Demo autoprodotto (2012)
Formazione (2011): WLKN – voce;
Herr CDXIII – voci pulite, chitarre, basso, batteria.
Provenienza: Cagliari, Sardegna.
Canzone migliore dell’opera:
“…et Ego Somnum in Fluctus”.
Punto di forza del disco:
l’essenzialità.
Nota 1:
“Beata Solitudo, Sola Beatitudo” prende il titolo da un detto latino con il quale “si sottolinea che solo separandoci dagli altri è possibile trovare il piacere della tranquillità dell’animo” (Wikipedia).
Nota 2:
“O Solitude” è la trasposizione in musica del poema, intitolato “O Solitude! If I with Thee Dwell”, del poeta romantico inglese John Keats.
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Con tale interessante progetto i nostri (e qua ricordo che Herr CDXIII è lo stesso dietro al solo – progetto Division VIII, mentre WLKN è il cantante degli ottimi Crowned in Thorns) intendono celebrare la solitudine, intesa come mezzo per rivendicare la propria individualità in modo da conoscere veramente sé stessi. Quindi, l’antagonista di questa visione non è nient’altro che la caotica società moderna, che tende a omologare i vari individui.
Effettivamente si deve dire che i Solitvdo rispettano in pieno un pensiero del genere trasponendolo in musica. La quale è in sintesi un black metal melodico dal piglio a volte addirittura sereno, con l’esempio massimo proveniente da “O Solitude”, il pezzo filosoficamente più rappresentativo benché sia fondato solo sui tempi medi, mentre negli altri non si disdegnano i blast – beats. Ma tutto l’insieme viene espresso sempre attraverso un equilibrio, “rilassante” ed essenziale, fra le varie parti.
Infatti, l’essenzialità è a dir poco fondamentale per i nostri. Tanto per fare qualche esempio, la batteria è semplice ma abbastanza collaborativa, quindi capace di enfatizzare il lavoro degli altri strumenti per il tramite di puntuali variazioni, seppur in “O Solitude” una diversificazione più accentuata dei vari ritmi non avrebbe guastato; la struttura dei pezzi è invece improntata su elementari ma efficaci botta e risposta che dicono tutto senza fare apparentemente niente di che.
Ma la metodologia strutturale adottata sa essere a ogni modo un po’ particolare. Ciò perché più o meno qualsiasi pezzo sembra essere costituito da 2 parti che si completano a vicenda. In mezzo a esse vi è spesso uno stacco, solitamente acustico, che alle volte è forse fuori luogo non avendo un vero e proprio legame con il resto della musica, come quello brevissimo di “Beata Solitudo, Sola Solitudo”.
Il comparto vocale risulta essere molto vario, e soprattutto abile a sottolineare i momenti salienti dei differenti brani. Da un urlo grosso si passa a uno più gutturale ma anche a uno più folle e acuto, e si finisce con delle voci pulite, talvolta dalle buone combinazioni, non poi così dissimili dagli esperimenti offerti dagli ultimi Nox Illunis. Queste ultime fra l’altro trovano lo sfogo più totale nel già menzionato “O Solitude”, pezzo nel quale sono banditi i vocalizzi più black metal, mentre nei restanti le voci pulite si fanno vive, in maniera sì prevedibile ma comunque efficace, negli ultimi momenti.
Infine, buona la produzione, sporca ma con tutti gli strumenti al loro posto, e soprattutto onesta, visto che non sono stati per nulla nascosti quei piccoli errori, ritmici o semplicemente di esecuzione, presenti in giro.
Voto: 77
Claustrofobia
Scaletta:
1 – Beata Solitudo, Sola Beatitudo/ 2 – Dead at Born/ 3 – O Solitude/ 4 – Ecce Homo/ 5 - …et Ego Somnum in Fluctus
MySpace:
http://www.myspace.com/solitvdo
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Wednesday, August 8, 2012
Putrefied Beauty - "Promo 2010" (2010)
Demo (Unholy Domain Records, 2010)
Formazione (2007): Rosy – voce;
Nadia – chitarra;
Giulia – basso;
Eleonora – batteria.
Provenienza: Roma/Livorno, Lazio/Toscana.
Canzone migliore del disco:
“Purulent Stigmata”.
Punto di forza dell’opera:
l’abilità di compensare sufficientemente una metodologia strutturale poco digeribile.
Questo curioso gruppo mio conterraneo è in un certo senso storico. Ciò perché era composto, fra le altre, da Rosy dei Profanal, e Giulia degli Human Dirge, ovvero due interessanti formazioni ospitate su Timpani allo Spiedo nei primi tempi, quando in pratica la ‘zine si diffondeva ancora attraverso l’email. Però la nostalgia è doppia perché le Putrefied Beauty, dopo questo promo che lasciava intendere forse l’uscita del primissimo album, si sono bellamente sciolte, nonostante il talento profuso con indemoniata intensità.
‘Ste folli ragazze proponevano un brutal abbastanza dinamico e incredibilmente soffocante. “Soffocante” perché, dal punto di vista strutturale, i pezzi non si fermano praticamente mai, nel senso che non esistono pause e/o stacchi se non un millimetrico respiro in "Ianua Diaboli", e questa è una rarità. Ma anche perché non esiste neanche un briciolo di chitarra solista, ragion per cui il lavoro è così collettivo da spaventare l’ascoltatore. Una tale caratteristica però è in fin dei conti un bene dato che, così facendo, è più difficile e gratificante rendere più potente il singolo pezzo, ma di conseguenza è anche un rischio grosso.
Eppure, il tutto funziona. Questo grazie sia alla capacità di non fossilizzarsi sui blast – beats, permettendosi così frequenti digressioni nei tempi medi, talvolta belli groovy, sia al comparto vocale, il quale è composto da grugniti (intelligibili a dispetto del genere) e urla assortite. Ma non mancano neanche puntuali sovraincisioni, in modo da sottolineare i momenti salienti dei brani.
Il merito va anche attribuito a una struttura che sa essere agile (per esempio, alcune soluzioni vengono variate pure in maniera quasi impercettibile), e alla durata dei vari episodi, tutti rigorosamente incollati sui 3 minuti. Il “problema” è che, a causa degli aspetti soffocanti di cui sopra, sembra che i brani durino qualcosa di più.
Inoltre, il disco ha un finale – bomba, con quel riffing un po’ folle e quella batteria sì complessa ma con misura.
Insomma, dispiace veramente che le nostre si siano sciolte, anche perché, pur rifiutando alla grande il concetto stesso della melodia, avevano sufficiente fantasia – morbosamente elegante in talune occasioni -, per non stancare l’ascoltatore. E fra l’altro, la produzione di “Promo 2010”, è perfetta e pulita. Vabbè certo, è difficile digerire canzoni così costruite perché a volte qualche respiro non sarebbe guastato, mentre "Mutilated Icon's Parade" risulta essere un filo ossessiva a forza di riprendere in poco tempo uno dei passaggi iniziali.
Ma in fin dei conti, va bene così, però, vi prego, RITORNATE!
Voto: 78
Claustrofobia
Scaletta:1 – Mutilated Icon’s Parade/ 2 – Ianua Diaboli/ 3 – Gorewar/ 4 – Purulent Stigmata
MySpace:
http://www.myspace.com/putrefiedbeauty
Formazione (2007): Rosy – voce;
Nadia – chitarra;
Giulia – basso;
Eleonora – batteria.
Provenienza: Roma/Livorno, Lazio/Toscana.
Canzone migliore del disco:
“Purulent Stigmata”.
Punto di forza dell’opera:
l’abilità di compensare sufficientemente una metodologia strutturale poco digeribile.
Questo curioso gruppo mio conterraneo è in un certo senso storico. Ciò perché era composto, fra le altre, da Rosy dei Profanal, e Giulia degli Human Dirge, ovvero due interessanti formazioni ospitate su Timpani allo Spiedo nei primi tempi, quando in pratica la ‘zine si diffondeva ancora attraverso l’email. Però la nostalgia è doppia perché le Putrefied Beauty, dopo questo promo che lasciava intendere forse l’uscita del primissimo album, si sono bellamente sciolte, nonostante il talento profuso con indemoniata intensità.
‘Ste folli ragazze proponevano un brutal abbastanza dinamico e incredibilmente soffocante. “Soffocante” perché, dal punto di vista strutturale, i pezzi non si fermano praticamente mai, nel senso che non esistono pause e/o stacchi se non un millimetrico respiro in "Ianua Diaboli", e questa è una rarità. Ma anche perché non esiste neanche un briciolo di chitarra solista, ragion per cui il lavoro è così collettivo da spaventare l’ascoltatore. Una tale caratteristica però è in fin dei conti un bene dato che, così facendo, è più difficile e gratificante rendere più potente il singolo pezzo, ma di conseguenza è anche un rischio grosso.
Eppure, il tutto funziona. Questo grazie sia alla capacità di non fossilizzarsi sui blast – beats, permettendosi così frequenti digressioni nei tempi medi, talvolta belli groovy, sia al comparto vocale, il quale è composto da grugniti (intelligibili a dispetto del genere) e urla assortite. Ma non mancano neanche puntuali sovraincisioni, in modo da sottolineare i momenti salienti dei brani.
Il merito va anche attribuito a una struttura che sa essere agile (per esempio, alcune soluzioni vengono variate pure in maniera quasi impercettibile), e alla durata dei vari episodi, tutti rigorosamente incollati sui 3 minuti. Il “problema” è che, a causa degli aspetti soffocanti di cui sopra, sembra che i brani durino qualcosa di più.
Inoltre, il disco ha un finale – bomba, con quel riffing un po’ folle e quella batteria sì complessa ma con misura.
Insomma, dispiace veramente che le nostre si siano sciolte, anche perché, pur rifiutando alla grande il concetto stesso della melodia, avevano sufficiente fantasia – morbosamente elegante in talune occasioni -, per non stancare l’ascoltatore. E fra l’altro, la produzione di “Promo 2010”, è perfetta e pulita. Vabbè certo, è difficile digerire canzoni così costruite perché a volte qualche respiro non sarebbe guastato, mentre "Mutilated Icon's Parade" risulta essere un filo ossessiva a forza di riprendere in poco tempo uno dei passaggi iniziali.
Ma in fin dei conti, va bene così, però, vi prego, RITORNATE!
Voto: 78
Claustrofobia
Scaletta:1 – Mutilated Icon’s Parade/ 2 – Ianua Diaboli/ 3 – Gorewar/ 4 – Purulent Stigmata
MySpace:
http://www.myspace.com/putrefiedbeauty