Formazione (2011): Pellizzetti, voce/batteria;
Perazzo, chitarre/basso.
Provenienza: Rio de Janeiro (Brasile).
Canzone migliore dell’opera:
per motivi esplicati nella rece, ho una netta preferenza per “Imune”.
Punto di forza del disco:
difficile menzionarne uno date le notevoli carenze, ma se proprio devo scegliere citerei i tempi medi, che riescono a dare un po’ di dinamismo ad una musica forse fin troppo statica.

Cominciamo ad ogni modo col dire cosa cribbio suonano gli Orror, ossia quello che si potrebbe definire vagamente un death/grind con frequenti cambi di tempo nei quali stranamente domina un tupa – tupa non poi così sostenuto, e che successivamente si rivelerà come uno dei punti deboli del disco (con calma che poi vi spiegherò tutto). Il tutto viene esplicato attraverso un approccio collettivo comunque meno rigido che nei Bodhum, visto che non manca qualche (rarissimo) frammento di chitarra solista che a volte s’insinua in maniera oserei dire bizzarra e poco immediata durante il discorso (consiglio quindi fin da subito il nostro di sviluppare ancor di più tale caratteristica).
Ovviamente, le differenze fra i due gruppi non si fermano qui, ed infatti bisogna osservare che:
1) negli Orror lo sviluppo del pezzo procede spesso in modo molto fluido, disdegnando quindi quegli stacchi in solitaria che si possono sentire invece nei Bodhum;
2) se in questi ultimi molte canzoni si risolvono in soli 30 secondi, gli Orror preferiscono un approccio un pochino più meditato (“Imune” per esempio è incredibilmente lungo quasi 3 minuti), anche se ciò non impedisce loro di “partorire” episodi da… un secondo (“Cadaver”).
La voce è di fatto l’unico vero comun denominatore delle due esperienze, grazie al grugnito, anche piuttosto dinamico, di Pellizzetti, grugnito che viene rafforzato con urla “umane” che comunque si ascoltano meglio con le cuffie visto che senza non sono poi così comprensibili.
Epperò… vi ricordate l’epperò, vero? Ad ogni tipo di risposta, contro rispondo che dopo un po’ il tutto risulta molto ripetitivo, non soltanto per quel tupa – tupa riproposto con non molta fantasia ma anche per un rifing spesso ossessivamente “gracchiato”. I problemi poi derivano anche dalla presenza un po’ troppo invasiva dei tempi veloci che non permettono di colpire bene l’ascoltatore per il tramite di una struttura sicuramente più razionale che viene seguita in rari pezzi (ossia “Imune” e “Parasite”), riuscendo solo in questi casi a trasmettere veramente qualcosa attraverso i tempi più lenti, per niente frequenti nonostante un minutaggio che li consente. Probabilmente non aiutano molto alla causa delle linee vocali, spesso onnipresenti, che non fanno digerire sufficientemente tutto il discorso musicale, sommandosi quindi alla sua fluidità.
Insomma, belle le intenzioni ma sicuramente mi aspettavo una qualità migliore. E’ anche vero che, come dico spesso in questo tipo di situazioni, consiglio ai curiosi di ascoltare gli Orror, in modo da farsi un’idea tutta propria del gruppo... perché, sapete, non si sa mai.
Voto: 55
Claustrofobia
Scaletta:
1 – Imune/ 2 – Letargia/ 3 – Brut/ 4 – Dengue/ 5 – Versus/ 6 – Santi/ 7 – Morto/ 8 – Cadàver/ 9 – Parasite/ 10 – Colheita/ 11 – Fantoche/ 12 – Emgov/ 13 – Escola
MySpace:
http://www.myspace.com/orrorbrasil
No comments:
Post a Comment