Saturday, June 14, 2014

The Nutries - "The Nutries EP" (15 Novembre 2013)

Ragazzi, ho deciso che è molto meglio riprendere l’attività di Timpani allo Spiedo per recensire senza problemi la roba che mi arriva piuttosto che attendere pazientemente il mio turno per pubblicare nell’altro sito dove scrivo.

Ecco quindi a voi i 5 scalmanati da Vicenza dei The Nutries che, nati nel 2008, se ne sono usciti di recente con questo bell’EP da 7 pezzi per 13 minuti di distruzione totale, una produzione condivisa dalla Sputo Records, Makadam Circus e Sirona Records. I nostri suonano un punk/HC metallico e cupissimo, talmente cupo da sconfinare alle volte in una specie di black metal. Fra l’altro, spesso emergono prepotentemente delle influenze crust (come in “Mr.S”, che è poi uno dei pezzi più monolitici del lotto), cosa che si avverte anche nell’ottimo lavoro del basso, tipico di questo particolare genere. Il bello è che la musica de ‘sti ragazzi è anche dinamica, e quindi ci sono dei buoni cambi di tempo, pensate che qui e là c’è pure qualche blast-beat ignorante come dei tempi pieni di groove, magari più concentrati sui tom-tom (come è il caso di “Tre Parole”). Invece, il comparto vocale risulta costituito principalmente da delle urla disperate alternate con occasionalissimi grugniti oltre tombali. Liriche totalmente in italiano che meritano di essere approfondite in un’eventuale intervista. Ah, dimenticavo: notare che la canzone d’apertura, “Asfissia”, è una semi-strumentale, quindi alla fine è una specie di intro.

Per farla breve, ci troviamo di fronte a un gruppo che sa il fatto suo. L’unico difetto (ma neanche tanto) che ho trovato nell’EP riguarda la produzione, visto che in canzoni come “Mr.S” la voce risulta stranamente più bassa rispetto ai pezzi precedenti. Fra l’altro, a quanto ho capito, i The Nutries sono amici dei Rejekts, il che spiega perché siano così “neri” e disperati.

Saturday, March 15, 2014

Dementia Senex - "Heartworm" (2013)

Pensate che ero così rincojonito prima di rispondere ai Dementia Senex che ci ho messo la bellezza di 2 mesi per farlo. Meglio tardi che mai. Anche perché, quando ho infilato nel mio stereo il disco dei Dementia Senex, sono stato travolto dagli 8 minuti circa dell’opener “Unscented Walls”. 8 minuti di un death metal strambo, tecnico e convulso, pieno di dissonanze e di melodie disperate molto a là Cult of Luna e gruppi simili. Il tutto viene accompagnato più che altro da tempi medi, se non addirittura doom, mentre i blast-beats ci sono solo quando servono. E’ ben presente pure un’interessante chitarra solista mentre la voce è costituita da un grugnito bello potente e a volte urlato ma che comunque sa adattarsi alle varie situazioni.

La seguente “Kairos” dura solo 2 minuti e mezzo ed è più, diciamo, “tradizionalmente” death metal della canzone precedente.

Invece, l’ultima “Heartworm (da 6 minuti) riprende ottimamente i temi di “Unscented Walls”, aggiungendo fra l’altro una voce pulita che riesce a trasmettere molta più disperazione a tutta la musica. Bella l’introduzione parecchio d’ambiente con tanto di chitarra pulita.

Peccato però per “Kairos”, che quasi non c’entra niente con il death metal sperimentale e “prolisso” di questi ragazzi. Un lavoro comunque coraggioso, non c’è che dire, anche perché il gruppo romagnolo, quintetto nato a Cesena nel 2008 e con all’attivo anche un demo pubblicato l’anno dopo, propone pezzi lunghissimi e quindi non facili da gestire.
Da notare che quest’EP è stato rilasciato dalla statunitense The Path Less Traveled Records, sempre molto attenta a scovare qualche strano gruppo estremo.

Voto: 73

Real Chaos - "Incredulo Mi Guardo Attorno" (2013)

Ultimamente mi sto così fermando con Timpani allo Spiedo che quasi me ne dimentico. Fortuna poi che arrivano gruppi come il trio foggiano Real Chaos a svegliarmi da questo (apparente) torpore tanto è ultra-violento il loro death metal. Che è spesso così brutale e semplice da andare a braccetto spesso e volentieri con il grind, anche perché le canzoni sono incredibilmente brevi e d’impatto, e infatti molte di esse non raggiungono neanche i 2 minuti di durata.

Ma attenzione, ‘sti ragazzi sanno anche sputare dei cambi di tempo notevoli (fra cui qualche parte piena di groove), ma al contempo rifiutano il concetto stesso dell’assolo di chitarra, praticamente presente in una sola canzone (ed è pure figo!).

Fra l’altro, amo all’impazzire il timbro di voce del cantante, di base un grugnito ignorantissimo molto simile a quello usato dai tedeschi Beyond che triplica il livello di violenza vomitato dai Real Chaos. E’ da notare che i nostri cantano in italiano, un pregio da tenere in massima considerazione.

Certo, la loro è una musica non molto varia, alle volte c’è bisogno effettivamente di un assolo o di un qualche rallentamento doom così da poter intensificare ancor di più tutto l’assalto (e mi piacerebbe che si rendesse più cattivo e distorto il suono del basso), ma queste sono solo quisquilie. Perché i Real Chaos, nati nel 2010, promettono molto bene con quest'album autoprodotto, e solo questo è l’importante, cazzarola! Ah, i pezzi sono 12 per 23 minuti di caos sonoro.

Voto: 76

Flavio "Claustrofobia" Adducci

Thursday, January 23, 2014

Preti Pedofili "L'Age d'Or" (2013)

Finalmente, dopo quasi un mese di (apparente) inattività torno da queste parti per parlare dell’album di debutto dei Preti Pedofili. Qualcuno di voi li dovrebbe già conoscere perché poco tempo fa recensii sempre su queste “patinate” pagine il loro split con i Nastenka Aspetta un Altro. Entrambi i gruppi mi sorpresero alla grande, e adesso, per confermare almeno i Preti Pedofili, abbiamo un intero disco di 10 canzoni per circa 48 minuti di una musica sciroccata e piena di riferimenti letterari.

Allora, come potrebbero essere incasellati i Preti Pedofili? Booh, so solo che non sono nè metal nè punk. Diciamo che sono una via di mezzo fra il noise, il free jazz e il post-punk. Il risultato è un suono veramente alieno e ostile, fatto di una batteria tentacolare e metronomica che non ne vuole sapere di essere groovy, di una chitarra rumorista e isterica completamente dedita a una funzione ritmica, di un basso che talvolta guida (ma anche no) la melodia del pezzo (e ovviamente il termine “melodia” va qui preso con delle pinze belle corazzate) e di un comparto vocale camaleontico.

Quest’ultimo si muove infatti da un cantato parlato (che può sconfinare in toni da professore universitario) a un sussurro malato e agonizzante, da urla stridule e sgraziate a un cantato pulito quasi mistico. In parole povere, in ogni canzone c’è sempre qualche sorpresa da questo punto di vista (e non solo). Fra l’altro, sono molto interessanti e intelligenti i testi, come quello di “Iride” (nel quale alla fine si afferma “se la libertà non è in me non la troverò da nessuna parte”) e quello di “Primo Sangue” (nella cui seconda metà si racconta praticamente la trama di “Aguirre, Furore di Dio” del grande regista tedesco Werner Herzog; un film con Klaus Kinski incentrato sul conquistador, realmente esistito, Lope de Aguirre, che si ribellò alla corona spagnola alla ricerca della leggendaria Eldorado lungo il Rio delle Amazzoni… facendo poi ovviamente una brutta fine). Altri testi invece fanno rabbrividire per come vengono pronunciati, e a tal proposito sono più che esemplificativi i versi “Il polso è molle/Lo sguardo è nevrotico/La testa è incancrenita dal sangue alieno” di “Cancro” (contenuta, come “C’Est Femme l’Autre Nom de Dieu”, nello split sopraccitato, e curiosamente in entrambe le canzoni è stato aggiunto un finale ambientale, chissà perché?).

Ma non si finisce di certo qui: dovete tenere anche in conto che la musica dei Preti Pedofili sa essere un sacco ossessiva, quasi ipnotizzante. Fortuna però che i nostri riescono a differenziare per bene le varie canzoni fra loro, magari sputando un assolo deviato di chitarra (“Begotten”) o addirittura delle tastiere (come nella disperata “Vio-lento”, che fra l’altro a un certo punto ha pure un riffing semi-black metal – e sottolineo “semi”, beninteso). La cosa particolare è che si riesce a mantenere in ogni caso una pesantezza veramente estrema e difficile da dimenticare.

In sintesi, “L’Age d’Or” è un album che, oltre a far riflettere, fa anche parecchio paura. Perché è così metodico e annichilente da essere certe volte forse bello freddino. Ecco, consiglierei a questi 3 ragazzi foggiani di offrire talvolta un po’ di groove tanto per mitigare almeno un minimo la natura estremamente ostile della loro musica. Dico questo anche perché sorbirsi 10 pezzi praticamente tutti così è un’impresa non indifferente (sarà che non sono abituato ad ascoltare qualcosa del genere?). Ma intanto ‘sto disco coraggiosissimo (e che si può ascoltare totalmente “a gratise” dal BandCamp del gruppo) si becca un bel voto, quindi compratelo e fatevi stuprare per bene i vostri timpani!

Voto: 78

Flavio "Claustrofobia" Adducci