Della natura dei rapporti che ho alimentato grazie alla controcultura alle volte mi hanno reso vulnerabile e senza riserva - ma mi hanno permesso di incontrare anime grosse come una casa vuota ma infestata da presenze che ti fanno sentire al sicuro.
Questa è la cronaca, sempre senza filtri, del
live dello scorso 10 maggio 2025 al B-folk a Roma.
È la narrazione della fusione tra il drone doom spiritico ed animico di Nàresh Ran [militante anche nei folli e malatissimi Hate & Merda, visti all'ultimo Marci su Roma. - Flavio Er Coppola] e il viaggio sperimentale terapeutico di Noisyra.
Conosco entrambi i progetti da tempi non sospetti e, dopo svariati anni, recensioni e scambi di umanità, stavolta ho avuto l'opportunità di vederli, fuori dal vetro della mediocrità e delle parole instagramabbili.
Una travolgente scossa essenziale trascinata
anche da un pre-serata fatto di convivialità, presenza, abbracci e ricordi.
L’accoglienza al B-Folk è stata inaspettata e
familiare. Anche i ragazzi del B-Folk mi sono sembrati persone de core e di
sostanza, il che allieta comunque lo stare nei posti, viverti il tempo di
permanenza con la giusta indole e presabbene.
Quelle 22 del manifesto diventano le 23, ma
chi vive la Roma Underground sa bene che è la prassi.
Pamela, Noisyra [chi si ricorda dei suoi Mefitica? Quanto mi piacerebbe una loro reunion! - Flavio Er Coppola], apre da cerimoniera medianica la serata, ed il suo set si armonizza toccando le vibrazioni più alte che il tuo corpo possa percepire.
Ci sono delle parti del suo lento e disarmante
procedere che riesce a toccare fino all'ultima goccia del sangue che ti scorre
dentro.
Il suo archetto, la sua chitarra costruiscono
un cappotto avvolgente attorno alla sua voce, che riesce a passare da un
assetto etereo e caldo, alla Nico dei Velvet Underground, alle urla
ipocondriache e piene di pathos.
In quell'istante in cui vomita il suo mostro
dentro, è chiara, è limpida e disarmante.
Il contatto diretto con chi ascolta si fa unitario, si è tutti parte di un unico
cordone umanistico accarezzato e sconvolto dal rumore dalla sua voce.
Dalla capitale del male, Firenze, il negromante Nàresh Ran porta sul pavimento del B-Folk la sua densità emotiva capace di intercettare i battiti del tuo cuore che si fondono nei suoi synth, nel suo mare rumoristico.
Che non lascia pace e tanto meno indifferenti.
Tutto si snoda in una controvertibile
interfaccia tra voce, urla, synth, fumo che si annida nei tuoi pensieri, che
ti secca la gola, che viaggia in simbiosi con le tue emozioni.
Il suo set: un iter sacro di liberazione e di
accettazione, le sue urla sofferenti, linfa essenziale per creare qualcosa che
va oltre il muro del suono.
È un abbraccio nodale - il dialogo con sé stesso
che si fa collettivo.
In conclusione vorrei dire due cose - l’essenza della controcultura vive nel sostenere le realtà che nei piccoli quartieri si fanno il culo - e di
quel continuo movimento di umile sorreggersi nel piccolo grande circuito che
sia Nàresh che Pam portano addosso.
Sicuramente le emozioni più forti che ho
provato - quelle che ho sperimentato nelle pulsazioni dei miei battiti - non sono riuscita a contenerle nelle
righe di un foglio o nelle foto scattate, ma va bene così.
Live report e foto by Marina.
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