puro strumento.
Con questo non voglio certo dire che la mia musica sia assimilabile alle colonne sonore ma comunque nei miei pezzi l'atmosfera è essenziale, è quello che voglio comunicare in primis.
Da ciò nasce quindi il tuo stile monolitico e direi anche quantitativamente limitato di interpretare la voce, che rispetto all'intera musica in sè stessa rappresenta un elemento quasi anomalo, dal sapore death metal. Nonostante ciò, la riesci a collegare con l'epicismo di tutto l'insieme attraverso una cadenza ritmica ben precisa pur non essendo sfruttata perfettamente. Da dove viene però l'estrema cavernosità dei grugniti, veramente così poco elegante?
Ahahahaha!
Viene dal fatto che non so cantare in growl o scream decentemente!
A parte gli scherzi (che poi scherzi non sono, a dir la verità), io penso che in un tipo di musica estremo, e fatto anche di atmosfere e sensazioni estreme, una voce del genere sia d'obbligo. Poi è chiaro che, essendo stata fino all'anno scorso praticamente una one-man band, in Bahal ho dovuto sempre arrangiarmi a curare anche gli aspetti vocali.
Da una parte tale situazione è stato molto vantaggiosa perchè mi permetteva di non perdere tempo a cercare di spiegare ad un altro individuo come volessi che rendesse un brano: cerco di scandire sempre le parole e dare un ritmo quasi marziale e cadenzato ai testi e non tutti interpretano le linee vocali in questo modo;
dall'altra, ovviamente, mi sono scontrato con il problema principale di me alla voce, ovvero del fatto che non ho tecnica ma tutto sommato sono soddisfatto del risultato finale. I grugniti così cavernosi magari possono essere certamente poco eleganti, se paragonati al resto, ma a mio modo di vedere sono adatti, sicuramente più consoni rispetto agli scream di Dani Filth XD o a un certo tipo di voci in pulito (per carità, Dani Filth nei Cradle fa un egregio lavoro, ma nei miei Bahal preferisco voci più cavernose e chiuse, rispetto alla sua, più acuta, non so se mi spiego), ecc…
In futuro allora sentiremo ancora te alla voce o il nuovo entrato Tafe avrà voce in capitolo?
In futuro molto probabilmente sentirete il nuovo entrato. Alcuni mi hanno espressamente chiesto di continuare a cantare, almeno su disco (dal vivo non riesco a cantare e suonare contemporaneamente ahaha!!) ma dubito che continuerò a farlo, anche perchè sento che ciò che faccio è forzato e controproducente anche per la mia salute.
Alla voce ci sarà quindi quasi sicuramente Dario, il cantante che si occupa già delle voci durante i concerti e Tafe, il batterista, è pienamente d'accordo con la mia linea di pensiero. Quindi penso non ci saranno problemi di sorta.
Oltre tutto, Dario riesce ad interpretare al meglio i brani precedentemente registrati da me. Ha una preparazione tecnica magari non perfetta, ma sicuramente migliore della mia, ha una voce potente ed anche sul piano delle voci in pulito (non è escluso che in futuro facciano qualche sporadica apparizione, se ci stanno bene e per sottolineare certi momenti particolari all'interno dei brani) se la cava bene
Dario che tipo di voce generalmente utilizza e cosa aggiunge all'atmosfera dei Bahal?
Beh, Dario ha un modo di cantare tutto sommato simile al mio, se vogliamo in più è in un certo senso accostabile a certi Spite Extreme Wing (li ho citati PERCHè SONO un gruppo che mi ispira molto dal punto di vista delle linee vocali), ma ha una voce molto, molto più potente della mia. Diciamo che, se con la mia voce potevo rendere 10 nei Bahal, lui rende sicuramente 20, o 30. L'atmosfera generale non cambia, ma si sente che il tutto, per quanto riguarda la voce, è meno forzato e più forte.
Ma per quanto riguarda il basso invece? Ancora non hai reclutato nessuno per questo strumento?
Eheh, dal vivo fino ad ora abbiamo avuto tre bassisti differenti. Ora, bassista stabile per quanto riguarda i concerti, è Giulia, ex - componente degli Alator, gruppo folk metal dove suono la chitarra solista.
Molto probabilmente però in studio mi occuperò ancora io del basso, e magari cercherò di farlo sentire di più in fase di mixaggio ahaha!!
In effetti...
Posso però anticiparti che Giulia sarà ospite nel prossimo disco dei Bahal (al quale stiamo lavorando), ma come arpista.
Eheheh, lo so, me l'hanno fatto notare in tanti. Diciamo che a volte [il basso] si sente piuttosto poco, in futuro rimedierò.
Diciamo che, avendolo mixato io, che devo ancora imparare molte cose in questo campo, è inevitabile che qualcosa da sistemare ci sia. E il basso sarà una delle cose da sistemare nel prossimo lavoro.
Però è anche vero che non ha nessun ruolo melodico eppure il suo suono fa sempre un bell'effetto.
Diciamo che rende il tutto più profondo, e potrebbe giovare alla produzione.
Ho provato in questi giorni a re-mixare alcune canzoni di “Ikelos” con un suono di basso più alto e devo dire che effettivamente si nota la differenza.
In fin dei conti la sezione ritmica di "Ikelos" è quella che ha patito più sofferenze, ma è incredibile il fatto come la batteria in alcune occasioni risulti poco incline ad "aiutare" gli altri strumenti, anche perchè in certe canzoni ha un suono abbastanza debole, però nonostante ciò non scalfisce poi così tanto il tutto. E questo è merito soprattutto della chitarra solista. Ora che c'è Tafe cosa dobbiamo aspettarci?
Hai fatto centro. Il punto debole di “Ikelos” è sicuramente la batteria. Devi sapere che all'epoca Tafe era già in formazione, infatti ha registrato la batteria de "Il Sentiero" per lo split con Hieros Gamos e Cenere (due gruppi che colgo l'occasione per salutare). Il problema è che nei mesi in cui dovevamo registrare, ha avuto problemi fisici che hanno reso impossibile la registrazione della batteria nell’album, di conseguenza hanno richiesto l'ausilio di una drum machine con tutti i problemi che comporta.
Ci siamo trovati con tutte le tracce a metronomo, senza le parti di batteria, e ho cercato di risolvere il problema, ma chiaramente non ho potuto risolvere ogni tipo di problema, anche perchè non sono per mia sfortuna un mago della drum machine XD.
Ora che Tafe è stabilmente in formazione, e si è ripreso, abbiamo intenzione di registrare ovviamente con una batteria vera e questo gioverà non solo dal punto di vista della produzione (a livello, quindi, di volumi, eccetera) ma renderà anche più dinamici i brani.
Del resto lui è un batterista vero, sa come far suonare un pezzo, a differenza mia hahaha!
Un'altra differenza che dovrete aspettarvi rispetto al passato sarà un modo di suonare la batteria più "live". Nel senso che ci saranno meno blastbeats. I brani pieni di blastbeat infatti spesso rendono meno dal vivo, soprattutto se pensi che, nel 90% dei casi, suonare nei locali significa avere un'acustica pessima (e la presenza massiccia di blastbeat non aiuta, non so se rendo l'idea).
Insomma, si sarà meno "caciaroni" e più "poetici"?
Uhm, oddio, questo non te lo so dire.
I nuovi brani, per quello che sta venendo fuori, sono comunque molto veloci ma semplicemente più adatti a situazioni live, ecco.
Sì, direi che questa è la differenza cruciale
Però se si vuol parlare di poesia di certo i testi fanno un bel figurone!
Grazie!
Ecco, ti dirò: a me piace molto scrivere testi in questo modo, e questa scelta è correlata alla decisione di cantare in lingua madre. A me piacciono dei testi che diano visioni, che siano evocativi, e che cerchino di essere il meno banali possibili, eche siano anche musicali, perchè no, anche perchè non sarei in grado di scrivere testi in italiano diversamente.
Noi siamo fortunati, abbiamo una lingua ricca, antica, per certi versi anche aulica, direi anche nobile
Quest'eleganza di cui parli fra l'altro si riflette non solo nelle immagini che trasmettono i testi ma anche nelle tematiche, che a quanto ho capito cercano di dare un senso più razionale alla misantropia tipica del black metal. Giusto?
Sì, diciamo che non mi piace molto trattare delle solite tematiche prettamente black metal quali inneggiamenti puerili a Satana, l'odio ingiustificato e fine a se stesso verso il genere umano e cose analoghe.
Quanto alle tematiche, “Ikelos” è un concept album che può essere letto con due chiavi di lettura, una per così dire superficiale e una più profonda.
La lettura superficiale che può emergere dai testi è che un viandante, simbolo dell'umanità in generale, si imbatte in una bufera di neve (“La Tormenta”), perde la via che stava percorrendo (“Il Sentiero”) e, alla fine, cade addormentato (“Erebo”). Durante il sonno, da cui il nome del disco “Ikelos”, che è il dio greco, figlio di Hypnos, portatore di incubi, il viandante intraprende una sorta di percorso che lo porterà a rivalutare molti aspetti della sua vita precedente. “Il Bardo” è il sinonimo della creatività umana, dell'estro; “Il Labirinto” è la razionalità umana (appunto, contorta); La Rosa è la vanità, i piaceri, i vizi; ed infine, quando nel suo viaggio onirico il viandante giunge alla sera, al crepuscolo (da cui il titolo della penultima canzone) l'uomo comprende, per così dire, che prima ha dato importanza a cose in realtà effimere e che non gli avrebbero garantito felicità ma solo rovina.
In pratica è come se avesse intrapreso un percorso di formazione e, se nel sogno cala la notte (e il viandante si assopisce, nel sogno), nella realtà si risveglia “Tra le Braccia di Morfeo” ovvero sì cosciente del viaggio intrapreso ma svegliato in un universo addormentato perchè gli altri suoi simili non hanno percorso lo stesso sentiero suo rimanendo quindi dormienti;
la lettura più profonda vuole che l'uomo appunto sia il simbolo dell'umanità intera, e quindi il suo percorso è quello di tutti noi.
Così si spiega anche il contrasto fra la delicatezza dell'arpa celtica e la sporcizia della produzione di "Tra le Braccia di Morfeo"?
Esattamente.
Volevo un finale per così dire cullante ma allo stesso tempo sporco e disturbante...
..e devo dire che ci sei riuscito in pieno!
grazie!
…perchè forse, come ai nostri giorni, l'uomo si sta accorgendo che qualcosa è andato storto nella nostra evoluzione, e che dovrebbe quindi rivedere alcune certezze, alcune priorità, ma forse è troppo tardi.
Per tornare al discorso delle tematiche molti recensori e molti siti internet parlando dei Bahal etichettano il contenuto dei testi con la semplice e facile catalogazione della mitologia greca
In realtà, i riferimenti alla mitologia greca sono solo metafore, allusioni. Avrei potuto usare altri simboli, ma trovo la mitologia greco-latina più adatta al caso perché (e mi ricollego a cosa dicevo a proposito della lingua italiana) la trovo una mitologia elegante, ricercata, nobile ma allo stesso tempo tragica, e se hai mai fatto caso ai miti greci troverai che sono proprio così.
Questa mitologia fra l’altro è più vicina alla nostra cultura rispetto a vari Odino e Thor, che tanto vanno di moda oggi.
E’ anche vero che ogni cultura ha i suoi miti, quindi è ovvio che in Scandinavia prendano ad esempio quelli che hai citato appena te adesso.
Infatti apprezzo chiunque voglia parlare della propria cultura e, infine, apprezzo anche chi parla di altre culture che non gli appartengono in senso stretto. Ma la mia impressione è che la cultura nordica sia un po' abusata ultimamente (“beh, anche i Virgin Steele parlano di Zeus”, dirai tu ahahah) (e, cazzo, hai ragione!)
Ma questo tuo interesse verso la cultura greco - latina è semplicemente una passione oppure oggetto di studi più specifici?
In realtà la passione mi è venuta scrivendo i testi per "Ikelos" eheh.
Il cd autoprodotto prima di “Ikelos”, infatti (“Striges”) trattava di vari episodi di "stregheria" successi in Italia nel medioevo e in età moderna, quindi aveva un carattere decisamente più storico.
Per “Ikelos” volevo cambiare.
Quindi la nota a corredo della rece non è proprio corretta…
Perché?
Ho scritto infatti che nei Bahal c'è sempre stato quest'interesse verso la mitologia…
Beh, il nome comunque richiama la mitologia fenicia (infatti, è il nome latinizzato di Baal, il dio della pioggia nella suddetta mitologia. Nd Claustrofobia).
Il cd precedente di mitologia non ne aveva ma “Ikelos” ne è zeppa, anche se stiamo parlando di riferimenti non fini a se stessi. Cioè, non parlo di Thor per parlare di Thor, metti, ma per parlare di altro, un po' come quei riferimenti mitologici di cui è piena la poesia italiana, per esempio d'Annunzio.
Sì, ne parli attraverso delle metafore, come hai già affermato poco fa.
Esatto.
Nel prossimo disco che cosa ci dobbiamo aspettare dal punto di vista delle tematiche?
Non sarà un concept album nel vero senso della parola, anche se tutte le tematiche avranno a che fare col tema dei ricordi, del dolore, della malinconia e dell'abbandono, in senso lato. Saranno per lo più episodi slegati l'uno dall'altro ma tutti pregni dello stesso umore piuttosto cupo di fondo e i riferimenti alla mitologia saranno comunque presenti, anche se forse in minor numero.
Posso anche dirti che in alcuni testi, attraverso metafore, si toccheranno pure episodi realmente accaduti nella vita dei componenti dei Bahal, episodi in un certo senso da esorcizzare.
Interessante. Stilisticamente ci saranno dei cambiamenti?
Stilisticamente i testi saranno abbastanza simili all'impostazione di "Ikelos", anche se forse, per certi aspetti, più introversi ed "intimisti". Alcuni testi poi sono stati scritti da Breva (secondo chitarrista), che ha un modo di scrivere diverso dal mio.
Le differenze in tal senso quindi ci saranno.
Dal punto di vista prettamente musicale invece?
Anche se non so ancora come suonerà il disco finito, la componente "progressive", poco presente in “Ikelos” ma che molti hanno ingigantito in quell'occasione, sarà più presente.
Riassumendo, le parti acustiche avranno una rilevanza maggiore, ci saranno come già detto meno blast beat e in generale il disco dovrebbe essere riproducibile meglio di “Ikelos” in sede live; infine, ci saranno molte parti atmosferiche e non escludo ci possano essere alcune parti cantate in pulito.
Suonerà comunque come un disco dei Bahal, o almeno a me sembra così dalle bozze che stiamo creando!
Per finire, povera Giulia! Mi chiedo perchè non si sia firmata, nonostante la perfetta utilità informativa del suo commento...
Hehe, credo non si sia firmata per timidezza, e per non fare la figura della musicista vanitosa e altezzosa, tutto qui! E’ una musicista molto coinvolta nel progetto, oltre che, ovviamente un'ottima amica. Le farà sicuramente piacere che ti sei accorto della svista!
Per forza di cose. Perchè nell'outro mi è sembrato per davvero che si stesse suonando una chitarra acustica. Diciamo che mi sono lasciato "fregare" dalla mega - sporcizia de "Tra le
Braccia di Morfeo".
Guarda, non c'è nessun problema! La registrazione certo non aiuta!
E poi è sempre brutto non citare nei crediti un musicista che ha collaborato in un progetto.
Effettivamente io non ti ho aiutato, dimenticandomi di inviarti una scheda dettagliata riguardo ai partecipanti al disco...chiedo venia!
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giovedì 8 settembre 2011
mercoledì 22 giugno 2011
Bahal - "Ikelos" (2010)
Recensione pubblicata il 6 Maggio 2011 sulla mia pagina FaceBook.
Album autoprodotto (1° Dicembre 2010)
Formazione (2005): Lord Bahal, voce, chitarre, basso, batteria elettronica
Giulia Sidhe, arpa celtica in "Tra le Braccia di Morfeo" (ora bassista ufficiale dei Bahal)
Provenienza: Lecco, Lombardia
Discografia: “Gazing at the Winter Moon” (Album, 2005)
“Striges” (Album, 2009)
“Hieros Gamos/Bahal/Cenere Split” (Split, 2010)
Canzone migliore dell’album:
Senza nessunissima ombra di dubbio il tour de force di ben 10 minuti de “Il Labirinto”: disperato, poetico, tutto costruito su un climax emotivo fenomenale dove la chitarra solista detta legge. Da non dimenticare nemmeno le grandiose pause d’effetto dominate da suggestive chitarre acustiche. Un vero e proprio viaggio sonoro.
Punto di forza dell’album:
la suddetta chitarra solista. Lord Bahal si è preoccupato così tanto di curare il settore chitarre da metterne in certi momenti addirittura 3 come sono notevoli quelle brevi, isteriche e sferzanti variazioni della solista che qui e là fanno capolino nel discorso.
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Curiosità:
la musicalità di Bahal è sempre stata impregnata di riferimenti aulici, spesso a partire dal titolo dell'album. Che in questo caso prende di mira una divinità greca come Icelo la quale, come suo fratello Morfeo (citato anch'esso nei testi dell'ultima fatica), fa parte del corteo dei sogni. Ma non credete che sia una divinità positiva perchè non è nient'altro che il dio delle apparizioni, delle fobie e degli incubi.
Se gli Ammonal rappresentano il trionfo individualista del collettivo, il solo - progetto Bahal è l’apice del vero e proprio individualismo oserei dire egocentrico. Non a caso, una delle figure storiche di Timpani allo Spiedo, Roberto Moro del progetto sardo Hieros Gamos, altra formazione strambissima che a suggestioni di natura freudiana unisce un black metal ultra – contorto e dalle minacciose melodie arabeggianti, ha ultimamente reclutato Lord Bahal per le parti di chitarra solista in vista del proprio primissimo album. Ma se gli Hieros Gamos hanno abbandonato la vecchia scuola per un approccio legato alle esperienze di gruppi africani/asiatici ancorati, come giustamente dovrebbe essere, alla tradizione musicale della propria cultura, Bahal è uno dei primi 5 casi più bizzarri che mi siano mai capitati di ascoltare. Praticamente il nostro è stato capace di dire qualcosa di personale senza stravolgere praticamente nulla.
Infatti, “Ikelos” dalla copertina sembrerebbe un disco intellettualoide. In un certo senso lo è, ma di ciò è tutto merito delle grandiose liriche, impregnate di una poeticità lontana anni luce dalla misantropia ingenua tipica del black metal (e fra l’altro nella nostra lingua!). Ma musicalmente si è perfino dalle parti di un black/thrash metal comunque molto diverso dalla bestiale “ignoranza” e rozzezza di molte formazioni del genere richiamando però allo stesso tempo la vecchia scuola dell’estremo. Questo divario fra Bahal e gruppi come Horned Almighty, Bunker 66 e compagnia non è soltanto determinato dalla capacità del lecchese di partorire pezzi pericolosamente lunghi eppure distanti dalla macchinosità difficilmente emotiva degli Hieros Gamos. Eh sì, perché per questa sorta di eleganza, che paradossalmente rifugge da soluzioni complicate e non facilmente assimilabili (il riffing per esempio di solito è bello classico), concorrono sia in misura secondaria il fatto che i momenti black e thrash sono spesso autonomi fra di loro, offrendo così poche occasioni in cui i due generi effettivamente si combinano (di conseguenza il discorso chitarristico e meno primitivo e pennellato); sia primariamente il lavoro mai invasivo della chitarra solista che fa sentire il suo “peso” con una frequenza notevole e piuttosto rara da beccare in circolazione riuscendo a immettere spesso nei pezzi un’atmosfera tempestosa (si ascolti a tal proposito l’attacco de “Il Labirinto”… ma anche “La Rosa” non scherza per niente).
Una delle caratteristiche più particolari di questo progetto musicale è appunto il ruolo preponderante della chitarra solista. Lord Bahal possiede un’abilità pressoché stupefacente nello sfruttare le sue possibilità tecnico – espressive erigendo monologhi virtuosi e melodici che con la loro immane fantasia possono risolvere pezzi altrimenti più difficili da concludere. In tal modo si costruisce un crescendo emotivo molto personale per il concetto di Metal estremo partendo comunque, almeno per quanto riguarda gli assoli veri e propri, da basi metalliche prettamente ottantiane, anche perché talvolta lo schema dei pezzi assume connotati molto classici, con il solismo che magari si presenta dopo la tipica sequenza 1 – 2 – 1 – 2.
Quindi, è esatta la definizione data a Bahal su Metal – Archives? In parte sì, in parte no. Infatti, il termine “progressivo” è stato usato in maniera forse impropria, più che altro perché il nostro non partorisce una musica dalla grande e avvolgente pienezza melodica che alla fine è a esclusivo appannaggio del settore chitarre. Al massimo, le uniche cose riconducibili a tale concezione sono la già menzionata “prolissità” epica di alcuni brani e soprattutto la semi – emarginazione della voce che guardacaso è stata discriminata chissà quante volte nel rock progressivo nostrano (avete presente Il Rovescio della Medaglia, i Campo di Marte o i Picchio dal Pozzo?).
Invece il cantato rappresenta forse l’unico elemento veramente death, termine che campeggia quasi inspiegabilmente nell’etichetta regalata al progetto. Trattasi di un grugnito bello cupo ed un po’ statico molto simile a quello dei sardi Vultur, anche se non mancano poche, modeste ma efficaci “alzate” di tono, e nemmeno qualche occasionale sussurrìo (entrambe le cose sono presenti in “Erebo”). Eppure tale cupezza non ha impedito di creare delle grandiose linee vocali che tradiscono una dimensione eroica e tremendamente agguerrita mostrando così un discorso semplice ma bello potente e sufficientemente inventivo da avere esso stesso una cadenza ritmica eccezionale. Le parole spesso vengono accentuate, altre vengono dilatate, permettendo di conseguenza una comprensibilità delle liriche che certi gruppi si sognano soltanto. Appunto per tutto ciò avrei preferito che la voce avesse avuto maggiore importanza, anche perché accade non poche volte che si assenti per parecchi minuti (la lunga parte centrale de “Il Labirinto”) mentre in altre occasioni così facendo si conclude addirittura un brano come “La Rosa” – che comunque per impostazione rimane un qualcosa di superlativo visto che contiene inoltre uno stacco di chitarra in solitario severa e magniloquente, una vera chicca per intenditori. Dai, non facciamo gli errori del nostro prog che a vantaggio di un esasperato virtuosismo ha spesso abbandonato le magnifiche immagini poetiche donate dalla voce!
Il secondo punto debole dell’album è la batteria che, proprio come negli Hieros Gamos, è completamente elettronica. Ma qui vale un discorso simile a quanto detto sulla voce, ossia essa rappresenta un punto debole non esattamente in sé ma di per sé. Infatti, programmata in maniera efficace anche se talvolta non risulta abile ad accentare il riffing (“Danza del Crepuscolo”), la batteria ha più che altro problemi di bilanciamento con gli altri strumenti. La produzione da questo punto di vista è a volte “birichina”, visto che tra un pezzo e l’altro può capitare che la drum appaia più debole costringendo così l’ascoltare a riabituarsi a diverse frequenze, e la musica a fare qualche sforzo in più per risultare più incisiva possibile (ed il bello è che tale impresa non sembra poi così difficile…. Merito ancora maggiore).
Altra cosa da discutere è la struttura che regge le varie composizioni, già difficilmente gestibile per la lunghezza delle stesse ma d’altro canto è un “problema” quasi inesistente. Però bisogna far osservare che i ‘sto ragazzo a volte pare voler esagerare con i cambiamenti repentini di umore partorendo in tal modo brusche virate prive di un effettivo sviluppo emotivo. Questa osservazione grava purtroppo specialmente proprio sull’ultimo brano, che a un tempo medio thrash fa seguire all’improvviso dei blast – beats con tanto di chitarra solista evocativa ed un grugnito disperato: un momento atmosfericamente veramente troppo troppo diverso da quello precedente.
In compenso, è da notare come sia stata molto intelligente la cura riposta nel posizionamento dei pezzi. Per fare un solido esempio, mi pare validissimo l’elegantissimo intermezzo di 2 minuti de “Il Bardo” che, utilizzando due chitarre acustiche di cui una solista (e qua non si parla affatto di banali e semplicissimi arpeggi!) con tanto di armonico conclusivo, risulta praticamente perfetto per blandire gli animi dopo una prima parte dai brani apparentemente infiniti e belli in tensione. E che dire invece della rimaneggiata “Marcia Funebre” di Chopin che funge da elegante introduzione dell’album? E della riposante atmosfera quasi da “ninna – nanna” dell’outro “Tra le Braccia di Morfeo” dove una chitarra acustica si staglia su una produzione che da inquietante contrasto è di una sporcizia ineffabile, atta quasi a rappresentare la definitiva corruzione dell’animo umano che vuole continuare a vedere il Sole ma non ad accorgersi della schifosa realtà che gli sta intorno?
Pura poesia.
Voto: 73
Claustrofobia
Scaletta:
1 – La Tormenta/ 2 – Il Sentiero/ 3 – Erebo/ 4 – Il Bardo/ 5 – Il Labirinto/ 6 – La Rosa/ 7 – Danza del Crepuscolo/ 8 – Tra le Braccia di Morfeo
MySpace:
http://www.myspace.com/bahalblackmetal
Album autoprodotto (1° Dicembre 2010)
Formazione (2005): Lord Bahal, voce, chitarre, basso, batteria elettronica
Giulia Sidhe, arpa celtica in "Tra le Braccia di Morfeo" (ora bassista ufficiale dei Bahal)
Provenienza: Lecco, Lombardia
Discografia: “Gazing at the Winter Moon” (Album, 2005)
“Striges” (Album, 2009)
“Hieros Gamos/Bahal/Cenere Split” (Split, 2010)
Canzone migliore dell’album:
Senza nessunissima ombra di dubbio il tour de force di ben 10 minuti de “Il Labirinto”: disperato, poetico, tutto costruito su un climax emotivo fenomenale dove la chitarra solista detta legge. Da non dimenticare nemmeno le grandiose pause d’effetto dominate da suggestive chitarre acustiche. Un vero e proprio viaggio sonoro.
Punto di forza dell’album:
la suddetta chitarra solista. Lord Bahal si è preoccupato così tanto di curare il settore chitarre da metterne in certi momenti addirittura 3 come sono notevoli quelle brevi, isteriche e sferzanti variazioni della solista che qui e là fanno capolino nel discorso.
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la musicalità di Bahal è sempre stata impregnata di riferimenti aulici, spesso a partire dal titolo dell'album. Che in questo caso prende di mira una divinità greca come Icelo la quale, come suo fratello Morfeo (citato anch'esso nei testi dell'ultima fatica), fa parte del corteo dei sogni. Ma non credete che sia una divinità positiva perchè non è nient'altro che il dio delle apparizioni, delle fobie e degli incubi.
Se gli Ammonal rappresentano il trionfo individualista del collettivo, il solo - progetto Bahal è l’apice del vero e proprio individualismo oserei dire egocentrico. Non a caso, una delle figure storiche di Timpani allo Spiedo, Roberto Moro del progetto sardo Hieros Gamos, altra formazione strambissima che a suggestioni di natura freudiana unisce un black metal ultra – contorto e dalle minacciose melodie arabeggianti, ha ultimamente reclutato Lord Bahal per le parti di chitarra solista in vista del proprio primissimo album. Ma se gli Hieros Gamos hanno abbandonato la vecchia scuola per un approccio legato alle esperienze di gruppi africani/asiatici ancorati, come giustamente dovrebbe essere, alla tradizione musicale della propria cultura, Bahal è uno dei primi 5 casi più bizzarri che mi siano mai capitati di ascoltare. Praticamente il nostro è stato capace di dire qualcosa di personale senza stravolgere praticamente nulla.
Infatti, “Ikelos” dalla copertina sembrerebbe un disco intellettualoide. In un certo senso lo è, ma di ciò è tutto merito delle grandiose liriche, impregnate di una poeticità lontana anni luce dalla misantropia ingenua tipica del black metal (e fra l’altro nella nostra lingua!). Ma musicalmente si è perfino dalle parti di un black/thrash metal comunque molto diverso dalla bestiale “ignoranza” e rozzezza di molte formazioni del genere richiamando però allo stesso tempo la vecchia scuola dell’estremo. Questo divario fra Bahal e gruppi come Horned Almighty, Bunker 66 e compagnia non è soltanto determinato dalla capacità del lecchese di partorire pezzi pericolosamente lunghi eppure distanti dalla macchinosità difficilmente emotiva degli Hieros Gamos. Eh sì, perché per questa sorta di eleganza, che paradossalmente rifugge da soluzioni complicate e non facilmente assimilabili (il riffing per esempio di solito è bello classico), concorrono sia in misura secondaria il fatto che i momenti black e thrash sono spesso autonomi fra di loro, offrendo così poche occasioni in cui i due generi effettivamente si combinano (di conseguenza il discorso chitarristico e meno primitivo e pennellato); sia primariamente il lavoro mai invasivo della chitarra solista che fa sentire il suo “peso” con una frequenza notevole e piuttosto rara da beccare in circolazione riuscendo a immettere spesso nei pezzi un’atmosfera tempestosa (si ascolti a tal proposito l’attacco de “Il Labirinto”… ma anche “La Rosa” non scherza per niente).
Una delle caratteristiche più particolari di questo progetto musicale è appunto il ruolo preponderante della chitarra solista. Lord Bahal possiede un’abilità pressoché stupefacente nello sfruttare le sue possibilità tecnico – espressive erigendo monologhi virtuosi e melodici che con la loro immane fantasia possono risolvere pezzi altrimenti più difficili da concludere. In tal modo si costruisce un crescendo emotivo molto personale per il concetto di Metal estremo partendo comunque, almeno per quanto riguarda gli assoli veri e propri, da basi metalliche prettamente ottantiane, anche perché talvolta lo schema dei pezzi assume connotati molto classici, con il solismo che magari si presenta dopo la tipica sequenza 1 – 2 – 1 – 2.
Quindi, è esatta la definizione data a Bahal su Metal – Archives? In parte sì, in parte no. Infatti, il termine “progressivo” è stato usato in maniera forse impropria, più che altro perché il nostro non partorisce una musica dalla grande e avvolgente pienezza melodica che alla fine è a esclusivo appannaggio del settore chitarre. Al massimo, le uniche cose riconducibili a tale concezione sono la già menzionata “prolissità” epica di alcuni brani e soprattutto la semi – emarginazione della voce che guardacaso è stata discriminata chissà quante volte nel rock progressivo nostrano (avete presente Il Rovescio della Medaglia, i Campo di Marte o i Picchio dal Pozzo?).
Invece il cantato rappresenta forse l’unico elemento veramente death, termine che campeggia quasi inspiegabilmente nell’etichetta regalata al progetto. Trattasi di un grugnito bello cupo ed un po’ statico molto simile a quello dei sardi Vultur, anche se non mancano poche, modeste ma efficaci “alzate” di tono, e nemmeno qualche occasionale sussurrìo (entrambe le cose sono presenti in “Erebo”). Eppure tale cupezza non ha impedito di creare delle grandiose linee vocali che tradiscono una dimensione eroica e tremendamente agguerrita mostrando così un discorso semplice ma bello potente e sufficientemente inventivo da avere esso stesso una cadenza ritmica eccezionale. Le parole spesso vengono accentuate, altre vengono dilatate, permettendo di conseguenza una comprensibilità delle liriche che certi gruppi si sognano soltanto. Appunto per tutto ciò avrei preferito che la voce avesse avuto maggiore importanza, anche perché accade non poche volte che si assenti per parecchi minuti (la lunga parte centrale de “Il Labirinto”) mentre in altre occasioni così facendo si conclude addirittura un brano come “La Rosa” – che comunque per impostazione rimane un qualcosa di superlativo visto che contiene inoltre uno stacco di chitarra in solitario severa e magniloquente, una vera chicca per intenditori. Dai, non facciamo gli errori del nostro prog che a vantaggio di un esasperato virtuosismo ha spesso abbandonato le magnifiche immagini poetiche donate dalla voce!
Il secondo punto debole dell’album è la batteria che, proprio come negli Hieros Gamos, è completamente elettronica. Ma qui vale un discorso simile a quanto detto sulla voce, ossia essa rappresenta un punto debole non esattamente in sé ma di per sé. Infatti, programmata in maniera efficace anche se talvolta non risulta abile ad accentare il riffing (“Danza del Crepuscolo”), la batteria ha più che altro problemi di bilanciamento con gli altri strumenti. La produzione da questo punto di vista è a volte “birichina”, visto che tra un pezzo e l’altro può capitare che la drum appaia più debole costringendo così l’ascoltare a riabituarsi a diverse frequenze, e la musica a fare qualche sforzo in più per risultare più incisiva possibile (ed il bello è che tale impresa non sembra poi così difficile…. Merito ancora maggiore).
Altra cosa da discutere è la struttura che regge le varie composizioni, già difficilmente gestibile per la lunghezza delle stesse ma d’altro canto è un “problema” quasi inesistente. Però bisogna far osservare che i ‘sto ragazzo a volte pare voler esagerare con i cambiamenti repentini di umore partorendo in tal modo brusche virate prive di un effettivo sviluppo emotivo. Questa osservazione grava purtroppo specialmente proprio sull’ultimo brano, che a un tempo medio thrash fa seguire all’improvviso dei blast – beats con tanto di chitarra solista evocativa ed un grugnito disperato: un momento atmosfericamente veramente troppo troppo diverso da quello precedente.
In compenso, è da notare come sia stata molto intelligente la cura riposta nel posizionamento dei pezzi. Per fare un solido esempio, mi pare validissimo l’elegantissimo intermezzo di 2 minuti de “Il Bardo” che, utilizzando due chitarre acustiche di cui una solista (e qua non si parla affatto di banali e semplicissimi arpeggi!) con tanto di armonico conclusivo, risulta praticamente perfetto per blandire gli animi dopo una prima parte dai brani apparentemente infiniti e belli in tensione. E che dire invece della rimaneggiata “Marcia Funebre” di Chopin che funge da elegante introduzione dell’album? E della riposante atmosfera quasi da “ninna – nanna” dell’outro “Tra le Braccia di Morfeo” dove una chitarra acustica si staglia su una produzione che da inquietante contrasto è di una sporcizia ineffabile, atta quasi a rappresentare la definitiva corruzione dell’animo umano che vuole continuare a vedere il Sole ma non ad accorgersi della schifosa realtà che gli sta intorno?
Pura poesia.
Voto: 73
Claustrofobia
Scaletta:
1 – La Tormenta/ 2 – Il Sentiero/ 3 – Erebo/ 4 – Il Bardo/ 5 – Il Labirinto/ 6 – La Rosa/ 7 – Danza del Crepuscolo/ 8 – Tra le Braccia di Morfeo
MySpace:
http://www.myspace.com/bahalblackmetal
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