EP (Aim Down Sight Records, 26 Agosto 2012)
Formazione (2011): Olly – voce;
Piff – chitarre;
Matt – basso;
Cap – batteria.
Provenienza: Trieste, Veneto.
Pezzo migliore del disco:
l’incredibile “Guilty”. E ho detto tutto.
Punto di forza del disco:
stavolta scelgo per la struttura stile montagne russe dei vari brani.
Ritornano a far parlare di sé i Left in Ruins, autori l’anno scorso di un disco spaccaossa come pochi. E si fanno valere ampiamente anche con questa nuova uscita, che in pratica ribadisce più o meno la stessa formula sentita in passato, rendendola però un pochino più essenziale.
Infatti, le differenze con la precedente opera sono minime, e riguardano la chitarra solista, quasi completamente bandita dal discorso, e forse il minutaggio delle stesse canzoni che adesso in media durano leggermente meno (fra tutte, bisogna citare l’assurda “Guilty”, 40 secondi in cui succede praticamente di tutte). Inoltre, mancano un po’ quelle chitarre allucinate presenti qui e là in “Left in Ruins”, ma in compenso in una canzone come “Dig” si fa vivo un riffing gelido molto blackeggiante.
Per il resto non è cambiato niente. Il powerviolence dei Left in Ruins è sfrenato, ricco di cambi di tempo impossibili e improvvisi, pieno di groove contagioso come di assalti in blast e di tempi lenti fangosissimi (sentitevi l’iniziale “Entrapped”, l’episodio più “pacato” del lotto), e gonfio di intuizioni brillanti e sempre freschi capaci di potenziare ogni volta un tale bombardamento sonico, per esempio attraverso una lancinante pausa oppure con i giochi a più voci. Eh sì, il feedback è sempre presente, sempre pronto a terrorizzare l’ascoltatore, e spesso e volentieri collega le canzoni l’una dall’altra.
Fra l’altro, il gruppo ha riproposto “Wait in Vain” come chiusa dell’ep. Non è stata attualizzata secondo il diverso momento storico come piace a me, ma in fin dei conti ‘sti cazzi, visto che è effettivamente uno dei brani porta – bandiera dei Left in Ruins. Ed è pure l’unico pezzo del disco a proporre una vera e propria chitarra solista, con le sue belle trame rock ‘n’ roll.
In tutto questo, ovviamente è cambiata la produzione, che risulta ora essere più cavernosa e cupa di quella del disco autointitolato, che è invece più compatta e per così dire pulita.
Insomma, l’unico problema di “Breathless, Restless, Hopeless” è che scorre così tanto bene da durare troppo poco. Così non si può far altro che ascoltare all’infinito sempre gli stessi intensissimi 7 pezzi per poi finire in un manicomio per essere stati posseduti dal germe dei Left in Ruins. In parole povere, ecco un altro piccolo gioiello proveniente da questi pazzi scatenati.
Voto: 81
Claustrofobia
Scaletta:
1 – Entrapped/ 2 – Breathless/ 3 – Hopeless/ 4 – Guilty/ 5 – Dig/ 6 – Revenge/ 7 – Wait in Vain
Sito ufficiale: