Sunday, May 30, 2010

Intervista ai Bloodshed!


1) Ehilà ragazzuoli come la va? Presentate i Bloodshed ai lettori di “Timpani Allo Spiedo”.
Federico, basso: I Bloodshed nascono nell'estate 2006, con una formazione a sei: batteria(Alberto), basso (Federico), voce (Sebastiano), tastiere (Andrea) e 2 chitarre (Davide e Riccardo). Cambiano un chitarrista nel settembre 2007, con l'entrata di Gabriele al posto di Riccardo, e nel gennaio 2008 registrano la loro demo, “After Midnight”. Purtroppo attualmente a causa di alcuni problemi la formazione è notevolmente cambiata, passando da 6 a 4 componenti, in quanto i due chitarristi ed il cantante, per motivi diversi, sono stati sostituiti da Francesco. La nuova formazione è al momento impegnata nella preparazione di un nuovo cd, in seguito al quale cercherà probabilmente un secondo chitarrista.

2) Di cosa trattate esattamente nei testi e chi li scrive? Da cosa siete ispirati per farli e formalmente da quali gruppi siete maggiormente influenzati in tal senso? Sbaglio a dire che “Darkness of the Soul” ha derive psicologiche?

I testi sono stati scritti principalmente dal batterista, Alberto, e dall'attualmente ex cantante, Sebastiano, tranne “Alive in destruction”, che è stata composta dal tastierista, Andrea; gli argomenti sono svariati, ma si cerca di ricondurli per lo più a tematiche legate all'esistenza umana. Ad esempio “Immortal Dreams” parla della sete di potere che divora l'uomo, simboleggiato dal tiranno; “Anonymous” parla della ricerca del proprio io, della propria identità; “Eternal Night” invece è un testo molto ispirato dal primo numero di Dylan Dog, quasi un omaggio al celebre fumetto, e parla di un'invasione di morti viventi. “Alive in Destruction” invece si potrebbe definire un testo pessimista, e tratta della pesantezza della condizione umana. “Darkness of the Soul” ha un testo un po' strano...avremmo voluto qualcosa di più esplicito, come notavi tu, che parlasse di psicologia magari, ma Sebastiano ha preferito tenere l'argomento un po' sottinteso e ha trattato della condizione interiore di un uomo di guerra, dedito ad una vita dura e solitaria; sicuramente, la psicologia è un tema presente.

3) Perché preferite parlare di simili argomenti rispetto ad altri?

Abbiamo trattato di questi argomenti dopo aver deciso di scartare tematiche strausate come inni a satana e cose del genere, temi politici, magari un po' pesanti da digerire oppure religiosi che, per quanto siamo anticlericali, preferiamo lasciar stare, nel senso che piuttosto che fare dei testi contro la Chiesa, testi banali dico, come purtroppo spesso se ne sentono, vorremmo fare una critica più accurata e sottile di come la religione s'insinua nelle menti (è questo un probabile tema di future canzoni).

4) Come avviene la composizione dei pezzi e quanto è durata la loro stesura? Chi li compone? C’è stato un brano più difficoltoso confrontandolo con i restanti?


Spesso i pezzi sono composti da Andrea (tastiere); ma alle volte si lavora tutti insieme in saletta su dei riff che ci piacciono particolarmente. In genere lo studio di un brano dura un paio di prove, in cui ognuno studia le migliori linee da tenere, dopodiché ognuno suggerisce correzioni o riff alternativi. In quanto al brano più difficile da strutturare e preparare forse potrebbe essere il pezzo strumentale, “Infernal Melody”, a causa della poca memoria di un chitarrista eheheh!!
5) Dove avete registrato i pezzi ed in quanto tempo? In tal caso, quale è stato quello che vi ha portato via più tempo?
I pezzi sono stati registrati con l'ausilio di Cristian Scarponi, fonico dei Necrodeath; la batteria è stata microfonata e registrata in saletta; gli strumenti su pc e la voce, se non erro, sempre in saletta e su pc. Ogni componente ha, purtroppo, dovuto registrare tutti i brani in un unico giorno. A causa di ciò molti pezzi non sono venuti molto bene....esperienza per il prossimo cd: fare le cose con calma ahahaha!
6) A mio parere, voi suonate una specie di black metal sinfonico concentrato principalmente entro tempi medi, non molto cattivo ma altresì dall’alone romantico ed oserei dire quasi vampiresco, ed inoltre tecnicamente molto valido. Però penso che la vostra musica sia decisamente influenzata da altri generi, come il death metal (“Eternal Night”), il metalcore (“Anonymous” ed “Immortal Dreams”), ma non solo, come si tratterà dopo più diffusamente, e quindi riuscite a presentare una buona differenziazione tra i vari pezzi. La produzione mi pare piuttosto pulita ed è orientata verso le frequenze maggiormente alte, risaltando così principalmente il trio voce/chitarre/tastiere. Che ne dite della mia descrizione? Quali sono le vostre principali influenze, e da dove derivano? Inoltre, come definite il vostro suono, dato che su Metal-Archives c’è scritto addirittura “black/death metal”, mentre nel vostro MySpace più semplicemente “metal”?
Eh...la descrizione su Metal Archives non è opera nostra...Dire che suoniamo black metal non è giusto! Nel senso che non suoniamo un vero black ed ognuno di noi ha tantissime influenze...esempi per ogni membro (di coloro che hanno fatto la demo): il tastierista adora gruppi come Dimmu Borgir, Behemoth, Dark Funeral, C.O.B., ...il batterista idem ma ascolta anche gruppi più tecnici come Cynic, Coprofago etc...Gabriele (chitarrista) adora soprattutto l'heavy: Iron Maiden, Black Sabbath, oppure i Queen; Davide (chitarrista) è molto amante dei Megadeth, del thrash in generale; Sebastiano (voce) è più sul nu metal ed il gothic, il bassista (Federico) adora i Death, i Sadus, gli Iron Maiden e ascolta molto il jazz e la fusion. Si può notare come ognuno apporti svariate influenze eheheh!
7) Vorrei trattare adesso la struttura dei vari brani che compongono l’opera. Essi infatti, da questo punto di vista, sono piuttosto liberi e dinamici, e difficilmente presentano una qualsiasi rigida sequenza di soluzioni, visto e considerato che l’unico che ne tira fuori una, e pure rigida bensì non esattamente classica, è “Alive in Destruction”, pezzo che considero molto particolare proprio per tale motivo. Inoltre, ho riscontrato che spesso e volentieri molte soluzioni vengono modificate, sia a livello di riffing/tastiere che di ritmiche, ed accade tra l’altro, con una frequenza notevole, che queste modificazioni sono sottoposte a ripetizioni di una sola battuta. Ci ho visto giusto? C’è una ragione per il quale avete optato per simili scelte e soprattutto per l’ultimo? Magari, soltanto la voglia di essere molto imprevedibile o c’è qualcosa di più profondo sotto?
La struttura dei brani, spesso molto varia deriva, come hai giustamente notato, dalla voglia di essere imprevedibili ed anche dal voler non essere legati a degli schemi fissi.

8) Secondo il mio modesto parere certo, il miglior pezzo dell’album è “Immortal Dreams”, in quanto…per me è l’unico brano con la voce completamente valido. Mi piace comunque molto il lavoro fatto dalle onnipresenti tastiere, alle quali sono attribuite pure delle interessanti variazioni piuttosto tecniche. Tra l’altro, con esse ravviso influenze da certo power metal o dai Children of Bodom. Inoltre, mi diverte anche il finale, giocato molto sulle modificazioni del 2° passaggio, da una battuta l’una, piacevolmente imprevedibile. Siete d’accordo con le mie affermazioni? Se no, quale ritenete sia il miglior episodio di “After Midnight” e perché? Come è nato “Immortal Dreams”?

Sì, “Immortal Dreams” è forse il pezzo migliore della demo, insieme ad “Alive in Destruction”; come brani, entrambi sono opera di Andrea, tranne il pezzo centrale di “Immortal Dreams” che è opera di Davide.

9) Mi interessa adesso trattare “Epic Gods”, che in fin dei conti è una vera e propria intro ma con un titolo proprio. I suoi ricami sì romantici ma secondo me sognanti mi paiono più adatti per un gruppo come i Summoning che per voi, come ho già osservato nella descrizione della vostra musica. Quest’intro mi sembra la quiete prima della tempesta che distruggerà per sempre l’Eden. Ma come è stata la genesi di “Epic Gods” ed in che modo dovrebbe essere interpretata secondo voi? Perché avete voluto metterla, senza partire direttamente con “Alive in Destruction”?

Hai colto nel segno descrivendo “Epic Gods” come la quiete prima della tempesta; infatti è proprio il motivo per cui è stata messa come intro. A livello compositivo, è interamente opera di Andrea (tastiere).

10) Un’altra traccia a mio avviso tremendamente notevole è “Infernal Melody”, che per voi forse è un po’ particolare. E’ in pratica un climax quasi continuo, una girandola dinamica di emozioni a tratti epico, una specie di outro, dato che è strumentale fondata molto sul dialogo chitarra solista/tastiere, dove la prima segue, ma con sprazzi indipendenti, la seconda, ed entrambe dimostrano una tecnica devastante. Ma perché è così particolare e lontana dagli altri pezzi, anche perché è senza l’apporto della voce? Cosa volete trasmettere con “Infernal Melody”? Potete raccontare la sua genesi?

Uhm...raccontare la genesi di “Infernal Melody” sarebbe una cosa lunghissima ma cercherò di sintetizzare: che io ricordi (ho una memoria assai balorda ahahaha) i riff iniziali furono ideati dal vecchio chitarrista Riccardo, a cui poi Andrea aggiunse delle parti di tastiera, ideando soprattutto la parte centrale. In effetti nel cd è stata messa come outro proprio perché risulta un brano particolare, strumentale ma abbastanza lungo. Ciò che ci proponiamo di trasmettere con questa canzone è, per usare un ossimoro, una sensazione di irrequieta calma se così mi è concesso di dire. Per spiegarmi meglio: la canzone vuol essere una melodia infernale, che già dal titolo fa capire come congiunga due termini non proprio uniti logicamente: la melodia (qualcosa di calmo, tranquillo etc…) e l'inferno, che è tutto l'opposto. L'assenza della voce e quindi di un testo è dovuta al fatto che essendo una “melodia”, il ruolo principale è svolto dalla musica: sta poi all'ascoltatore dare libero sfogo all'immaginazione!

11) Per quanto concerne invece il vostro principale punto di forza in quest’album, personalmente ho scelto per le tastiere, a mio parere il vero motore della vostra musica, abili a trascinare il tutto costruendo ottime melodie. Secondo me, sono loro che principalmente donano all’insieme quell’alone romantico e misterioso di cui ho già parlato, e talvolta mi sanno anche di notturno, facendo così infiltrare nel discorso influenze dirette dalla musica elettronica (“Darkness of the Soul” ed “Immortal Dreams”). Ora, siete d’accordo con quanto affermo? Se no, quale pensate sia il vostro principale punto di forza e perché?

Sicuramente le tastiere giocano un ruolo predominante nelle nostre canzoni; siamo concordi nel ritenerlo il nostro strumento principale, anche se nei nuovi brani che stiamo componendo stiamo mettendo in risalto la ritmica della batteria e le chitarre, ciò nonostante le tastiere rimarranno sempre un cardine delle nostre canzoni.

12) Perché avete scelto per un titolo come “After Midnight” e cosa volete trasmettere con esso? Ci sono state altre proposte prima di scegliere quello attuale e casomai per quale ragione sono state scartate?

Il titolo “After Midnight” è stato proposto da Sebastiano, che propose di strutturare il cd come una sorta di sogno in cui ogni canzone ne rappresenta uno.
13) Parliamo adesso della copertina, molto poco black metal, della vostra opera. Perché proprio essa e che significato possiede? Chi l’ha fatta? Ci sono state altre proposte prima e casomai perché sono state scartate?
Per quanto riguarda la copertina è stata sempre un'idea di Sebastiano, che ha preferito, appunto, una copertina meno “black”, optando per qualcosa di diverso; alcune proposte diverse ci son state, ma sono state scartate perché Sebastiano premeva per una copertina “particolare”, ed alla fine ha ideato il concept della copertina definitiva.
14) Adesso mi sembra giusto farvi sapere i difetti di “After Midnight” che ho rintracciato qua e là, che però sono piuttosto gravi perché riguardano tutti la fase conclusiva di certi pezzi. Così, parto da “Alive in Destruction”, canzone più lineare del lotto e che fino ai 4 minuti considero pressoché geniale dato che sfruttate a dovere un climax, il quale però non mi sembra venga concluso, spezzando in tal modo il discorso con una soluzione che viene più volte variata, secondo me in maniera prolissa, addirittura per 2 minuti. Mi aspettavo un bell’assolo per concludere il climax ma tant’è. Come rispondete a questa critica?
La tua critica su “Alive in Destruction” è perfettamente legittima. Infatti il lungo pezzo finale si presta benissimo ad un bell'assolo, tant'è che nei live viene eseguito. Purtroppo non è stato registrato nella demo (come tutti gli assoli) poiché il chitarrista solista Gabriele era entrato da poco nel gruppo ed al momento di registrare non era pronto...contando poi che è stato fatto tutto di fretta etc etc…Vorrei però dire che è stata un po' una delusione non trovare gli assoli...sigh! Non vorrei addentrarmi nei burrascosi avvenimenti degli ultimi mesi, ma purtroppo questa assenza dei soli è stata interpretata come una mancanza di impegno, dato che tecnicamente Gabriele è un valido chitarrista...mah!

15) E l’ora di “Eternal Night”, il quale finisce similmente al precedente pezzo, seppur in misura quantitativamente minore, e pure qui tutto mi sa di prolisso e noioso, senza presentarmi niente che mi faccia sobbalzare e tra l’altro si conclude in un modo altamente brusco. A questa critica invece come contro ribattete?

Beh, “Eternal Night” è forse il brano più semplice dal punto di vista compositivo ed è opera di Davide; riguardo la critica al finale brusco...beh, diciamo che non saprei come rispondere...non avevo mai visto il finale di “Eternal Night” sotto questo aspetto (anche perché non mi sembra che io mi sia spiegato poi così diffusamente, almeno nell’intervista! Nda Claustrofobia)....
16) Tocca a ”Darkness of the Soul”, che a mio parere aveva ancora forse ampi margini discorsivi, considerando che il tutto finisce con quella che definisco una vera e propria fuga strumentale così da funzionare da ponte per una soluzione successiva, ma ciò non succede. Siete d’accordo? Cosa ha determinato secondo voi la fine di tale brano?
“Darkness of the Soul” è il primo o secondo pezzo composto dai Bloodshed, ha subito svariati cambiamenti. Non saprei dire cosa ha determinato il finale della canzone, dato che al mio arrivo nel gruppo non ho partecipato alla fase compositiva. Bisogna dire che nei 4 giri finali la chitarra esegue un assolo nel mentre che la voce continua a cantare e quindi può darsi che la registrazione del cd non sia fedele a come la canzone viene eseguita normalmente
(credo allora che dovrei riascoltarmi la canzone per bene…Nda Claustrofobia).
17) Mi dispiace dirlo, ma anche “Anonymous” è presente nel banco degli imputati. Eppure, fino ad un certo punto, considero pure essa una canzone geniale, grazie a quel tempo lento che sembra preannunciare, concretizzandola, un’accelerazione al fulmicotone a dir poco strabiliante. Avete secondo me calcolato benissimo il momento di sferrare l’assalto, facendo interiorizzare pian piano il rallentamento, e quindi, dopo un po’, mi pare che il brano finisca in maniera più che dignitosa, ma purtroppo no, quella è soltanto una pausa che precede a mio parere un passaggio totalmente inutile ai fini del pezzo, rovinandolo, anche perché il climax era già stato raggiunto e concluso. E qua come rispondete invece?

Alla tua critica di “Anonymous” posso parlare a nome di tutti dicendo che in effetti il pezzo finale è una forzatura (nonché un evidente plagio di “Mourning Palace” dei Dimmu Borgir...ahahah!!); il pezzo ha delle parti molto belle ed è principalmente opera del vecchio chitarrista, Riccardo. Al momento abbiamo deciso di non suonare più questa canzone sia per rispetto verso Riccardo sia perché è qualitativamente inferiore a molti altri brani, soprattutto i nuovi inediti.

18) Il demo in quante copie lo avete stampato, e magari c’è anche un motivo simbolico dietro di esse?

Abbiamo stampato 500 copie, ma solo perché la differenza tra farne 300 e farne 500 era poca roba.
19) Siete soddisfatti del risultato raggiunto o volete cambiare qualcosa? Come stanno andando la critica ed il pubblico?
Diciamo che non siamo del tutto soddisfatti, dato il cd non rispecchia appieno le nostre potenzialità. Più che altro non siamo soddisfatti del fatto di aver dovuto registrare tutto in un solo giorno e (purtroppo) senza metronomo. Inoltre ci sono dei piccoli dettagli grafici che potevano essere molto migliori; tutto sommato però non giudichiamo negativamente il nostro primo lavoro ed anche a livello di pubblico la risposta è buona.

20) C’è una ragione per il quale avete fatto da subito il grande passo dell’album, senza fare le cose piano piano, anche per costruire lentamente un suono magari più personale? Non ritenete insomma che sia un po’ prematuro un album? O prima avete già registrato un demo, seppur non ufficialmente?

Beh, diciamo che abbiamo voluto provare a fare un cd/demo, avendo all'epoca 8-9 pezzi nostri; in effetti sarebbe stato meglio fare le cose con più calma. Diciamo che ci è servito di lezione per il prossimo lavoro che, si spera, verrà iniziato quest'anno.

21) Sbaglio od “After Midnight” è il primo parto discografico (ufficiale) per tutti voi, in quanto singoli? Prima di militare nei Bloodshed, avete suonato in qualche altra formazione e come è finita l’esperienza, ed avete registrato pure qualcosa in tal senso?

Sì, “After Midnight” è il primo lavoro per ognuno di noi; prima dei Bloodshed un po' tutti abbiamo suonato a livello “amatoriale” in salette con amici, ma mai come con i Bloodshed, prefiggendoci lo scopo di fare live e di registrare un cd.

22) Chi ha scelto il nome del gruppo e perché proprio questo? Il vostro mi sembra molto black/death metal, ed infatti mi richiama gruppi iper-chiodati come i Bestial Warlust, Conqueror e compagnia. Lo sapete tra l’altro che Bloodshed è un nome veramente stra-abusato nel panorama del Metal estremo? Ci sono state altre proposte prima di decidere per quello attuale e potete dire per quale motivo sono state rifiutate?

Bloodshed fu scelto da Alberto e Davide quando iniziarono a suonare per passare il tempo e da lì è rimasto come nome del gruppo. Siamo consapevoli del fatto che sia un nome stra-abusato e difatti siamo in procinto di cambiarlo, approfittando anche degli ultimi sconvolgimenti.

23) Una cosa che mi ha fatto sorridere a prima vista è stato il vedere su Metal-Archives 6 ragazzi “normali” per niente iper-chiodati a dispetto del nome, come già osservato. Perché avete scelto per un’estetica simile? E cosa volete trasmettere con essa? Avete subìto delle critiche pesanti a tal proposito, magari anche dai metallari vecchia scuola, e come rispondete a loro?

No no, nessuno ci ha criticato per il nostro aspetto...diciamo che l'abbiamo scelto per una questione...d'impatto: il vedere dei ragazzi vestiti non in maniera metallarissima non fa pensare a una musica particolarmente pesante...e quando suoniamo è un po' uno shock. A tal proposito bisogna riconoscere che l'idea è stata principalmente di Sebastiano.

24) Chi ha fatto il logo e cosa volete che esso trasmetta? Ci sono…vabbè, le stesse successive 2 domande della 22 (ho una fantasia a volte ihih!!).


Il logo è stato disegnato da un'amica di Andrea. Lei gli ha proposto di farne uno, l'ha disegnato e ci è piaciuto.

25) Volete raccontarmi di un vostro concerto-tipo?

Mah...che dire di un nostro concerto...? A parte che è un'occasione unica di divertirsi. Di solito suoniamo in locali, al chiuso...ergo si muore di caldo, specialmente d'estate!!! Altra cosa, iniziamo sempre con “Alive in Destruction”.
26) Una domanda cojona: quale è stato l’evento più esilarante che avete vissuto come gruppo?
L’evento più esilarante come gruppo?Uhm...Credo possa essere avvenuto a Milano, quando suonammo lì l'anno scorso: Andrea disse qualcosa del tipo “sono grasso” o giù di lì (si noti che eravamo su un tram pieno di gente) ed Alberto si mise ad urlare senza alcun motivo: “TU NON SEI GRASSO! SEI UNA MERDA!”!!! Ahaha, che risate ci siamo fatti! Oppure mi torna in mente un'altra scena, ad Alghero, d'estate: faceva un caldo boia e ad uno stop ci fermiamo…c'era una signora affacciata ad un balcone ed Alberto le grida: “Signora...oggi c'è caldo perché Gesù Cristo è in fiamme!”.

27) Considerando alcuni titoli dell’album, potete essere considerati dei satanisti? Se sì, considerate satana quale entità buona o cattiva? Materialistica e/o spiritualistica?

No, non siamo satanisti, ma alcuni sono atei, altri anticlericali (il sottoscritto ad esempio). Nessuno ha un buon rapporto con la religione/strumento oppressivo e di controllo. Mah, per quanto riguarda Satana la consideriamo come una creazione umana, una proiezione al di fuori dell'uomo di una sua parte importante, quella malvagia.

28) Una curiosità: di tutti voi chi fa l’università e che corso ha preso? E perché?

All'università attualmente ci sono Andrea (agraria), Sebastiano (architettura) e Federico (filosofia). Ognuno ha scelto di studiare la materia che più gli piaceva.

29) Che ne pensate della vostra scena Metal estrema, ossia quella sarda( anche dal punto di vista extra-musicale – nel senso dei locali, del pubblico e così via)? Corrono voci che in Sardegna il Metal non sta proprio bene, in fatto di visibilità e di concerti.

Mah, la scena non è male...ci son dei gruppi davvero validi e alcuni locali ci sono. Di sicuro il metal non ha il massimo della visibilità ma non è neanche inesistente.

30) Che ne pensate invece della scena Metal estrema italiana più in generale (idem)?

Idem, ci sono molti gruppi davvero validi, ma purtroppo a livello di locali non sapremo cosa dirti, non abbiamo molta esperienza a livello di serate fuori la Sardegna.
31) Ascoltate altra musica oltre al Metal? Se sì, quale? Nuove leve da consigliare? Ritornando al Metal, quali gruppi preferite? C'è qualche sorpresa che volete segnalare, magari con quelle con cui avete diviso il palco?
Beh, per quanto riguarda me, Federico, ascolto un po' di tutto: a me piace la musica ben suonata, jazz, fusion, funk etc etc…ovunque sia possibile sentire dei bravi musicisti, non per forze estremamente tecnici. Come miei gruppi preferiti di sicuro ci sono i Death, ma non disdegno Satyricon, Behemoth, Iron Maiden e tantissimi altri. Della scena sarda consiglio vivamente i nostri amici olbiesi, gli Asura, mentre a livello nazionale i miei amici Nefertum. Per quanto riguarda gli altri componenti, direi che Andrea ascolta principalmente metal, Davide e Alberto idem, Gabriele ascolta anche musica più leggera, tipo pop etc...Sebastiano ascolta un po' di tutto, soprattutto nu metal e rock / gothic rock.
32) Cosa bolle attualmente in pentola per voi?
Per ora nel calderone abbiamo in preparazione un nuovo cd...eheheh, stavolta faremo le cose con molta più calma!!!

33) Ragazzuoli, finalmente l’intervista è finita, e spero che io non vi abbia rotto i cojoni. Volete mandare un ultimo messaggio ai lettori di “Timpani Allo Spiedo” (bello il nome eh?)?


Come messaggio per i lettori di “Timpani Allo Spiedo” (di cui apprezzo il nome, bello!) io dico:

HOLY POPE LOVES BIG COCKS!!!

Thursday, May 13, 2010

Land of Hate - "Neutralized Existence" (2009)


1. INTRODUZIONE.

Il primissimo album dei Land of Hate l’ho aspettato sinceramente con tanta impazienza, dopo aver recensito il loro demo “Gener(H)ate” tipo poco più di un anno fa (ovviamente, sto parlando della preistoria della rivista, ossia quando “Timpani Allo Spiedo” veniva pubblicata in versione mail a cadenza “a cazzi”) beccandosi un sonoro 76, lasciandomi così ben sperare per il futuro. E questo futuro mi è finalmente arrivato grazie a Marko, voce del gruppo, che mi ha inviato volontariamente la nuova opera. E minkia se ha fatto bene!

2. PRESENTAZIONE ALBUM.

“Neutralized Existence”, pubblicato ormai esattamente il primo Agosto dell’anno scorso presso l’apocalittica etichetta coreana Infernal Kaos, è un qualcosa che non si scorda facilmente, l’ennesimo ottimo disco proveniente dalla competitiva e sempre attiva scena calabrese, ed un altro assalto dalla macchina da guerra Land of Hate, che in tale sede hanno dato vita ad 8 pezzi per un totale di quasi 29 minuti di massacro sonoro. Quest’ultimo è più o meno lo stesso espresso nel demo summenzionato, e quindi anche stavolta si troverà un death/thrash metal selvaggio e granitico, dalle tinte pazzescamente apocalittiche, decisamente equilibrato fra parti veloci ed un po’ più lente, e tecnicamente piuttosto semplice (il che non significa che i nostri tecnicamente facciano schifo, anzi). Però, personalmente, avverto, ed in maniera veramente frequente, una pesantezza che ha a che fare più che altro con il metalcore, soprattutto nei tempi medi, prendendo di esso il lato più feroce e militante, ed aspettatevi pure delle svisate nei territori angoscianti del doom. Insomma, riflettendo meglio, per me la musica che ‘sti calabresi suonano è appunto più metalcore che mai. Anche sotto il profilo strutturale loro hanno mantenuto piuttosto imprevedibili le proprie canzoni, contando inoltre un’altra ragione, una specie di novità di cui qua si fa spesso uso, ma è ancora presto per farlo osservare, ergo soffrite in silenzio. Prima di tutto, si segnali che per “imprevedibile” mi riferisco al fatto che da queste parti è bandita, seppur non del tutto, la classica sequenza strofa-ritornello, in cui insomma due passaggi si danno il posto consequenzialmente almeno per 2 volte. Ho scritto “non del tutto” perché in certe canzoni il ritornello è vivo e vegeto, oltre a contare in alcune occasioni massimo 2 soluzioni, che effettivamente si trovano nella condizione sopraindicata, benché solo raramente (un po’ la parte centrale di “The Torment” con il 4 – 5 – 4 – 5; ma soprattutto esemplificativa è la paranoica “Extreme Violence”, brano particolarissimo e perciò lo tratterò più diffusamente più avanti). Rare e piuttosto fragili sono le stesse sequenze di soluzioni che si ripetono identiche nel prosieguo di una canzone, le quali sono di solito fondate su 2 soli passaggi o simili (tranne per “Claustrophobic”, uno in più; “Murderous State”, 4 + stacco; ed “Extreme Violence”) che appaiono sempre e comunque per altrettante volte, e la distanza dalla seconda apparizione rispetto alla prima sembra calcolata quasi esattamente in base a dopo quanto tempo quest’ultima si fa viva appena iniziato il pezzo (“Claustrophobic”, “The Torment”, “Murderous State”, “From the Street”). Ergo, c’è sempre un buon numero di soluzioni (stacchi e pause compresi) che separano i due momenti, a parte “Murderous State” dove c’è solo un passaggio a staccare la ripetizione della sequenza. Quest’ultima è spesso fragile, anche perché può non ripetersi completamente come in precedenza, vuoi per una battuta in più (“Minds Devourer”, dove l’1 viene interessato anziché dalle iniziali 3 da 4 volte) od in meno (“The Torment”, solo che stavolta entrambe le soluzioni vengono sottoposte a tali cambiamenti di programma, e così l’1 dalle 2 in luogo delle 4, mentre la 3 dalle 4 alle 3), vuoi per delle modifiche più propriamente musicali, magari eliminando uno stacco originario (come succede infatti in “The Torment”), vuoi per un assolo (cosa che avviene durante tutte e 4 le battute del secondo passaggio di “In the Hands of Destruction”). In un certo senso in “From the Street” la sequenza intera dovrebbe essere la 2 – 3 – 3 mod., solo che nella sua prima apparizione il 3 viene ripreso dopo aver tirato fuori uno stacco collettivo, mentre nell’ultima apparizione il passaggio di cui sopra viene effettivamente variato presentando tra l’altro un numero diverso di battute (le iniziali 2 e le finali 4) – insomma, ho beccato 3 situazioni diverse in un colpo solo! Parlando adesso più specificatamente del numero di soluzioni usato dai Land of Hate, loro ne presentano se non erro dalle 4 (“In the Hands of Destruction”) alle 7 (“The Torment”), ma a quanto pare il gruppo ama il numero 5, perché 5 sono i passaggi prediletti per altrettanti pezzi (“Claustrophobic”, “Murderous State”, “Neutralized Existence”, “From the Street”, “Extreme Violence”. Se ci fate caso, queste canzoni, non so per coincidenza o meno, coincidono con i numeri 1, 3, 5, 6 ed 8, ovviamente nella cosiddetta tracklist dell’album…sono idiota o anche questa disposizione ha i suoi buoni messaggi subliminali?). Ma quella novità nel discorso prettamente strutturale della musica dei 5 calabresi è rintracciabile a mio parere proprio nell’utilizzo delle battute che interessano le varie soluzioni, che qualche riga addietro ho già fatto implicitamente osservare. Infatti, se si fa attenzione, nei primi 4 pezzi non sono affatto rari i passaggi che vengono ripetuti per un numero pari di 3 battute (e ciò soprattutto in “The Torment” e “Minds Devourer”), mentre meno frequentemente in una. Mi sembra quasi che i Land of Hate in tal modo vogliano trasmettere ancora di più un’angoscia determinata dall’imprevedibilità malefica della società, e di conseguenza dei potenti di turno, i quali rappresentano il vero e proprio parto della prima, così indifferente e cieca. Curiosamente però, le battute, oltre a quelle rappresentate dal numero 3, che si sentono qui in giro sono le seguenti: 1 (“Claustrophobic”, “Murderous State” e “Minds Devourer”), 2 e 4 (queste ultime due sono le più usate, come tradizione comanda) ed 8 (“The Torment” e “Minds Devourer”), e quindi si predilige un lavoro dinamico, a tratti isterico, che mi rimanda ad un forte desiderio di libertà seppur “macchiato” dai monotoni ingranaggi del sistema, che alle volte vengono piegati, se non spezzati, mentre in altre occasioni gustano un trionfo che in pratica non si può più debellare (a tal proposito è esemplificativa “Extreme Violence”). Tale forte desiderio di libertà viene però ulteriormente aumentato se si pensa che i Land of Hate non mi paiono amare particolarmente le modificazioni ad una stessa soluzione, ed infatti, se non sbaglio, nella maggior parte dei pezzi i passaggi che si trovano in questa data situazione sono in misura minore rispetto a quelli, come dire, “vergini”. Comunque, alle volte può capitare, come per la soluzione n°3 di “The Torment”, che una venga modificata in modo piuttosto anomalo, nel senso che, come nel caso appena considerato, dapprima il basso, durante la seconda parte del riff di chitarra, crea una propria personale linea, ma successivamente, nel 3 mod., sono le stesse asce che riprendono, sempre in quel momento, la linea di basso! A mio avviso, è veramente encomiabile il fatto di non “nascondersi” dietro le variazioni ad una stessa soluzione, come a voler rappresentare una rabbia che agisce in modo sempre diverso di fronte alle più differenti assurde situazioni (negativamente fantasiose) della disonestà e dell’ingiustizia. Faccio notare infine, che per quanto il discorso strutturale sia abbastanza imprevedibile (a parte certe riprese di sequenze di passaggi più o meno fisse), i momenti iniziali di un pezzo di solito non lo sono affatto. Infatti, si consideri che in ogni episodio dell’album, quando la voce inizia ad eruttare la prima strofa la struttura è sempre rappresentata da un generico schema del tipo 1 – 2 – 1 (“generico” perché la maggior parte delle volte si tratta delle soluzioni 3 e 4, ma curiosamente senza presentare dei “salti” tra l’una e l’altra), eccezion fatta per “The Torment”, dove invece il paesaggio strutturale è un più complesso ma alla fine quasi circolare 1 - 1 mod. – 2 – 1.

Parlando adesso più propriamente della produzione di “Neutralized Existence”, essa mi è veramente molto piaciuta, dato che tutti gli strumenti sono stati ben bilanciati fra di loro, soprattutto lode al basso che finalmente è sbucato fuori dalla sua “tana” che a mio parere lo teneva abbastanza rinchiuso nei meandri di “Gener(H)ate”. Inoltre, apocalittici e spesso freddi come sono i Land of Hate, la produzione è stata orientata secondo me giustamente entro frequenze decisamente altine e quasi assordanti. C’è però una considerazione da fare: se nel demo sopraccitato le chitarre erano di solito non poco soffocate, seppellite dal resto degli strumenti, trasmettendo così, almeno per me com’è ovvio, maggiormente quell’aura di assurdo di cui i testi del gruppo si fanno principali portavoce, nell’album credo abbiano perso un pochetto una tale piacevolissima caratteristica, anche se per fortuna il suono è sempre abbastanza sporco, marcio e genuino. Tra l’altro non si scordi che questa cosiddetta “aura di assurdo” l’hanno ricompensata attraverso delle scelte stilistiche dolorose e sferraglianti (come appunto l’uso delle 3 battute trattate in precedenza).

3. ANALISI STRUMENTI.

Adesso andiamo ad analizzare più da vicino i differenti strumenti che popolano l’universo dei Land of Hate, partendo come solito dalla voce.
Quest’ultima, opera di Marko, si attesta secondo me, come ormai tradizione di questo cantante, su ottimi livelli, caratterizzati dalle sue inconfondibili urla grosse e straziate, che ogni volta mi sembrano delle declamazioni a lottare, la voglia perenne di non inchinarsi di fronte a nessuno (se non all’amore ricevuto dai propri cari), avendo fra l’altro un’intensità che mi ricorda molto volentieri quella del metalcore, e da dei grugniti piuttosto bassi e marci, i quali se non sbaglio vengono usati più adesso che in passato, anche grazie ad un aspetto utilizzato già prima e di cui parlerò fra poco. Tali grugniti li assocerei comunque agli anfratti più disgustosi e vili dell’essere umano, anfratti popolati da oscure ed invisibili presenze che incitano un uomo a macchiarsi dei crimini più nefasti possibili, ed a desiderare (e qualche volta ad ottenere) il potere, così da sottomettere, per falsi bisogni materiali, ed attraverso astratte elucubrazioni di superiorità, il volere della gente. C’è però una specie di novità (o almeno credo che lo sia), rappresentata da delle urla più alte del solito, che mi hanno ricordato quelle di moltissimi gruppi brutal, specialmente moderni come i Lividity ed i Waco Jesus, e che aggiunge a parer mio un’onta di follia al tutto, seppur modesta dato che tale tipo di vocalizzi da queste parti è molto raro da sentire (sentitevi a questo proposito l’introduzione di “Claustrophobic”). Per quanto mi riguarda, sono ottime anche le linee vocali, abbastanza fantasiose e se non erro cambiano pure a seconda del tipo di voce utilizzato, così, per esempio, da essere squartati vivi dalle bestiali ed isteriche linee dei grugniti in “Minds Devourers”. Fra l’altro, esse sono aiutate moltissimo dalle numerose sovraincisioni, mai così presenti nel discorso musicale dei nostri. Sovraincisioni urla/grugniti quasi continue, e che possono sembrare qualcosa come la lotta eterna fra la giustizia disperata e la follia cieca, oppure credo che possano rappresentare la complessità del mondo cosiddetto civile, il quale risulta intrappolato dalle praticamente infinite “magagne” burocratiche che lo popolano, impedendo così spesso l’affermazione di una giustizia vera e propria. In tal modo, il tutto diventa a mio avviso molto pesante ed asfittico, grazie a quelle diverse sovraincisioni che quasi non donano tregua, anche se mi chiedo soltanto come sia riuscito dopo tutto questo tempo il gruppo a rispettarle, almeno in minima parte, direttamente dal vivo. Rispetto invece a “Gener(H)ate” l’effetto d’eco, che aggiungeva secondo me all’insieme un’umanità sempre distrutta e stanca nei secoli, se non erro lo riesco a beccare soltanto proprio durante le urla dell’introduzione di “Claustrophobic”, tra l’altro in maniera non esattamente secca e lontana, dato che alla fine l’eco cerca di sovrapporre il secondo urlo con il primo.

Le chitarre mi paiono invece decisamente più fantasiose che in passato, nonostante siano ancora piuttosto semplici sia tecnicamente che strutturalmente, ma stavolta avverto pure una ricchezza d’influenze maggiore e da apprezzare veramente tanto, anch’esse in grado di dare una dinamicità che probabilmente mancava nel demo più volte citato, pur mantenendo la stessa riconoscibilissima impronta. A dispetto però della digeribilità dei vari riffs che compongono l’universo straziante e straziato dei 5 calabresi, la melodia, come solito, è quasi assente, benché, come si vedrà, qualche esempio per fortuna non manca. Comunque, quando si va veloci, le varie soluzioni chitarristiche ad esempio vanno da crudi assalti thrash (come in “Claustrophobic”), che talvolta sanno essere perfino grooveggianti e gracchianti, quasi come fosse una conseguenza di quintali di birra bevuti a forza (“Neutralized Existence”), ad isterici colpi di arma da fuoco che mi sanno più di death (come nella parte centrale di “From the Street”), magari disegnando, con follia omicida, ricami che utilizzano vertiginosamente sia le corde più basse che per un tempo decisamente minore quelle più alte (sentitevi a tal proposito “The Torment” e “Neutralized Existence”), oppure distruzioni di massa più dinamiche, che personalmente hanno ricordato altresì molto gli spagnoli brutallari Apocalyptic (sempre in “Neutralized Existence”). In altre occasioni invece, seppur si tratti sempre di riffs tremendamente duri, il paesaggio sonico può divenire melodico ma dai tratti amari, disperati, senza nessuna speranza (“Minds Devourers”), oppure dal sapore più epico e monumentale, dai toni quasi blackeggianti (“Extreme Violence”). Quando i tempi rallentano le chitarre si fanno a mio parere maggiormente metalcore, estrapolandone da questo una certa fiera durezza guerrafondaia che sa di militante, ma niente paura che anche in tal caso sono co-padroni della situazione anche la varietà e la fantasia. Ascoltatevi a questo proposito l’incubo brutal “grattugiato” di “Minds Devourers”, le inquietanti dissonanze death, quasi l’annuncio di una morte stridente perché apparentemente splendente è la società in cui si vive (“The Torment”), oppure le impazzite fughe sulle note più alte sempre di “Minds Devourers”, il quasi beffardo thrash di “From the Street”, od ancora lo sludge di “Claustrophobic”, dilatatissimo e persino un po’ melodico, come melodico ma non troppo è anche il doom di “Murderous State”, come invece lo è interamente quello triste e rassegnato di “In the Hands of Destruction”. Le nostre due asce hanno però aggiunto al proprio carniere pure le cosiddette sovrapposizioni di riffs, che comunque non sono poi così frequenti, ma è da notare il fatto che quando c’è la chitarra solista questa intesse ad ogni modo dei motivi piuttosto differenti da quelli della propria compagna, pur dimostrandosi decisamente semplice e senza pretese anch’essa. Curiosamente, i suoi interventi sono ogni volta rintracciabili durante i tempi medio-lenti dal riffing abbastanza melodico, come per sopperire alla mancanza data dalla furia disperata e forse un po’ cinica della voce, magari esprimendosi attraverso arpeggi pieni di desolazione e morte (“The Torment”). Eppure qui a mio parere i nostri hanno in un certo senso “toppato”, dato che nella stessa “The Torment” ed in “In the Hands of Destruction” c’è una soluzione solista che se non sbaglio è praticamente identica, minimalista ed acuta, sì efficace ma in fin dei conti già sentita. Gli arrangiamenti di questo tipo, come osservato in precedenza, sono pochissimi (ce n’è qualcheduno pure in “From the Street”) e brevissimi, preferendo quindi un impatto collettivo, come a voler rappresentare idealmente l’importanza dell’unità che fa la forza. Nonostante tale ultima considerazione, neanche gli assoli non mancano, ed anche in questa sede c’è qualcosa di cambiato, ma stavolta non nella quantità maggiore di solismi rispetto a “Gener(H)ate” che più o meno è la stessa. Sto parlando infatti delle diverse melodie usate, in quanto prima le chitarre da questo punto di vista erano molto più cattive ed isteriche e di marca thrasheggiante, seppur qualcosa di simile ci sia benché in maniera abbastanza diversa (“In the Hands of Destruction”). In quest’album, gli assoli sono melodici, dinamici (e qua i Land of Hate non si sono spostati di una virgola da quello che in passato hanno offerto), soffrono ma non lo fanno pesare, e talvolta sono come ammantati di una fragile speranza, “fragile” anche perché, come in “Minds Devourers”, essa va in contrasto con le danze asfissianti e lentissime, guidate maggiormente dalla batteria. Un altro aspetto interessante è che gli assoli stavolta non sono da considerare poi così brevi, almeno solitamente, passando così dalle 2 battute di quello di “Minds Devourers”, alle 8 di “The Torment”, ergo si può dire che abbiano acquisito un’importanza maggiore (quello ancora non citato è presente in “Claustrophobic”). Da segnalare inoltre che curiosamente i solismi si presentano quasi sempre nei momenti finali di un pezzo, tranne però in “The Torment” dove si fa vivo più o meno nella parte centrale, e forse proprio perché rappresentano il massimo momento di sofferenza (o di azione come secondo me può esserlo quello di “In the Hands of Destruction”, gestito tra l’altro a mio avviso benissimo dato che si presenta subito durante una brusca e pesantissima accelerazione così da colpire con brutalità pazzesca l’ascoltatore), cosa che aumenta ulteriormente se si pensa che solitamente essi ci sono nei tempi medi, come frammenti vivi di un’umanità stanca.

Considero splendido pure il lavoro del basso, che riesce meravigliosamente ad indurire tutto l’insieme anche grazie a delle linee che aggiungono qualcosa in più alla musica, un qualcosa di terrificante ma terribilmente semplice, un po’ come è la violenza, quindi non aspettatevi dei ricami virtuosi. Ascoltatevi in tal senso “Claustrophobic”, “The Torment” e “Minds Devourers”. Ho una particolare predilezione specialmente per la seconda, dove il basso, nonostante tutto, in certi punti, attraverso il suo incedere terremotante ma “calmo”, guida persino le chitarre, come già osservato durante l’analisi della struttura dei pezzi, dimostrando così un’importanza del basso piuttosto vitale per il prosieguo delle canzoni.

Tremendi (ovviamente in senso positivo) sono i tonfi di una batteria mai così furiosa per i Land of Hate. Infatti, Attila, pur mantenendo il suo stile tonante e quasi meccanico, e quindi paurosamente privo di qualsivoglia variazione durante i vari ritmi, si è reso a mio avviso decisamente più completo così da proporre per esempio dei devastanti blast-beats (beh, più o meno) come in “Extreme Violence”, oppure una rifinitura dei tempi veloci, sempre pesantissimi, in modo da presentarli in maniera meno meccanizzata, benché le variazioni se non sbaglio colpiscano quasi sempre il rullante (come in “Claustrophobic”). Tale piccolo cambiamento lo considero fra l’altro di un’efficacia enorme, dato che così viene trasmessa maggiormente una violenza che viene scoperta in tutta la sua vera brutalità, un tipo di violenza la quale talvolta si esprime in un certo senso in modo elegante, per esempio tramite la televisione con quella masnada di pubblicità. E’ una violenza che sa anche di caos, come ci viene sputato spesso dal traffico urbano oppure dalla vita di tutti i giorni che inghiotte molte persone in una spaventosa ansia dai ritmi vertiginosi, vita resa impossibile non poche volte. Ma paradossalmente nei tempi più lenti, i ritmi divengono più assurdi in quanto non sono affatto dinamici, nel senso che si ripetono così come sono per tutto il tempo, un po’ come a rispecchiare una vita da servi che ogni giorno è sempre la stessa, senza nessuna variazione di sorta, mentalmente uccisa anche con l’abitudine. Ed è tutto ciò che mi fa paura del lavoro di Attila, eppure i ritmi solitamente sono lineari e con una buona frequenza pure piacevolmente grooveggianti, forse per rappresentare un qualcosa di vivo e speranzoso nascosto negli anfratti più oscuri di una mente apparentemente irrecuperabile seppur bombardata continuamente e resa cieca. Per far capire ulteriormente l’importanza acquisita dalla batteria nella musica del gruppo basti pensare al numero quasi esorbitante degli stacchi ad essa attribuiti, e praticamente non ce n’è uno in soli 2 pezzi, ossia “The Torment” e “Minds Devourers” (brano introdotto da uno spezzone che presumo sia stato preso direttamente dal G8 genovese, anche perché si sente quell’ormai tristemente famoso “assassini!” urlato contro le forze di polizia che osarono caricare un gruppo di manifestanti pacifici, dopodiché l’introduzione strettamente musicale, brevissima ma violentissima, viene affidata proprio ad Attila). Devo però dire che da questo punto di vista non credo che venga presentata poi così tanta varietà di soluzioni, visto e considerato che il charleston, seppur in modo efficace ed intensissimo, è stato usato forse fin troppo, e sempre e comunque allo stesso modo (“Murderous State”, “From the Street” e “In the Hands of Destruction”). Inoltre, c’è un altro aspetto a doppio taglio di cui qui secondo me si abusa non poco, ma per ora mi limito ad una tale semplice considerazione per meglio trattarlo prossimamente.

4. NEI MEANDRI DI “NEUTRALIZED EXISTENCE”.

Adesso è il momento di parlare di un brano a mio parere decisamente inusuale per i Land of Hate, ossia curiosamente lo stesso che dà il titolo all’album. Esso dura soltanto all’incirca 2 minuti e 20 ed è l’unico episodio che si concentra maggiormente sui tempi veloci, i quali stavolta sono basati molto su un groove assassino sui cui si posano i riffs più “allegri” dell’opera, anche se penso non lo siano affatto. Infatti, penso che tale apparente allegria coincida con il titolo del brano, facendomi quindi immaginare una persona che è contenta e felice della vita bombardata che fa e dell’operato di tutti gli uomini di stato, soprattutto di quelli collusi con la mafia. Se ciò si mischia con alcuni ritmi della batteria che mi sanno tanto di speed metal, pure perché talvolta c’è quella classica doppia cassa “ad elicottero” tipica di tale genere, la frittata è bella ch’è fatta! Infatti, è come se questi momenti più fluidi e lineari volessero dire che la persona di cui sopra creda che tutto vada bene, che non ci sia nessun ostacolo alla vita sua e del proprio paese, e che i governatori che tanto rispetta fossero gli uomini più puliti del mondo. Eccola, l’esistenza neutralizzata, peccato che è tutta realtà. Ritornando agli aspetti più formali del pezzo, la sua struttura se non sbaglio è la seguente: introduzione chitarra – 1 – 2 – 1 – brevissimo stacco collettivo – 3 – pausa – 3 – stacco di batteria – 4 – 1 – 2 – 4 – 5 – chiusura di chitarra. Devo far notare che la chiusura è affidata allo stesso violentissimo riff dell’introduzione. Inoltre, mi è piaciuto molto anche il senso strategico di questa canzone, dato che in scaletta è stata messa come quinta, in grado quindi a mio avviso di dare un certo “riposo ballabile” e più digeribile all’ascoltatore, suddividendo (beh, oddio…) così l’opera.

5. L’OLOCAUSTO DI “EXTREME VIOLENCE”.

Ma il pezzo che mi ha più entusiasmato è stata una vera e propria sorpresa per me, anche perché dimostra che i Land of Hate sanno meravigliosamente differenziare ogni loro brano, senza stravolgere poi così tanto il proprio suono. Se non lo avete capito, sto prendendo di mira “Extreme Violence”, l’epitaffio dell’album, l’estasi della morte su questo mondo, la paranoia maxima ed infernale che ha sottomesso ogni coscienza, l’Apocalisse di tutto, probabilmente anche l’ira di dio sull’umanità. Perché sto dicendo tutto questo? Perché “Extreme Violence” promette letteralmente, potenziandolo mille e mille volte, nessuna pietà fin dal proprio titolo. E’ un qualcosa che ingabbia l’ascoltatore, almeno personalmente com’è ovvio, è un qualcosa che lo soffoca proponendo delle soluzioni che vengono riprese quasi continuamente ma entro brevi assalti nervosi però mai veramente veloci, come a voler rappresentare l’ira inquietante ma elegante di dio, un mare in tempesta che non si ferma praticamente mai, nessuna pausa, solo una grandiosa intensità che si conclude nell’olocausto globale del finale, rappresentato da un assolo piuttosto melodico ma terribile, e da un riff spaventosamente monumentale e da una batteria che erutta velocità sostenute ma non troppo. Ed il tutto finisce, la musica si ferma bruscamente come se dio avesse rinnegato il proprio amore per l’uomo, stufo di amare l’odio personificato. Eccovi pronta la struttura della canzone, facendo attenzione che lo stacco di batteria riprende in pratica la parte finale ritmica del 2, senza quindi fermarsi: 1 – 2 – 3 – 2 – 3 – 2 – 3 – 4 – 4 mod. – 4 – 4 mod. – 4 – 2 – stacco di batteria – 2 – 3 – 2 – 3 – 5 – stacco collettivo – 1 – 2 – 3 – 2 – 3 – assolo (4 – 4 mod. – 4). Ottimo episodio, viste le considerazioni di cui sopra, facendo così finire “Neutralized Existence” in maniera cinica ed apocalittica, diversamente da “Gener(H)ate” che nel finale mi faceva avvertire un senso di epicismo, ergo di lotta.

6. ALTRI DIFETTUCCI.

C’è però a mio parere qualcos’altro che non mi è poi così piaciuto, ed il primo aspetto da trattare riguarda il modo con cui spesso viene concluso un brano. Infatti, addirittura in “Claustrophobic”, 3° e “Minds Devourers” tutto finisce attraverso un tempo lento ripetuto ossessivamente fino a che la batteria presenti una doppia cassa la quale, seppur la considero piuttosto efficace facendomi immaginare una lenta tortura che pian piano diventa sempre più intensa e brutale, viene usata probabilmente fin troppo per concludere un episodio, anche perché una simile tecnica usata in questo modo mi pare quasi elementare, troppo semplice da seguire. Insomma, dopo gli stacci di charleston, ecco un altro pregio diventato un difetto!

Inoltre, bisogna spendere qualche parola anche riguardo la cosiddetta fuga di “From the Street”, fuga introdotta prima da una pausa e poi da qualche menta rapida sul rullante, utile secondo me a prevedere una coltellata death distruttiva e su tempi velocissimi, che dopo 4 battute dà il posto ad un metalcore un pochino particolare, soprattutto perché c’è un ritmo di batteria seghettato ma non continuo e fluido, contando in aggiunta pure un riffing quasi schizzato. Tale fuga finisce, e così si ripresenta un’altra pausa con annessi leggeri piatti, in modo da ritornare al 2, ossia uno dei temi principali del brano. Ora, sarò antico e senza senso, ma il fatto di aver proposto questa fuga tra due stacchi, tra cui l’ultimo non mi sembra poi così efficace ed intenso, credo spezzetti un po’ troppo il pezzo facendo sviluppare quindi una mini-canzone, la quale viene spezzata a mio avviso in maniera non esattamente fluida. Penso infatti che si poteva unire il 5 mod. direttamente con il 2, magari con qualcosa nel mezzo che non faccia perdere l’attenzione dell’ascoltatore, almeno personalmente certo.

7. CONCLUSIONI.

E siamo alla fine pure di questa rece. Che dire? I Land of Hate a parer mio sono cresciuti veramente in poco tempo rispetto all’opera da me continuamente presa come punto di riferimento principale, perfezionando il proprio crudo stile sonoro e tra l’altro anche con molte caratteristiche strutturali da prendere in seria considerazione, non ultima la capacità di partorire canzoni quasi senza stacchi e pause (come “The Torment” e “Minds Devourers”), così da massacrare ulteriormente i timpani dell’ascoltatore, e pure offrendole di non precisamente lineari, benché non mi pare di essere dentro territori da questo punto di vista tecnici e/o progressivi, visto per esempio l’abuso della doppia cassa per il finale dei pezzi. Ma qual è il punto di forza del gruppo in “Neutralized Existence”? La scelta mi è stata difficile dato che qui la qualità abbonda, ma alla fine penso che esso sia rappresentato da tutte quelle piccole novità e perfezionamenti che i Land of Hate hanno compiuto sul proprio suono, abili anche in grado non solo di aggiungere quel tocco di classe in più, ma capaci pure di aumentare notevolmente la dose di dolore che “Gener(H)ate” già mi trasmetteva. Qualsiasi altra parola si spreca.

Voto: 84

Claustrofobia

P.S.: faccio presente come ultima cosa che lo spezzone che funge da introduzione per “In the Hands of Destruction”, in cui si sentono fra gli altri i rumori di un marchingegno di tortura che strazia le corde vocali di un uomo all’epoca dell’Inquisizione cristiana, si può beccare addirittura nell’inizio di “The Sound of Insanity”, contenuta nel secondo demo, da me recensito nel 3° numero della rivista, degli Hieros Gamos dal titolo “The Sounds of Doom (The Ancestral Myths)”.

Scaletta:

1 – Claustrophobic/ 2 – The Torment/ 3 – Murderous State/ 4 – Minds Devourers/ 5 – Neutralized Existence/ 6 – From the Street/ 7 – In the Hands of Destruction/ 8 – Extreme Violence

MySpace:

http://www.myspace.com/landofhateband