Qualcuno di voi ha mai sentito parlare di Harmony Korine? Non vi dice niente un titolo come Gummo, film indipendente da lui girato due anni dopo Kids di Larry Clark? In ogni caso, dovete sapere che tenersi alla larga da Korine è praticamente d’obbligo fin dall’inizio della sua carriera nel cinema come sceneggiatore (a soli 22 anni!) appunto con Kids, nel quale ha pure recitato (praticamente una comparsata, anche se fondamentale per il prosieguo della storia, con tanto di maglia dei thrashettoni Nuclear Assault). Sì, perché Kids è un film provocatorio ma vero e autentico, non così dissimile dal cinema – verità del compianto Pasolini.
Però, bisogna subito sottolineare una cosa: tale pellicola non ha una storia vera e propria, anzi, è più che altro un viaggio nella vita violenta e perduta di giovani completamente allo sbando. Ragazzi, ma anche ragazzini, che fumano, si drogano, a rotta di collo, rubano, fanno sesso con la prima ragazza che capita, e ovviamente non mancano scene lesbiche né le orge di sesso.
Oddio, il film in teoria ruota intorno a Jennie, bella giovine con il capello castano corto che ha preso l’AIDS dopo aver fatto sesso per la prima e unica volta con Telly, ragazzo futuro pedofilo perché letteralmente ossessionato dalle dodicenni, che inganna continuamente dicendo loro di volerle bene e scadendo in fintissime romanticherie. Così, Jennie lo va a cercare praticamente ovunque, anche in una discoteca, che poi risulterà fatale per lei perché un metallaro, tal Fidget, con gli occhiali giganteschi stile nerd la costringerà a prendere una droga particolarmente forte. Che non la fermerà nella sua ricerca, ma la bloccherà nel momento stesso di incontrare Telly intento a farsi un’altra bambina.
L’amico di Telly e co – protagonista maschile è Casper. Sguardo allucinato, capello ribelle, ladro provetto e appassionato di skateboard, che userà fra l’altro per dare il colpo di grazia a un nero, massacrato da 30 ragazzini assatanati perché reo di non aver accettato le scuse di Casper dopo che questo si è scontrato involontariamente con l’uomo saltando con lo skate. Eppure, Casper risulta essere il personaggio più complesso e quindi più curato, e in un certo senso anche il più umano della vicenda. Ciò, vuoi perché dà qualche soldo a un povero barbone senza gambe, vuoi perché offre una pesca a una bimba (che ovviamente lei butterà subito per terra). Allo stesso tempo, sarà proprio Casper a stuprare Jennie in pieno sonno (e totalmente abulica per via della droga) come botta finale di una festa distruttiva. Il bello è che il giorno dopo Casper, rivolgendosi alla telecamera, si chiederà:
“Che cazzo è successo?”
L’ironia, in questo film così pungente, effettivamente non manca, pur immersa in un oceano di volgarità. Come quando la voce fuori campo di Telly spiega perché ha tutta questa ossessione per il sesso. Cadendo però nell’autodistruzione più nera.
Ottima l’interpretazione dei giovani attori, specialmente quella del debuttante Justin Pierce (Casper) e di Chloe Sevigny (Jennie) – che poi Korine prenderà per il suo Gummo, film disturbante come pochi(ssimi) – anche se mi chiedo come Jennie riesca a essere così tranquilla il giorno dopo parlando (di sesso) con le sue amiche. Mentre molto buona si mostra la colonna sonora, che presenta anche un po’ di punk, ma peccato per la totale assenza del metal vista la presenza di un personaggio come Fidget.
Voto: 4/5
Claustrofobia
▼
Monday, June 18, 2012
Exterminate - "Anathemas of Galaxies and Tyme" (2012)
Demo autoprodotto (2012)
Formazione (2008): A.D., voce/basso;
FrDm, chitarra;
Neith, chitarra;
Kroisos, batteria.
Provenienza: Milano/Varese/Como, Lombardia.
Canzone migliore del disco:
“Envy (The Roots of Progress)”.
Punto di forza dell’opera:
potenzialmente il coraggio di certe soluzioni stilistiche ancora abbastanza represse.
Non so voi, ma ho l'impressione che il death metal più complesso stia praticamente invadendo le pagine di questa webzine visto che fra Chaos Plague, Illogicist e Faust c'è di che scegliere in tal senso. Gli ultimi nella lista sono gli Exterminate (nome più da gruppo di black/death bestiale... e guardacaso ce n'è uno così chiamato in Cile) che però, rispetto ai gruppi citati, ho trovato molto migliorabili, anche se a ogni modo interessanti.
Lo sono prima di tutto grazie al cantante che si dimostra sufficientemente versatile e dal grugnito abbastanza dinamico, risultando così capace di enfatizzare, con notevole grinta, il lavoro dei compagni. Però, allo stesso tempo, il nostro ha la tendenza a cancellarsi durante una bella fetta della parte centrale dei pezzi, per rifarsi vivo, ma per pochi secondi, solo nel finale finendo così di essere un filino meccanico e prevedibile nonostante il suo solito ottimo apporto.
Anche il settore chitarre è interessante, vuoi perché il riffing, che sa essere tremendamente cattivo, viene contaminato occasionalmente da melodie un po’ orientaleggianti, abili a dare un’aura magniloquente al tutto; vuoi perché gli assoli, uno per pezzo, si mostrano ben fatti e tecnici senza strafare.
Pure la batteria non scherza affatto. Pur non raggiungendo mai una complessità infernale, ma anzi, i ritmi sono a volte particolari, anche perché in un pezzo come “Envy (The Roots of Progress)” ce n’è uno praticamente alieno per la musica metal tutta essendo rilassato e con la bacchetta che si concentra più che altro sui bordi del rullante. Inoltre, nonostante il genere, è presente un po’ di groove che fa sempre bene alla salute.
Quello che però convince poco deriva dall’impianto strutturale delle canzoni. Infatti, a volte viene ripetuta più e più volte una soluzione che però non viene né sviluppata né conclusa bene, visto che quella è, e quella rimane. Così, per esempio, non vi è un “ponte” che finisca degnamente la parte ossessiva di “At One with Earth”, mentre nel finale di “The Passage” poteva esserci benissimo più tensione, magari aggiungendo a un certo punto la chitarra solista. In compenso, i nostri hanno saputo dare sufficiente personalità ai vari episodi, passando quindi dalla sequenzialità ma non troppo di “At One with Earth” alle trame più libere di “Envy (The Roots of Progress)”, che pur parte da uno schema 1 – 2 – 1 – 2 abbastanza classico.
Alla fine, l’unico brano che si salva è proprio l’ultimo menzionato, che è guardacaso il più coraggioso e non soltanto per dei ritmi strambi. Di seguito le caratteristiche di questo pezzo:
1) esso è più che altro improntato sui tempi medi così da esplodere efficacemente nel finale;
2) c’è qualche soluzione chitarristica un po’ sui generis perché praticamente è “a scoppio ritardato” con la batteria che riempie i buchi attraverso puntuali tom – tom;
3) l’atmosfera del pezzo a tratti è quasi rarefatta, come nella rilassata parte centrale, capace in questo modo di introdurre un assolo che, come si suol dire, entra al punto giusto nel momento giusto.
Insomma, consiglio a ‘sti ragazzi di ripartire proprio da “Envy”, e di affinare una struttura che a tratti è fin troppo paranoica, anche se è decisamente apprezzabile l’idea di offrire un discorso il più possibile fluido che poco concede a stacchi e/o pause. E magari di sfruttare meglio la voce.
Voto: 67
Claustrofobia
Scaletta (da verificare):
1 – Opening/ 2 – The Passage/ 3 – At One with the Earth/ 4 – Envy (The Roots of Progress)
Reverbnation:
http://www.reverbnation.com/exterminateitaly
Formazione (2008): A.D., voce/basso;
FrDm, chitarra;
Neith, chitarra;
Kroisos, batteria.
Provenienza: Milano/Varese/Como, Lombardia.
Canzone migliore del disco:
“Envy (The Roots of Progress)”.
Punto di forza dell’opera:
potenzialmente il coraggio di certe soluzioni stilistiche ancora abbastanza represse.
Non so voi, ma ho l'impressione che il death metal più complesso stia praticamente invadendo le pagine di questa webzine visto che fra Chaos Plague, Illogicist e Faust c'è di che scegliere in tal senso. Gli ultimi nella lista sono gli Exterminate (nome più da gruppo di black/death bestiale... e guardacaso ce n'è uno così chiamato in Cile) che però, rispetto ai gruppi citati, ho trovato molto migliorabili, anche se a ogni modo interessanti.
Lo sono prima di tutto grazie al cantante che si dimostra sufficientemente versatile e dal grugnito abbastanza dinamico, risultando così capace di enfatizzare, con notevole grinta, il lavoro dei compagni. Però, allo stesso tempo, il nostro ha la tendenza a cancellarsi durante una bella fetta della parte centrale dei pezzi, per rifarsi vivo, ma per pochi secondi, solo nel finale finendo così di essere un filino meccanico e prevedibile nonostante il suo solito ottimo apporto.
Anche il settore chitarre è interessante, vuoi perché il riffing, che sa essere tremendamente cattivo, viene contaminato occasionalmente da melodie un po’ orientaleggianti, abili a dare un’aura magniloquente al tutto; vuoi perché gli assoli, uno per pezzo, si mostrano ben fatti e tecnici senza strafare.
Pure la batteria non scherza affatto. Pur non raggiungendo mai una complessità infernale, ma anzi, i ritmi sono a volte particolari, anche perché in un pezzo come “Envy (The Roots of Progress)” ce n’è uno praticamente alieno per la musica metal tutta essendo rilassato e con la bacchetta che si concentra più che altro sui bordi del rullante. Inoltre, nonostante il genere, è presente un po’ di groove che fa sempre bene alla salute.
Quello che però convince poco deriva dall’impianto strutturale delle canzoni. Infatti, a volte viene ripetuta più e più volte una soluzione che però non viene né sviluppata né conclusa bene, visto che quella è, e quella rimane. Così, per esempio, non vi è un “ponte” che finisca degnamente la parte ossessiva di “At One with Earth”, mentre nel finale di “The Passage” poteva esserci benissimo più tensione, magari aggiungendo a un certo punto la chitarra solista. In compenso, i nostri hanno saputo dare sufficiente personalità ai vari episodi, passando quindi dalla sequenzialità ma non troppo di “At One with Earth” alle trame più libere di “Envy (The Roots of Progress)”, che pur parte da uno schema 1 – 2 – 1 – 2 abbastanza classico.
Alla fine, l’unico brano che si salva è proprio l’ultimo menzionato, che è guardacaso il più coraggioso e non soltanto per dei ritmi strambi. Di seguito le caratteristiche di questo pezzo:
1) esso è più che altro improntato sui tempi medi così da esplodere efficacemente nel finale;
2) c’è qualche soluzione chitarristica un po’ sui generis perché praticamente è “a scoppio ritardato” con la batteria che riempie i buchi attraverso puntuali tom – tom;
3) l’atmosfera del pezzo a tratti è quasi rarefatta, come nella rilassata parte centrale, capace in questo modo di introdurre un assolo che, come si suol dire, entra al punto giusto nel momento giusto.
Insomma, consiglio a ‘sti ragazzi di ripartire proprio da “Envy”, e di affinare una struttura che a tratti è fin troppo paranoica, anche se è decisamente apprezzabile l’idea di offrire un discorso il più possibile fluido che poco concede a stacchi e/o pause. E magari di sfruttare meglio la voce.
Voto: 67
Claustrofobia
Scaletta (da verificare):
1 – Opening/ 2 – The Passage/ 3 – At One with the Earth/ 4 – Envy (The Roots of Progress)
Reverbnation:
http://www.reverbnation.com/exterminateitaly