venerdì 29 agosto 2025

Butters - "Hardcore Hardcore Little Star" (Autoprodotto, 2025)

Credo che si sia un po' capito che n'oi di Timpani allo Spiedo abbiamo praticamente un debole per la scena metalpunk toscana, e questo vale anche per Marina. Per dire, per 2 numeri su 3 della fanza lei ha intervistato ben 2 gruppi toscani, cioè i Calvana e i Loia, mentre recentemente ha recensito i Necrocene. E io oggi rincaro la dose raccontandovi delle gesta indicibili dei Butters, quartetto di Pisa, la città che, tanto per dire un nome a cazzo, ha dato i natali ai CCM.

Ebbene, i Butters si divertono a fare dischi dal 2016 e nel giugno di quest'anno hanno autoprodotto il loro secondo album, "Hardcore Hardcore Little Star", a 3 anni di distanza dal primo. Anche per il nuovo disco ciò che salta subito all'occhio è la coloratissima copertina, che ormai è diventata un marchio di fabbrica dei Butters e che stavolta è stata affidata alle sapienti mani di David Genchi. Il quale ha avuto fra l'altro la bella pensata di raffigurare degli alieni e dei robot cingolati che fanno a fettine delle specie di fottuti nazisti, in un messaggio che serve sempre ribadire. Specialmente di questi tempi in cui ci si scandalizza perfino per una pastasciutta antifascista!

Ma, tralasciando l'attualità, vi devo dire una cosa sui Butters: sono fighissimi! Non solo perché sono toscani, non solo perché sono pisani, non solo per le loro copertine sgargianti, ma anche e soprattutto per il loro stile musicale. Propongono infatti una mistura bella incazzata fra l'hardcore, il crust e il death metal (vedasi per esempio dei growl ultra-catacombali presenti qui e là), con qualche incursione nel beatdown e vagamente pure nel black metal ("Scalpelgoat"). E aggiungete a questa formula un po' di tocchi folli e insoliti, come certi vocalizzi strani o addirittura il sax nella conclusiva "Mass Hallucination".

A rappresentare al meglio i Butters in questo 7-track album di 19 minuti ci pensa il pezzo centrale, "Three Eyed Fiend", il mio preferito di tutto il lotto. E questo perché ha praticamente (quasi) qualsiasi cosa sopradescritta e anche di più, compresi gli assalti in blast beat, del beatdown "grattugiato" perfetto per slammare nel pit in totale allegria, qualche voce assurda, e degli assoli. Non guasta nemmeno un climax notevole, ergo il pezzo è stato veramente ben costruito.

Che dire invece dei testi? Sono così diretti come la copertina? Non proprio perché in realtà sono molto interpretabili. Per esempio, "Meteor Theorem" - qualsiasi cosa dica questo teorema - se la prende di sicuro con soggetti come gli sbirri e gli esseri umani che si rimbambiscono di fronte alla televisione mentre "Flesh Machinery" sembra invece una critica del lavoro in quanto attività alienante. Ma, ripeto, i testi vanno molto a interpretazione. Quel che è inoppugnabile è che sono tutti scritti in inglese e hanno spesso una punta d'ironia, con i Butters che ogni tanto si autocitano pure.

Bello quindi questo "Hardcore Hardcore Little Star", con i Butters che mi ricordano una via di mezzo fra i MuD, gli Skitsystem e i Doom, con in più un pizzico di sperimentazione anche grazie agli ospiti. Costoro sono un certo Anthony Kind, che con la sua voce in stile power violence rende ancor più ignorante "Eternal Sun", e un certo Chesare Martinez, autore delle parti di sax in "Mass Hallucination". E così anche grazie a loro i Butters contribuiscono a perpetuare l'estrema figaggine del metalpunk toscano. Allora lasciatemi dire questa cosa: VIVA IL GRANDUCATOHC! (Flavio Er Coppola)

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