Tuesday, September 14, 2021

Benvenuti all'Inferno!: una recensione pubblicata in origine su FaceBook!

Anche se Timpani allo Spiedo è ufficialmente inattiva, oggi pubblico un nuovo articolo, che però non è altro che la recensione di "Benvenuti all'Inferno!" che il mio fratello gemello e amicone Davide De Vito mi ha fatto a inizio anno su FaceBook. Aspettatevi una recensione-fiume, quindi lunghissima, ultra-dettagliata e anche molto obiettiva. Quindi, non posso che augurarvi buona lettura!

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“BENVENUTI ALL'INFERNO - STORIA DELLE ORIGINI DEL BLACK METAL” ovvero il fu “NEL SEGNO DEL MARCHIO NERO” di Flavio Adducci (edizioni Officina di Hank)

"Sai, sto leggendo un libro sul Black Metal..."
"Ma ne scrivono ancora? Non hanno già detto tutto e il contrario di tutto sul Black Metal?"
"Beh no. Questo ha un approccio diverso"
"In che senso?"
"Beh, tutto cominciò da quando Robert Johnson e Screamin' Jay Hawkins..."
"No aspetta! Questa l'ho già sentita"
"Ma no! Fammi finire che devo ancora arrivare alla parte sul sud-est asiatico!"
"Il sud-est... dai non prendermi in giro"
"Oh ciccio, vedi di tacere altrimenti ti porto a vedere le Baby Metal"
"SONO TUTT'ORECCHI!"

Potrà sembrare un titolo banale ma "Benvenuti all'inferno", opera prima dell'amico e fratello in fede metallica Flavio Adducci, racconta per filo, per segno e per aneddoti la storia della First Wave Of Black Metal, non soffermandosi solo sui classici tre o quattro nomi di punta ma sciorinando una lista infinita di band sconosciute ai più, che grazie a demo ormai introvabili, hanno permesso al nostro amato (sotto)genere di diventare quello che è oggi.

Cosa c'entrano quindi i Motӧrhead col Black Metal? E i Raven? E i...beh la lista sarebbe lunga e articolata. Vi basti sapere che il buon Flavio non si è limitato a raccontare in ogni capitolo la storia di una singola scena appartenente ad un determinato Paese ma ha creato anche un'interessante appendice, che seppur a volte ridondante (si ritorna su alcuni argomenti già trattati ampiamente nei primissimi capitoli) funge da anello di congiunzione tra il "vecchio" modo di concepire il Black Metal e quella che poi sarà la cosiddetta Second Wave.

Il libro è un condensato di nomi, date, minutaggio di canzoni e di punti esclamativi (per i miei gusti anche troppi!!!) che accompagnano il lettore in un percorso che non arriva solo alle radici del genere ma scava ancora più a fondo, giungendo direttamente in un nero abisso di lovecraftiana memoria, fatto di ragazzini folli ed incoscienti che per cercare di imitare i loro idoli o di estremizzarne la proposta, finiscono per gettare le basi di un intero genere musicale.

Prima parlavo di aneddoti: questi ultimi impreziosiscono l'opera, poiché non sono i classici "Ragazzino di 15 anni incontra per caso il figlio della portiera che suonava l'ukulele con una sola corda e assieme mettono su la band tal dei tali che poi diventerà..." ma ce ne sono anche di più macabri legati ad alcuni personaggi per così dire "coloriti", di cui Flavio ci parla nel corso della trattazione e grazie ai quali il libro scivola via che è una bellezza.

In un'epoca in cui si pensa di conoscere tutto semplicemente leggendo tre righe su Wikipedia, "Benvenuti all'inferno" si presenta come una Bibbia (satanica) del genere, una sorta di Antico Testamento da cui i novelli blackster potranno attingere a piene mani, tra demo registrati in scantinati polverosi del Cile e spirito punkeggiante dell'epoca.

A proposito di punk: ho sempre reputato quest’ultimo (e la sua "variante" hardcore) come una delle basi del Black Metal, non solo per via delle sonorità (la NWOBHM senza il punk NON esisterebbe) ma anche per via di quell'attitudine goliardica, cazzeggiona e... punk per l'appunto, che ha permesso al metal più oscuro e spirituale (e sulla spiritualità del Black Metal concordo al 100% con l’autore) di prendersi sul serio ma non troppo (vedi ad esempio gli Impaled Nazarene).

Nel libro si parla anche di personaggi noti? Certo! La Second Wave viene comunque richiamata ma non aspettatevi perizie balistiche sulla fucilata con cui Dead decise di togliersi la vita o un libro della Bruzzone sul profilo psicologico di un noto musicista norvegese che non può più essere citato su alcuni social, pena il ban temporaneo.
Qui si parla di proto-Black Metal, di ciò che una volta veniva gettato nel calderone del Thrash, del Death e persino del Power e anche della differenza tra Speed e Thrash metal, talvolta volutamente tralasciata in altre opere ma che in questo caso è propedeutica all'analisi proposta dall'autore.

Si noti infine come Adducci abbia svolto un grande lavoro di ricerca non solo in ambito musicale ma anche socio-politico-religioso, tant'è che spesso e volentieri si viene catapultati direttamente negli anni '80 tra feroci dittature, difficoltà nel registrare anche solo pochi brani a causa della censura, condizioni di vita non facili per alcune band e tanto tanto altro, il tutto corredato da brevi ma interessanti digressioni tramite note a piè di pagina che evitano "sbrodolamenti" sul tema, permettendo comunque al lettore di comprendere qual era l’atmosfera che gli aspiranti proto-blackster respiravano all'epoca.

Per quanto riguarda il versante religioso, se consideriamo che parte delle liriche Black Metal di un tempo tendevano a mischiare in maniera selvaggia satanismo e paganesimo, le precisazioni dell'autore in merito ad alcuni temi legati alla Wicca (che nulla ha a che fare con il satanismo) sono l'ennesimo elemento importante di un'opera che mette a nudo anche le capacità compositive delle band e ci fa capire che spesso quelli che oggi vediamo come "miti" a livello musicale, all'epoca non erano altro che ragazzini il cui unico pensiero era quello di scioccare il mondo più di quanto non fecero i loro antesignani dediti al cosiddetto Shock Rock.

Il linguaggio utilizzato dall'autore è molto diretto ma stiamo parlando di una persona con una passione sfegatata per l'Hardcore Punk (richiamato più e più volte nel libro) e l'Heavy Metal, non di un raffinato autore del Dolce Stil Novo, quindi aspettatevi tanta foga e ripetizione ossessiva (ma non troppo) di alcuni aggettivi; va dato però merito a Flavio di aver utilizzato un linguaggio semplice ed immediato che permette al lettore di fare un immediato paragone tra i vari album citati nelle mini recensioni presenti in ogni capitolo, le quali alternano info più da "nerd" (etichetta, anno di uscita e minutaggio) e altre legate alla qualità del lavoro recensito.

Oltre a questo approccio quasi da fanzine qual è il punto di forza di questa opera? Beh, sicuramente i già citati capitoli su ogni scena proto-black: a memoria (la mia non è buonissima ma ci fidiamo) non ricordo un altro libro sul genere (e del genere) che sia riuscito a condensare in poche centinaia di pagine un decennio di musica ('81-'91, salvo ovvie e necessarie digressioni pre e post decennio) facendo un rapido giro del mondo che manco Jules Verne nel suo famoso romanzo.
La qualità sposa la quantità e man mano che si procede nella lettura, si aprono le porte del freddo Nord Europa, quelle del più mitigato Mediterraneo, passando poi per Paesi più esotici come quelli sudamericani e asiatici, il tutto accompagnato da una mole di informazioni tale da far sembrare Encyclopaedia Metallum lo striminzito volantino della pizzeria sotto casa.

Le uniche note stonate sono la presenza di poche testimonianze dirette da parte dei musicisti (lodevole comunque il voler inserire estratti di interviste e non semplici copia-incolla delle stesse) e un comparto grafico non sempre all'altezza: sarà che un libro non si giudica dalla copertina ma sarebbe stato bello vedere più immagini d'epoca, anche se in casi come questi in cui la ricerca è fatta su qualcosa che definire underground è limitativo, effettuare un’ulteriore ricerca sui diritti per l’utilizzo delle immagini avrebbe richiesto anni ed anni di lavoro.

Se posso darvi un consiglio, una volta terminato ogni capitolo bisognerebbe chiudere il libro e ascoltare le demo, gli album e gli EP citati dall'autore per poterne apprezzare forma e sostanza: un libro del genere merita infatti di essere accompagnato da una colonna sonora adatta, così come fegato e fave dovrebbero essere accompagnate da un buon Chianti (se non apprezzate la citazione vi meritate una giornata a base di K-Pop).

“Benvenuti all’inferno” è un libro che consiglio caldamente agli amanti dell’Heavy Metal in generale, a chi si avvicina al Black Metal per la prima volta ma anche a chi come me “ci sta dentro da una vita” e magari pensa di aver già letto tutto sull’argomento; il buon Flavio-Caronte si rivelerà un’ottima guida in questo viaggio nel mondo delle tenebre. E come disse qualcuno che diede inizio a questo caos musicale: 
 
Hell has deceived you
You were so blind
Join venoms legions
'Cause we're going wild

Davide De Vito

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