Wednesday, February 15, 2012

Disease - "Stream of Disillusion" (2011)

Album autoprodotto (15 Settembre 2011)
Formazione (1994): Flavio Tempesta, voce/chitarra;
Marco Mastruzzi, chitarra;
Leonardo Orazi, basso;
Massimo Tempesta, batteria.

Provenienza: Genzano di Roma, Lazio.

Canzone migliore dell’opera:
per motivi menzionati nel corpo stesso della recensione, ho una netta predilezione per “Infinity: Enter the Wave”. Oddio, “netta” proprio no, data la qualità spesso elevatissima dei diversi brani.

Punto di forza del disco:
indubbiamente la capacità rarissima di costruire climax raffinati, sempre vari ed anche belli sofferti.

Nota:

faccio notare, per far capire la mentalità completamente condivisibile, che il gruppo, in barba al profitto, ha caricato gratis su MegaUpload il proprio album. Ma, dati i recenti vergognosi avvenimenti che hanno distrutto uno dei più bei strumenti democratici degli ultimi tempi, il gruppo ha "trasferito" il proprio album (ma prossimamente anche tutta la discografia) su MediaFire. Eccovi quindi il link:

http://www.mediafire.com/?d8jkm7umys3xp4h

Nel caso il disco vi piaccia, vi consiglio caldamente di comprarlo chè supportare un gruppo che merita è sempre cosa buona e giusta.

No, questa spiegatemela: ormai è una tradizione molto curiosa di Timpani allo Spiedo ma sta di fatto che, a parte gli Eloa Vadaath, tutti i gruppi qui recensiti composti da fratelli/cugini sono di Roma e dintorni. Quindi ai vari Ghouls e Whiskey & Funeral si aggiungono i veterani Disease, i quali, passando a cose più serie, suonano uno dei miei sottogeneri preferiti, ossia quello che preferisco chiamare in maniera generica, ma alla fine neanche troppo, metal estremo progressivo (l’altro è il black/death a là Blasphemy. Insomma, mi piacciono gli estremi!). E quando mi arriva un gruppo di tal fatta (la cosa è decisamente rara e di conseguenza sempre benvoluta), la bava scende copiosamente dalla bocca come neanche la vista di una bella gnocca (oddio, se la musica ti fa quest’effetto allora ti consiglio di curarti! In compenso, ho fatto la rima ahahah – SBOINK!) perché si ha la possibilità di essere avvolti da una musica oserei dire totale nella quale la soluzione stramba è sempre ad aspettarti assassina all’angolo e dove ogni strumento partecipa attivamente nella costruzione delle melodie (e nei nostri il basso, da questo punto di vista, è veramente superlativo). E i Disease hanno fra l’altro suonato un mese fa qui a Roma per promuovere l’album, in una delle tante serate organizzate dalla Metal Massacre (solo una cosa: aprite un cazzo di locale dalle mie parti – Baldo degli Ubaldi e limitrofi – che metta ovviamente in cartellone gruppi metal! Per questo beato chi è in periferia…).

E pensare che il nuovo album, il terzo della serie, inizialmente mi ha sì impressionato, ma in maniera stranamente negativa. Poi, quando l’ho testato in cuffia, la situazione si è completamente capovolta, scoprendo un vero e proprio capolavoro, una perla che, contrariamente a gruppi analoghi come gli Eloa Vadaath e i giovanissimi Ammonal, rimane (quasi) sempre nei confini del metal, ovviamente non solo estremo, ed utilizzando i più classici strumenti, a parte qualche breve momento con la chitarra acustica.

Il bello è che, pur mostrando un’ottima predilezione per la melodia, i Disease sanno pestare, e quando lo fanno sanno sciorinare una cattiveria non da poco (a tal proposito, ascoltatevi soprattutto “Release the Emptiness” e “Infinity: Enter the Wave”) andando così spesso a nozze con il death metal più complesso e strutturalmente più sghembo e inquietante. Inoltre, i nostri non disdegnano neanche qualche puntatina nel black metal melodico (“ New Closer of Hypocrisy” ad esempio) e nel thrash, presentando quindi un quadro piuttosto completo che tiene conto di vari stati d’animo e sottogeneri metallici.

Tra le più diverse sfaccettature si erge il brillante comparto vocale, una vera e propria sorpresa. Sì perché Flavio non è soltanto l’autore di un urlo molto spinto che in un certo senso ricorda quello di Alessio Giudice, ex - cantante dei Kenòs, ma spesso e volentieri preferisce usare una voce pulita, veramente poco estrema e molto melodica da permettersi la costruzione di linee vocali sempre fresche. Oddio, a dir la verità forse il nostro esagera un po’ troppo con le sovraincisioni, generando così qualche momento di confusione e anche di non – funzionalità con l’attività più meramente concertistica (insomma, questa babele di sovraincisioni è riproducibile dal vivo soltanto con l’aiuto di qualche altro compagno). Se non altro, tale sperimentazione aggiunge un po’ più di imponenza al tutto, e fra l’altro essa si estende all’uso piuttosto frequente dell’effettistica, specialmente sulla voce.

Data tutta questa raffinatezza, risulta basilare la caratterizzazione dei vari pezzi, che infatti, sorreggendosi spesso su una iniziale struttura sequenziale (ma non esattamente rigida), riescono efficacemente a differenziarsi l’uno dall’altro, mostrando inoltre volentieri dei climax che vengono sviluppati ottimamente. Obiettivo che non viene dimenticato tanto nell’episodio più libero e selvaggio, ossia “Release the Emptiness”, quanto nel pezzo finale, cioè “In This Morning”, che ha una parte conclusiva da brividi con alcune linee vocali molto insistite, quasi come se si stesse celebrando un rito (per niente blasfemo, beninteso). Il climax viene sviluppato anche attraverso momenti molto atmosferici nei quali la tensione si accumula a poco a poco in maniera molto naturale ma bizzarra, cosa che viene esplicata soprattutto in una canzone molto particolare come “Infinity: Enter the Wave”, perfetto esempio della versatilità del gruppo.

Prima di tutto, bisogna dire che tale canzone è incredibilmente lunga, dato che dura la bellezza di 9 minuti, tempo nel quale succede praticamente di tutto, fra le altre cose anche il desiderio di estremizzare al massimo un discorso musicale già non molto tollerante di suo con l’ascoltatore. Cosa che si evince dall’insistenza del gruppo, che propone una parte finale sempre florida di sorprese anche quando la canzone sembra finire; e soprattutto da una fuga strumentale totalmente assurda nella parte centrale, fantasiosa ma strutturalmente statica, un po’ prolissa ma comunque funzionale. Ma quello che più colpisce di tale brano è proprio la sua inquietante e paradossale staticità, così da non avere un vero e proprio climax, pur funzionando perfettamente lo stesso data l’atmosfera da incubo.
Un brano che però non mi è proprio piaciuto, almeno in linea del tutto relativa, è la cover di “Empty” degli Anathema. Ciò perché, pur essendo abbastanza diversa dall’originale (infatti è molto più grintosa e rockeggiante), è troppo poco Disease, similmente a quanto è accaduto per “Gut Feeling” dei Devo riproposta dai sardi Hieros Gamos. Ciò significa che strutturalmente è più semplice e convenzionale del solito, e più prevedibile dal punto di vista delle soluzioni adottate che risultano infatti meno virtuose e quindi meno d’effetto, presentando allo stesso tempo un minutaggio molto lontano da quello degli altri pezzi, che invece durano sempre all’incirca ben 6 minuti, mentre la cover 3 in meno. Probabilmente essa risulta così “povera” e disimpegnata proprio per congedare nel modo più amichevole l’ascoltatore, e/o forse per chiudere il cerchio con “Different Suns”, una specie di intro che dà inizio alle danze in maniera infatti per niente traumatica. In ogni caso, la cosa più importante è aver concluso il proprio lotto di pezzi in maniera più che dignitosa, ma per la prossima volta consiglio al gruppo di interpretare in modo più personale le cover.

Voto: 87

Claustrofobia
Scaletta:
1 – Different Suns/ 2 – A New Closer Hypocrisy/ 3 – The Stream of Disillusion/ 4 – Release the Emptiness/ 5 – Infinity: Enter the Wave/ 6 – For My Deliverance/ 7 – In This Morning/ 8 – Empty (Anathema cover)

MySpace:
http://www.myspace.com/metaldisease

FaceBook:
http://www.facebook.com/home.php#/pages/Disease-thrash-prog-death-from-Italy/41815222046?ref=ts


BlogSpot:


http://diseaseprogstreme.blogspot.com/

1 comment:

  1. Ciao ,
    qui Flavio dei Disease , volevo ringraziarti per la bella recensione che hai scritto per il nostro nuovo disco ma sopratutto per esserti fermato ad ascoltarlo con pazienza senza abbandonare al primo ascolto . The stream of disillusion e' un concept sulla disillusione e su come questa possa toccare tutte le sfere della nostra vita condizionandola a volte in maniera irreparabile :quindi disillusione per l'assenza di futuro , di prospettive ,della forza di reagire davanti alla lontananza di chi amiamo oppure davanti alla morte ( "In this morning" purtroppo tratto proprio di questo) ... Tutto questo per spiegare la presenza di Empty degli Anathema che oltre ad essere perfettamente in linea con il concept dell'album (il vuoto e' la disillusione totale ed ultima) e' anche il nostro piccolo tributo ad una delle piu' grandi band in circolazione , artisti capaci di comunicare in modo eccezionale stati d'animo ,sensazioni e sentimenti attraverso musica mai banale o priva di anima .
    Grazie ancora per il tuo tempo e per esserti fermato , per molti altri siamo invisibili ma nonostante tutto noi e la nostra musica siamo presenti ed andiamo avanti .
    Un saluto !
    FLAVIO & DISEASE

    Ps: I nostri testi li trovi sul nostro blog ufficiale , dacci un'occhiata ;)

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