Album (Heder Music, 1 Marzo 2012)
Formazione (2010): Sophia, voce/chitarre;
Davide, basso/batteria.
Provenienza: Legnano (Milano), Lombardia.
Canzone migliore dell’opera:
“Beyond Every Lie”, da cui si può ripartire.
Punto di forza del disco:
le chitarre, più che altro per mancanza di meglio.
“Transilvanian Hunger” dei Darkthrone è uno di quei dischi assolutamente irreplicabili, nonostante il suo barbarico primitivismo. Eppure, è un album decisamente fantasioso non solo dal punto di vista musicale ma anche da quello atmosferico. E soprattutto, in esso si assapora un odio così terrificante e palpabile da mettere i brividi in special modo in quello che io amo definire il climax di tutto il lotto, cioè “As Flittermice As Satan Spys”, pezzo ipnotico e caotico allo stesso tempo. Il caos, giusto. Avete presente a tal proposito quelle piccole variazioni al discorso che lo rendono più indomabile e selvaggio (anche sfruttando il basso)? Oppure le linee vocali, che seguono una logica tutta propria pur essendo abbastanza vicine a quelle di gruppi crust/d – beat come Discharge, Disclose e gruppacci simili? L’album non stanca mai anche grazie all’alone caotico che lo avvolge, cosa che impedisce di comprendere totalmente il disco già ai primi ascolti (o almeno così è successo a me).
Ecco, parlando di replicazione, i Rhetra hanno cercato di emulare i Darkthrone di “Transilvanian Hunger”, pur presentando qualche differenza formale che rende spesso decisamente più semplice l’assalto. Infatti:
1) se l’urlo di Nocturno Culto è rauco e gutturale, quello di Sophia è alto e gracchiante. Se nel primo è essenziale, cioè senza abbellimenti vari e non così presente lungo il discorso, quello di Sophia fa uso talvolta di sovraincisioni e di linee vocali particolarmente attive se non addirittura ossessive, seppur vengano ridimensionate in maniera meno invasiva in pezzi come “Vengeance of the Moon”;
2) il riffing dei Rhetra è minimalista e melodico allo stesso tempo, contrariamente a quello, più severo e cupo, dei maestri norvegesi. Inoltre, Sophia rifiuta totalmente la dimensione dell’assolo, preferendo occasionalmente una seconda linea di chitarra che rafforzi il lavoro della prima;
3) la struttura dei pezzi è quasi sempre uguale a sé stessa, visto che è profondamente statica e sequenziale tanto da ripetere le stesse soluzioni. Solo in canzoni come “Perpetual Reflorescence of Pith” lo schema cambia un pochino così da avvicinarsi a quello, più flessibile, dei Darkthrone (in questo caso è più o meno un 1 – 2 – 1 – 2 – 3 – 1 – 2). Similmente a loro, il discorso scorre fluido conoscendo solo raramente stacchi (come quello arpeggiato di “Slating”) e/o pause;
4) il duo lombardo talvolta introduce i propri pezzi con la chitarra mentre le conclusioni sono tipiche, cioè non fanno minimamente il verso a quelle folli e aliene di Fenriz e compagno, i quali invece partono subito a manetta, senza quindi nessuna introduzione che prepari al massacro.
L’emulazione c’è stata invece nel tipo di produzione, molto sporca e “caciarona”; e nell’uso smodato dei blast – beats, che anzi sono qui ancor più diretti e monotematici.
Purtroppo l’ultima parola non l’ho scritta a caso. Il fatto è che i nostri sono molto ripetitivi, e lo sono a livello quasi generale. Infatti, il discorso è molto povero di soluzioni, anche perché la voce tende a ripetere spesso e volentieri le stesse cose (esemplari a tal proposito “Perpetual Reflorescence of Pith” e “No Mercy for the Vile”), mentre la batteria non aiuta veramente gli altri strumenti in modo da valorizzare tutto l’insieme. Se a questo si aggiunge la durata spesso consistente delle canzoni tanto da arrivare perfino ai 7 minuti, la situazione diventa ancor più difficile da gestire.
In compenso, il riffing riesce a dare sufficiente varietà ai brani, almeno atmosfericamente parlando. Per esempio, “Arising Essence” è epica e dal riffing più dinamico del solito; “Slating” è fortemente evocativa e dalle soluzioni particolarmente lunghe; e “Beyond Every Lie” ha un taglio disperato che manca agli altri episodi.
Quest’ultima si rivela essere curiosamente la canzone più riuscita del lotto, e questo fatto è da rimarcare perché i nostri sono riusciti a concludere degnamente un disco di certo molto migliorabile. Ciò perché “Beyond Every Lie” ha uno sviluppo diverso, leggermente più agile e meno schematico (anche per via dell’unica decelerazione lungo tutto l’album) mentre per quanto riguarda il minutaggio si attesta sui 5 minuti. A questo punto faccio notare che Skogga mi ha scritto che i nuovi pezzi saranno un po' più elaborati del solito. Non vedo l'ora di sentirli allora!
Infine, qualcosa da dire sui testi è pressoché doveroso, non solo perché risultano molto lontani da quelli classici del genere ma soprattutto perché spesso parlano apertamente della società e delle sue contraddizioni, in un’ottica anarchica o similare.
Voto: 53
Claustrofobia
Scaletta:
1 – Perpetual Reflorescence of Pith/ 2 – Arising Essence/ 3 – Death of the Misurers/ 4 – No Mercy for the Vile/ 5 – Slating/ 6 – Vengeance of the Moon/ 7 – Beyond Every Lie
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