Album autoprodotto (2011)
Formazione (1997): Zaurak – voce;
Artax – chitarra;
Neshmet – chitarra;
Mizar – basso;
Regulus – batteria;
Cephei - tastiere.
Cephei - tastiere.
Provenienza: Bolzano, Trentino – Alto Adige.
Canzone migliore dell’album:
“Channel 666” .
Punto di forza del disco:
la sua drammaticità.
Oggi parlo di un gruppo che è a un bivio fra ciò che è metal estremo e ciò che non lo è affatto, quindi credo che molti di voi non saranno molto d’accordo nel vedere i Dark Season ospitati su questa webzine. Eppure, ormai dovreste essere abituati a questo andazzo, visto che come al solito mi piace trattare gli estremi di tutti i tipi (beh, non esageriamo). Il bello è che Metal – Archives definisce i Dark Season come black/thrash metal, aggiungendo fra l’altro il curioso termine “elettronico”, ma avremo modo di discutere ampiamente su tale etichetta. La cosa più importante è comunque la qualità, e ‘sto gruppo, beh, cazzo se la sa lunga a questo proposito!
Questi 5 pazzi dal profondo Nord propongono quello che definirei senza tanti cazzi come metal melodico. Ma siccome una definizione del genere chissà a cosa fa pensare, bisogna assolutamente dire che la loro musica è imbevuta di vari elementi estremi, comunque tutti edulcorati, che vanno dal thrash metal più groovy (i Pantera per esempio) al death melodico a là In Flames. In pratica, il black metal è assente, l’unico passaggio di tale tipo che ho riscontrato è presente nella sola “This Cruel Domination” e devo dire che è pure molto evocativo ed efficace, peccato che l’elemento black sia stato poco sfruttato. L’elettronica, sì, si fa viva per il tramite di voci robotiche e vari effetti puramente decorativi (ma non molto vari, a dire il vero) ma non è così fondamentale come fa credere Metal – Archives.
Di conseguenza, i tempi veloci hanno veramente poco spazio, al massimo sono tupa – tupa anche belli scatenati (“Interceptor”) ma per il resto si preferiscono i tempi medi. I nostri sono capaci di tirare fuori spesso e volentieri un groove che fa ballare il culo alla grande come nemmanco James Brown, e un pezzo come “Groom Lake”, dal contagioso tiro rockeggiante, è decisamente esemplificativo.
Il cantante sa adattarsi alla perfezione ai vari umori della musica, quindi si va da complesse linee melodiche a passaggi più aggressivi conditi da urla niente male e molto umane. Nei momenti più atmosferici invece il nostro si “calma” di conseguenza. E’ incredibile come dal suo cantato rauco, molto a là Phil Anselmo, riesca a sparare delle prestazioni così convincenti e per nulla semplici.
Ma la cosa più interessante dei Dark Season è sicuramente la loro capacità di infondere nella musica una drammaticità notevole. Questa viene determinata soprattutto da 2 elementi:
1) la struttura dei brani che, pur essendo abbastanza fedele alla forma canzone con tanto di ritornello d’obbligo, presenta spesso degli slanci bombastici che rendono il tutto più imprevedibile e, per così dire, libertario;
2) il debordante solismo delle chitarre e delle tastiere le quali, più che altro lungo la parte centrale di ogni pezzo, si sfogano con dei lunghi assoli (memorabili quelli passionali di “Final War” – il tour de force dell’album grazie ai suoi 6 minuti e mezzo di durata, che in certi punti, tanto per inciso, praticamente plagia “Kashmir” dei Led Zeppelin – e l’infinita fase solista di “Going Down”, nelle quali le chitarre e le tastiere sono in perfetta armonia).
E con questo, i Dark Season allargano notevolmente le proprie influenze mostrando un lato progressivo molto curato e tecnico, senza però essere inutilmente esibizionista come spesso succede. Ma a questo punto non ci si deve dimenticare assolutamente dell’ottimo apporto, anche melodico, dato dal basso, tanto per ribadire la democraticità musicale di questo quintetto.
Peccato comunque che l’album sia stato idealmente diviso in 2 parti, con la seconda che è composta dagli ultimi 3 pezzi. Ora, perché dico ‘ste fregnacce? Semplice, la 1° parte pare essere quella più viva, intensa e strutturalmente complessa, mentre l’altra sembra più attenta a rispettare delle sequenze più precise. Così, la 1° risulta essere decisamente la migliore delle due, con il picco di “Channel 666” , canzone imbevuta di un tocco heavy metal bello epico e potente.
In conclusione, un album che, pur avendo mille sfaccettature, si mostra compatto, si sente che i Dark Season hanno le idee chiare, però ci si perde all’ultimo. Oddio, si parla sempre di buone canzoni ma mi aspettavo un finale col botto, però forse chiedo troppo visti gli sforzi profusi. Quindi, consiglio al gruppo di continuare secondo le direttive più libere della 1° parte, ma ormai sono passati 2 anni, chissà se stanno architettando una nuova produzione… spero vivamente di sì. Ma stavolta deve distruggere ogni dubbio, accidenti!
Voto: 78
Claustrofobia
Scaletta:
1 – Shadow of the Evil/ 2 – Interceptor/ 3 – Groom Lake/ 4 – Final War/ 5 – Channel 666/ 6 – Fight the Day/ 7 – Going Down/ 8 – This Cruel Domination
MySpace:
FaceBook:
No comments:
Post a Comment