Friday, April 17, 2015

Harvest Gulgaltha - "I" (2012)

harvest gulgaltha - lp cover

Le stranezze del metal estremo: non si sa se gli statunitensi Harvest Gulgaltha siano un vero e proprio gruppo o cos’altro, sta di fatto che la loro foto promozionale ritrae uno che, di spalle e a torso nudo, regge a mo’ di croce e su ciascuna mano una candela, rivolgendo fra l’altro lo sguardo a una specie di luce sullo sfondo. Di questi ultimi tempi se le inventano di tutte, e gli Harvest Gulgaltha fanno parte di quella schiera sempre più folta di gruppi retti da uomini senza volto e senza nome, quasi per rendere ancor più inumana e sovrannaturale la propria musica. Però, a dirla sinceramente, a questa nuova moda del farsi prendere assolutamente sul serio, preferisco la demenzialità estrema di gruppi come i Blasphemy, i cui membri, fra le altre cose, si fanno chiamare con i nomi più assurdi perché, in fin dei conti, anche il metal ultra-estremo, pur incazzatissimo, ha come colonna portante non soltanto la pura passione ma anche un sacco di divertimento.

Sìsì, ok, la faccio finita qui. Anche perché “I”, il primo demo degli Harvest Gulgaltha, pubblicato su cassetta dalla Aphotic Sonance il 22 Ottobre 2012 e ristampato su vinile dalla Nuclear War Now! Prod il 17 Settembre 2014, è parecchio interessante. La musica suonata dai nostri (o dal nostro?), è in un certo senso bella strana perché è quasi sempre lenta, è ossessiva e claustrofobica ed è così minimalista che non vi si trova posto nessun tipo di chitarra solista. In parole povere, si tratta di un black/death/doom metal asfittico e oscurissimo eppure non così pesante come dovrebbe essere (e per fortuna, dico io!), dato che curiosamente i pezzi, molti dei quali si “concludono” in dissolvenza, durano al massimo 4 minuti e 20, ergo la musica potrebbe essere miracolosamente abbordabile per chiunque… o no? E poi c’è il cantato, cioè un grugnito soffocato e poco profondo che può trasformarsi in un urlo mentre canzoni come “Infinite Black” e “Release the Flesh” contengono degli stacchi composti da urla torturate, anche in “lontananza”, che riescono a trasmettere ancor più atmosfera.

Peccato però che l’unica canzone (ultra)-veloce… anzi no, l’unica CON dei tempi (ultra)-veloci sia “Manifestation of Nightmares” che, caratterizzata da blast-beats e da riffs incredibilmente malvagi, è il pezzo che preferisco più di tutti. Ma dico “peccato” perché l’approccio “blasteggiante” e quello “doomeggiante” non si incontrano praticamente mai nel resto del disco, limitando così una musica che in potenza può offrire molto di più. E dico “peccato” anche perché il titolo di miglior canzone in teoria dovrebbe essere dato sempre all’ultima in scaletta ma stavolta non è così, pazienza.

In conclusione, “I” non è il solito disco pieno di violenza di cui ormai il mondo del metal estremo è pieno, e questo è un pregio da tenere in ottima considerazione. D’altro canto, “I” convince sfortunatamente fino a un certo punto perché è ricco di potenzialità non sfruttate a dovere, e quindi gli Harvest Gulgaltha si meritano un semplice 6 ma spero che per la prossima volta il voto sarà più alto. Per ora, chi interessato può comprarsi, oltre al demo, la compilation “Necrosophic”, da poco uscita sempre per la Aphotic Sonance. Però, le stranezze del metal estremo: anche un gruppo nato nel 2012 e con un solo demo alle spalle può rilasciare una compilation…

Tracklist:

1 – Infinite Black
2 – Manifestation of Nightmares
3 – Release the Flesh
4 – Limbonic Soul
5 – Scepter of the Shadows of Death

Line-up:

sconosciuta

Nuclear War Now! Productions: http://www.nwnprod.com/

Aphotic Sonance: http://aphoticsonance.com/

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