EP autoprodotto (14 Settembre 2012)
Formazione (2010): Sverkel – voce;
Malphas – chitarra/drum machine;
Asmodeus – basso.
Provenienza: Cesena, Emilia Romagna.
Canzone migliore del disco:
"Moorfields", che fra l'altro contiene anche un breve passaggio parlato.
Punto di forza dell’opera:
l’atmosfera oscura.
Terzo lavoro per questo promettente gruppaccio, che l’anno scorso ha pubblicato il secondo demo per metà deludente e per metà addirittura un capolavoro, e che ritorna quindi con un disco decisamente più compatto. E, seppur la formula sia più o meno la stessa, i nostri hanno apportato qualche notevole cambiamento, se non persino un po’ di novità vere e proprie.
Per quanto riguarda le seconde, la proposta si è fatta sicuramente più black metal, rendendo così più oscuro e malvagio il death/doom occulto caro agli Antiquus Infestus. I quali si nutrono ancora di quella magniloquente atmosfera che immerge l’ascoltatore nei recessi più bui dell’Egitto antico, magari facendo uso di scale orientali.
La seconda novità deriva da quei curiosi intermezzi atmosferico/ambientali che qui e là danno respiro ai pezzi. A titolo di esempio, bastino gli ultimi due brani, nei quali stranamente ha un ruolo importante il basso che si sfoga praticamente con degli assoli. Il problema è che questi momenti si somigliano un po’ troppo fra di loro, ma per fortuna “The Signs of Future Threat” alla fine si riesce a distinguere per essere più sensuale e ricca di intuizioni grazie alla presenza di una chitarra acustica e un bell’assolo di chitarra elettrica molto particolare per il genere.
Per quanto concerne invece i cambiamenti, cioè i ridimensionamenti, bisogna proprio menzionare il fatto che la chitarra solista sembra meno fondamentale, anche in fase di assolo, che è presente specialmente lungo la parte finale dell’opera. Eppure, come si è visto, i nostri sono riusciti a rendere i soli probabilmente più fantasiosi e meno classici per il metal estremo, dimostrando così ancora una volta un buon sperimentalismo.
Però, si è lasciata per un po’ da parte la struttura “caotica” degli ultimi due pezzi di “The Cult of Ra” preferendo per una più ordinata ma spesso ricca di buone trovate, magari variando leggermente o meno le varie soluzioni di un brano specifico. Altre volte, si preferisce l’ossessività, ed è proprio in questo modo che si conclude, su un tempo doom, “The Signs of Future Threat”, nel cui finale si è innestata praticamente mezza intro.
Per il resto, hanno più voce in capitolo i grugniti (anche se il loro apporto manca purtroppo in "Bishopsgate") mentre le urla sono sempre di una cattiveria paurosamente palpabile; e infine, un plauso sia per come è stata programmata la drum machine, in maniera molto dinamica e sicura di sé, e sia per la produzione, pulita, potente e con gli strumenti ben bilanciati fra di loro.
Insomma, i nostri se ne sono usciti con un lavoro sicuramente più razionale ed equilibrato. Certo, l'assalto è ancora da affinare ma in ogni caso il miglioramento c’è stato (il voto lo conferma alla grande), e i testi mistici sono sempre molto interessanti. A breve aspettatevi un’intervista!
Voto: 79
Claustrofobia
Scaletta:
1 – Intro/ 2 – St. Mary of Bethlehem / 3 – Bishopsgate/ 4 – 55/ 5 – Moorfields/ 6 – Order of the Star of Bethlehem / 7 – The Signs of Future Threat (Outro)
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