Album (Razorback Records, Aprile 2012)
Formazione (2009): E – voce/basso;
L – chitarre;
T – batteria.
Provenienza: Milano, Lombardia.
Canzone migliore del disco:
“Nightmares Mirror".
Punto di forza dell’opera:
la batteria.
Certo che talvolta si fanno strani incontri durante le vacanze: l’anno scorso mi sono infatti imbattuto, in un albergo di Marina di Pietrasanta (la stessa località in cui ho comprato il già recensito “Vision Distortion Perversion” degli Undertakers, vi ricordate?) nientepopodimeno che in L, ovviamente con mia somma sorpresa.
E quindi eccoci parlare di uno dei dischi italiani usciti finora che tengono alta la bandiera del vecchio ma sempre fresco death metal, che ultimamente sta vivendo una vera e propria seconda giovinezza, ormai non più identificabile come un revival ma più che altro come un’incredibile evoluzione del genere da parte di brutti ceffi con tutta una diversa sensibilità artistica rispetto a quella dei cosiddetti padri. Ma è anche vero che i Sepulcral non suonano esattamente un death metal purissimo, come si vedrà. Inoltre, adottano soluzioni un po’ coraggiose, che rendono stranamente difficoltoso l’ascolto e la metabolizzazione dell’opera.
“Stranamente" perché i nostri seguono un approccio musicale in sé abbastanza semplice, bello grezzo e per di più praticamente catacombale visto che stiamo parlando di un gruppo innamorato del death/doom metal, seppur con qualche puntatina nel thrash più bastardo e grooveggiante. Ma il controsenso proviene prima di tutto dalla struttura stessa dei pezzi, e di conseguenza dal loro minutaggio. Infatti:
1) gli episodi sono belli lunghi, e si esprimono sempre in un arco che va dai 4 ai 6 minuti abbondanti;
2) si segue uno schema che ha, ancora una volta, del paradossale, nel senso che gli elementari botta e risposta 1 – 2 hanno la meglio, ma allo stesso tempo le sequenze vengono talvolta così rigorosamente rispettate che i pezzi rischiano di essere inutilmente prolissi, e quindi di essere inconcludenti, come “Drastic Visions”.
Il secondo controsenso deriva dalla buona fantasia in fase compositiva, vuoi perché i pezzi lenti vengono alternati con quelli più veloci (con annessi blast – beats); vuoi perché la batteria (supportata da un riffing alle volte allucinato e che in “Night of Doom” sconfina addirittura nei Beherit, ergo nel black metal) rappresenta il vero motore del gruppo grazie alle sue continue variazioni e invenzioni; e infine vuoi perché ‘sti milanesi, nonostante una metodologia strutturale difficile da gestire, sanno spesso come far esplodere i pezzi, sparando pure degli ottimi e frenetici assoli. Oddio, in quest’ultimo caso un po’ di rammarico c’è, dato che i soli non trovano posto assolutamente nei brani lenti. Ciò è un po’ limitativo benché siano proprio questi ultimi a funzionare meglio avendo contraddittoriamente (ancora?) una struttura generalmente più agile (ma anche perché sono più caratterizzanti, dai!).
Un altro aspetto che rende relativamente complicato l’ascolto di “Antropophagy of Doom” è il comparto vocale. Infatti, la voce principale è un grugnito ultra – basso che in una canzone come “Sepulcral” riesce a essere dannatamente spaventosa a causa di simil – sussurrii. Ma il tutto viene occasionalmente accompagnato da una sorta di urlo molto autopsiano, atto a vivacizzare ulteriormente il discorso.
Voto: 74
Claustrofobia
Scaletta:
1 – Nightmares Mirror/ 2 – My Revenge/ 3 – Drastic Visions/ 4 – Slaughter for a Requiem/ 5 – Nuclear Birth/ 6 – Cemeteries Reaper/ 7 – Sepulcral/ 8 – Infanticide/ 9 – Night of Doom
MySpace:
http://www.myspace.com/sepulcral666
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