Recensione pubblicata il 13 Aprile 2011 sulla mia pagina FaceBook.
Album autoprodotto (1 Novembre 2010)
Formazione (2005): D666, voce, basso, samples
MB, chitarre, sintetizzatori
Provenienza: Piacenza, Emilia Romagna
Discografia: Our Halo (demo 2005)
The Hermit (demo 2007)
Tyrannize (EP 2009)
Punto di forza dell'album:
sicuramente la fredda meccanicità delle composizioni che con la stessa implacabile freddezza sono decisamente differenti l'una dall'altra divenendo così ancora più inquietanti perchè è come se la musica cambiasse forma ad ogni episodio.
Miglior canzone:
il tour de force di "Soul at Zero", un lento da brividi!
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Dietro agli Elitaria si nasconde letteralmente la storia del Metal estremo nostrano. Infatti, D666 non è altro che Diego Grossi che al tempo che fu cantava nei Trifixion, ovvero uno dei primissimi gruppi death italiani che se ne uscirono nel 1990 con il demo "In the Light of Horror" per poi diventare così sperimentali che forse anche i Cynic si sarebbero spaventati ad ascoltarli. Ed in effetti, ancora oggi quest'irriducibile romagnolo non sta soltanto continuando nella sua opera di annientamento dei padiglioni auricolari ma l'anno scorso ha pubblicato insieme ad MB il primo bellissimo album degli Elitaria, un disco versatile nella sua monolitica e spaventosa freddezza ponendo praticamente il duo sulla stessa lunghezza d'onda dei torinesi Lilyum. Insomma, in parole povere qualcosa di coraggioso che già per questo merita molta attenzione.
Ciò che unisce le due entità è la tendenza a proporre una struttura dei pezzi tremendamente meccanica nella quale una sequenza (nel caso degli Elitaria spesso abbastanza lunga) ben definita viene solitamente rispettata in maniera rigorosa come se si stesse trattando di uno schema a strofa - ritornello. Tanto che in sostanza solo rarissime volte questa catena - che rifiuta quasi nel senso più categorico ogni stacco e/o pausa con relativa ripartenza - si spezza, per esempio in "...and the Silence Shall Be" dove successivamente, invece dell'iniziale 1 - 2 - 1 - 2, viene offerto a botta singola soltanto il 2 per poi tirar fuori identiche le successive soluzioni. E' come la macchina che prende il sopravvento sull'uomo, un'automatica catena di montaggio che elimina dalla faccia della Terra ogni suo contributo.
Non pensate soltanto al fatto che c'è una batteria elettronica efficacemente programmata e che pone un buon equilibrio fra i tempi più veloci e quelli più lenti a scandire martellante il ritmo. No, perchè gli Elitaria fanno anche un uso non esattamente raro di minimaliste fughe strumentali (si pensi a quella di "Totalitarianism As One") nella quale ricami sintetici rimandano ad un'umanità tanto tecnogicamente satura quanto spiritualmente poverissima.
Eppure le cosiddette fughe non relegano per niente in disparte la voce, particolarmente presente ma mai invasiva proprio come accade nei Lilyum. Va bene, non allarghiamoci troppo perchè da queste parti c'è uno stile più semplice e lontano dai virtuosismi di un Lord J. H. Psycho ma D666 ha un'"ignoranza" debitrice del black/death a là Black Witchery solo sparata in versione più greve, alternata talvolta con voci pulite ipnotiche rese quasi robotizzate, che non posso non omaggiare la sua immane cattiveria. Anche perchè le linee vocali, seppur continue, sono sempre belle curate (a tal proposito, segnalo il modo con cui il nostro accenta perfettamente le parole "Nuclear War" in "Arrogance of Persistance"... o sarà semplicemente che quei due termini richiamano LA paura dell'uomo moderno?).
Un'altra similitudine che si può tranquillamente sollevare è la capacità di sfruttare le proprie potenzialità per tirar fuori una fantasia che non fa veramente mai stancare l'ascoltatore. Infatti, avendo come base un black/death di stampo industriale, gli Elitaria se ne escono, nell'ordine e per fare qualche esempio:
con l'assolo per niente breve, dalla melodia quasi beffarda e dal discorso molto tecnico della stessa "Arrogance of Persistance";
con i lancinanti ed urlanti acuti rumoristi di chitarra di "We, the Path";
l'apocalittico incubo doom di "Soul At Zero", una canzone che in pratica si basa sullo stesso ritmo di batteria ripetuto per 6 asfissianti minuti;
l'efficacissimo lavoro di basso di "Totalitarianism As One", nella quale fra l'altro la batteria accenta il riffing con dei perfetti colpi sui tom;
la tempestosa "Elite Dogma" con la sua chitarra solista e le svisate black 'n' roll;
le melodie magniloquenti e dissonanti con tanto di complicati intrecci di chitarra dal gusto tipicamente svedese di "An Endless Seed of Hate";
le disturbanti pennellate e i momenti ad intermittenza di "... And Silence Shall Be", l'unico brano del lotto a risolversi con una dissolvenza.
Tutto ciò viene fra l'altro proposto senza preoccuparsi minimamente della durata di ogni pezzo, dato che da "We, the Path" in poi non ci sono più santi a reggere la resistenza di ascoltatori riluttanti a sorbirsi canzoni da almeno 5 minuti ognuna, cosa da apprezzare decisamente e spiegabile specialmente con le lunghe sequenze che i nostri si portano appresso.
In mezzo a tutto ciò, vengono omaggiati i Ministry con la cover "Stigmata" proveniente dall'album "The Land of Rape and Honey" del 1988. Omaggiati senza dimenticare la personalizzazione del brano, dato che gli Elitaria non l'hanno solo estremizzato a dovere velocizzandolo ma è stato anche semplificato per esempio sotto il profilo ritmico. Solo che curiosamente la loro versione è molto più breve rispetto all'originale (quasi 3 minuti in luogo dei quasi 6 minuti) e questa cosa mi incuriosisce non poco vista la tendenza già analizzata del duo di rendere piacevolmente "prolisse" le varie canzoni, e quindi ciò sarà sicuramente oggetto di discussione nell'intervista, anche perchè non mi ha del tutto convinto vista la considerazione appena fatta. D'altro canto la scelta di un pezzo simile mi sembra tremendamente azzeccata dato che è di una paranoia quasi incontrollabile, fissata com'è a ripetere quasi all'infinito quel riff quasi rock 'n' roll. In compenso si è rispettato l'effetto innestato sulla voce, un effetto che chiamerei di lontananza che però in D666 diventa innaturalmente gracchiante.
In pratica, l'unico dubbio che ho di questo disco, che ha una produzione pulita (ossia fredda come giustamente dovrebbe essere) e ben bilanciata in modo da essere sopraffatti da cotanta tecnologia infernale, è che: non si poteva tirar fuori magari un altro assolo (opera fra l'altro di Razor SK dei Forgotten Tomb, che inoltre ha prestato la sua voce nella cover) perchè l'unico presente in "Arrogance of Persistance" non l'ho trovato soltanto stupendamente azzeccato ma anche bello personale? Un mistero in fin dei conti irrilevante.
E ora…buio.
Voto: 92
Claustrofobia
Scaletta:
1 - Intro/ 2 - Arrogance of Persistance/ 3 - We, the Path/ 4 - Soul at Zero/ 5 - Totalitarianism as One/ 6 - Elite Dogma/ 7 - An Endless Seed of Hate/ 8 - ... and Silence Shall Be/ 9 – Stigmata
MySpace:
http://www.myspace.com/elitaria
Sito ufficiale:
http://www.elite666.com/
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