Questa trasferta a Milano è stato qualcosa di epico. Per dire, il viaggio di andata con Itabus, che dai miei amici mi è stato spacciato come la versione scrausa di Flixbus, è durato ben 9 ore mentre quello di ritorno, fatto il giorno dopo (ovvero il 30 marzo), "solo" 8 ma col bus che è partito praticamente con un'ora e mezza di ritardo. Insomma, questi viaggi sono stati un'esperienza veramente nichilista, veramente autodistruttiva, fra l'altro anche la mia primissima su questi arnesi, e spero pure l'ultimissima. Perché per la prossima volta meglio tornare al caro vecchio treno, eh!
Ma allora perché sei andato a Milano? Semplice: per la terza edizione del "Quale destino per n'oi!", fest di teste rasate che si tiene dal 2023 in quel del Baraonda, bel cs di Segrate che ho conosciuto proprio in quest'occasione. Appena varcata la soglia del posto e pagato l'ingresso, ecco già Dalila degli Ostile, che ha distribuito a tutti n'oi una piccola fanza gratuita di 4 pagine contenente l'intervista che quelli di Radio Punk hanno fatto ai 2 collettivi organizzatori, Sharp Milano e 69 Brigade. Dopodiché, ecco entrati in quest'universo milanese per me del tutto nuovo, con la mia comitiva di 4 persone a rappresentare Roma Kaputt Mundi (ma poi abbiamo scoperti altri romani in seguito) in mezzo al pubblico, diventato a poco a poco sempre più folto.
Nel frattempo però sul palco stavano suonando i Grandine dell'Ingiuria, quartetto milanese di nuovo conio formato da veterani della scena con all'attivo un EP pubblicato l'anno scorso. Particolare il loro oi!: grezzissimo e suonato costantemente in un mid-tempo a volte così potente da essere quasi metallico, con in più la voce del cantante, così adorabilmente cattiva e urticante. Beh, come primo gruppo della rassegna non male davvero!
Approccio completamente diverso alla materia oi! coi Billows (o THE Billows se siete fra coloro che rompono le palle per 'sto cazzo di articolo THE!), terzetto torinese dalle sonorità decisamente più melodiche e orecchiabili. A chiudere il loro set una cover tanto scontata quanto efficace: la bellissima "If the Kids are United" degli Sham 69, una delle mie canzoni punk preferite di sempre. E, non a caso, è proprio grazie a questa cover che ho cominciato a scaldarmi sul serio.
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Poi per me c'è stata una pausa più che meritata dopo gli Ostile. Solo che così facendo ho completamente saltato gli Spirito di Lupo, un altro gruppo locale. Con loro però il festival si è orientato verso selvaggi territori hardcore italici anche abbastanza atmosferici e con un doppio cantato maschile/femminile.
Poi sono rientrato dentro lo spazio concerti per gli Uguaglianza da Savona, band di cui è innamorato perso da tempo immemore il mio cantante, Luca, solo che - mannaggia a lui! - era rimasto a casetta a Roma. Il motivo di questa passione nei loro confronti l'ho capito del tutto ascoltandoli per la prima volta proprio a questo concerto: uno street punk rockeggiante di ottima presa dai testi esistenzialisti. E il bello è che, pur non conoscendo i pezzi, dopo un po' mi sono ritrovato pure io a cantare i ritornelli orecchiabilissimi. Magia dell'oi!
Dopo gli Uguaglianza c'è stata per me un'altra lunga pausa, e quindi ho seguito veramente poco il gruppo successivo, i Sempre Peggio, ma giusto all'ultimo, appena in tempo per vederli in un feat con nientemeno che Elia dei miei amatissimi Autodifesa Proletaria nonché dei Sacro Cuore insieme a una ragazza non ben identificata (forse una dei Kalashnikov? Mica ne sono sicurissimo) che però stava anche al bancone a servire da bere. In ogni caso, i Sempre Peggio già li ho visti 3 mesetti fa quando sono venuti a Roma per suonare al Defrag ma vederli a casa loro è stata proprio un'altra cosa.Ma ecco finalmente arrivato il turno degli attesissimi ospiti internazionali, i londinesi The Chisel, che si sono presentati con un look in un certo senso bizzarro visto il tipo di festival. Dico questo perché un loro componente sfoggiava una bella maglia dei Cabaret Voltaire mentre un altro una dei Clock DVA, formando così visivamente uno strano binomio tutto britannico fra l'industrial e lo stile skinhead. Ma la musica non ha nulla di industriale, nulla di sperimentale, essendo un rissoso mix fra l'hardcore e l'oi!, reso ancor più selvaggio grazie alla voce superincazzata del cantante, secondo me molto a metà strada fra quella di John Brannon dei Negative Approach e quella di Choke dei Negative FX, ragion per cui il pogo è stato a dir poco assatanato. Però, in fin dei conti, come fai a sbagliarti con un gruppo street punk dalla vecchia Inghilterra?
E per finire, nient'altro che i Nabat! Ormai niente di nuovo da dire su di loro. Hanno suonato come al solito i loro millemila classici, da quelli vecchi a quelli nuovi, e sul finale si sono scatenati con una versione lunghissima di "Laida Bologna", sollevando un coro immenso. Devo dire però che hanno suonato mooolto più carichi in quest'occasione piuttosto che nelle ultime esibizioni fatte a Roma, dove non sempre si sono espressi al meglio delle loro possibilità. Ma a Milano eccome se questo meglio l'hanno dato!
Che altro aggiungere? Niente di che, se non che bellissimo il Baraonda e bellissimo il festival, organizzato veramente alla grande e con una line-up solidissima e anche abbastanza varia nelle sonorità proposte, con gli Ostile che sono stati per me, senza ombra di dubbio, il gruppo migliore dell'intera rassegna visto che mi hanno gasato e pure fatto divertire un botto. Fra l'altro, il 12 aprile sono scesi a Roma per suonare al Defrag ma io sono dovuto mancare causa partita al palazzetto (per inciso, vinta all'ultimissimo secondo con un buzzer beater!) della mia Virtus Roma, però suppongo che di questo dettaglio non ve ne freghi assolutamente una ceppa. Piuttosto quello che vi dovrebbe fregare è che "Quale destino per n'oi!" è decisamente da rifare. Proprio come questa folle esperienza milanese. Ma possibilmente senza i viaggi infiniti su quei cazzo di pullman, eh!
Live report and photos by Flavio aka xPositivityxEaterx aka Er Coppola.
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