Tuesday, June 28, 2011

Beasts of Torah - "Demo 2009" (2009)

Recensione pubblicata il 30 Maggio 2011 sulla mia pagina FaceBook.

Demo autoprodotto (15 Maggio 2009)
Formazione (2009): Hyperion, voce e basso (poi sostituito da Alastor);
K. Mega, chitarra;
Valgoroth, batteria.

Provenienza:
Palermo, Sicilia

Canzone migliore del demo:
provo una particolare predilezione per “Inhaling the Ixion Winds”, in sostanza perché è l’episodio più violento di tutto il lotto dato che ha una parte conclusiva imbottita di un riffing sì semplice ma veramente impazzito. Inoltre, è degna di menzione anche per l’utilizzo di una specie di urlo più gutturale e soffocato che riesce ad aggiungere più malattia al tutto.

Punto di forza del demo:
probabilmente la capacità del batterista di rendere l’assalto ancora più violento ed intenso attraverso interventi sempre precisi ma semplici e diretti, lontani mille miglia dallo stile tecnico e tempestoso dei batteristi di gruppi ben diversi come i sardi Cold Empire ed i liguri Sacradis.

Curiosità:
Torah in ebraico significa “insegnamento” o “legge”. Ma è anche il termine per indicare i 5 libri della Bibbia ebraica (Tanakh).

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Eccovi la prima reazione che ho avuto sapendo dell’esistenza dei Beasts of Torah su Metal – Archives:

“Ma ‘sti qua so’ fascisti?” (infatti, se si fa attenzione l’estremità inferiore della croce rovesciata del loro logo forma praticamente una croce celtica. Ma se c’è sul serio tale connotazione politica nel gruppo allora secondo me dovrebbe scattare automaticamente l’obbligo di cantare in madrelingua).

Eccovi invece la seconda, determinata da un puro caso perché Valgoroth un giorno ebbe la bella pensata di aggiungermi su Msn avendo letto un mio vecchio annuncio su Internet nel quale dice(vo) di vendere qualcosa:

“Per caso suoni in un gruppo black siciliano?” (o qualcosa del genere).

La terza è nata da una curiosità impellente sperando per un pervertito amore per il paradosso che la cosa fosse vera (e infatti…):

“Cooosa? K. Mega è lo stesso tastierista dei Tuam Nescis? Oddio, sona sia in un gruppo di filo – cristiani che in un altro di occulto – satanisti?” (solo che il caso deliberatamente più eclatante che la storia ricordi è stato Hellhammer dei Mayhem che per un po’ di tempo militò nei cristianissimi Antestor….)

L’ultima invece è stata di meraviglia, di stupore, anche perché mi aspettavo una musica simile notando il minutaggio esiguo dei vari brani:

“VIOLENZA, VIOLENZA, VIOLENZAAAAA!” (certo che detto da uno che non ha mai tirato un pugno – oddio, è un po’ inesatto… - in vita sua fa una certa impressione nevvero?)

D’altro canto, un massacro del genere quasi fa da contrasto con le interessanti liriche occulte che alle volte danno un tocco di virtuosismo citando addirittura nel brano omonimo nient’altro che Melchizedek. Dietro cui si cela, nonostante il nome non molto rassicurante, il ritorno di Gesù Cristo, una reincarnazione legata ad una fantasiosa teoria occulta (di Eklal Kueshana, pseudonimo di Richard Kieninger, nel libro pubblicato nel 1963 "The Ultimate Frontier") che annunciava il risorgere del continente perduto di Lemuria (in parole povere il fratello di Atlantide) più o meno negli inizi di questo secolo (complimenti per la previsione!) dopo una distruzione purificatrice del mondo (come si vede, siano fascisti o meno i Beasts of Torah, miti simili hanno sempre avuto qualcosa a che fare con certe parti della destra, comunque non necessariamente nazifasciste). Ma ad essere più precisi, è anche una figura piuttosto misteriosa che si ritrova in tutte e 3 le religioni cosiddette rivelate, e che può assumere delle caratteristiche ogni volta differenti pure in uno stesso scritto, come nell’Antico Testamento (ora re e sacerdote, adesso addirittura sacerdote eterno e vero e proprio archetipo persino di Gesù Cristo – il quale nella stessa opera viene considerato come “sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedek”).

Invece, dal punto di vista musicale non vi è assolutamente niente di raffinato. Questo “assolutamente” si palesa in un black metal che spesso si avvicina alla distruzione sonora del black svedese più diretto non mancando quindi di essere talvolta così severo da esternare una maestosa malvagità melodica (si senta in tal senso “Inhaling the Ixion Winds” che possiede fra l‘altro delle linee vocali superlative molto in linea con il riffing). Ciò senza dimenticare né una buona tecnica dal piglio malato e isterico né delle nette influenze thrasheggianti che qui e là fanno capolino e che quasi collidono con la malefica magniloquenza di certe soluzioni pur ovviamente non avendo niente a che spartire con gruppi come i Dawn (che di eleganza e complessità ne capiscono molto). Anzi, i nostri palermitani a volte sanno combinare con notevole maestria le due anime appena citate allontanandosi così allo stesso tempo dal grezzume tipico del black/thrash metal (come nel rifferama nervoso e incredibilmente dinamico di “Melchizedeq”).

Un elemento molto interessante della musicalità dei Beasts of Torah è dato dall’ottima alternanza fra i tempi più veloci (che comunque vengono privilegiati) e quelli meno sostenuti, i quali oltre a sputare spesso e volentieri un groove contagioso riescono a potenziare meravigliosamente tutto l’insieme dimostrandosi di conseguenza molto funzionali. I tempi medi sono tremendamente tonanti e fieri, mentre quelli più lenti e doomeggianti hanno un ruolo sì marginale ma al contempo importante perché si fanno vivi nei primi momenti dei brani (come in “Inhaling the Ixion Winds”) donando un’atmosfera oppressiva e minacciosa agli stessi. Fra l’altro in non poche occasioni il batterista risulta molto abile ad accentare con nonchalance il riffing stesso senza però mai trascurare un’estrema classicità e digeribilità delle varie ritmiche utilizzate, nonostante un lavoro di chitarra che come già scritto non è privo di intuizioni abbastanza personali e non scontate.

Come sono molto classiche le urla di Hyperion, così tipiche da avere un’espressività e una cattiveria colossali, e di conseguenza risulta tremendamente azzeccato anche l’utilizzo, comunque molto frugale e quindi in linea con il genere tanto che alla fine si fanno vivi soltanto nel primissimo brano, di grugniti belli e potenti in modo da rendere più lercia e sporca la violenza esagerata dei 3 ragazzacci (in tal senso è veramente un peccato averli usati in una sola occasione). Eppure, il nostro è stato capace di andare anche al di là di questo tipo di voci cercando di conseguenza di creare atmosfere ancor più mefitiche e non semplicistiche, dato che in un brano come “Pillars of Black Vomit” (caratterizzato fra l’altro da una sovraincisione lontana e abissale di chitarra – o almeno così pare - che fa molto “sotterranei da piramide egiziana”) è stato sovrainciso un urlo quasi lamentoso e decisamente più umano del solito. E questo, come già si è visto, non è nemmeno l’ultimo esperimento del demo…. L’unico rammarico che ho riguarda l’utilizzo purtroppo isolato della lingua italiana in “Melchisedeq”, soprattutto perché l’esperimento è riuscito alla grande risultando fra l’altro bello “cattivone”. Ma poi a cosa serve cantare per qualche secondo in una lingua mentre per il resto in inglese?

Evocativa è invece il termine adatto per descrivere la produzione – pulita ma “vera” allo stesso tempo - , che è quanto di più avvicinabile ad un contesto live soprattutto per via delle frequenze altissime ed assordanti del demo. A volte infatti c’è una tale sovrabbondanza di “rumore” che effettivamente il riffing non riesce a essere quasi minimamente comprensibile così che si debba per forza seguire il basso (ben bilanciato con gli altri strumenti, una scelta più che giusta, ed inoltre notevole la prestazione di Alastor specialmente in un pezzo come “The Truth of Samael” dove nell’introduzione regala al tutto contorni quasi ipnotici) per capire cosa stia suonando ….. (uno dei brani esemplari è il pur ottimo “Semen of Unblessed”, il quale risulta caratterizzato da parti grooveggianti di stampo più death metal), che intanto per tutto l’arco del disco si rifiuta nel senso quasi più categorico di sparare qualsiasi linea di chitarra solista, come a voler rispettare la natura da trio del gruppo. E si sa quanto io non apprezzi particolarmente questo genere di produzioni che tende in maniera pericolosa ad aumentare la potenza complessiva della musica.

Solo che in questo caso bisogna dare atto che i nostri sanno sputare sul serio e non artificialmente un bel pacco di potenza. Anche perché talvolta si affidano a delle ripartenze impressionanti di varia natura, che siano esse guidate dai tom – tom di una batteria impazzita oppure dagli anatemi di un posseduto mostrando così pure una buona fantasia nell’utilizzarle. Certo, il loro è un tipo d’impatto non esattamente controllabile specialmente se si considera che i Beasts of Torah amano concludere i vari pezzi in maniera deliberatamente istintiva, senza nessun preavviso, anche se forse da questo punto di vista si finisce di farli assomigliare un po’ troppo fra di loro. Difatti i brani sono tutti particolarmente brevi per gli standard black metal, ma alcune volte si ha l’impressione che essi non siano stati sufficientemente rifiniti, soprattutto perché la magniloquenza caratteristica che il terzetto si porta appresso mal si sposa con la rapidità estrema e lapidaria delle composizioni, le cui conclusioni rischiano spesso, comunque con molto coraggio e dignità, di essere troppo affrettate. A questo punto sarei curioso di testare il terzetto sulla lunga distanza dato che fra l’altro sono sicurissimo che ce la farebbe senza nessun problema.

Eppure, i Beasts of Torah, con la loro incrollabile fede nell’istinto musicale, nel rifiuto patologico di quasi ogni sorta di abbellimento che a sua volta può produrre maggior trasporto emotivo (come può essere determinato dall’uso della chitarra solista), nella violenza serrata, i Beasts of Torah, dicevo, riescono nell’intento di contagiare l’ascoltatore scaraventandolo in un vortice sonoro quasi monolitico che però sorprende per certe ottime intuizioni. E soprattutto è l’ennesima dimostrazione, dopo i thrashettoni Lamiera e i misteriosi deathettoni Tuam Nescis, delle qualità nelle quali versa l’interessante scena non solo siciliana ma della stessa Palermo.

Voto: 74

Claustrofobia
Scaletta:
1 – Pillars of Black Vomit/ 2 – Melchisedeq/ 3 – The Truth of Samael/ 4 – Inhaling the Ixion Winds/ 5 – Semen of Unblessed

FaceBook:
http://www.facebook.com/pages/Beasts-of-Torah/172387279444250

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