lunedì 27 ottobre 2025

"Più Veloce!": altri approfondimenti! - PARTE 3

È da un po' che non pubblico uno speciale sul mio "Più Veloce!" alla ricerca dei gruppi "dimenticati" di cui non ho potuto parlare nel libro e/o scoperti dopo la pubblicazione della stesso. Quindi perché non ritornare con questa rubrichetta proprio adesso, dal momento che fra qualche giorno "Più Veloce!" compirà pure il suo primo anno di vita, essendo stato pubblicato il 1° novembre 2024? E quindi beccatevi questi altri approfondimenti ma vi avviso che stavolta non si parlerà di hardcore punk, bensì del metal estremo più torbido, folle e assordante, di quello insomma che usciva dalle cantine più puzzolenti nella metà degli anni '80.

Cominciamo allora questa nuova carrellata con i Blood Death, misterioso terzetto statunitense dalla provenienza esatta sconosciuta che si formò nell’agosto 1984 sotto l’influenza di gruppi come Slayer, Possessed, Hellhammer e Sodom. Solo che questi venivano sbaragliati, almeno in rumorismo e non certo per qualità tecniche e/o compositive, dai Blood Death, che facevano un sadomasochistico e dissonante noise metal accompagnato con delle percussioni velocissime dal suono così sordo che chiaramente non costituivano una batteria ma qualcos’altro di non ben identificato. A testimoniare di tutto ciò una prova incisa in sala uscita molti anni dopo solo su YouTube[1]. Fa sorridere che i nostri, dopo questa demotape, avessero intenzione di far uscire un album autoprodotto col titolo ancora da scegliere fra “Death to Posers” e “Death is Our Destiny”, a seguito del quale avrebbero fatto perfino un tour suonando così finalmente per la prima volta dal vivo. Ma evidentemente tutti questi progetti rimasero soltanto nei loro malati sogni senza materializzarsi mai.

Ora cambiamo totalmente continente per arrivare in Germania, a 130 chilometri da Düsseldorf, esattamente nella città universitaria di Siegen, dove era invece operativo un gruppo di nome Acrid. A formarli nel 1984 due amiconi per la pelle che si facevano sobriamente chiamare Hellish Tormentor e Savage Bastard, l’uno alla batteria e l’altro alla chitarra e voce, indi per cui se ne strafregavano di avere un bassista. Così facendo rilasciarono l’anno dopo un curioso demo, “Devil’s Metal”, forse la registrazione di un live fatto chissà dove condito da una resa sonora discutibile e da alcune pause immotivamente lunghe fra i 6 pezzi in scaletta.


Molto interessante però lo stile dei nostri, un thrash metal violentissimo e grezzissimo suonato comunque con una certa cognizione di causa, come si nota in “The Ripper”, nella tracklist spacciato come un pezzo proprio ma in realtà una cover, annunciata come tale durante il “concerto”, di “Black Magic” degli Slayer, eseguita a una velocità di poco maggiore. Ancor più veloce, ma a livelli sorprendentemente supersonici, l’altra cover, “Endless Pain” dei Kreator, misteriosamente listata col titolo di “The Unholy Brain”. In sostanza uguale il resto del lotto, per un massacro thrash metal degno dei primissimi NYC Mayhem solo fatto alla rozzissima maniera tedesca.

L'anno dopo però costoro abbandonarono il thrash metal degli inizi per approdare a una sorta di black metal d’antan con riff incredibilmente glaciali (da sentire quello di “Destroyer of the Damned”), assoli caotici, batteria praticamente in un blast beat perenne e pezzi mediamente più brevi rispetto al recente passato perché ora inchiodati sui 90 secondi di durata mentre prima spesso raggiungevano addirittura i 6 minuti. Notevole quindi la vicinanza stilistica, piuttosto innovativa, ai brasiliani Sarcófago messa in mostra nel nuovo demo “Acrid Beasts”, comprendente 10 pezzi più intro con zero fantasia ma comunque caratterizzato da un sound molto meno noisy, molto meno improvvisato se rapportato a quello di altre formazioni simili. Nonostante ciò, gli Acrid non incontrarono comunque i favori perfino della stampa più underground visto che, per dirne una, furono cassati da una nota fanza estrema come la statunitense Violent Noize, che li bocciò come “una tipica death metal band tedesca modaiola”[2]. Non meno tenera fu la francese Decibel of Death che, dopo aver incensato di lodi gruppi rumoristi come gli UHF o i Sadist, diedero un sonoro 3 al precedente demo dei nostri, “Devil’s Metal”.  

La stessa Francia metallica stava covando qualcosa di particolarmente estremo. A parte i Loudblast e gli Agressor che finalmente uscirono con i loro primo demo, sbucarono fuori all’improvviso pure i Death Attack, un terzetto casinista nato nel marzo del 1986 che aveva alla batteria un ragazzo piuttosto intraprendente di nome Laurent Ramadier, all’epoca cittadino di un oscuro e minuscolo villaggio della Loira chiamato La Suze, forte (si fa per dire) della bellezza di circa 200 abitanti.

Combattendo così quest’isolamento da tutto, questi ragazzi si riunirono con l’intenzione di creare qualcosa che si avvicinasse a gente come Slayer e NYC Mayhem. Obiettivo invero per nulla centrato visto che i Death Attack non sapevano minimamente suonare, eppure se ne fregavano altamente per produrre dopo pochi mesi una tape con 8 pezzi intitolata “Blood Virgin”, così assordante da far impallidire perfino le Shaggs nei loro momenti peggiori (o migliori, dipende dai punti di vista). Perlomeno, in tal modo i nostri centrarono l’obiettivo di martirizzare anche il più coraggioso degli ascoltatori con un noise metal totalmente scoordinato e dissonante un po’ alla Blood Death[3]. Ma attenzione ai 27 scellerati secondi della finale “Sacrifice and Terror”, la traccia più breve del lotto e di sicuro pure quella più violenta e veloce.

Incredibilmente molto più curata e seria l’altra creatura di Laurent, la già citata Decibel of Death, fanzine in lingua francese fondata più o meno nello stesso periodo da un suo amico, Ludovic Gluozko dei Viper, un accanito tape trader di cui nel libro si sono raccontate un po' di gesta con la sua band, con cui suonava un lercissimo ultrafast death metal. Ebbene, dopo esserne stato il direttore per il primo numero, per il secondo cedette il proprio ruolo a Laurent, ma ovviamente nulla cambiò a livello di linea editoriale, concentrandosi così sempre con dedizione maniacale sul metal più estremo in circolazione. E, naturalmente, dando un certo spazio anche a gruppi affini ai suoi Death Attack come i tedeschi Sadist e Acrid o i marsigliesi UHF.

Fu proprio su Decibel of Death #2 che questi ultimi vennero salutati come una delle promesse del thrash metal francese, dando addirittura un bell’8 al loro terzo e ultimo demo, “Keeper of the Secret Beyond the Gates”. Forse dietro a quest’entusiasmo esagerato c’era effettivamente un po’ di campanilismo, anche se era dello stesso avviso la svizzera, ma sempre scritta in francese, Apocalyptic Noise, che per il secondo numero intervistò nientemeno che i Death Attack. Fatto sta che a questo punto gli UHF, altri paladini del noise metal più efferato, probabilmente già non esistevano più, se non con il nome lovecraftiano di Dagon ma non ci è dato sapere se avessero registrato qualcos’altro con questa nuova denominazione.

Non cagati invece da nessuna fanzine, almeno secondo le mie attuali ricerche, gli svedesi Death Ripper, anche se, pur essendo comunque primitivi, sapevano sicuramente suonare un po' meglio rispetto ai Death Attack e gruppazzi simili. Nati nel 1985 a Eskilstuna come quartetto, i Death Ripper si svilupparono poi in un quintetto che suonava un black/thrash metal bello marcio palesemente influenzato da gruppi quali Venom, Hellhammer e Bathory ma pure, incredibilmente, dagli SOD. Di costoro infatti si divertivano da matti a coverizzare pezzi brevissimi come “Hey Gordy!”, “Anti-Procrastination Song” e “Diamonds and Rust”, tutti inclusi nel proprio unico demo, “Troops of Satan”, uscito nel 1986 anche con il titolo di “Disciples of Violence”.

Dello stesso anno è un video[4] che questi piccoli demoni girarono in sala prove nel mese di dicembre, il quale “ci fornisce”, secondo una descrizione del buon Daniel Ekeroth che mi ha sempre fatto ridere, “un perfetto esempio del look adottato dalle band estreme nella metà degli anni ’80: capelli corti, pose assurde, make-up spaventoso e un kit di batteria così devastato che sembrava provenire dall’Inferno”[5]. Eppure, questo filmato risulta in un certo senso importante per noi anche per la presenza del brano evidentemente più brutale partorito dai Death Ripper, cioè “Total Thrash”, riproposto nei (pochi) concerti fatti pure con un divertente siparietto di basso. A dimostrare questa differente versione del pezzo, una compilation pubblicata nel 2023 dalla misconosciuta Svarta Arkivet anch’essa col titolo di “Troops of Satan”, che raccoglie un sacco di materiale della band. Compresa una cover ultra-caotica dal vivo di “Witching Hour” dei Venom.



[1] Infatti, curiosamente dei Blood Death non esiste (quasi) traccia da nessun’altra parte, neanche su siti come Rate Your Music e Discogs. Ma dico "quasi" perché, come vedrete, da qualcuno erano conosciuti. In ogni caso, se volete ascoltare il loro inascoltabile demo, a vostro rischio e pericolo eccovi il link:

https://www.youtube.com/watch?v=E_gF0Zrx6sE&list=WL&index=32.

[2] Violent Noize #3, pag. 23 (1986).

[3] Divertente il fatto che su una loro intervista apparsa ben 2 anni dopo sulla giapponese Satanic Death #2, i Death Attack avessero detto di non essere mai stati influenzati dai Blood Death, come invece giustamente già si poteva pensare ascoltando i loro deliri su “Blood Virgin”.

[4] https://www.youtube.com/playlist?list=PLCA1AB35B7F32BB0E.

[5] Daniel Ekeroth – “Swedish Death Metal” (Tsunami Edizioni), pag. 340.

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