Monday, July 1, 2019

Felis Catus - "Answers to Human Hypocrisy" (Self-released, 2011; Southern Hell Records, 2018)

Gruppo: Felis Catus
Titolo: Answers to Human Hypocrisy
Genere: Black Metal ultra-sperimentale
Durata: 54.32 min
Data di uscita: 1° Dicembre 2018
Voto: 60/100













Comunicazione di servizio:

nel caso (gravissimo!) in cui ancora non lo sappiate, il 24 marzo 2019 è uscito il mio saggione sulla first wave of black metal "Nel Segno del Marchio Nero", dove leggerete qualcosa di più sul black metal senza leggere le solite cose trite e ritrite alla Lords of Chaos. Lo potete ordinare attraverso una valanga di store digitali, fra cui Feltrinelli, IBS, Amazon e Google Books. Ah, vi ricordo che è uscito solo come ebook ma spero che questo non sia un problema per voi divoratori di libri cartacei ihih!

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Ve lo dico fin da subito: "Answers to Human Hypocrisy", secondo album di Felis Catus, è senza ombra di dubbio una delle esperienze musicali più strane e inclassificabili, partorite da uno che è fondamentalmente un metallaro, che io abbia mai ascoltato. Il metallaro in questione non è altri che Francesco Cucinotta che, meglio conosciuto per far parte degli storici Sinoath (primo fra i gruppi black italiani presente, fra l'altro, nel mio libro "Nel Segno del Marchio Nero"), si firma qui come Felis Catus, nome con il quale lo abbiamo già conosciuto su queste pagine per il suo lavoro nei Malauriu, recensiti poche settimane fa. Ebbene, la Southern Hell Records, l'etichetta che ha rilasciato l'ultimo EP di questi ultimi, ha pubblicato l'anno scorso anche la versione in CD di "Answers to Human Hypocrisy", uscito originariamente nell'ormai lontano 2011 solo in formato digitale. Ma ora perché quest'album è così strano e inclassificabile?

Teoricamente, ci troviamo alle prese con un disco di black metal ESTREMAMENTE sperimentale. Infatti, dopo l'agghiacciante intro "Babylon Returns", tutta dominata da un apocalittico sample in italiano preso chissà dove, c'è la prima vera canzone "Apocatastasis", dove c'è un black metal veloce ma malinconico molto anni '90... ma con una parte centrale praticamente prog rock dall'atmosfera addirittura serena! Ma non fatevi ingannare da quest'inizio così violento e ancora così tradizionale perché i pezzi effettivamente black sono soltanto quello appena descritto, e "Commemoration", che ha invece un riffing sepolcrale che richiama moltissimo i Celtic Frost. Ci sarebbe pure "Ruins of Shining Grace" ma questa è solo in parte black ed è anche una bonus track aggiunta per questa ristampa.

Oltretutto, cammin facendo si nota che l'album è diviso in 2 parti parecchio distinte fra di loro. Nello specifico, la prima, che più o meno finisce con "Ophis (Felix Culpa)", è quella sicuramente più metal, mentre la seconda, da "Somewhere" in poi, di metal ha veramente poco se non nulla. Per dirne qualcuna, la stessa "Somewhere" è un sognante pezzo acustico con voce ultra-melodiosa e mi ricorda incredibilmente gli Obscure Devotion di "Son of a Dayless Night". E menzionerei anche la stranamente intitolata "Jakob Lorber" (nome che poi ho scoperto appartenere a un mistico e chiaroveggente sloveno dell''800), che ha un giro rock anni '70 assurdamente catchy con tanto di assolo al seguito (a proposito, i soli di chitarra sono abbastanza frequenti lungo tutto l'arco del disco), varie notazioni di tastiera...e perfino un po' di musica da camera durante una breve sezione! Insomma, Felis Catus sfoga tutta la sua vena sperimentale specie nella seconda parte dell'album, proponendo anche più di un brano strumentale (come la stessa "Jakob Lorber").
Invece, le liriche sarebbero da approfondire magari in un'intervista perché sono piuttosto profonde e interessanti trattando argomenti religiosi come Dio ma anche il tempo che passa inesorabile o l'immortalità. Spesso e volentieri, l'argomento lo si capisce dai sample (quasi sempre in italiano) che possono sostituire completamente il cantato (sempre in inglese), come avviene per esempio nell'angosciante "Cupio Dissolvi", dove ci sono dei sample sull'incubo dell'immortalità tratti da "Nosferatu - Il principe della notte" (1979) che, fra l'altro, sono stati usati uguali uguali anche da altri gruppi (come dai crusters padovani Miseria nel loro brano "La zona del crepuscolo").

Insomma, se teoricamente "Answers to Human Hypocrisy" è un album di black metal ESTREMAMENTE sperimentale, nella pratica è un album dove di fatto la più pura sperimentazione è predominante sul black metal, anzi, proprio sul metal includendo anche strumenti inusuali come il sax o l'arpa. Ed è proprio questo disequilibrio fra sperimentazione e (black) metal che mi fa storcere il naso, e quindi, pur non essendo un album da buttare, "Answers to Human Hypocrisy" si becca un modesto 60. Non so se sia stato raggiunto un maggiore equilibrio fra le due succitate parti di Felis Catus negli album successivi (che devo ancora ascoltare) ma sappiate che recentemente è uscito il 4° disco sulla lunga distanza, "South of the Saints", per l'italianissima Visionaire Records. Certo che questa etichetta ha un nome perfetto per un visionario come il nostro buon Francesco, non trovate?

Nota:

faccio notare che la scaletta qui sotto si riferisce a quella della copia fisica in mio possesso. Curiosamente, la scaletta differisce un po' da quella presente su Metal-Archives.

Scaletta:

1 - Babylon Returns (intro)
2 - Apocatastasis
3 - Bohémien Bizarre
4 - Through the Centuries
5 - Commemoration
6 - Ophis (Felix Culpa)
7 - Somewhere
8 - Wine and Roses
9 - Jakob Lorber
10 - Night Gaunts
11 - Cupio Dissolvi
12 - La Bàs
13 - Ruins of Shining Grace (bonus track)

Formazione:

Felis Catus - voce/chitarre/basso/drum-machine/tastiere/synth

FaceBook: https://www.facebook.com/pg/Felis-Catus-152450444863583

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