Album (Hellthrasher Productions, 2012)
Formazione (2006): Brad Heiple – voce/chitarre;
Mike Bolam – basso;
Timothy R. Williams – batteria.
Provenienza: Pittsburgh, Pennsylvania (Stati Uniti).
Canzone migliore del disco:
“Scribbled in Dust”.
Punto di forza dell’opera:
il lavoro della batteria.
Ragazzi, mi dispiace ma non ce l’ho fatta. Ho tentato in tutti i modi di farmi piacere l’album di debutto di questi 3 folli, ma alla fine il giudizio è sempre stato lo stesso. E pensare che avevo sentito parlare bene di questo disco, ed effettivamente parte benissimo perché i primi 2 pezzi spaccano come si deve. Eppure c’è sempre quell’odioso e fastidioso “però” che distrugge tutte le certezze.
Per esempio, prendiamo la voce. E’ un grugnito fiero e “ignorante”, perfetto per una notte da passare in un cimitero (ma che sei matto?). Talvolta viene effettato, mentre in altre occasioni è accompagnato da efficaci urla (succede purtroppo soltanto in “Scribbled in Dust”). Però bisogna dire che la voce spesso va curiosamente in letargo, e così facendo non aiuta i compagni, che stentano a decollare. E date queste premesse, non sono poi così funzionali quei brevissimi interventi senza parola di cui c’è fra l’altro fin troppa abbondanza.
L’aspetto contraddittorio è che i silenzi vocali non sono neanche giustificati dal tipo di death metal proposto, visto che il tutto scorre semplice e lineare, gli assoli frenetici sono contati, e non ci sono intuizioni sufficientemente bizzarre da destare l’attenzione dell’ascoltatore, se non con un basso straniante in "Terminal Delirium". Oppure ci sono ma vengono sfruttate male.
E qui viene il discorso legato all’impianto strutturale dei pezzi. Sì, questi scorreranno in maniera semplice ma il loro discorso non fa gridare al miracolo, anzi, dato che molte soluzioni o non hanno seguito o non vengono sviluppate per bene, o ancora sono troppo potenti rispetto all’impatto deboluccio delle precedenti. Tutti questi punti vengono sintetizzati dalla tendenza dei nostri all’ossessività e ai momenti doom, che spesso sono statici (i finali di “Formless” – dall’assolo infinito -, di “Annihilated Memory” – che presenta qualche timida variazione nel riffing -, e di “Remarkable Conqueror” – gli ultimi 2 minuti e mezzo fermissimi di simil – drone) che la prossima volta è meglio abbandonare quasi del tutto.
Un altro errore degli Abysme è stato quello di abbandonare quasi subito le dinamiche dei primi 2 brani, gli unici veramente convincenti di tutto il lotto. E perché? Semplice, perché sono quelli più bastardi dal punto di vista ritmico vista la buona alternanza blast – beats/tupa – tupa ce dinamicizza il tutto insieme alle ottime variazioni ritmiche del batterista.
Ecco sì, il batterista, il solo dei 3 capace di sorprendermi in positivo. Sufficientemente vario e dinamico, alcune sue intuizioni meritano moltissimo, peccato che vengano oscurate dall’insieme.
Altre cose valide dell’album? Sì, nonostante tutto ci sono: la produzione, fangosa come piace a me, e la copertina, a dir poco bellissima.
Ma di certo tutto ciò non basta a risollevare le sorti del disco.
Voto: 57
Claustrofobia
Tracklist:
1 – Scribbled in Dust/ 2 – Beyond the Seventh Door/ 3 – Formless/ 4 – Annihilated Memory/ 5 – Gift to the Gods/ 6 – We Shall Sleep/ 7 – Terminal Delirium/ 8 – The Third Day/ 9 – Fallen Colossus/ 10 – Remarkable Conqueror
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