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Wednesday, April 29, 2015
Volahn - "Aq'Ab'Al" (2014)
Dopo il casino immondo perpetrato da Black Cilice, ora vi tocca sapere dell’esistenza dei Volahn, duo USA di origini messicane appartenente a un altro movimento black metal che, conosciuto come il Black Twilight Circle, segue anch’esso le orme delle LLN francesi (tanto per dire, lo stesso Volahn – eterno compagno di merende di Murdunbad con il quale suona in innumerevoli gruppi - indossa, in una foto promozionale, la maglia di Moëvöt, effimero progetto dark ambient LLN). Ciò però non significa che i gruppi del Black Twilight Circle ricopino quelli della controparte francese, anzi, visto che non solo suonano un black metal spesso innovativo e creativo ma liricamente molti di loro si rifanno a un fiero immaginario maya/azteco di cui i Volahn, nati nel 2003 e al secondo album dopo quello di debutto del 2008, ne sono uno dei principali portabandiera. E, tanto per farvelo capire ancora, una maglia della Crepúsculo Negro (cioè, l’etichetta a cui fa capo il Black Twilight Circle proprio come il Black Circle portoghese si poggia sulla Discipline Productions e sulla Black Circle Propaganda) ha sul retro la scritta “Brown Pride”!
“Aq’Ab’Al”, pubblicato prima in cassetta appunto dalla Crepúsculo Negro nel Settembre 2014 e poi in vinile e in CD dalla Iron Bonehead nel Gennaio 2015, è un album titanico di soli 6 pezzi per 58 minuti di musica, il che significa una media di 9 minuti a brano! Ma niente paura, non stiamo parlando di un gruppo (ultra)-minimalista come i Reverorum ib Malacht dato che è veramente un piacere ascoltare i Volahn e, per di più, i pezzi da almeno 10 minuti (cioè quelli dispari) si concludono immancabilmente con dei lunghi finali che, essendo molto atmosferici con chitarre acustiche ricche di quel tipico calore messicano/ispanico, riportano sul serio a un passato lontanissimo nel quale le civiltà Maya e Azteca dominavano sul Messico (e sull’odierno Guatemala). Peccato però che questi finali, anche abbastanza sognanti e puntellati occasionalmente da notazioni di flauto, li "skippo" sempre dopo averli ascoltati le primissime volte…
… e grazie a quella cosa, dico io! Dico questo perché, fin da subito, sono stato letteralmente inebriato dal black metal tempestoso dei Volahn, che sono stati capaci di comporre 6 canzoni sì lunghissime ma che tengono costantemente l’ascoltatore sull’attenti grazie a invenzioni continue e a strutture quantomai imprevedibili e complesse. E il bello è che ci riescono sia picchiando giù duro (ascoltate una canzone quasi sempre iper-veloce come “Koyopa” e poi ne riparliamo) sia creando degli impasti chitarristici molto ricercati e completati anche da melodie atipiche spesso arzigogolate (fate conto che i classici riffs glaciali black metal si contano sulle dita di una mano) se non addirittura dolci, facendo emergere talvolta da questo caos pure una seconda chitarra che si incastra perfettamente con la prima magari suonando dei (brevi) assoli persino da axeman consumato! Eppure, c’è lo stesso una furia incontenibile, lo dimostra l’ottima alternanza (sempre aiutata da un bel riverbero) fra delle violentissime urla rauche e altre più disperate, accompagnate qui e là da una voce pulita (“Najtir Ichik”) e da grugniti belli ignoranti (“Nawalik”), il tutto cantato in spagnolo. Per di più, questa furia devastante (per la quale si fa uso non solo di blast-beats e tupa-tupa animaleschi ma anche di semplici two-beats non troppo veloci, per non parlare di marcette, tempi anche groovy e bla bla bla) diviene ancor più atmosferica grazie a delle occasionali notazioni di tastiera, che colorano di nuovi dettagli la musica già ricchissima di spunti dei Volahn.
Devo dire però che parecchia dell’atmosfera della musica proviene dalla produzione, la quale è sporca, caotica e tagliente (alcuni direbbero “autentica”) eppure miracolosamente cristallina, a parte forse una batteria che poteva essere leggermente messa più in evidenza.
Detto tutto ciò, gli ultimi scampoli del 2014 ci hanno regalato dei veri capolavori black metal, basti pensare a “The Dead of the World” dei tedeschi Ascension o “Liber Lvcifer I: Khem Sedjet” dei greci Thy Darkened Shade (di cui leggerete la recensione fra qualche giorno), a cui si aggiunge sicuramente “Aq’Ab’Al” dei Volahn (voto: 9,5), tutti dischi capaci di varcare i confini del black metal per creare una musica così imprevedibile e inventiva eppure intensissima dall’inizio alla fine che pare suonata da entità non appartenenti a questo mondo. E, quel che è peggio, io ormai ne sono pericolosamente ipnotizzato…
Tracklist:
1 – Najtir Ichik
2 – Halhi K’ohba
3 – Bonampak
4 – Quetzalcoatl
5 – Koyopa
6 – Nawalik
Line-up:
Volahn – voce/chitarre/basso/tastiere/flauto
Murdunbad – batteria
FaceBook: https://www.facebook.com/volahn
Crepúsculo Negro: http://crepusculonegro.blogspot.com/
Iron Bonehead Productions: http://www.ironbonehead.de/
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