Apparirò forse un po’ troppo romantico ergo frocieggiante, ma i Black Therapy occupano un ruolo tutto particolare nel mio cuore di metallazzo sempre insoddisfatto. Infatti, sono loro che all’ultimo secondo sono stati scelti per rimpiazzare i Reaktor nel mio primissimo concerto da organizzatore datato 4 Dicembre 2010. Ma alla fine occupano anche un importante ruolo di natura più qualitativa nella mia discografia. Sì, perché i Black Therapy, nonostante siano al primissimo demo dopo sì e no un anno di esistenza, hanno dimostrato di avere un coraggio veramente raro nel concepimento di 4 pezzi ben strutturati e dalle melodie eleganti. Si dà il caso che i nostri 5 giovini ragazzacci romani propongono con orgoglio un death metal melodico che presenta molte caratteristiche interessanti che piaceranno sicuramente a chi cerca un po’ di complessità in un genere che personalmente ha sempre entusiasmato.
Prima di tutto, la voce di Giuseppe Massimiliano Di Giorgio è stupenda. Va bene che in questo genere i vocalizzi urlati abbondano paradossalmente anche nei modi più truci possibili, ma nei Black Therapy le urla sono di una cattiveria improba e di un’isteria alienante che potrebbero andare benissimo per una formazione black metal dimostrandosi come un Chuck Schuldiner dai tratti più agghiaccianti e indubbiamente meno monocordi (bestemmia?). Ed il risultato è anche bello fantasioso nella proposta dei vari stili di canto, ovviamente sparati con minor frequenza come dei grugniti non particolarmente profondi ma adatti proprio per ciò in un nero mondo musicale raffinato e come la grezza voce pulita di “Chaos Before the End”. E non scherzano in quanto a fantasia neanche le varie linee vocali, abili a sposarsi coerentemente nel discorso musicale facendo sempre sorprendere l’ascoltatore.
Nella musica dei Black Therapy ha un’importanza pressoché basilare la chitarra solista. Così basilare che nella parte centrale della bizzarra “Path to Hell” di soliste ce ne sono addirittura 2 in un impasto melodico difficile da sentire in circolazione. Certo, nonostante la gran tecnica che i nostri si ritrovano corredato fra l’altro di un tapping spaventoso nel suddetto brano, non è che si esageri per numero di assoli e lunghezza degli stessi, come al contrario succede nei Resumed, dato che ce n’è uno per pezzo tranne che nella stessa “Path to Hell” dove c’è un altro assolo nella parte conclusiva. Sorge però in questo reparto una piacevole contraddizione: se le due chitarre cercano di rendere più profondo l’intero discorso sovrapponendosi, il riffing al contrario ha un’impostazione molto classica grazie alla semplice e memorizzabile struttura, a parte quel lunghissimo riff black di “Chaos Before the End” che funge da infinita parte conclusiva in lenta dissolvenza. D’altro canto i nostri Daniele Rizzo e Lorenzo “Kallo” Carlini si portano appresso un bagaglio di influenze effettivamente ampio che consta di qualche puntatina nei territori del thrash sempre però aventi un’anima death bella in evidenza.
E poi c’è una sezione ritmica che per un gruppo così giovane è abbastanza particolare. Merito soprattutto della batteria che ha (quasi) sempre voglia di costruire ritmiche non banali e manco così convenzionali, seppur il risultato non si avvicina a quello di Luca Zamberti dei Mass Obliteration, a cui si può al massimo accomunare con assoluta sicurezza la tendenza a non diversificare le varie battute di uno stesso ritmo sparando quindi un’inquietante meccanicità che viene disturbata soltanto nel finale di “Chaos Before the End” in cui il lavoro diventa più movimentato del solito. Una cosa curiosa, anche per un qualsiasi gruppo death, è che, a dispetto della coraggiosa caratteristica sopraccitata, fa ampio uso di ritmiche che mi ricordano più formazioni speed metal (speed, non thrash) come gli At War, e così via con tupa-tupa belli lineari con doppia cassa indiavolata. Fra l’altro Luca Soldati non sfoggia neanche una misera traccia di blast-beats, sparando al massimo dei violenti tupa-tupa come in “Chaos Before the End”, e comunque vi è un ottimo equilibrio tra i tempi veloci e quelli più lenti, perciò anche per tale motivo ‘sto gruppo non è particolarmente indicato per chi cerca un assalto sonoro senza pietà.
Nonostante tutte le stranezze dei Black Therapy, il basso, nella persona di Giulio Rimoli, è l’unico strumento che si può ritenere in “ombra” (bestemmione?), più che altro perché i suoi compiti sono molto classici non dando adito a niente che possa assomigliare a formazioni raffinate come i conterranei Ghouls. In compenso sono letteralmente innamorato del suono elegante del basso, totalmente adatto ai vari tecnicismi del quintetto romano.
Ma tutta questa eleganza non sarebbe niente se non ci fosse una bella struttura-tipo che sorreggi bene i vari pezzi del demo. Infatti, ci troviamo al cospetto di un gruppo che in un certo senso richiama la metodologia strutturale degli ultimi Death (non a caso i Black Therapy talvolta propongono dal vivo “Spirit Crusher”…), riproposta però in una forma molto meno severa, e da questo punto di vista “Path to Hell” può fare da esempio principe e subito chiarificatore. In generale, i Black Therapy offrono una notevole sequenza complessa di 3 – 4 soluzioni che viene ripetuta con sequenzialmente per 2 volte come se si stesse rispettando un comune schema a strofa-ritornello. La cosa curiosa è che in tale sequenza viene ripresa spesso addirittura l’introduzione del brano, che poi costituisce uno dei pochissimi stacchi e pause che i 5 romani sparano visto che il loro discorso solitamente procede in maniera molto fluida e senza tanti giri di parole.
La stessa “Path to Hell” è però a mio avviso pericolosamente a doppio taglio, e qui bisogna rivolgersi direttamente alla parte finale. Infatti, sbrogliando la faccenda a partire dal lato negativo, ho trovato particolarmente ostico strozzare letteralmente il grandioso discorso metallico/melodico con la graduale entrata in scena di 2 chitarre acustiche ed una elettrica particolarmente dolci e disperate. Avrei preferito al contrario lo sviluppo della parte centrale in tapping e tupa-tupa assassini che lasciava prefigurare una bella botta emotiva di raro impatto. Al contrario, un finale simile lo ritengo affascinante proprio perché, invece di avvolgere l’ascoltatore con un finale potente ma disperato si è preferito il rifiuto della “violenza” musicale in luogo di vagiti struggenti e senza speranza che sono la più totale negazione del classico finale metal, ossia coraggio (che poi sarebbe per me il vero punto di forza del gruppo anche perché “Chaos Before the End”, come già scritto, si conclude con un’infinita melodia straziante senza far mai stancare l’ascoltatore) da apprezzare = atipica migliore canzone di tutto il lotto.
Voto: 92
Claustrofobia
Scaletta:
1 – Drifting Forever/ 2 – The Night Is Mine/ 3 – Chaos Before the End/ 4 – Path to Hell
Lunghezza approssimativa:
18 minuti circa
MySpace:
http://www.myspace.com/blacktherapyband
No comments:
Post a Comment