Friday, September 20, 2013

Oblyvion - "Oblyvion" (2013)

Album autoprodotto (Agosto 2013)

Formazione (2004):   Vincenzo Lodolini – voce/chitarra;
                                    Valentina Campanari - voce (in 6 e 9);
                                    Riccardo Lodolini – chitarra;
                                    Daniele Lai – basso;
                                    Ivan Fusco – tastiere.

Località:                     Tuscania (Viterbo), Lazio.

Pezzo migliore del disco:

“A Long Embrace”.

Punto di forza del gruppo:

la sua capacità di avvolgere l’ascoltatore.
Sì, lo confesso: quando devo ascoltare e recensire album con la bellezza di 13 pezzi per 50 minuti e più di musica, mi viene letteralmente il terror panico. Dovermi memorizzare tutti i brani diventa un’impresa titanica e qualche volta faccio lo sbaglio di ascoltare tutto d’un fiato un disco simile, soltanto per verificare “e adesso cosa s’inventeranno questi?”, con il risultato di uscire perfettamente rintronato da quest’esperienza. Preferisco notevolmente gli album da mezz’ora, perché in questo caso il gruppo non si può concedere cedimenti essendo obbligato a dare il meglio di sé sempre e comunque così da giustificare una durata, diciamo così, esigua. Ma ultimamente, m’è capitato di recensire quel capolavoro dei Desolator che risponde al nome di “Unearthly Monument” che, pur raggiungendo quasi i 50 minuti, ha ben 12 pezzi. Vediamo dunque se gli Oblyvion (che, per inciso, sono l’ennesimo gruppo laziale, ospitato su queste pagine, che ha due fratelli in formazione! Curioso) sono riusciti a onorare degnamente l’ambiziosa durata del loro album di debutto.

Prima di tutto, bisogna dire che gli Oblyvion (che si sono riuniti nel 2011 dopo lo scioglimento di 5 anni prima) hanno messo praticamente di tutto perché, dei 13 pezzi, “At the Gates” è un’intro, “Afterlife” e “Blood Moon” sono delle strumentali, “In the Fog” è un breve pezzo acustico (strumentale) mentre “Painkiller” è ovviamente una cover dei Judas Priest, oltre a essere una vera e propria traccia - fantasma. Ma, come avrete forse ben intuito dal titolo dell’intro (“At the Gates” non lascia adito a nessun dubbio, non trovate?), la musica degli Oblyvion rientra palesemente nella categoria del death metal melodico. Il loro, però, non solo è ultra – melodico ma anche tremendamente tecnico, con tanto di frequenti e lunghissimi assoli di chitarra, accompagnati spesso e volentieri da – udite udite! – soli di tastiera (come giustamente dovrebbe fare ogni gruppo provvisto di tastierista, che altrimenti rischierebbe di suonare solo qualche “riff”), strumento fra l’altro molto utile per iniziare e concludere i vari episodi. Quindi, l’assalto degli Oblyvion è veramente avvolgente, anche perché la chitarra solista non si limita a fare gli assoli, ma pure a completare spesso il riff della ritmica. Fa una cosa simile il basso, che si dimostra molto utile dal punto di vista melodico, specialmente in “Afterlife”. C’è un buon equilibrio fra i tempi medi e quelli veloci ma, se i primi dominano in canzoni come “Buried Angel” e “Afterlife” , i secondi sono costituiti più che altro da  tupa – tupa anche parecchio esagitati, quindi scordatevi i blast – beats che in pratica sono presenti solo nell’introduzione mezza black di “Oblivion”, a parte che in “Painkiller”. Ma attenzione che la batteria è una drum - machine, ergo il gruppo sta attualmente cercando un batterista.

Tutto ciò significa che la vera e propria cattiveria è perlopiù assente, altro che At the Gates! O meglio, nel comparto vocale un po’ di pura “ignoranza” come piace a me c’è, dato che, oltre a delle urla disperatissime e sofferte (lo stile vocale principale), utili a intensificare la drammaticità della musica degli Oblyvion, qui e là sono presente dei grugniti bassissimi che, adatti come sono a un gruppo death più tradizionale, riescono a creare un bel contrasto con il tutto. Peccato quindi che quest’ultimi siano poco usati, e quando lo sono doppiano solitamente le urla, ma un pezzo come “A Long Embrace”, dove questi due stili vocali si alternano molto bene, non si lascia dimenticare facilmente. Anche perché, in questo brano (come in “Spectral Forest”, del resto) vi è una bella voce femminile operistica. Però, il cantato spesso si assenta per parecchio tempo per dar spazio a lunghe fasi strumentali, riducendo così un po’ troppo le sue incredibili forze.

Un altro difetto del gruppo è che, atmosfericamente parlando, le sue canzoni si assomigliano non poco. In pratica, solo “A Long Embrace”, con la sua cattiveria vocale, e “Painkiller” riescono a dare varietà timbrica a tutto l’album, come un po’ fa “Black Sheep”, con le sue tastiere neoclassiche. Poi, ci sarebbe anche “Wandering Blood”, che a un certo punto ha uno stacco folk, peccato che non sia stato sviluppato debitamente. In questo senso, preferisco decisamente gruppi simili come i bielorussi Stormhold e i trentini Joyless Jokers, che sono incredibilmente più fantasiosi nonostante tutti gli sforzi profusi dagli Oblyvion per creare pezzi belli potenti, che fra l’altro incorrono talvolta in veri e propri deja – vù, come nell’introduzione di “Mental Disease”, che somiglia un po’ a quella di “Buried Angel”.

Ma, attenzione, gli Oblyvion sanno creare belle canzoni (come la strumentale “Afterlife”, che è qualcosa di grandioso). A dispetto di ciò, mi aspettavo però di più, e credo che “A Long Embrace” possa essere il punto di riferimento da cui ripartire in futuro. Anche perché manca qualcosa in cattiveria, tanto che spesse volte, più che a un gruppo death metal, sembra di trovarsi davanti a un gruppo di power metal moderno. Oppure, si potrebbe variare la musica più dal punto di vista atmosferico, partendo magari da un tema concettuale per svilupparlo per tutta la durata di una canzone, un po’ come hanno fatto i Dark Season di "Cruel Domination". Insomma, le alternative ci sono, la qualità e la tecnica non mancano assolutamente, bisogna solo lavorare un po’ di più per rendere al meglio tutto l’insieme. E, per favore, la prossima volta cercate di creare qualcosa di meno ambizioso per quanto riguarda il minutaggio anche perchè 13 pezzi sono praticamente un’infinità! Ah, un’altra cosa: chi è il batterista?

Voto: 73

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Scaletta:

1 – At the Gates/ 2 – Oblivion/ 3 – Buried Angel/ 4 – Lying Mask/ 5 – Afterlife/ 6 – A Long Embrace/ 7 – Mental Disease/ 8 – In the Fog/ 9 – Spectral Forest/ 10 – Black Sheep/ 11 – Wandering Blood/ 12 – Blood Moon/ 13 – Painkiller

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